Rapporti familiari e cliché

Il luogo per discutere dei differenti punti di vista e approcci. Interagite qui tenendo sempre a mente che ci possono essere divergenze e che proprio in esse ognuno di noi può trovare la ricchezza per migliorare.
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MatteoMantoani
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Rapporti familiari e cliché

Messaggio#1 » domenica 22 ottobre 2023, 18:26

Carissimi amici,

Intanto ringrazio Maurizio per aver creato questa sezione del forum in cui possiamo discutere di questioni un po' più teoriche senza andare a inquinare i thread dei commenti ai racconti.
Vorrei prima di tutto chiarire che lo scopo di questa discussione è solo quella di automigliorarsi, e per farlo bisogna prima di tutto riconoscere i propri limiti.
Il punto di miglioramento più grande su cui sento di dover lavorare, è il coinvolgimento emotivo dei miei racconti. Vedo che per i lettori è molto importante empatizzare con la storia, e qui nell'Arena ho visto racconti arrivare in vetta alle classifiche a prescindere dalla loro originalità, ma più che altro grazie alla capacità di empatizzare col lettore. Ho visto parecchi autori fare affidamento all'esplorazione (anche andando verso il patetico) dei rapporti familiari.
Porto un esempio di due racconti che hanno vinto due edizioni di MC, scritti da un autore che ammiro molto per la sua capacità di empatizzare col lettore: Giuliano Cannoletta.

1) Fino alla fine del tempo. https://www.minuticontati.com/vetrina/f ... del-tempo/

2) Fajah.
https://www.minuticontati.com/vetrina/fajah/

Entrambi i racconti puntano sui sentimenti, o meglio, sull'amore familiare per coinvolgere il lettore.
Il primo, per me, è nettamente inferiore al secondo, perché ricalca un cliché, usato anche in Le Pagine della Nostra Vita di Sparks. Il secondo, è bellissimo e ce l'ho in testa come uno dei migliori su MC.
La domande sono: c'è una differenza oggettiva nella qualità dei due lavori? È lecito valutare meglio un racconto se più originale, anche se l'altro coinvolge di più dal punto di vista emotivo?
Ha senso parlare di "vizietto"? Ovvero, la ricerca di empatia facendo leva su cliché legati ai rapporti familiari (nonno che muore, mamma ammalata, fratello che seppellisce l'altro fratello, bambino che vuole bene alla mamma/nonna, adolescente ribelle che si riappacifica con i genitori...), è da perseguire o è una scelta lecita che non rappresenta una "scorciatoia"? O si tratta solo di gusti, e quindi non ha senso parlarne?
Grazie a tutti, e grazie a Giuliano per la pazienza, spero che non si offenderà se ho portato come esempio i suoi lavori.



Dario17
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Re: Rapporti familiari e cliché

Messaggio#2 » domenica 22 ottobre 2023, 18:52

C'è una voragine tra il primo e il secondo racconto.
E spiego il perchè.

Io posso recarmi in qualsiasi ospizio o centro di ricovero ed imbattermi nella stessa identica prima scena, addirittura con la probabilità di sentire gli stessi identici scambi di battute o gli stessi nomi.
Tra l'altro le ultime battute sono di un telling e di una spiegone ai limiti del bugiardino del Voltaren.

Potrei viaggiare in giro per il mondo, battere il continente africano palmo per palmo, ma una scena come la seconda non la beccherei mai nemmeno vivessi altri due secoli.
Ecco la magia della narrativa; vivere cose e assaggiare emozioni che fuori dalla porta di casa mia non troverei mai. Se io leggo di spaccati di vita quotidiana e vissuta, magari simile ai miei trascorsi felici e infelici, dove sarebbe la sferzata al cuore tipica di una bella storia?
Ed il secondo racconto poggia il sedere sui sentimenti, proprio come il primo.
Se fossi uno che ha avuto una decina di storie d'amore qualunquiste e fallimentari, a che pro leggere Volo?
Se fossi una adolescente della Roma bene piena di vita e di storielle d'amore, a che pro leggere Moccia?
Sarebbe onanismo bello e buono.

Quindi dico sì, ha senso di parlare di "vizietto" se ci si limita a sciorinare la solita sequenza di sentimenti senza uno sforzo concreto di cambiare personaggi, ambienti, dialoghi per puntare a guadagnare posizioni nei ranking di girone, di Edition e di Era.
Dai su, non prendiamoci in giro.
Il sentimento tira e fa vincere le Edition.
Qua su questo Forum la competizione tra autori funziona proprio come il mondo editoriale la fuori: far contenti gli altri secondo le leggi di mercato e pubblicherai, venderai e di autoincenserai.
Almeno qua su Minuti Contati non ci sono di mezzo i soldi e già solo per questo L'Antico e il suo staff che sostengono la baracca con sforzo gratuito meriterebbero un Tempio in loro onore in ogni capoluogo di provincia.

Poi, sia chiaro, massima libertà di espressione sempre e comunque.
Scrivete quello che volete.
Sempre.
Sperimentate.
Scrivete a testa in giù o in Katakana.
Qua su MC più di tutti.
E che alla fine il popolo parli e decida in base ai cari e vecchi numeri della democrazia, visto che tutte le classifiche dei partecipanti valgono alla stessa maniera, PERSINO quella degli admin vale come la nostra.
Eh.

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antico
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Re: Rapporti familiari e cliché

Messaggio#3 » domenica 22 ottobre 2023, 19:41

MatteoMantoani ha scritto:Carissimi amici,

Intanto ringrazio Maurizio per aver creato questa sezione del forum in cui possiamo discutere di questioni un po' più teoriche senza andare a inquinare i thread dei commenti ai racconti.
Vorrei prima di tutto chiarire che lo scopo di questa discussione è solo quella di automigliorarsi, e per farlo bisogna prima di tutto riconoscere i propri limiti.
Il punto di miglioramento più grande su cui sento di dover lavorare, è il coinvolgimento emotivo dei miei racconti. Vedo che per i lettori è molto importante empatizzare con la storia, e qui nell'Arena ho visto racconti arrivare in vetta alle classifiche a prescindere dalla loro originalità, ma più che altro grazie alla capacità di empatizzare col lettore. Ho visto parecchi autori fare affidamento all'esplorazione (anche andando verso il patetico) dei rapporti familiari.
Porto un esempio di due racconti che hanno vinto due edizioni di MC, scritti da un autore che ammiro molto per la sua capacità di empatizzare col lettore: Giuliano Cannoletta.

1) Fino alla fine del tempo. https://www.minuticontati.com/vetrina/f ... del-tempo/

2) Fajah.
https://www.minuticontati.com/vetrina/fajah/

Entrambi i racconti puntano sui sentimenti, o meglio, sull'amore familiare per coinvolgere il lettore.
Il primo, per me, è nettamente inferiore al secondo, perché ricalca un cliché, usato anche in Le Pagine della Nostra Vita di Sparks. Il secondo, è bellissimo e ce l'ho in testa come uno dei migliori su MC.
La domande sono: c'è una differenza oggettiva nella qualità dei due lavori? È lecito valutare meglio un racconto se più originale, anche se l'altro coinvolge di più dal punto di vista emotivo?
Ha senso parlare di "vizietto"? Ovvero, la ricerca di empatia facendo leva su cliché legati ai rapporti familiari (nonno che muore, mamma ammalata, fratello che seppellisce l'altro fratello, bambino che vuole bene alla mamma/nonna, adolescente ribelle che si riappacifica con i genitori...), è da perseguire o è una scelta lecita che non rappresenta una "scorciatoia"? O si tratta solo di gusti, e quindi non ha senso parlarne?
Grazie a tutti, e grazie a Giuliano per la pazienza, spero che non si offenderà se ho portato come esempio i suoi lavori.


Per me non ha senso parlare di vizietto perché un racconto empatico non si scrive da solo è ha necessità delle skills adeguate per poter rendere al meglio altrimenti il tonfo che può fare è bello rumoroso. Occhio che il discorso del vizietto può applicarsi a qualunque genere e che la mia risposta sarà sempre la stessa: un racconto va cmq scritto bene sennò nessuna formula può salvarti dal disastro.

Detto questo, è ovvio che un bel racconto empatico può fare breccia nella massa quando riesce a parlare dritto al cuore così come è ovvio che non sempre vince il migliore (ma che i migliori arrivano in finale, quello già succede più spesso) ed è interessante fare le valutazioni del caso. Nello specifico, avevo notato anch'io che la CIF Edition fosse stata vinta da un racconto non di fantascienza nonostante io stesso avessi assegnato un pollice su proprio al tuo racconto e probabilmente sarebbe stato interessante discuterne con gli interessati all'epoca. Ora è passato troppo tempo, ma possiamo usare questo spazio per questo tipo di analisi da ora in avanti.

Sui racconti di Cannoletta che hai posto in oggetto, c'è una differenza di qualità tra i due e del resto hanno avuto una storia ben diversa nei gruppi di qualificazione con il primo che è arrivato secondo (di un solo punto proprio dalla Belotti) e il secondo che ha dominato con 15 punti di vantaggio sul secondo (cosa che sappiamo bene lascia cmq il tempo che trova e non è sufficiente a definire come andrà la finale stessa). Detto questo, ribadisco che non esiste una formula, ma un quid che ogni autore riesce a imprimere o meno e questo quid Cannoletta ce l'ha e forte (e lo scorso anno si è manifestato in tutta la sua qualità mostrando che ha ancora ampi margini di crescita).

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L'inquisitore
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Re: Rapporti familiari e cliché

Messaggio#4 » lunedì 23 ottobre 2023, 9:41

Primo punto:
Parlare di scorciatoie, vizzietto e compagnia è come dire che scrivere romance è un trucco per vincere rispetto alla fantascienza. Basta paragonare le vendite dei due generi nella storia italiana per notare che, ci piaccia o no, ci sono cose che hanno un'influenza numericamente più importante di altre (dobbiamo prenderne atto, anche per essere autori più consapevoli).

E con ciò?
Non tutti sanno scrivere romance. Si potrebbe dire che per diventare ricchi basti autopubblicarsi con una dozzina di romanzi rosa all'anno. Per citare una Polly ideale: "GRAZIE AR CAZZO", chi ci riesce lo faccia.

Secondo punto:
Trovo arrogante e assurdo mettersi a parlare di quello che altri possano scrivere e in quale quantità. Gli scrittori dovrebbero essere tra le persone di mentalità più aperta, proprio perché hanno l'ambizione di raccontare il mondo e l'umano, e un'ambizione comunicativa che sfiora il delirio di onnipotenza.
Noi qui dovremmo accettare di leggere e commentare con la massima obbiettività qualunque tipo di racconto: pornografico, orrorifico, blasfemo, noioso, brutto, sperimentale in qualunque modo. Da sempre nella letteratura i tabù sono violati di continuo.

