Lavoro numero duecentoquarantasette
- Stefano.Moretto
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Lavoro numero duecentoquarantasette
L'odore di cenere di drago e polvere di ferro permeava ogni angolo della Forgia, Mephel inspirò a fondo per godersi l'ultima volta che avrebbe sentito quell'odore così familiare. Il novello cavaliere lo seguiva lanciando sguardi furtivi in ogni direzione. Erano sempre così quando arrivavano alla Forgia, anche Mephel aveva attraversato quel lungo corridoio con il cuore che lottava per uscire dall'armatura e le gambe che a malapena reggevano il suo peso. Ripensarci ora gli faceva uno strano effetto.
«La tua spada sarà il mio ultimo lavoro.» Gli sembrava giusto metterlo a parte della cosa.
«D–Davvero?» Balbettò il ragazzo. Forse lo aveva messo in soggezione, ma d'altronde neanche lui poteva continuare a forgiare in eterno nuove spade.
«La vecchiaia è un fardello per tutti.»
Mephel attraversò l'ultima porta ed entrò nella sala delle creazioni. Passò lo sguardo su ogni singola spada scheggiata, spezzata o piegata che ornava quelle pareti. Centoventitré. Aveva quel numero impresso nella mente.
Al centro della sala, la sua ultima spada giaceva immobile sull'incudine.
Il ragazzino entrò e girò su se stesso lasciandosi sfuggire una nota bassa di stupore.
«Cosa sono tutte queste spade?»
Mephel prese in mano una vecchia spada la cui lama si era spezzata in tre pezzi.
«Queste sono le lame che mi sono tornate indietro.»
«Indietro?»
Annuì. «Ogni cavaliere sopravvissuto alla propria missione mi ha riportato indietro la sua arma. Tutte le spade che non vedi qui hanno portato il proprio cavaliere alla morte.»
Il deglutire del ragazzo fu così forte che avrebbero potuto sentirlo da fuori della Forgia.
«E... e quante non sono tornate?»
«Ne ho forgiate duecentoquarantasei, me ne sono tornate indietro esattamente la metà.»
Raggiunse l'incudine al centro della stanza, prese l'ultima spada reggendola per la lama e la porse al ragazzo.
«Acciao delle montagne rosse. L'impugnatura ha un'anima di legno pietrificato, rivestito in pelle di drago delle pianure. Tutti i materiali migliori su cui ho lavorato in quaranta anni in questa Forgia.»
E pensare che quando era stato il suo turno, prima di diventare il Fabbro, il massimo che avevano per lavorare le armi era qualche scaglia di idra.
Il ragazzo allungò la mano verso l'elsa, ma la ritrasse.
«Posso... posso?»
«Devi. È tua ora.»
Il ragazzo afferrò la spada e il suo sguardo mutò: più sicuro, più forte. Era la persona giusta per la lama giusta, Mephel ne era certo. Lui sarebbe tornato.
Lo osservò andarsene finché non divenne un puntino lontano. Quella spada era stata la sua ultima sfida: mesi di lavoro, decine di mostri abbattuti per reperire i materiali, e tutto per arrivare al momento in cui il ragazzo aveva impugnato la spada ed era partito per il suo viaggio, senza mai voltarsi indietro.
Mephel non vedeva l'ora di appendere alla parete i rottami del suo lavoro numero duecentoquarantasette.
«La tua spada sarà il mio ultimo lavoro.» Gli sembrava giusto metterlo a parte della cosa.
«D–Davvero?» Balbettò il ragazzo. Forse lo aveva messo in soggezione, ma d'altronde neanche lui poteva continuare a forgiare in eterno nuove spade.
«La vecchiaia è un fardello per tutti.»
Mephel attraversò l'ultima porta ed entrò nella sala delle creazioni. Passò lo sguardo su ogni singola spada scheggiata, spezzata o piegata che ornava quelle pareti. Centoventitré. Aveva quel numero impresso nella mente.
Al centro della sala, la sua ultima spada giaceva immobile sull'incudine.
Il ragazzino entrò e girò su se stesso lasciandosi sfuggire una nota bassa di stupore.
«Cosa sono tutte queste spade?»
Mephel prese in mano una vecchia spada la cui lama si era spezzata in tre pezzi.
«Queste sono le lame che mi sono tornate indietro.»
