I commenti delle guest stars

Appuntamento fissato per lunedì 20 novembre 2023 alle ore 21.00 con un tema di Jack Sensolini e Luca Mazza!
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I commenti delle guest stars

Messaggio#1 » mercoledì 13 dicembre 2023, 20:10

Ecco i commenti di Jack Sensolini e Luca Mazza ai racconti finalisti.

SOLO CARNE, di Maurizio Chierchia
SOLO CARNE è feroce e incisivo, quasi coraggioso, tratta temi delicati e violenti senza troppa retorica, abbiamo apprezzato molto sia il soggetto che il modo in cui viene filtrato attraverso gli occhi e le esperienze della protagonista. Il finale è perfetto. Unico neo sono alcune espressioni troppo stereotipate, pigre, utilizzate forse con semplificazione eccessiva per descrivere sensazioni più complesse, per esempio “sono stanca, le gambe non reggono”. Avremmo preferito una prosa più caratterizzata, più rabbiosa, più autentica.

Orbita, di Luca Fagiolo
ORBITA può essere considerato un buon incipit, ma manca leggermente di concretezza. Viene presentata una situazione in maniera discretamente evocativa ma non c’è vero e proprio racconto. Buona invece la parte descrittivo/ immaginifica, l’atmosfera e i personaggi che si muovono sono concreti e caratterizzati. Da rivedere l’utilizzo di alcune figure retoriche e costruzione della frase, un po’ banali e artefatte, per esempio “Aria di sfida sbocciò nel suo sguardo di giada”.

Destra o sinistria, di Gaia Peruzzo
DESTRA o SINISTRA? parte da buone promesse e una linea di dialogo molto riuscita: “«Sei come un ragno con la coda.», «I ragni non hanno la coda.», «I codardi però sì.»”, per poi sfociare in alcuni passaggi molto più banali e molto meno incisivi. L’utilizzo eccessivo della parola “fottuto” è disturbante, così come un turpiloquio spicciolo e un po’ fine a se stesso. Gli sviluppi del racconto sono troppo prevedibili.

Come acqua che scorre tra le dita, di Emiliano Maramonte
Abbiamo trovato il racconto piuttosto piatto, con un finale un po’ tirato via. C’è un accenno di caratterizzazione dialettale nella voce dei personaggi, ma poco credibile e superficiale, saremmo andati più a fondo su questo aspetto. La prosa non è particolarmente riconoscibile, espressioni come “sudato come un mulo” le troviamo un po’ scontate. Un altro consiglio, quando un personaggio si ferma, non c’è necessità di aggiungere “all’improvviso”.

Il labirinto di Mandelbrot, di Matteo Mantoani
Un bel soggetto, coraggioso e originale. L’idea del film è ottima, il finale funziona, così come la prima persona presente, ma la voce dell’autore, in questo caso del personaggio, si sente poco, risulta anonima. I personaggi, appaiono vuoti, poco più che figuranti. Alcune informazioni, in particolare quelle sul film, magari andavano inserite tramite un dialogo tra i personaggi.

Houdini, di Erika Adale
Il racconto scorre ma ci sono alcune ingenuità nella prosa, che risulta pulita ma priva di una voce riconoscibile. Espressioni come “roboante vitalità” e “vulcanico marito”, per esempio, sono ridondanti e superflue. Invece di scrivere “Iniziò ad ansimare…” si può scrivere direttamente “ansimò”. Il racconto è comunque riuscito e il soggetto interessante, anche se non troppo incisivo.

Un altro giro, di Luca Moggia
UN ALTRO GIRO interpreta in maniera originale il tema, il racconto è ben strutturato e gioca bene sul non detto. Le informazioni sono dosate in maniera intelligente per il plot twist finale. Unica nota stonata il “fottutamente” da telefilm americano. Avremmo anche qui preferito una prosa più personale e un punto di vista più caratterizzato. Non andiamo pazzi poi per i nomi anglofoni, ma questo non è una vera e propria critica. Bel racconto.

Vicolo cieco, di Corrado Gioannini
Più che un racconto è un flusso di coscienza, un dialogo interiore, che funziona ma a tratti è troppo retorico, per i nostri gusti. Non c’è dinamicità o una vera e propria storia. Non ci sono fatti, solo pensieri. Ci sono però alcuni passaggi notevoli, come per esempio la frase “il parassita della disperazione non conosce altri insetticidi”.

Lo statale, di Daniele Villa
LO STATALE interpreta il tema in maniera ironica, senza tralasciare un tratto di tragedia. Abbiamo apprezzato l’apparente leggerezza e la voce del protagonista, anche se fatta in maniera macchiettistica, funziona. Il vero difetto è che l’aldilà è reso in maniera un po’ troppo stereotipata, c’è stato poco sforzo immaginifico. La scrittura è fluida ma senza particolari guizzi.

Le vie di Malaka, di Giuliano Cannoletta
Un buon concept, in poche pagine il racconto riesce a darci molti elementi sia sui protagonisti che sul mondo. La prosa è secca e pulita, senza grosse ingenuità. L’atmosfera è resa bene e le informazioni vengono passate al lettore con intelligenza. Occhio ad alcune ripetizioni di troppo, a metà racconto compare la parola “strada” e volte in 2 righe. Forse il dialogo con il padre poteva essere più intenso, un po’ troppo retorica sul finale. Nel complesso, un buon racconto.

Lepridottera, di Gerry Ponsacchi
La parte più pregevole del racconto è il tentativo di costruire un suo linguaggio interno, coraggioso ma riuscito solo per metà. Forse il difetto principale del racconto è l’eccessiva volgarità, spesso superflua. L’asticella pende troppo dalla parte del trash, ma comunque apprezziamo il coraggio e l’audacia.

ROAD TO NOWHERE, di Simona Rampini
ROAD TO NOWHERE tratta un tema complesso senza cadere troppo nel retorico, ma dal racconto traspare troppo poco malessere, risulta artefatto e leggero in alcuni passaggi. Per un soggetto del genere, avremmo preferito maggiore ferocia/realismo. Il punto di forza è sicuramente il finale, molto delicato, ha il pregio di non scadere in eccessi inutili.



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