Così come ognuno può dire "questo racconto ha questo effetto su di me", ognuno può scrivere quello che gli pare. Chi può pensare di avere l'autorità morale di disincentivare un tipo di narrazione rispetto a un'altra?

Certo che si può dire "questa cosa l'ho vista tanto che mi annoia facilmente" oppure "questo raramente funziona", anzi: si DEVE dire. All'autore/autrice la sfida di riuscire con un racconto inflazionato o difficile.
E per fortuna che può mettersi alla prova, aggiungerei. E speriamo che superi la prova.

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MatteoMantoani
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Re: Rapporti familiari e cliché

Messaggio#5 » lunedì 23 ottobre 2023, 10:02

L'inquisitore ha scritto:Certo che si può dire "questa cosa l'ho vista tanto che mi annoia facilmente" oppure "questo raramente funziona", anzi: si DEVE dire. All'autore/autrice la sfida di riuscire con un racconto inflazionato o difficile.

Certamente io non sto dicendo che non si possa scrivere quello che si vuole, ci mancherebbe... e comunque da quello che dici mi parrebbe di capire che il fatto che si riconosca che il rosa/sentimentale ha più successo di altri generi è una presa di coscienza, piuttosto che uno stratagemma.. e anche su questo sono d'accordo.. che non sia facile scrivere un testo sentimentale è sacrosanto, io ci ho provato con fallimenti assurdi e qualche volta con successo.. ma non mi ritengo soddisfatto del mio livello, quindi trovo molto importante esercitarmici.
Mi vedo pienamente in linea con la frase sopra che lascio quotata, il diritto/dovere di ognuno di noi è far capire a chi racconta storie di un certo tipo sono la solita minestra riscaldata, oppure qualcosa di talmente inflazionato da risultare noioso. Penso che questo assimili il tema del cliché: se io leggo la storia del nonno sul letto di morte, attorniato dai nipoti che piangono, al di là dell'inevitabile coinvolgimento emotivo, dirò sempre che questo tipo di storia è trito e ritrito, che non ne posso più di questo cliché (perché dai.. è un cliché), quindi inviterò lo scrittore a essere più creativo, non nel senso che ha usato lo stratagemma della ricerca emotiva sui rapporti familiari, ma sul fatto che la scena che mi ha mostrato non aggiunge nulla di nuovo a quello che già so o che ho già sperimentato.
Può starci come discorso?

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Fagiolo17
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Re: Rapporti familiari e cliché

Messaggio#6 » lunedì 23 ottobre 2023, 11:40

Bella gente, intervengo anche io a gamba tesa sull'argomento perché ci ho riflettuto tantissime volte e mi sono trovato spesso a scrivere racconti che magari erano meno in linea con il mio gusto e più con quello dei lettori, proprio perché fosse per me scriverei solo roba Pulp, che poi nessuno apprezzerebbe, perché probabilmente i partecipanti a MC non sono il pubblico giusto.
però questa è anche una competizione oltre che un banco di prova.
su 10 lettori "medi", 8 ameranno il racconto "sole cuore amore" e 2 lo odieranno.
Questo perché, come dice l'Antico, MC è rappresentativo del mercato che c'è fuori, dove la gente ama pure i libri scritti di merda, solo perché toccano le corde giuste, mentre a me un libro scritto male mi fa venire la caia e lo abbandono dopo 30 pagine anche se ha il concept più figo di sempre.
Vorrei evitare di parlare del Fabbricante di Lacrime, libro di merda, scritto di merda, che ha venduto milioni di copie...
io dal mio punto di vista odio i racconti solo dialoghi. visto che la classifica è soggettiva spesso li penalizzo, ma prima di farlo li leggo e mi rendo conto di come sono scritti.
che cosa voglio dire con l'ultima frase? che ci sono racconti "sole cuore amore" che non ci arrivano al cuore, perché sono cliché, perché sono scritti male, perché sono la famosa scorciatoia che non sempre funziona. Ma ci sono racconti che toccano le corde giuste e ti prendono il cuore anche se trattano di nonni e nipoti e affetti vari. proprio perché sono fatti bene! non sbagliano una virgola e anche se parlano di cliché lo fanno con la giusta sensibilità, creando empatia.
Io ho sempre pensato che in un contest di scrittura dovrebbe vincere il racconto scritto meglio. ma sappiamo che non c'è un "meglio" condiviso da tutti e soprattutto che la soggettività entra in gioco con forza.
ci sono classifiche in cui arrivano primi racconti che in altre classifiche sono ottavi. e alla fine è bello così, perché se la pensassimo tutti allo stesso modo che gioco sarebbe?
poi, anche a me i racconti "sole cuore amore" non fanno impazzire, ma se sono scritti bene mi danno molto di più di una scazzottata alla Hap e Leonard che normalmente amo alla follia.
il succo del discorso? Dipende da come è scritto il fantomatico racconto in questione!
Poi credo che sia legittimo che nella propria classifica ognuno piazzi i racconti secondo il proprio gusto. qui stiamo parlando di racconti familiari, ma quante volte un racconto sci fi o pulp o fantasy viene penalizzato solo perché è di quel genere?

se vogliamo aggiungere un argomento in più di discussione, quante volte invece anche inconsciamente si piazza un racconto più in alto o più in basso in classifica solo perché lo ha scritto Pinco Pallo?
a volte perché, dai, lui è forte non posso metterlo settimo.
altre volte perché, dai quello che scrive di solito non piace a nessuno, non posso metterlo in alto.

Fare la classifica è probabilmente la parte più difficile di tutto MC, ma aiuta a imparare a valutare uno scritto non solo con il cuore ma anche con la testa.

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MatteoMantoani
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Re: Rapporti familiari e cliché

Messaggio#7 » lunedì 23 ottobre 2023, 12:50

Fagiolo17 ha scritto:Bella gente, intervengo anche io a gamba tesa sull'argomento perché ci ho riflettuto tantissime volte e mi sono trovato spesso a scrivere racconti che magari erano meno in linea con il mio gusto e più con quello dei lettori, proprio perché fosse per me scriverei solo roba Pulp, che poi nessuno apprezzerebbe, perché probabilmente i partecipanti a MC non sono il pubblico giusto.
però questa è anche una competizione oltre che un banco di prova.
su 10 lettori "medi", 8 ameranno il racconto "sole cuore amore" e 2 lo odieranno.
Questo perché, come dice l'Antico, MC è rappresentativo del mercato che c'è fuori, dove la gente ama pure i libri scritti di merda, solo perché toccano le corde giuste, mentre a me un libro scritto male mi fa venire la caia e lo abbandono dopo 30 pagine anche se ha il concept più figo di sempre.
Vorrei evitare di parlare del Fabbricante di Lacrime, libro di merda, scritto di merda, che ha venduto milioni di copie...
io dal mio punto di vista odio i racconti solo dialoghi. visto che la classifica è soggettiva spesso li penalizzo, ma prima di farlo li leggo e mi rendo conto di come sono scritti.
che cosa voglio dire con l'ultima frase? che ci sono racconti "sole cuore amore" che non ci arrivano al cuore, perché sono cliché, perché sono scritti male, perché sono la famosa scorciatoia che non sempre funziona. Ma ci sono racconti che toccano le corde giuste e ti prendono il cuore anche se trattano di nonni e nipoti e affetti vari. proprio perché sono fatti bene! non sbagliano una virgola e anche se parlano di cliché lo fanno con la giusta sensibilità, creando empatia.
Io ho sempre pensato che in un contest di scrittura dovrebbe vincere il racconto scritto meglio. ma sappiamo che non c'è un "meglio" condiviso da tutti e soprattutto che la soggettività entra in gioco con forza.
ci sono classifiche in cui arrivano primi racconti che in altre classifiche sono ottavi. e alla fine è bello così, perché se la pensassimo tutti allo stesso modo che gioco sarebbe?
poi, anche a me i racconti "sole cuore amore" non fanno impazzire, ma se sono scritti bene mi danno molto di più di una scazzottata alla Hap e Leonard che normalmente amo alla follia.
il succo del discorso? Dipende da come è scritto il fantomatico racconto in questione!
Poi credo che sia legittimo che nella propria classifica ognuno piazzi i racconti secondo il proprio gusto. qui stiamo parlando di racconti familiari, ma quante volte un racconto sci fi o pulp o fantasy viene penalizzato solo perché è di quel genere?

se vogliamo aggiungere un argomento in più di discussione, quante volte invece anche inconsciamente si piazza un racconto più in alto o più in basso in classifica solo perché lo ha scritto Pinco Pallo?
a volte perché, dai, lui è forte non posso metterlo settimo.
altre volte perché, dai quello che scrive di solito non piace a nessuno, non posso metterlo in alto.

Fare la classifica è probabilmente la parte più difficile di tutto MC, ma aiuta a imparare a valutare uno scritto non solo con il cuore ma anche con la testa.

Ma infatti io apprezzo il fatto che tu riesca sia a scrivere storie decisamente pulp (ancora in mente quella dello spacciatore che si fa cagare in bocca) e anche quelle più sul sentimentale/rosa.. diciamo che il mio punto di arrivo sarebbe proprio poter a volontà sbancare in entrambe le tipologie, come fai tu.
Il tema delle classifiche sulla base del prestigio dei concorrenti, è un tema che avevo anche io cercato di affrontare qualche anno fa.. avevo proposto, così per scherzo, una gara senza nomi, giusto per vedere cosa succede. L'Antico ha puntualizzato qualcosa che mi è rimasto in testa come buona pratica, che cerco di seguire: ha senso vedere chi posta i racconti perché si ha in mente in questo modo qual è la qualità media di uno scrittore.. ha senso quindi, se è uno che vince tanto, essere molto più severi e alzare l'asticella, in questo modo i due effetti si equilibrano.

Dario17
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Re: Rapporti familiari e cliché

Messaggio#8 » lunedì 23 ottobre 2023, 13:00

Fagiolo17 ha scritto:
se vogliamo aggiungere un argomento in più di discussione, quante volte invece anche inconsciamente si piazza un racconto più in alto o più in basso in classifica solo perché lo ha scritto Pinco Pallo?
a volte perché, dai, lui è forte non posso metterlo settimo.
altre volte perché, dai quello che scrive di solito non piace a nessuno, non posso metterlo in alto.
Fare la classifica è probabilmente la parte più difficile di tutto MC, ma aiuta a imparare a valutare uno scritto non solo con il cuore ma anche con la testa.


Infatti quella volta che tu proponesti di fare una bella Edition con tutti i racconti anonimi, porca miseria quanto ho sperato che fosse stata accettata la modalità.