«Indietro?»
Annuì. «Ogni cavaliere sopravvissuto alla propria missione mi ha riportato indietro la sua arma. Tutte le spade che non vedi qui hanno portato il proprio cavaliere alla morte.»
Il deglutire del ragazzo fu così forte che avrebbero potuto sentirlo da fuori della Forgia.
«E... e quante non sono tornate?»
«Ne ho forgiate duecentoquarantasei, me ne sono tornate indietro esattamente la metà.»
Raggiunse l'incudine al centro della stanza, prese l'ultima spada reggendola per la lama e la porse al ragazzo.
«Acciao delle montagne rosse. L'impugnatura ha un'anima di legno pietrificato, rivestito in pelle di drago delle pianure. Tutti i materiali migliori su cui ho lavorato in quaranta anni in questa Forgia.»
E pensare che quando era stato il suo turno, prima di diventare il Fabbro, il massimo che avevano per lavorare le armi era qualche scaglia di idra.
Il ragazzo allungò la mano verso l'elsa, ma la ritrasse.
«Posso... posso?»
«Devi. È tua ora.»
Il ragazzo afferrò la spada e il suo sguardo mutò: più sicuro, più forte. Era la persona giusta per la lama giusta, Mephel ne era certo. Lui sarebbe tornato.
Lo osservò andarsene finché non divenne un puntino lontano. Quella spada era stata la sua ultima sfida: mesi di lavoro, decine di mostri abbattuti per reperire i materiali, e tutto per arrivare al momento in cui il ragazzo aveva impugnato la spada ed era partito per il suo viaggio, senza mai voltarsi indietro.
Mephel non vedeva l'ora di appendere alla parete i rottami del suo lavoro numero duecentoquarantasette.
Re: Lavoro numero duecentoquarantasette
Ciao Stefano e bentornato! Riguardo al racconto, parametri tutti rispettati, buona CRISTIANO SACCOCCIA EDITION!
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Re: Lavoro numero duecentoquarantasette
Tema centrato. Rendi molto bene l’atmosfera della forgia. Sembra di essere lì, a sentire l’odore del metallo lavorato e quello di drago. Il personaggio del fabbro Mephel è ben delineato, si vedono la sua esperienza e il rimpianto di dover lasciare il lavoro per la vecchiaia. Il personaggio del giovane cavaliere lo è altrettanto. Il lettore rabbrividisce con lui alla vista delle spade tornate indietro per la morte del proprietario. Bello il finale, con il giovane guerriero che prende l’ultima spada. Finale aperto. Potrebbe essere l’inizio di un romanzo.
- MatteoMantoani
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Re: Lavoro numero duecentoquarantasette
Ciao Stefano, bentornato nell'arena.
Il racconto si legge senza problemi, è scorrevole e interessante. Secondo me, però, hai scelto una scena un po' difficile. Ci sono parecchi elementi fantasy molto intriganti che però rimangono un po' troppo nel sottofondo: l'idea di queste spade monouso mi piace, ma perché devono per forza spezzarsi? E, comunque, non sono granché se la probabilità di vittoria che danno è il cinquanta percento..
Detto questo, voglio essere sincero: il pezzo non mi ha particolarmente colpito, proprio perché le cose più interessanti sono lasciate nello sfondo, mentre la vicenda in sé è un po' fiacchetta.. mi immagino questo fabbro che prepara le spade con ingredienti assurdi, e mi dispiace non vederla rappresentata.
Insomma, per me bella idea, ma difficile da realizzare.
Il racconto si legge senza problemi, è scorrevole e interessante. Secondo me, però, hai scelto una scena un po' difficile. Ci sono parecchi elementi fantasy molto intriganti che però rimangono un po' troppo nel sottofondo: l'idea di queste spade monouso mi piace, ma perché devono per forza spezzarsi? E, comunque, non sono granché se la probabilità di vittoria che danno è il cinquanta percento..
Detto questo, voglio essere sincero: il pezzo non mi ha particolarmente colpito, proprio perché le cose più interessanti sono lasciate nello sfondo, mentre la vicenda in sé è un po' fiacchetta.. mi immagino questo fabbro che prepara le spade con ingredienti assurdi, e mi dispiace non vederla rappresentata.
Insomma, per me bella idea, ma difficile da realizzare.
