I commenti di Daniele Picciuti ai finalisti

Con la prima edizione del 2024 parte ufficialmente il quarto lustro di Minuti Contati e quale modo migliore per inauguralo se non con colui che lo ha gestito per il suo primo lustro? Appuntamento con un tema di Daniele Picciuti e 4000 caratteri a disposizione fissato per lunedì 15 gennaio alle ore 21.00!
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I commenti di Daniele Picciuti ai finalisti

Messaggio#1 » mercoledì 14 febbraio 2024, 15:38

Naga
Ho trovato il contesto un po' confuso. Per cominciare non è chiaro di cosa sia esattamente esperta “l'esperta”, è stata convocata da S. per indagare sul mostro, e viene nominato il Naga, ma dando per scontato che il lettore sappia cosa sia (non si tratta solo di un serpente). Anche la parte finale, pur intuendosi, resta molto vaga (perché non chiarire meglio il discorso della protetta?). La nota positiva sono senz'altro le descrizioni degli ambienti – l'effetto telecamera funziona – ma c'è un problema di credibilità con S.: quanto deve essere presuntuoso e stupido al tempo stesso per dire a una donna che in pratica ha quasi violentato un'altra donna in ascensore? Col rischio di essere denunciato seduta stante? A parte questo, però, i dialoghi sono molto naturali, come piacciono a me. Un paio di imprecisioni a livello grammaticale. Il tema è centrato ma del Naga avrei parlato di più. Nel complesso lo definirei un compito riuscito a metà.

Il vecchio pazzo
Divertente il riferimento al Necronomicon. Buona la descrizione decadente dell'ambiente, discreti anche i dialoghi. La figura del vecchio, centrale rispetto a quella del protagonista – che risulta dapprima solo un osservatore e solo dopo entra in azione – rimane impressa. C'è un “ma” dove non servirebbe, considerato il susseguirsi degli eventi. Il tema direi che è centrato. Va anche detto che se qualcuno non conosce il mondo di Lovecraft non può apprezzarne appieno il valore e questo può essere un problema, nel senso che è importante che la storia arrivi a tutti. Però, da buon estimatore, io apprezzo. Nel complesso, a dispetto di una lieve mancanza di approfondimento dei personaggi, direi che comunque il racconto funziona.

Mar Cinese Orientale
Non posso che apprezzare l'ambientazione e mi sono piaciuti alcuni dialoghi, che evocano un linguaggio marinaresco. C'è del pathos, della epicità, soprattutto nella parte finale del racconto, tuttavia il tutto risulta confezionato in maniera un po' distante, come fosse appunto un narrato di gesta lontane e ciò impedisce di entrare del tutto nella narrazione. Mi è mancata la vicinanza ai protagonisti, di cui si sa davvero molto poco. I protagonisti sono un tale di nome Cheng – ma cosa scopriamo davvero di lui? – e una donna oltraggiata nel corpo e nello spirito che sembra essere una qualche creatura sovrannaturale – ma quale?
Il tema è centrato ma, nel complesso, la storia rimane poco incisiva.

La regina folle
Dunque, apprezzo l'originale interpretazione del tema e mi piace come è stato sviluppato il racconto, anche se l'unico personaggio degno di nota – la regina – risulta poco credibile nel suo impeto finale. Avrei preferito che lei regalasse quell'ultimo sacco per una scelta ponderata, che avrebbe delineato una psicologia sottile, una mente creativa e allo stesso tempo logica, e del coraggio. In questo modo esce un personaggio tutt'altro che sveglio, che salva il suo popolo per pura fortuna. Trovo questa scelta debole a livello narrativo, a meno che la storia non prenda spunto da un fatto realmente accaduto, ma ho dei dubbi a riguardo. Attenzione: si dice “in flagrante”, “fragrante” ha un altro significato. Nel complesso, la definirei un'occasione mancata.

Nuova alba
Non amo molto i flussi di pensiero e questo in particolare l'ho trovato un po' prolisso. Ci sono ridondanze fastidiose e molta confusione. Da quanto intuisco, si parla della condanna di Giordano Bruno, in questo caso seguiamo i pensieri di un uomo di fede, pensieri che, così come sono riportati, sembrano appartenere a una persona mentalmente poco salda, più che a un religioso. A meno che non vi sia l'intenzione di far coincidere le due cose: estremismo della fede uguale a follia. Che ci può pure stare, per carità, ma l'esecuzione non mi ha conquistato. Il tema, poi, è soltanto sfiorato. E poi, mi chiedo, perché non nominare Giordano Bruno? Ho dovuto fare una ricerca per controllare se ricordavo bene che si trattava di lui, ma la ricerca non dovrebbe spettare al lettore.

Il massaggio
Molto divertente questo racconto. Semplice, bel calibrato sulla psicologia di Gino, il cui terrore vediamo uscire a poco a poco mentre prende coscienza che forse la telefonata è vera. Mi è piaciuto anche che alla fine era davvero uno scherzo, e il modo in cui viene fuori. Tema centrato, anche se in maniera originale.
Apprezzo particolarmente le storie argute come questa, strappare una risata non è mai facile anche se, va detto, sostituire la L alla R in una voce cinese è il più classico degli stereotipi, ma se funziona alla fin fine va bene così. La cosa interessante è che la psicologia di Gino viene fuori perfettamente anche senza chissà quali approfondimenti nel testo. La si desume dal comportamento, dalle sue reazioni, è perfetta. Nel complesso, un racconto che ho gradito.