MatteoMantoani ha scritto:Mi vedo pienamente in linea con la frase sopra che lascio quotata, il diritto/dovere di ognuno di noi è far capire a chi racconta storie di un certo tipo sono la solita minestra riscaldata, oppure qualcosa di talmente inflazionato da risultare noioso. Penso che questo assimili il tema del cliché: se io leggo la storia del nonno sul letto di morte, attorniato dai nipoti che piangono, al di là dell'inevitabile coinvolgimento emotivo, dirò sempre che questo tipo di storia è trito e ritrito, che non ne posso più di questo cliché (perché dai.. è un cliché), quindi inviterò lo scrittore a essere più creativo, non nel senso che ha usato lo stratagemma della ricerca emotiva sui rapporti familiari, ma sul fatto che la scena che mi ha mostrato non aggiunge nulla di nuovo a quello che già so o che ho già sperimentato.


In linea al 100%.
E se al mio misero consiglio di essere più creativo un autore mi rispondesse "esticazzi...a me piace così e io scrivo così" oppure "eh, io voglio arrivare in finale di Edition e spulciando gli archivi ho dedotto che è questo tipo di racconti che ci arriva con più probabilità", io NON MUOVEREI UNA PAGLIA.
Però dall'altra parte dovrà accettare la mia valutazione, conscio che un'altra storia del suo girone magari scritta un pelino peggio ma con una idea più ganza e ben frullata gli arriverà davanti nella MIA CLASSIFICA.
La dico tutta: io i racconti "sole cuore e amore" li valuto con più durezza a cuore molto leggero, perchè so benissimo di essere in controtendenza e che difficilmente per colpa mia perderanno un treno per la finale, strazianti, sentimentali o tragici che siano , dato che qua dentro queste cose piacciono parecchio.

E concludo con una provocazione. Tanto per cambiare.
Chi scrive di figli, nipoti, nonnini e parentelli vari, è abbastanza skillato da saper separare se stesso dalla prosa che scrive?
Esempio.
Mr.X scrive un pezzo su una fidanzata rimasta invalida per colpa di un incidente stradale.
Nella vita vera di Mr.X, gli è successa purtroppo LA STESSA IDENTICA COSA.
Mr.X, di fronte a un commento sotto il suo pezzo in cui gli viene specificato che il racconto è un po' debole, che non è abbastanza coinvolgente o particolarmente ispirato, saprebbe tenere botta a queste critiche e rimanere slegato da quello che ha scritto così personale?
Non sarebbe stato meglio per Mr.X scrivere di una fidanzata che rimane ferita mentre alleva unicorni o che perde una gamba per colpa di una gara di motospeeder sulle lune di Keplero?
Stesso tema, ma abbastanza spersonalizzato.
C'è rielaborazione. Quindi più impegno.
E ha creato un distacco maggiore dal suo protagonista e dal suo trauma.
Per me si.

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Davide_Mannucci
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Re: Rapporti familiari e cliché

Messaggio#9 » lunedì 23 ottobre 2023, 14:26

E concludo con una provocazione. Tanto per cambiare.
Chi scrive di figli, nipoti, nonnini e parentelli vari, è abbastanza skillato da saper separare se stesso dalla prosa che scrive?
Esempio.
Mr.X scrive un pezzo su una fidanzata rimasta invalida per colpa di un incidente stradale.
Nella vita vera di Mr.X, gli è successa purtroppo LA STESSA IDENTICA COSA.
Mr.X, di fronte a un commento sotto il suo pezzo in cui gli viene specificato che il racconto è un po' debole, che non è abbastanza coinvolgente o particolarmente ispirato, saprebbe tenere botta a queste critiche e rimanere slegato da quello che ha scritto così personale?
Non sarebbe stato meglio per Mr.X scrivere di una fidanzata che rimane ferita mentre alleva unicorni o che perde una gamba per colpa di una gara di motospeeder sulle lune di Keplero?
Stesso tema, ma abbastanza spersonalizzato.
C'è rielaborazione. Quindi più impegno.
E ha creato un distacco maggiore dal suo protagonista e dal suo trauma.
Per me si.


Rispondo in quanto Mr. X, perché posso dire con certezza di esserlo avendo messo nei miei racconti alcune delle mie più tragiche esperienze. Ebbene sì, Dario, si riesce a essere distaccati e a non farsi coinvolgere. Si tratta di arte e l’arte aiuta anche a osservare meglio qualcosa che ti ha coinvolto e soprattutto a scrutare le reazioni e le emozioni che essa suscita nel lettore. Ed è proprio quel distacco che ti aiuta a metabolizzare alcune cose. Scrivere per dare sé stessi agli altri e sperare che questo faccia sognare o pian ge re o ridere o semplicemente grattarsi le chiappe è una cosa che gratifica e arricchisce. Possiamo far morire ragni giganti al posto dei nonni? Ma certo che possiamo. Possiamo far crescere caccole nell’orto e farle diventare gigantesche frane che polverizzano un ‘intera valle? Sì che possiamo. Ma è un altro meraviglioso metodo per emozionare e far vibrare le corde del lettore. Parliamo poi della creatività: sono meno creativo se parlo di una bambina morta di tumore e di un palloncino bianco in chiesa, piuttosto che di un unicorno che gioca a nascondino con Bettino Craxi? Apparentemente sì, ma ci sono sfumature che potrebbero dire il contrario. Se alcune corde vengono pizzicate e fatte vibrare non è perché l’autore è stato furbo o scorretto e ha usato il vizietto per scalare le classifiche. No, scala le classifiche perché usa (bene) in un altro modo la creatività. Creatività non è solo inventare situazioni particolarmente inusuali o atipiche ma prendere ingredienti banali e iper usati e farne un piatto che ti porta altrove, che ti fa vibrare. Poi per carità, ci sono i gusti personali e se non piace non piace. Ultimo esempio, la pittura iper realista. Se un pittore mi dipinge una natura morta o un paesaggio e mi fa vibrare le corde emotive perché mi ricorda la frutta della nonna o il nonno (e daje coi nonni) che mi portava in Garfagnana è meno creativo di un altro che in mezzo alla natura morta ci disegna il pene di un armadillo? Secondo me no, ma è solo una mia opinione ed è bello condividerla con voi.
Detto questo, occhio a come rispondi Cinti che presto metterò la maschera da Gladiatore e chissà....ahahahahhaha
Scherzi a parte, sempre lieto e disponibile a ogni confronto costruttivo.
Per quanto riguarda la parola vizietto è proprio brutta ma l’ha coniata Mantoani e non possiamo aspettarci di meglio...ahahahah :D Si scherza Matteo eh!
Buona Cannoletta Edition a tutti voi e che i gufetti siano con voi!
Davide Mannucci

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Shanghai Kid
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Re: Rapporti familiari e cliché

Messaggio#10 » lunedì 23 ottobre 2023, 16:11

Eccomi qui, finalmente ho due minuti per dire anche io la mia.
Comincio con il dire che anche io trovo questo spazio davvero utile e che ringrazio l'Antico per averlo creato e aver accolto un bisogno che si è dimostrato impellente.
Come ben sapete, l'ultimo (ma non il primo!) episodio in cui si è aperta questa discussione è un mio racconto, pertanto ci tengo a precisare che:
1. Quel pezzo è stato solo un pretesto, ma chiaramente non ho intenzione di personalizzare il discorso ma di dire quello che penso in generale.
2. Mi spiace se ci sono stati fraintendimenti di toni nella discussione precedente (io stessa mi sono sentita privatamente con Matteo e Davide per chiarire questo punto): purtroppo la tecnologia non aiuta molto in questo, per cui dobbiamo sforzarci tutti di essere - a mio avviso - più chiari e rispettosi possibile.

Spero di non saltare punti in questa mia disamina perchè è una questione che mi ha proprio toccato un nervo scoperto e non perchè "c'entrasse" un mio pezzo, ma proprio perchè non sono nettamente d'accordo con una serie di analisi, asserzioni e modalità, ma vado a spiegarmi.

Un'ultima premessa: non sono amante di romanzi rosa, anzi. Però i toni drammatici sono nelle mie corde. Non ho scritto solo co questa declinazione, ma mi è capitato spesso, semplicemente perchè fa parte di me e del mio modo di leggere il mondo.

1. Chi ha detto che la narrativa deve essere esperita con l'unico scopo di fuggire dalla realtà? Questo, semmai, è UNO dei suoi possibili scopi e delle sue possibili articolazioni. C'è chi legge per scoprirsi, capirsi o riviversi nelle parole altrui. Perchè questo deve essere in qualche modo meno nobile o di valore?

2. Questo punto è collegato al precedente (ed entrambi fanno riferimento al commento di Dario, ma anche al discorso in generale, chiaramente). Dario scrive che quella scena la può vedere esattamente uguale in mille ospizi: e non è anche questo un pregio letterario/narrativo? Riprodurre la realtà fino a farla sembrare vera? Nessuno obbliga nessun altro ad apprezzare questo tipo di esperienza letteraria, ma i Veristi ci hanno fatto una specie di rivoluzione tra l'800 e il '900 lasciando un'impronta esistente anche nella letteratura contemporanea. Siamo tutti sicuri sia un'operazione facile o per pigri o da fare senza cervello? Non denota invece di essere un buon osservatore e un abile scrittore saperla ricreare?

3. La questione del clichè, come dice Maurizio, è applicabile a qualsiasi cosa. Torno a ripetervi, è come se dicessi: Oddio, la solita apocalisse zombie; La solita guerra spaziale; Il solito vampiro sensuale ecc. Borges dice: "“Quattro sono le storie. Per tutto il tempo che ci rimane, continueremo a narrarle, trasformarle”." Io sono d'accordo. Inoltre, la morte, la sofferenza, i sentimenti sono qualcosina di più di un clichè, sono qualcosa di condiviso e se proprio in questo risiede secondo voi la "scorciatoia", allora ignorate un ALTRO possibile modo di intendere la narrativa: cioè guardarsi.

4. I clichè forse vanno cercati più nello stile. E allora, io ti dico che ho letto più pulp (genere che apprezzo) che copiano Bukowski che racconti drammatici che copiano Moccia. Questo va bene? E sarebbe accettabile definire "vizietto" o "scorciatoia" la ricerca spasmodica del plot twist per colpire il lettore (altra cosa che io ho fatto in altri racconti)? Secondo me no, ma se deve valere per i sentimenti, perchè non per i colpi di scena?

5. Non tutti i brani che parlano di sentimenti sono degli Harmony e non tutti i brani che parlano di fantascienza sono degli Asimov. Io adoro i gialli, i thriller, gli horror, i fantasy, gli storici e mi piacciono anche i romanzi drammatici. Tra i libri migliori che abbia mai letto c'è Stoner di John Williams. Romanzo che consiglio a chiunque voglia imparare come si scrive bene, perchè è un capolavoro: la trama? La vita comune di un uomo comune, con i suoi drammi e i suoi affetti. Fine. Vi sfido a dirmi che non è uno dei libri meglio scritti che abbiate mai letto.