- Manuel Marinari
- Messaggi: 341
Re: Lavoro numero duecentoquarantasette
Ciao Stefano, mi è piaciuta l’ambientazione della tua storia. Non sono un gran lettore di questo tipo di brani, ma anche non essendo proprio in target ho apprezzato l’idea che hai messo in scena.
Descrivi bene i materiali che il fabbro reperisce con dedizione al suo lavoro e la cura con cui costruisce le spade.
Bello il finale che raccoglie la buona semina che hai fatto in tutto il testo a riguardo dell’efficacia (o della non efficacia) delle spade e della “pensione” in cui va incontro il fabbro.
Forse sarebbe stato bello leggere l'inserimento di un elemento magico che determinasse e raccontasse la peculiarità del 50 per cento esatto di funzionalità delle armi. Tipo, che ne so, i materiali utilizzati, l'acciaio delle rocce rosse o la pelle di drago. Non so, qualcosa spiegasse meglio questo dettaglio che comunque è centrale nel racconto.
Vorrei portarti all’attenzione di un piccolo dettaglio che mi ha rallentato un attimo proprio l’inizio del racconto.
Avrei messo un bel punto, sostituendo la virgola in questa frase:
"L'odore di cenere di drago e polvere di ferro permeava ogni angolo della Forgia. Mephel inspirò a fondo per godersi l'ultima volta che avrebbe sentito quell'odore così familiare."
Rallentare il tempo iniziale mi avrebbe facilitato l’introduzione del racconto che mi è scivolato un po' via, perdendo alcuni dettagli fondamentali.
Comunque, giusto un piccolo dettaglio.
Bella storia.
A rileggerci presto, buona edition.
Descrivi bene i materiali che il fabbro reperisce con dedizione al suo lavoro e la cura con cui costruisce le spade.
Bello il finale che raccoglie la buona semina che hai fatto in tutto il testo a riguardo dell’efficacia (o della non efficacia) delle spade e della “pensione” in cui va incontro il fabbro.
Forse sarebbe stato bello leggere l'inserimento di un elemento magico che determinasse e raccontasse la peculiarità del 50 per cento esatto di funzionalità delle armi. Tipo, che ne so, i materiali utilizzati, l'acciaio delle rocce rosse o la pelle di drago. Non so, qualcosa spiegasse meglio questo dettaglio che comunque è centrale nel racconto.
Vorrei portarti all’attenzione di un piccolo dettaglio che mi ha rallentato un attimo proprio l’inizio del racconto.
Avrei messo un bel punto, sostituendo la virgola in questa frase:
"L'odore di cenere di drago e polvere di ferro permeava ogni angolo della Forgia. Mephel inspirò a fondo per godersi l'ultima volta che avrebbe sentito quell'odore così familiare."
Rallentare il tempo iniziale mi avrebbe facilitato l’introduzione del racconto che mi è scivolato un po' via, perdendo alcuni dettagli fondamentali.
Comunque, giusto un piccolo dettaglio.
Bella storia.
A rileggerci presto, buona edition.
Manuel Marinari
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- Messaggi: 187
Re: Lavoro numero duecentoquarantasette
Ciao Steafano, ben trovato.
Un racconto ben scritto. Riesci a comunicare bene l’insicurezza del futuro cavaliere attraverso le sue battute di dialogo, mentre il fabbro risulta un po’ più piatto.
Al racconto forse manca un po’ di tensione. Il tutto si svolgie nella tranquillità della forgia, senza nessun conflitto (fisico o psicologico). Il protagonista (il fabbro) non prende rischi, non fa nulla di epico nel corso del racconto. Consegna una spada (già finita) a un ragazzino/cavaliere che spera tornerà. Si direbbe quasi una scena-intermezzo tra due storie (quella del grande fabbro e quella del giovane cavaliere) più che un racconto indipendente.
Per quanto riguarda lo stile, ho trovato le prime due frasi troppo lunche e complesse. E penso che questa frase sia inutile ai fini del racconto e anzi confonde: “E pensare che quando era stato il suo turno, prima di diventare il Fabbro, il massimo che avevano per lavorare le armi era qualche scaglia di idra.”
Un racconto ben scritto. Riesci a comunicare bene l’insicurezza del futuro cavaliere attraverso le sue battute di dialogo, mentre il fabbro risulta un po’ più piatto.