Le lacrime di un dio
Idea interessante, sviluppata in sequenza temporale, un metodo standard ma sempre efficace. La diffusione del fenomeno e la concomitante crescita di una paura collettiva fa subito pensare alla fine del mondo – originale, peraltro - ma alla fine si tratta di un nuovo inizio, anche se la domanda finale non l'avrei posta, perché il lettore può porsela già da sé. Magari avrei aggiunto qualcosa a quel “diverso” e al “confine” superato. Avrei voluto scorgerlo, un barlume di questo nuovo mondo.
Il tema è più o meno centrato, ma nel complesso mi è mancato qualcosa, magari un chiarimento sulla cosa che ha diviso i due genitori? Anche se non è difficile da immaginare... però mi è parso che fosse più importante il rapporto tra i personaggi che l'evento in sé, quindi perché non approfondirlo?

Dei Tatuati che scendono al villaggio e fanno il culo
Ecco, questo è un buon esempio di originalità. Tema rispettato e trama creativa. C'è anche una certa dose di umorismo alla base che non guasta. Non mi hanno entusiasmato alcuni passaggi, la gestione delle virgole non è delle migliori. Anche l'assenza di dialoghi si fa sentire – o meglio ci sarebbero pure, ma sono mantenuti al livello di narrazione ed è una strategia che non apprezzo particolarmente – sebbene siano presenti scene visive interessanti. Il titolo risulta molto simpatico anche se mi sarei aspettato la stessa sfrontatezza nel racconto e invece risulta più serio di quanto annunciato. Nel complesso è un racconto che ha del potenziale.

Jamila
Questo racconto è un bel pugno nello stomaco. Orchestrato in modo intelligente, ti proietta immediatamente nella crudezza della guerra, attuale peraltro, e lascia poco spazio all'immaginazione. La copertina colorata assume un ruolo chiave determinante, sembra un po' un “dono della morte” potteriano, un horcrux. Una reliquia. Perché vi risiede un grande potere: racchiude il passato, il presente e la negazione del futuro. Un racconto encomiabile, funziona davvero tutto e scatena le giuste emozioni. Tema centrato (anche se nelle mie intenzioni era diverso, ma è questo il bello dell'interpretare un tema, funziona bene anche stravolgerlo).

Un albero all’anno
Un racconto particolare, questo parallelismo tra gli alberi, il passare del tempo e gli attacchi dei demoni mi arriva un po' ermetico però. Non sono certo se ci sia un qualche simbolismo dietro (il numero 42 potrebbe essere un omaggio a Douglas Adams circa la risposta alla domanda fondamentale o è solo un caso?) e, se c'è, non sono certo di averlo colto. L'atmosfera in sé è abbastanza lugubre, mi piace, mi sembra di vederla questa foresta scura avvolta nella nebbia, molto evocativa. Mi domando se, alla fin fine, non siano solo i deliri di un folle lasciato solo con se stesso. O magari è un combattimento silenzioso che ha finito per perdere.
Nel complesso una buona atmosfera e buono anche il senso di solitudine che ne scaturisce.

La disegnatrice
In questo racconto viene centrato il tema che avevo pensato, e non può che farmi piacere. Trovo anche divertente l'idea della disegnatrice di manga e dello yokai che prende vita. Però. Lo stratagemma del narratore che muore alla fine del racconto (la cosiddetta black box) è sempre un'arma a doppio taglio, deve essere usata con cautela perché c'è sempre il rischio che comprometta l'intero racconto. In questo caso, accade tutto nel mentre dell'azione e siamo proprio al limite della tolleranza. Avrebbe funzionato meglio se il narratore avesse udito l'avvertimento, si fosse voltato e avesse visto l'oni, e basta. Magari un grigio oblio alla fine o un dolore lacerante. Ma che parli di come gli viene strappata la faccia... mmm.
Comunque il racconto in sé mi ha soddisfatto abbastanza.

Scatola Cinese
Ahimè no, questo racconto ha un po' di problemi. A parte la presenza di diversi refusi ed errori grammaticali, c'è una cattiva gestione dei dialoghi sia dal punto di vista della forma (trattino breve attaccato alle parole? No!) che della narrazione. In pratica tutte le informazioni vengono rivelate attraverso il dialogo – anzi, un monologo, visto che l'altra voce, di chiunque sia, fa solo domande – e questo suona tanto di infodump. Viene detto tanto – tutto – e viene mostrato poco – niente – nel narrato. Sembra più un pezzo di sceneggiatura che un racconto (ma anche in una sceneggiatura vengono forniti un contesto, dei dettagli d'ambiente). Dal punto di vista della storia, poi, risulta tutto poco chiaro. Cos'è questa scatola cinese? Cosa rappresenta lo specchio? È da lì che proviene la voce? Perché proprio una grotta? Servirebbe un editing pesante per sistemare tutte queste cose.



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