6. Voi dite che siamo qui per esplorare. Io, personalmente, sono d'accordo, ma non sta scritto da nessuna parte che siamo qui tutti per lo stesso motivo. Ma soprattutto: chi decide cosa dobbiamo esplorare? E se una sera uno si concentra su qualcosa di diverso dalla trama? E se la sua esplorazione è provare a farci piangere tutti? E se vuole solo ricordare suo nonno? Chi lo deve stabilire se non lui stesso?

7. La scelta di alcune parole - so che non è nelle vostre intenzioni, ma a volte risulta così - è un po' svilente per chi ha scelto di scrivere di queste cose. Perchè nessuno si mette a dire che qualcuno ha scritto un racconto "sangue-pistoloni-merda" e quindi personalmente vorrei che non si usasse "sole-cuore-amore" ogni volta che uno parla di situazioni sentimentali di qualsivoglia genere o che si faccia per forza di cose riferimento a Fabio Volo o Moccia che hanno tutta la dignità di esistere, ma non sono gli unici che hanno scritto di emozioni, sentimenti, famiglia o morte.

Detto questo. Io credo che la soggettività giochi un ruolo più o meno grande nella valutazione e nelle critiche di ognuno di noi. Io, tendenzialmente, cerco di dare più peso a come è scritto un pezzo, allo stile, alle modalità cercando di capire se le intenzioni che presuppongo esserci state nell'autore sono state rispettate, perchè solo così penso di poter essere utile agli altri. Poi, se una storia non mi è piaciuta, questo inciderà, ma non ne faccio una questione di genere o altro. Se fosse così, 3/4 delle volte dovrei mettere ultimi racconti fantascientifici che invece ho trovato davvero ben fatti.

Ho detto più o meno quello che penso, mi scuso se non mi sono espressa nel modo più chiaro possibile, ma sono un po' di fretta. Però, ecco, ci tengo molto, perchè trovo alcune questioni davvero limitanti la creatività e la libertà espressiva e per me questo è una specie di peccato mortale.

Scusate la lungaggine.
Elisa

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MatteoMantoani
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Re: Rapporti familiari e cliché

Messaggio#11 » lunedì 23 ottobre 2023, 17:45

Shanghai Kid ha scritto:Eccomi qui, finalmente ho due minuti per dire anche io la mia.
Comincio con il dire che anche io trovo questo spazio davvero utile e che ringrazio l'Antico per averlo creato e aver accolto un bisogno che si è dimostrato impellente.
Come ben sapete, l'ultimo (ma non il primo!) episodio in cui si è aperta questa discussione è un mio racconto, pertanto ci tengo a precisare che:
1. Quel pezzo è stato solo un pretesto, ma chiaramente non ho intenzione di personalizzare il discorso ma di dire quello che penso in generale.
2. Mi spiace se ci sono stati fraintendimenti di toni nella discussione precedente (io stessa mi sono sentita privatamente con Matteo e Davide per chiarire questo punto): purtroppo la tecnologia non aiuta molto in questo, per cui dobbiamo sforzarci tutti di essere - a mio avviso - più chiari e rispettosi possibile.

Sono più che contento di riprendere a discutere con te, certamente nell'ottica di un'esplorazione con obiettivo l'automiglioramento e non la polemica.. non intendo litigare per la scrittura/letteratura.. si litiga al lavoro, nella vita.. questo è il nostro mondo, la nostra passione.. e il dibattito che ne deriva è solo un modo per goderselo ancora di più. Sono quindi in totale buona fede e disposto a farmi convincere del contrario di quello che credo, se riuscite a farlo :D

1. Chi ha detto che la narrativa deve essere esperita con l'unico scopo di fuggire dalla realtà? Questo, semmai, è UNO dei suoi possibili scopi e delle sue possibili articolazioni. C'è chi legge per scoprirsi, capirsi o riviversi nelle parole altrui. Perchè questo deve essere in qualche modo meno nobile o di valore?

2. Questo punto è collegato al precedente (ed entrambi fanno riferimento al commento di Dario, ma anche al discorso in generale, chiaramente). Dario scrive che quella scena la può vedere esattamente uguale in mille ospizi: e non è anche questo un pregio letterario/narrativo? Riprodurre la realtà fino a farla sembrare vera? Nessuno obbliga nessun altro ad apprezzare questo tipo di esperienza letteraria, ma i Veristi ci hanno fatto una specie di rivoluzione tra l'800 e il '900 lasciando un'impronta esistente anche nella letteratura contemporanea. Siamo tutti sicuri sia un'operazione facile o per pigri o da fare senza cervello? Non denota invece di essere un buon osservatore e un abile scrittore saperla ricreare?

Ci ho riflettuto, e qui riesci a convincermi. In effetti l'evasione dalla realtà è uno dei MIEI modi di vivere la lettura/scrittura, e non è detto che sia l'unico fine, anzi, ce ne sono di millemila tutti ugualmente nobili. King dice: la scrittura è telepatia, leggendo puoi immedesimarti nella vita di altri, e assorbire esperienze non tue. Questo basta a renderla arte. Fine.

3. La questione del clichè, come dice Maurizio, è applicabile a qualsiasi cosa. Torno a ripetervi, è come se dicessi: Oddio, la solita apocalisse zombie; La solita guerra spaziale; Il solito vampiro sensuale ecc. Borges dice: "“Quattro sono le storie. Per tutto il tempo che ci rimane, continueremo a narrarle, trasformarle”." Io sono d'accordo. Inoltre, la morte, la sofferenza, i sentimenti sono qualcosina di più di un clichè, sono qualcosa di condiviso e se proprio in questo risiede secondo voi la "scorciatoia", allora ignorate un ALTRO possibile modo di intendere la narrativa: cioè guardarsi.

4. I clichè forse vanno cercati più nello stile. E allora, io ti dico che ho letto più pulp (genere che apprezzo) che copiano Bukowski che racconti drammatici che copiano Moccia. Questo va bene? E sarebbe accettabile definire "vizietto" o "scorciatoia" la ricerca spasmodica del plot twist per colpire il lettore (altra cosa che io ho fatto in altri racconti)? Secondo me no, ma se deve valere per i sentimenti, perchè non per i colpi di scena?

Sui cliché non sono d'accordo. Per me esistono, eccome. Fai bene a espanderli anche nello stile e negli escamotage narrativi, ormai La Sentinella è diventato un cliché, ma al tempo certamente era una novità. Un cliché è una cosa che sperimenti quando leggi, e ti rendi conto che l'hai vista settecentomila volte tale e quale e quindi ti annoia, ti fa alzare gli occhi al cielo.. insomma, non ti sorprende. Forse allora la definizione dei cliché è soggettiva, perché ognuno ha la sua esperienza, ma per me "l'effetto già visto" è uno degli errori più grossi da fare. Discutiamone ancora, voglio sentire anche altre campane..

5. Non tutti i brani che parlano di sentimenti sono degli Harmony e non tutti i brani che parlano di fantascienza sono degli Asimov. Io adoro i gialli, i thriller, gli horror, i fantasy, gli storici e mi piacciono anche i romanzi drammatici. Tra i libri migliori che abbia mai letto c'è Stoner di John Williams. Romanzo che consiglio a chiunque voglia imparare come si scrive bene, perchè è un capolavoro: la trama? La vita comune di un uomo comune, con i suoi drammi e i suoi affetti. Fine. Vi sfido a dirmi che non è uno dei libri meglio scritti che abbiate mai letto.

Infatti mi leggi nel pensiero, nell'altro thread dedicato alle nostre letture preferite, ho appunto annoverato Stoner. Per me questo romanzo è un grande mistero. Non so perché mi piace. Giuro. Non lo so. Racconta una storia già scritta nell'incipit, segue le vicende di un personaggio che non ha nulla di eccezionale... ma oltre a essere scritto con una tecnica da Dio (e questo riesco a capirlo), non capisco perché leggendolo mi sono commosso. Spiegatemelo voi. Per piacere.

6. Voi dite che siamo qui per esplorare. Io, personalmente, sono d'accordo, ma non sta scritto da nessuna parte che siamo qui tutti per lo stesso motivo. Ma soprattutto: chi decide cosa dobbiamo esplorare? E se una sera uno si concentra su qualcosa di diverso dalla trama? E se la sua esplorazione è provare a farci piangere tutti? E se vuole solo ricordare suo nonno? Chi lo deve stabilire se non lui stesso?

Ma certo, ognuno vive l'esperienza di Minuti Contati come preferisce.. il mio era solo un invito a esplorare, per appunto sfruttare il fatto che hai gente "costretta" a leggere i tuoi lavori..

7. La scelta di alcune parole - so che non è nelle vostre intenzioni, ma a volte risulta così - è un po' svilente per chi ha scelto di scrivere di queste cose. Perchè nessuno si mette a dire che qualcuno ha scritto un racconto "sangue-pistoloni-merda" e quindi personalmente vorrei che non si usasse "sole-cuore-amore" ogni volta che uno parla di situazioni sentimentali di qualsivoglia genere o che si faccia per forza di cose riferimento a Fabio Volo o Moccia che hanno tutta la dignità di esistere, ma non sono gli unici che hanno scritto di emozioni, sentimenti, famiglia o morte.

Per me usa pure "sangue-pistoloni-merda", se è quello che ti viene in mente se leggi un mio racconto: significa appunto che sono caduto nel cliché, e quindi ho fallito nel mio intento di essere originale.. quando guardavo i film d'azione americani con mio padre, lui diceva sempre: "dut un cope/mace, e vonde", vale a dire: "tutto un uccidi/ammazza, e nulla di più".. il cliché si riconosce subito.. basta essere sinceri.

Detto questo. Io credo che la soggettività giochi un ruolo più o meno grande nella valutazione e nelle critiche di ognuno di noi. Io, tendenzialmente, cerco di dare più peso a come è scritto un pezzo, allo stile, alle modalità cercando di capire se le intenzioni che presuppongo esserci state nell'autore sono state rispettate, perchè solo così penso di poter essere utile agli altri. Poi, se una storia non mi è piaciuta, questo inciderà, ma non ne faccio una questione di genere o altro. Se fosse così, 3/4 delle volte dovrei mettere ultimi racconti fantascientifici che invece ho trovato davvero ben fatti.

Certamente, il valore oggettivo di un'opera non esiste, esiste solo l'impatto che ha in ciascuno di noi.. e per me appunto decide la maggioranza. Ognuno di noi ha un metro originale per valutare l'arte, e probabilmente non è ripetibile. Forse l'unico vero metro è quello che usa esplicitamente l'Antico: quanto l'effetto di un racconto ricalca le intenzioni dell'autore? Chiaro però che è importante anche sondare i gusti degli altri. Le storie sentimentali piacciono agli altri e a me no? Io scrivo per gli altri, quindi devo almeno capire come riuscire a scriverle.. poi posso renderle più congeniali ai miei gusti, ma devo comprenderle.

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MatteoMantoani
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Re: Rapporti familiari e cliché

Messaggio#12 » lunedì 23 ottobre 2023, 18:40

Davide_Mannucci ha scritto:
E concludo con una provocazione. Tanto per cambiare.
Chi scrive di figli, nipoti, nonnini e parentelli vari, è abbastanza skillato da saper separare se stesso dalla prosa che scrive?
Esempio.
Mr.X scrive un pezzo su una fidanzata rimasta invalida per colpa di un incidente stradale.
Nella vita vera di Mr.X, gli è successa purtroppo LA STESSA IDENTICA COSA.
Mr.X, di fronte a un commento sotto il suo pezzo in cui gli viene specificato che il racconto è un po' debole, che non è abbastanza coinvolgente o particolarmente ispirato, saprebbe tenere botta a queste critiche e rimanere slegato da quello che ha scritto così personale?
Non sarebbe stato meglio per Mr.X scrivere di una fidanzata che rimane ferita mentre alleva unicorni o che perde una gamba per colpa di una gara di motospeeder sulle lune di Keplero?
Stesso tema, ma abbastanza spersonalizzato.
C'è rielaborazione. Quindi più impegno.
E ha creato un distacco maggiore dal suo protagonista e dal suo trauma.
Per me si.


Rispondo in quanto Mr. X, perché posso dire con certezza di esserlo avendo messo nei miei racconti alcune delle mie più tragiche esperienze. Ebbene sì, Dario, si riesce a essere distaccati e a non farsi coinvolgere. Si tratta di arte e l’arte aiuta anche a osservare meglio qualcosa che ti ha coinvolto e soprattutto a scrutare le reazioni e le emozioni che essa suscita nel lettore. Ed è proprio quel distacco che ti aiuta a metabolizzare alcune cose. Scrivere per dare sé stessi agli altri e sperare che questo faccia sognare o pian ge re o ridere o semplicemente grattarsi le chiappe è una cosa che gratifica e arricchisce. Possiamo far morire ragni giganti al posto dei nonni? Ma certo che possiamo. Possiamo far crescere caccole nell’orto e farle diventare gigantesche frane che polverizzano un ‘intera valle? Sì che possiamo. Ma è un altro meraviglioso metodo per emozionare e far vibrare le corde del lettore. Parliamo poi della creatività: sono meno creativo se parlo di una bambina morta di tumore e di un palloncino bianco in chiesa, piuttosto che di un unicorno che gioca a nascondino con Bettino Craxi? Apparentemente sì, ma ci sono sfumature che potrebbero dire il contrario. Se alcune corde vengono pizzicate e fatte vibrare non è perché l’autore è stato furbo o scorretto e ha usato il vizietto per scalare le classifiche. No, scala le classifiche perché usa (bene) in un altro modo la creatività. Creatività non è solo inventare situazioni particolarmente inusuali o atipiche ma prendere ingredienti banali e iper usati e farne un piatto che ti porta altrove, che ti fa vibrare. Poi per carità, ci sono i gusti personali e se non piace non piace. Ultimo esempio, la pittura iper realista. Se un pittore mi dipinge una natura morta o un paesaggio e mi fa vibrare le corde emotive perché mi ricorda la frutta della nonna o il nonno (e daje coi nonni) che mi portava in Garfagnana è meno creativo di un altro che in mezzo alla natura morta ci disegna il pene di un armadillo? Secondo me no, ma è solo una mia opinione ed è bello condividerla con voi.

Ho riflettuto parecchio su questo, e credo che sia proprio una prerogativa del saper scrivere su certe emozioni averle sperimentate in prima persona. Certo, posso mettermi a raccontare cosa si prova nei campi di concentramento, ma il mio racconto sarà certamente sempre inferiore, come coinvolgimento emotivo, rispetto a qualcuno che l'ha vissuto davvero.
Per questo i più bei libri di guerra sono, per esempio, quelli scritti da Remarque, Hemingway o Vonnegut.. proprio perché l'hanno combattuta davvero.
Tutt'altro discorso per immaginare ambientazioni indietro o avanti nel tempo, in cui veramente occorre essere creativi e studiare le fonti, oppure articoli scientifici e cose varie.
Bravissimo è comunque lo scrittore che riesce a essere così creativo da riuscire a descrivere emozioni che non ha provato, cercando di immedesimarsi negli altri. Non ho esempi in testa, ma di sicuro ragionandoci si trovano (Dickens? Non credo fosse orfano XD ).
Alla fine della fiera rimane il detto: scrivi di quello che sai. Proprio parlando di rapporti familiari e amore, tutti abbiamo sperimentato queste cose, quindi in teoria tutti possiamo scriverle.. certo, il mio invito è farlo sempre in modo creativo e "diverso", ma comunque tutti noi abbiamo la sensibilità per farlo.. siamo o non siamo scrittori? Ci possiamo comunque arrivare, questo dovrebbe essere uno dei nostri intenti

Per quanto riguarda la parola vizietto è proprio brutta ma l’ha coniata Mantoani e non possiamo aspettarci di meglio...ahahahah :D Si scherza Matteo eh!

Ma sai che in realtà non sono io? Sono sicuro di averla presa da qualcuno.. non mi ricordo chi.. XD
Vabbè dai, è un nomignolo che vuole essere scherzoso e non offensivo.

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Re: Rapporti familiari e cliché

Messaggio#13 » lunedì 23 ottobre 2023, 18:52

Ma sai che in realtà non sono io? Sono sicuro di averla presa da qualcuno.. non mi ricordo chi.. XD
Vabbè dai, è un nomignolo che vuole essere scherzoso e non offensivo.


Lo.so...credo sia Nesler ma non volevo farlo arrabbiare perché lui è veramente una brutta persona e pure vendicativa:D
Davide Mannucci

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Re: Rapporti familiari e cliché

Messaggio#14 » martedì 24 ottobre 2023, 8:53

MatteoMantoani ha scritto:

Ho riflettuto parecchio su questo, e credo che sia proprio una prerogativa del saper scrivere su certe emozioni averle sperimentate in prima persona. Certo, posso mettermi a raccontare cosa si prova nei campi di concentramento, ma il mio racconto sarà certamente sempre inferiore, come coinvolgimento emotivo, rispetto a qualcuno che l'ha vissuto davvero.
Per questo i più bei libri di guerra sono, per esempio, quelli scritti da Remarque, Hemingway o Vonnegut.. proprio perché l'hanno combattuta davvero.


E se mettessimo anche Tolkien accanto a questa bella gente? Che le dinamiche della battaglia, i sentimenti del conflitto e della perdita della patria li ha vissuti in prima persona nella prima guerra mondiale e li ha esaltati comunque mettendo in mano ai suoi protagonisti anelli magici, spade runate e catini in cui si vede il futuro?
Davvero nessuno ci vede quel quid in più?
Se questi signori partecipassero a un MC con tema "La guerra è guerra" e piazzassero nel topic le loro opere, davvero meriterebbe la vittoria la pura realtà dei fatti di un diario di guerra?

Dario17
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Re: Rapporti familiari e cliché

Messaggio#15 » martedì 24 ottobre 2023, 9:03

Shanghai Kid ha scritto:
2. Questo punto è collegato al precedente (ed entrambi fanno riferimento al commento di Dario, ma anche al discorso in generale, chiaramente). Dario scrive che quella scena la può vedere esattamente uguale in mille ospizi: e non è anche questo un pregio letterario/narrativo? Riprodurre la realtà fino a farla sembrare vera? Nessuno obbliga nessun altro ad apprezzare questo tipo di esperienza letteraria, ma i Veristi ci hanno fatto una specie di rivoluzione tra l'800 e il '900 lasciando un'impronta esistente anche nella letteratura contemporanea. Siamo tutti sicuri sia un'operazione facile o per pigri o da fare senza cervello? Non denota invece di essere un buon osservatore e un abile scrittore saperla ricreare?
Elisa


Sono d'accordo sull'assenza di obblighi di apprezzamento, ma sono in disaccordo sul pregio narrativo.
A che pro leggere per esempio una litigata tra coniugi quando potrei semplicemente infilare la testa nella finestra di vicini litigiosi e ottenere lo stesso risultato (al netto della privacy)?
Perché leggere di mamme chiacchierine che si infamano a vicenda quando 15 minuti di fronte l'uscita dalle scuole mi fornirebbero live lo stesso identico materiale?
Persino il citato Harmony, fenomeno editoriale italiano che piazza ancora milioni di copie e 50 uscite l'anno (colpa di un paese gentrificato ma vabbè) rielabora un minimo sempre lo stesso schema realistico d'amore a uso e consumo della lettrice. Il che è tutto dire.

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Re: Rapporti familiari e cliché

Messaggio#16 » martedì 24 ottobre 2023, 9:04

Dario17 ha scritto:
MatteoMantoani ha scritto:

Ho riflettuto parecchio su questo, e credo che sia proprio una prerogativa del saper scrivere su certe emozioni averle sperimentate in prima persona. Certo, posso mettermi a raccontare cosa si prova nei campi di concentramento, ma il mio racconto sarà certamente sempre inferiore, come coinvolgimento emotivo, rispetto a qualcuno che l'ha vissuto davvero.
Per questo i più bei libri di guerra sono, per esempio, quelli scritti da Remarque, Hemingway o Vonnegut.. proprio perché l'hanno combattuta davvero.


E se mettessimo anche Tolkien accanto a questa bella gente? Che le dinamiche della battaglia, i sentimenti del conflitto e della perdita della patria li ha vissuti in prima persona nella prima guerra mondiale e li ha esaltati comunque mettendo in mano ai suoi protagonisti anelli magici, spade runate e catini in cui si vede il futuro?
Davvero nessuno ci vede quel quid in più?
Se questi signori partecipassero a un MC con tema "La guerra è guerra" e piazzassero nel topic le loro opere, davvero meriterebbe la vittoria la pura realtà dei fatti di un diario di guerra?


Ci vedo certamente qualcosa in più! Proprio parlando di romanzi di guerra mi viene in mente Mattatoio n.5, in cui Vonnegut non si limita a descrivere la guerra ma la pone in un racconto fantastico, perché la guerra è una roba talmente micidiale che il puro realismo non riesce a esprimerla, quindi occorre trascendere la realtà.. è comunque un modo di vederla, che a me personalmente piace molto di più, ma comunque il realismo quasi giornalistico di Hemingway o di Remarque non è inferiore, si tratta solo di un approccio.
Portando esempi simili nelle tragedie sentimentali, trovo il dolore del mostro di Frankenstein molto più coinvolgente di quello di Heathcliff (anche se Cime Tempestose mi è piaciuto molto). È sempre il tema del reietto che non riesce a farsi amare, ma in Frankenstein lo preferisco perché ha quel quid in più che lo traspone in una realtà immaginaria e speculativa.
Ma qui credo appunto che siano i miei gusti, preferisco una creazione originale a una descrizione iperrealistica della realtà. C'è chi può pensarla diversamente, e preferire gli Harmony a Frankenstein (qui ho esagerato, gli Harmony sono carta igienica, Frankenstein è Patrimonio dell'Umanità)

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Re: Rapporti familiari e cliché

Messaggio#17 » martedì 24 ottobre 2023, 9:19

Io credo che qualsiasi modo per sviscerare un TEMA sia valido.
non ce n'è uno che vale di più o uno che vale di meno.
emozionare è equivalente a stupire o a colpire allo stomaco? (alla fine siamo tutti lettori Head, Guts o Heart in percentuali diverse)
Per me sì, assolutamente sì, ma dipenderà da chi ci troviamo di fronte quanto quello che stiamo cercando di far provare faccia breccia. non c'è nulla di male a non amare certi tipi di racconti. credo che sia già insito nella soggettività personale e che si esprima nella classifica.
però penso che declassare un certo tipo di racconto a prescindere sia un vero peccato. ci saranno racconti drammatici che colpiranno tutti, Matteo e Dario compresi, o magari racconti Sci Fi che lasceranno a bocca aperta Elisa, e magari racconti solo dialoghi che piaceranno a me.
quindi non capisco, perché il primo tipo di racconto dovrebbe essere una scorciatoia o un barare?
tanto non sappiamo mai chi ci leggerà.
se scrivessi un racconto drammatico e poi mi leggesse solo chi odia quel tipo di racconto, non mi sarei tirato la zappa sui piedi?
chiudo tornando al fulcro della mia arringa: un racconto di qualsiasi genere diventa "bello" quando è ben scritto, con belle scene, bei personaggi e quando tocca le corde giuste.
Scrivere un racconto drammatico senza esserne in grado tira fuori solo 'na roba cringe che si fa fatica a leggere e che finirà inesorabilmente a fine classifica.
Quindi che si scriva quello che ci piace, che ci fa evadere, che fi fa riflettere, piangere, ridere o che so io! ogni racconto merita di essere letto (se è stato scritto decentemente)

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Re: Rapporti familiari e cliché

Messaggio#18 » martedì 24 ottobre 2023, 16:56

Fagiolo17 ha scritto:Io credo che qualsiasi modo per sviscerare un TEMA sia valido.
non ce n'è uno che vale di più o uno che vale di meno.
emozionare è equivalente a stupire o a colpire allo stomaco? (alla fine siamo tutti lettori Head, Guts o Heart in percentuali diverse)
Per me sì, assolutamente sì, ma dipenderà da chi ci troviamo di fronte quanto quello che stiamo cercando di far provare faccia breccia. non c'è nulla di male a non amare certi tipi di racconti. credo che sia già insito nella soggettività personale e che si esprima nella classifica.
però penso che declassare un certo tipo di racconto a prescindere sia un vero peccato. ci saranno racconti drammatici che colpiranno tutti, Matteo e Dario compresi, o magari racconti Sci Fi che lasceranno a bocca aperta Elisa, e magari racconti solo dialoghi che piaceranno a me.
quindi non capisco, perché il primo tipo di racconto dovrebbe essere una scorciatoia o un barare?
tanto non sappiamo mai chi ci leggerà.
se scrivessi un racconto drammatico e poi mi leggesse solo chi odia quel tipo di racconto, non mi sarei tirato la zappa sui piedi?
chiudo tornando al fulcro della mia arringa: un racconto di qualsiasi genere diventa "bello" quando è ben scritto, con belle scene, bei personaggi e quando tocca le corde giuste.
Scrivere un racconto drammatico senza esserne in grado tira fuori solo 'na roba cringe che si fa fatica a leggere e che finirà inesorabilmente a fine classifica.
Quindi che si scriva quello che ci piace, che ci fa evadere, che fi fa riflettere, piangere, ridere o che so io! ogni racconto merita di essere letto (se è stato scritto decentemente)

Ma qui non penso che in discussione ci sia il valore oggettivo di un'opera o di un'idea, perché non credo proprio che una cosa simile esista proprio.
Il concetto di cliché invece può essere un modo tecnico per stabilire se un racconto è più o meno gradevole di un altro. E se il cliché esiste, a questo punto..
Non mi limito ai cliché sentimentali... Le IA ribelli sono anche un cliché, gli alieni cattivi sono cliché, il mafioso dal cuore buono è un cliché.. insomma.. in tutti i generi e in tutte le salse, se leggo qualcosa che ho già visto in precedenza, e ciò mi stufa, come devo giudicare?

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Re: Rapporti familiari e cliché

Messaggio#19 » martedì 24 ottobre 2023, 18:55

Devi giustamente metterlo in basso in classifica.
nel momento in cui lo percepisci come clichè per definizione stessa ti ha annoiato.
ma non tutte le IA ribelli sono noiose. dipende come lo declini. dipende che elementi vai a trattare. o magari semplicemente la classica IA ribelle tocca le tue corde perché usa un modo molto intelligente per fare la sua rivoluzione.

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Re: Rapporti familiari e cliché

Messaggio#20 » giovedì 2 novembre 2023, 18:24

Torno in questa sezione dopo avere completato i commenti di edizione e sfruttando la settimana in più che questo mese c'è tra un'edizione e l'altra.

Parto dal concetto di cliché perché lo vedo davvero come totalmente soggettivo: ognuno di noi ha esperienze diverse e differenti che portano ad avere visto o letto o percepito in numero più o meno ridondante quello che qui viene definito come cliché e quindi a etichettarlo come tale. Il concetto di etichettarlo come cliché, però, è totalmente avulso dal mio approccio perché sono davvero poche le storie che, ormai, riescono a sorprendermi per l'originalità del narrato mentre apprezzo sempre più l'originalità dell'approccio, quindi il modo in cui vengono raccontate. Pertanto no, non riesco ad allinearmi a una discussione che si ponga come obbiettivo l'identificare universali cliché da etichettare come tali allo scopo di chiederne poi la non trattazione nei racconti futuri, lo vedo come un tentativo di classificazione senza alcun senso che dipenderà sempre dalla soggettività del singolo e pertanto il definirne un tot equivale a imporre una limitazione alla libertà degli altri.

Ho letto che si è parlato dell'edizione in incognita, quella in cui non si conoscono i nomi degli autori. Si voleva provarla in una special estiva, ma sono due estati che non riesco a lavorare su MC tra un'Era e l'altra e pertanto non s'è fatto. Appena possibile, si testerà. Qui vi spiego perché è un sistema che non mi piace. Su MC si è sempre cercato di mettere tutti gli autori e autrici nelle stesse condizioni e questo è il motivo del tema tenuto segreto fino all'ultimo, del tot numero di ore, del tot numero di caratteri. In più, sono sempre estremamente fiscale nell'applicazione delle regole e questo per ridurre al minimo la possibilità che ci siano o siano segnalate delle iniquità. Un'edizione in incognita ci toglie il controllo proprio del suo elemento centrale: l'incognita. Chi ci assicura, infatti, che gli autori e le autrici non si sentano privatamente per comunicarsi chi ha scritto cosa? Questo porterebbe a tutta una serie di dubbi che non sono mai sani privando il personaggio dell'Antico della sua funzione catalizzante per quanto riguarda ogni aspetto della partecipazione. In più, aggiungo che qui uno delle principali skill che si punta a fare apprendere ai partecipanti è la veridicità del commento a prescindere da chi si sta commentando e questo si ottiene solo sapendo chi si commenta e non nascondendone il nome per permetterci di essere più onesti. L'onestà intellettuale deve essere alla base dell'esperienza di MC e la si allena sul campo, testandola a ogni commento fatto a una persona conosciuta. Nasconderci dietro a un dito porterebbe l'esperienza stessa a perdere di valore. Su questo tema avrei da spendere decine di migliaia di caratteri, ma per il momento mi fermo qui.

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Re: Rapporti familiari e cliché

Messaggio#21 » giovedì 2 novembre 2023, 21:04

antico ha scritto:
Pertanto no, non riesco ad allinearmi a una discussione che si ponga come obbiettivo l'identificare universali cliché da etichettare come tali allo scopo di chiederne poi la non trattazione nei racconti futuri, lo vedo come un tentativo di classificazione senza alcun senso che dipenderà sempre dalla soggettività del singolo e pertanto il definirne un tot equivale a imporre una limitazione alla libertà degli altri.


Ribadisco la mia posizione ancora una volta, è possibile che non sia stato molto bravo a esplicitarla nei precedenti post, sia qui che sotto il topic di Elisa.
NON ho mai avuto la benchè minima intenzione di identificare in maniera altamente dispregiativa i sopra discussi toni/temi/topos/e NON ho mai chiesto, in maniera implicita ed esplicita, la non trattazione dei medesimi che autori e autrici hanno deciso, decidono e decideranno di usare per stendere i loro racconti per le varie edition.
Non esiste proprio.
Ho solo chiarito, prima con toni magari poco carini e di cui mi sono scusato e poi in questo topic articolando in maniera più compita, che il mio metro di giudizio è strutturato in una certa maniera, ho chiarito il perchè di ciò e infine che è parecchio distante con il trend che c'è di solito qui su MC.

In soldoni: scrivete SEMPRE quello che vi pare e piace ma se notate che nelle mie classifiche i vostri pezzi literary fiction sono dietro a racconti tematizzati oggettivamente scritti un po' peggio è perchè i miei gusti e le mie idee (ampiamente discutibili, per carità) mi portano a fare certe valutazioni sui giorni a me assegnati.

Pace a voi.


Per il discorso dell'edition anonima, ho capito i punti di vista che possono portare problemi a chi organizza e devo dire che sono ampiamente condivisibili.
Certo, la voglia di provarla rimane comunque.
Da buon appassionato della teoria degli infiniti universi paralleli, in quello in cui su MC si è giocata UN'INTERA ERA tutta anonima sono certo siano venute fuori classifiche finali mooooolto interesanti.
Una sensazione, tutto qui.

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MatteoMantoani
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Re: Rapporti familiari e cliché

Messaggio#22 » venerdì 3 novembre 2023, 1:38

Cari amici,
Dato che ho contribuito a instaurare questa discussione lasciatemi dire che sono molto contento di aver modo di parlare di questi argomenti con persone che la pensano in modo differente dal mio, perché ogni voce che aggiunge qualcosa al tema arricchisce il dialogo. In un ambiente in cui l'obiettivo comune è la crescita artistica, direi che una differenza di vedute e la dissertazione che ne deriva sono strumenti importanti per raggiungere lo scopo.
Detto questo, vorrei fare un sunto di quello a cui sono arrivato dopo profonda riflessione.
Un mio metro di gradimento di qualsiasi testo narrativo, sia qui che per conto mio nelle mie letture, è l'originalità dell'idea, o comunque dell'esecuzione, tale da fare dell'opera che sto leggendo, almeno nelle premesse, un tentativo di "aggiungere qualcosa" a quello che già ho visto o che so.
Sarà per questo che preferisco certi generi, perché forse è più facile per me trovare originalità in storie di fantascienza o comunque fantasy, detto che comunque anche in questi generi le meccaniche spesso si riducono a modelli precedenti, ma almeno non richiamano apposta a qualcosa di cui ho esperienza nel quotidiano. Per me la lettura è principalmente evasione, a comunque esplorazione di situazioni o punti di vista diversi dal mio.
Se nella lettura di certi racconti su Minuti Contati ho sentito il bisogno di dire "vizietto", è magari perché ho sentito che l'autore ha cercato di ricalcare modelli già visti in precedenza facendo leva sui sentimenti, piuttosto che fare la stessa cosa andando alla ricerca di un approccio innovativo. Sono comunque conscio che scrivere storie sentimentali è difficile, e richiede dedizione ed esercizio, e non me la sento di dire che rappresenta necessariamente una "scorciatoia", ma anzi può essere un cammino insidioso, in cui il ridicolo e il patetico sono sempre dietro l'angolo.
Continuerò a usare il mio metro di giudizio, magari argomentando e portando esempi per dimostrare dove ho già visto questo o quell'espediente narrativo, e ritenendo un malus grave se il modello è un'opera nota e famosa. Insomma, darò sempre un giudizio migliore al Rembrandt che alla copia del Rembrandt (se poi sostituiamo Rembrandt con Moccia, visto che al Moccia comunque darei un voto negativo figuriamoci alla sua copia).
Voglio anche rinnovare il mio interesse a cercare di scrivere storie che fanno leva sui sentimenti, mettendo in secondo piano l'originalità.. insomma, voglio anche io sperimentare e imparare, e se per la maggioranza il "vizietto" non esiste, allora tanto meglio: dalla prossima edizione proverò anche io a scrivere di nonnetti che si amano, vediamo cosa ne esce fuori (magari, visto che se non si scrive qualcosa che piace viene fuori una schifezza, i nonnetti che si amano possono in realtà essere menti digitali che vivono in un ambiente virtuale creato per scansare la morte.. ups.. ecco, ho descritto un famoso episodio di Dark Mirror, lapidatemi pure).
Insomma, nel mondo in cui alla fine della fiera le storie, gira che rigira, sono sempre le stesse, mi fa più piacere trovare qualcosa che, almeno in apparenza, prova a raccontare qualcosa di diverso da quello che c'è già in giro.. sia che faccia leva sui sentimenti, che no.
Invito chiunque voglia, a giudicare i miei racconti con lo stesso metro: se trovate che sia stato poco originale o che ci sia qualcosa in giro di veramente simile a quello che ho scritto, fatemelo notare, perché di sicuro non era nelle mie intenzioni.
E adesso basta, voglio una nuova Edizione.. non vedo l'ora di riprovare ;)

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IL GLADIATORE
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Re: Rapporti familiari e cliché

Messaggio#23 » venerdì 3 novembre 2023, 8:01

Invito chiunque voglia, a giudicare i miei racconti con lo stesso metro: se trovate che sia stato poco originale o che ci sia qualcosa in giro di veramente simile a quello che ho scritto, fatemelo notare, perché di sicuro non era nelle mie intenzioni.


Mio adorato Matteuccio....tu che scrivi di nonnetti? Non mancherò. :P

Battute a parte, è questo che credo debba essere il metro di giudizio più appropriato ed equilibrato e non il Manifesto “Stronchiamo a priori i racconti sentimentali perché qui gatta ci cova”. Come è stato detto anche da te, non è facile scrivere di sentimenti senza cadere nel banale e nel patetico, come non è facile parlare di fantascienza senza tirar fuori elementi che farebbero incazzare come una biscia il buon Maramonte oppure fare un Pulp pensando di usare il vizietto per impressionare e ottenere invece come risultato tante telefonate minatorie da parte di un Fagiolo leggermente incupito. Questo di etichettare l’uso di racconti o testi sentimentali come vizietto è una pessima abitudine ormai diventata essa stessa vizietto. Ricordo il Sanremo del 1994 quando Merola si incavolò con il grande Faletti per la canzone Signor Tenente. Il buon Giorgio non rispose alle critiche se non con un sereno e lapidario “Fatelo anche voi e vediamo”. Ecco, credo di poter concludere così, con le parole di una persona che ho stimato moltissimo.

Scrivi Mantoani, scrivi, tanto dopo questo mio intervento, qualora tu dovessi parlare di nonnetti e affini, il buon Antico non mi assegnerà mai il tuo girone. :D

Dario17
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Re: Rapporti familiari e cliché

Messaggio#24 » sabato 4 novembre 2023, 9:20

MatteoMantoani ha scritto:...dalla prossima edizione proverò anche io a scrivere di nonnetti che si amano, vediamo cosa ne esce fuori (magari, visto che se non si scrive qualcosa che piace viene fuori una schifezza, i nonnetti che si amano possono in realtà essere menti digitali che vivono in un ambiente virtuale creato per scansare la morte.. ups.. ecco, ho descritto un famoso episodio di Dark Mirror, lapidatemi pure).


Punti proprio a diventare Campione d'Era, allora! :D

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MatteoMantoani
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Re: Rapporti familiari e cliché

Messaggio#25 » sabato 4 novembre 2023, 11:23

Dario17 ha scritto:
MatteoMantoani ha scritto:...dalla prossima edizione proverò anche io a scrivere di nonnetti che si amano, vediamo cosa ne esce fuori (magari, visto che se non si scrive qualcosa che piace viene fuori una schifezza, i nonnetti che si amano possono in realtà essere menti digitali che vivono in un ambiente virtuale creato per scansare la morte.. ups.. ecco, ho descritto un famoso episodio di Dark Mirror, lapidatemi pure).


Punti proprio a diventare Campione d'Era, allora! :D

Certo che sì ;) e sono disposto a tutto per farlo :P

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antico
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Re: Rapporti familiari e cliché

Messaggio#26 » sabato 4 novembre 2023, 15:44

Dario, mi dispiace sempre quando leggo questo tipo di allusioni, quasi che basti scrivere di sentimenti per vincere.
In primis perché su MC la gara è il gioco e non fa vincere nulla se non sicurezza nei propri mezzi per poi rigiocarsela in tutti gli altri ambiti.
In secondo luogo perché non c'è una formula per vincere, ma solo capacità nell'esprimersi in un certo genere. Come anche altri hanno sottolineato non si vince instant usando i sentimenti perché li si deve trattare nel modo corretto per non risultare stucchevoli.
Francamente, il cercare spiegazioni nelle vittorie altrui è corretto, ma solo quando si esplica con quella positività tesa a cercare di arricchire il proprio bagaglio, altrimenti rischia di diventare tossico soprattutto verso se stessi.
Chiaro che non posso obbligare a non usare questo tipo di espressioni, ma ogni volta mi dispiace.

Dario17
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Re: Rapporti familiari e cliché

Messaggio#27 » domenica 5 novembre 2023, 16:57

antico ha scritto:In secondo luogo perché non c'è una formula per vincere, ma solo capacità nell'esprimersi in un certo genere. Come anche altri hanno sottolineato non si vince instant usando i sentimenti perché li si deve trattare nel modo corretto per non risultare stucchevoli.


A me invece dispiace quando un dato di fatto venga messo da parte e questo dato è stato sviscerato tanto quanto quello sopra: proporre un pezzo literary fiction decente è più facile che proporne uno scifi/fantasy/giallo parigrado.
Perchè? Beh, per il numero limitato di caratteri e ore che si hanno a disposizione.
I generi che ho menzionato necessitano di un surplus di worldbuilding, di un miscelamento degli elementi più intenso e di costruzione dei personaggi maggiore rispetto a una storia "di tutti i giorni".
E se bisogna consegnare 3000/4000/5000 caratteri in quattro ore di un tema che sappiamo all'ultimo momento è chiaro che meno "caselle da colorare" abbiamo significa più tempo ed energie per strutturaRe quelle basilari come forma, stile e contenuto.
Quando ho cominciato a partecipare c'era Lauro che scriveva di una donna in boschi incantati che aspettava le rade visite di un bel mercante di nonsochè e a quel tempo doveva lottarsi i podi punto su punto.
Lo abbiamo lasciato Campione D'era che spazzava via i diretti avversari del girone a colpi di nonni con alzheimer e cani morti.
E potremmo fare altri esempi sfogliando le vecchie edizioni.

Poi è sacrosanta verità che scrivere di sentimenti non garantisce la vittoria.
Proprio come non è detto che io possa vincere una gara di tiro al bersaglio con una semiautomatica contro avversari che imbracciano un arco.
Perchè se di la trovassi Legolas, Robin hood, Katniss Everdeen e Green Arrow prenderei una sonora bastonata anche con la mia bella arma da fuoco di certo più efficace di un arco e delle frecce.

Abbracciamo tutti questa verità: i sentimentalismi si infilano nel lettore medio di MC meglio di incantesimi di fuoco, spade laser e polvere per le impronte digitali.
È tutto nero su bianco.
Io questa verità l'ho abbracciata. L'ho digerita. E comunque adoro partecipare a Minuti Contati sempre di più nonostante certe tematiche siano meno nelle mie corde rispetto ad altre.
Proprio quì dentro ho imparato, da quando ho scavalcato la transenna che separa i lettori dagli scrittori, che è meglio accettare critiche e verità scomode anzichè chiudersi a riccio, di lavorarci sopra e lordarsi le mani anche se si è in un fiume catramoso che va controcorrente rispetto a dove vuoi andare tu.
Me la gioco anche se il vento tira meglio per altri che per me. Capperi, il mondo la fuori funziona proprio così.
Quello dell'editoria, poi...ma su questo argomento è meglio fare un bel respiro e sorvolare anzichè finire miseramente fuori topic.

Chiudo confermando che quella che ho fatto a Matteo è una battutina goliardica a cui è stato risposto con altrettanta leggerezza, ma sono convinto che sul lungo periodo se Mantoani (o chi per lui) da oggi fino a Maggio si focalizzasse sulla literary fiction, vedrebbe impennarsi la sua posizione nei rank D'Era presenti e futuri.
Perchè il pubblico qua dentro è sensibile e ricettivo.
E NON E' UNA COLPA.

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Il Saggio
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Re: Rapporti familiari e cliché

Messaggio#28 » lunedì 6 novembre 2023, 15:30

Ha senso parlare di "vizietto"? Ovvero, la ricerca di empatia facendo leva su cliché legati ai rapporti familiari (nonno che muore, mamma ammalata, fratello che seppellisce l'altro fratello, bambino che vuole bene alla mamma/nonna, adolescente ribelle che si riappacifica con i genitori...), è da perseguire o è una scelta lecita che non rappresenta una "scorciatoia"? O si tratta solo di gusti, e quindi non ha senso parlarne?


Quindi dico sì, ha senso di parlare di "vizietto" se ci si limita a sciorinare la solita sequenza di sentimenti senza uno sforzo concreto di cambiare personaggi, ambienti, dialoghi per puntare a guadagnare posizioni nei ranking di girone, di Edition e di Era


Ho estrapolato le due citazioni dai molti commenti, distinguo e chiarimenti che sono stati fatti, perché mi paiono quelli che meglio centrano il problema.
Mi sembra di capire che quello che infastidisce non è tanto l’uso del tropos “sentimentale” ma il fine “strumentale” che questo avrebbe per raggiungere la vetta del contest.
Ora, posto che si tratta di una gara e che in una gara si usano tutti gli strumenti “legali” a disposizione per arrivare in cima, parlare di “vizietto” mi sembra piuttosto incoerente e superfluo.

Dobbiamo fare chiarezza e distinguere il lecito dal discutibile. Fare leva sui sentimenti “facili” può essere una pratica soggettivamente “discutibile” per qualcuno, ma è sempre lecita. Lo so, Matteo e Dario hanno chiarito abbondantemente che per loro chiunque può scrivere quello che desidera e non ho motivo di dubitare che siano sinceri quando lo affermano. È una posizione più che legittima provare insofferenza per questo tipo di situazioni e magari scriverlo in un commento.
Quello che però trovo ingeneroso è fare il processo alle intenzioni. Cioè dire che chi ha costruito il suo racconto intorno ad una scena sentimentale stia usando un trucchetto. Francamene è un pensiero che uno può avere, ma dovrebbe evitare di esternare perché in qualche modo è come se accusasse di disonestà intellettuale qualcuno che ha scritto qualcosa e solo perché non è nelle sue corde.

Nessuno sa cosa passa per la testa di uno scrittore. Può essere che sfrutti ad arte il tropos “sentimentale” oppure sia particolarmente ispirato da qualcosa che ha esperito. Comunque stiano le cose il punto non è questo.
Andrebbe valutato un racconto per la resa drammaturgica e non per quello che in quel momento ci piacerebbe leggere. Mi rendo conto che è un esercizio difficile, ma credo che la crescita personale di chi partecipa stia anche nel approcciarsi correttamente ai commenti perché sono anche questi (anzi per me sono stati soprattutto questi) occasione di crescita personale.

Valutare è difficilissimo. Bisogna mettere da parte le proprie passioni e provare ad essere obiettivi. Parliamoci chiaro, è una chimera. Nessuno è veramente obiettivo, ma si può tendere verso quella direzione.
Allora piuttosto che parlare di scena clichè, parliamo di una scena melodrammatica. Di dialoghi che non funzionano perché non c´è sottotesto o sono sopra le righe. Di mancanza di profondità psicologica dei personaggi ecc. E poi certo, ci sono i gusti. Su quello non si può fare nulla. Ma se giudichiamo con il metro del presunto clichè, allora dovremmo dire che "La madonna con bambino" di Giacomo Bellini è un clichè della "madonna con bambino" di Antonello da Messina, o viceversa solo perchè rappresentano la stessa scena? È ovvio che non è così.

Quindi, impariamo a rispettarci. Dopo di che siamo liberi di valutare e di pensarle come crediamo. Ma non facciamo processo alle intenzioni. Il nostro obiettivo è crescere insieme.

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GiulianoCannoletta
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Re: Rapporti familiari e cliché

Messaggio#29 » lunedì 6 novembre 2023, 16:28

Ei! Ma che bella questa sezione del forum!
Non c'ero ancora passato!

Ne approfitto per dire la mia, visto che la discussione mi pare interessante.

1) Parto con una provocazione: viva i cliché!
Non si tratta, a mio avviso, di usarli o non usarli, ma di usarli con consapevolezza e farne un uso intelligente, perché il lettore li utilizzerà per dare senso a ciò che legge.
Certo, possiamo (dobbiamo) giocarci, camuffarli o provare a nasconderli. Ma una storia che abbia l'unica pretesa di essere "originale" rischia a volte di essere solo confusa. A maggior ragione se si parla di racconti così brevi.
Un autore molto più bravo di me, tale Maurizio Ferrero, consiglia: "Un singolo elemento bizzarro va benissimo, due ci possono stare, tre iniziano a diventare impegnativi" [ https://www.rill.it/consigli-ferrero ]. E il resto? Il resto sono (anche) stereotipi e cliché usati con cognizione di causa.

2) Dario, nei tuoi commenti mi pare che a volte sovrapponi il tema di una storia e la sua ambientazione.
Io, come te, adoro leggere (e scrivere) storie di fantascienza e fantastico, ma resta il fatto che Star Wars non parla di spade laser, parla di caduta e redenzione. Le spade laser sono un accessorio colorato.
E un racconto "sui buoni sentimenti" può avere qualsiasi tipo di ambientazione (incontrando o meno certi gusti).
Posso scrivere un racconto sull'eutanasia o posso scrivere di una ragazza che sceglie di trasformarsi in albero e sua sorella ne soffre, in entrambi i casi provo a parlare di accettazione della perdita e delle scelte altrui. Se troverò le parole giuste, chi legge ne sarà coinvolto, altrimenti temo non ci sia espediente che tenga.
Le storie in cui l'ambientazione è il fine anziché essere il mezzo, in cui l'idea brillante prova a sopperire all'assenza di un tema di cui vogliamo davvero parlare, raramente sono storie che mi piacciono. (e che piacciono).

3) Matteo, hai aperto la discussione citando due racconti a cui sono molto affezionato. Anch'io concordo, credo che il secondo sia nettamente migliore del primo, ma i motivi sono altri.
"Fino alla fine del tempo" è scritto in una prima persona presente un po' rigida, perché ancora avevo difficoltà nel mantenere il pdv, con dialoghi a tratti legnosi e privi di sottotesto perché temevo non si capissero.
"Fajah" è molto più sperimentale, con un paragrafo scritto in seconda persona che ha l'obiettivo di risultare alienante, dettagli più vividi e dialoghi più secchi e minimali.
Tra l'uno e l'altro c'è di mezzo un anno passato a studiare e scornarmi con voi su MC.
Sono questi a mio avviso i tratti che rendono il secondo migliore del primo, uno stile più solido e una scrittura più matura.
L'ambientazione "più originale" è solo il vestitino che ci metti sopra, e grattando, come fai notare, ci sono temi che toccano aspetti simili (la perdita, le dinamiche familiari,...).

Questi i miei due spiccioli sulla questione, come sempre è un piacere discuterne con voi.
A presto!
Giuliano
“Uno scrittore argentino che ama molto la boxe mi diceva che in quella lotta che si instaura fra un testo appassionante e il suo lettore, il romanzo vince sempre ai punti, mentre il racconto deve vincere per knock out.”
Julio Cortázar

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Andrea Lauro
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Re: Rapporti familiari e cliché

Messaggio#30 » lunedì 6 novembre 2023, 23:02

Oh, e poi ti trovi a leggere questa animata, ma che dico animata, animatissima discussione tra nuovi e vecchi amici di scrittura e un po’ ti scende pure la lacrimuccia.
Vi ho seguito con attenzione, devo dire che avete toccato talmente tante corde e discussioni, e con tale proprietà di linguaggio, che mi sento sempre in difetto già in partenza.

Dunque, vi dico come la vedo. Io a più riprese mi sono proposto, nel cercare di stilare classifiche, di cercare dei capisaldi, delle regole costanti per poter giustificare di volta in volta le mie valutazioni. Ah, mi dicevo, vigliacco se nel prossimo girone non premierò quel particolare stile di scrittura /idea / genere / [riempite voi a piacimento].
E niente, puntualmente succedeva che mi trovavo quel racconto che brillava, che mi spaccava gli occhi tipo strano tramonto su Hiroshima e che disattendeva in pieno tutti i miei bei propositi. Non c’era niente di quello che mi sarebbe dovuto piacere, eppure era fenomenale.
Ti fai tutte le tue regole a priori, poi arriva il racconto che ti sballa le classifiche del girone, ti fa saltare giù la catena da quanto è bello e hai voglia a pedalare, stai lì fermo finché non giri la bici a testa in giù e via a sporcarti le dita di grasso. Quello è il racconto figherrimo. La meteora.
E poi ci sono tutti gli altri. Lì sì che devi adoperarti per capire quanto uno sia risultato migliore dell’altro, perché siamo tutti bravi e ci impegniamo tanto, e la competizione è sempre dura. Ma ecco, per quello che posso dire è che di regole non ne uso più, perché faccio solo danni.

E a me com’è andata. Be’, a Dario un grazie di cuore che m’ha ricordato quel racconto della tizia che aspetta il commerciante! Quanta acqua è passata. Al tempo volevo fare lo scrittore di fantascienza, giuro. Finché un bel giorno m’han fatto notare, guarda che nella fantascienza FAI CAGARE. Ma no, dai. Ma sì, ma sì, guarda gli altri come la scrivono e te ne accorgi. Che poi fosse vero o no, che avrei potuto provare a insistere ancora un po’, quella è la mia sliding door ragazzi, fatto sta che non ho più scritto uno sci-fi. Addio Premio Robot. Addio Urania. E mi sarebbe piaciuto, adesso sarei lì a pasteggiare con Cannoletta, Cinti, Fagiolo e Mantoani.

Ho provato il pulp, è stato divertente. Ci ho aggiunto l’iper immersivo e lì proprio no, mi hanno detto sei troppo freddo, che t’è successo, torna indietro. E allora sbam, crisi d’identità per metà anno. Poi ho slegato le briglie e son tornato un po’ sul pezzo. Orfano dello sci-fi, ho provato a spizzicare un po’ in giro, racconti su dinamiche d’ufficio (ni), su pseudo-guerre (mmh), ho provato pure gli zombie lenti ma violenti ma che se scappi mica ti prendono (date le premesse, tutto sommato m’è andata pure meglio del previsto). Diciamo che con le dinamiche familiari è andata di lusso, lì forse c’ho proprio la mia comfort zone, sono al centro del cerchio. Da un anno c’ho aggiunto il giallo, perché anche lì il palato mi frizza, mi dà un bel gusto.

Però quanto mi manca la fantascienza, ragazzi.
Solo che lì purtroppo non c’è storia: faccio cagare, e mi arrendo.

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