Al racconto forse manca un po’ di tensione. Il tutto si svolgie nella tranquillità della forgia, senza nessun conflitto (fisico o psicologico). Il protagonista (il fabbro) non prende rischi, non fa nulla di epico nel corso del racconto. Consegna una spada (già finita) a un ragazzino/cavaliere che spera tornerà. Si direbbe quasi una scena-intermezzo tra due storie (quella del grande fabbro e quella del giovane cavaliere) più che un racconto indipendente.
Per quanto riguarda lo stile, ho trovato le prime due frasi troppo lunche e complesse. E penso che questa frase sia inutile ai fini del racconto e anzi confonde: “E pensare che quando era stato il suo turno, prima di diventare il Fabbro, il massimo che avevano per lavorare le armi era qualche scaglia di idra.”
- BruceLagogrigio
- Messaggi: 446
Re: Lavoro numero duecentoquarantasette
In terza persona. Tempo verbale: Passato Remoto. Ambientazione: Forgia. Genere: Fantasy. Tema centrato.
Ciao Stefano ben ritrovato.
Allora il racconto è come al solito ben scritto, ma come ha detto Dash mi manca un pochino di conflitto, avrei aggiunto una ricerca, una motivazione per cui questi cavalieri vanno a combattere e così spesso non tornano. Però lo scritto è molto evocativo e l’alone fantasy che permea il racconto è presentissimo. L’ho apprezzato tanto.
Concordo anche con la prima frase un po’ lunghetta.
Alla prossima
Bruce
Ciao Stefano ben ritrovato.
Allora il racconto è come al solito ben scritto, ma come ha detto Dash mi manca un pochino di conflitto, avrei aggiunto una ricerca, una motivazione per cui questi cavalieri vanno a combattere e così spesso non tornano. Però lo scritto è molto evocativo e l’alone fantasy che permea il racconto è presentissimo. L’ho apprezzato tanto.
Concordo anche con la prima frase un po’ lunghetta.
Alla prossima
Bruce
L'uomo prudente, con una frase elegante, si cava fuori da ogni garbuglio, e sa usar la lingua con la leggerezza di una piuma. Umberto Eco
- Mario Mazzafoglie
- Messaggi: 250
Re: Lavoro numero duecentoquarantasette
STEFANO MORETTO - LAVORO NUMERO DUECENTOQUARANTASEI
Ciao Stefano, un piacere tornare a leggerti.
Sicuramente il punto di forza della storia è l'ambientazione, sia perchè queste struttute medievali hanno già il loro fascino e vuoi perchè sei stato molto bravo a renderne tu l'idea. L'atmosfera è quella giusta e si abbina magnificamente al tipo di racconto.
Come ti ha già detto qualcun altro, la storia non sembra decollare, e qualche colpo di scena avrebbe fatto bene al ritmo perchè in questo modo scorre alla stessa maniera dall'inizio alla fine.
Piccolo appunto stilistico che mi permetto di fare: l'incipit. Capisco l'idea di agganciare il lettore e creare una frase più completa possibile, però le prime due frasi della storia hanno bisogno di essere separate dal punto. Cambia il soggetto, per cui non ci può essere continuità, in nessun modo.
Alla prossima, buona edition.
Ciao Stefano, un piacere tornare a leggerti.
Sicuramente il punto di forza della storia è l'ambientazione, sia perchè queste struttute medievali hanno già il loro fascino e vuoi perchè sei stato molto bravo a renderne tu l'idea. L'atmosfera è quella giusta e si abbina magnificamente al tipo di racconto.
Come ti ha già detto qualcun altro, la storia non sembra decollare, e qualche colpo di scena avrebbe fatto bene al ritmo perchè in questo modo scorre alla stessa maniera dall'inizio alla fine.
Piccolo appunto stilistico che mi permetto di fare: l'incipit. Capisco l'idea di agganciare il lettore e creare una frase più completa possibile, però le prime due frasi della storia hanno bisogno di essere separate dal punto. Cambia il soggetto, per cui non ci può essere continuità, in nessun modo.
Alla prossima, buona edition.
Re: Lavoro numero duecentoquarantasette
Ciao Stefano, ben trovato! Il racconto è ben scritto e coinvolgente, con uno stile evocativo che immerge il lettore nell'atmosfera della Forgia, piena di storia e simbolismo e che amo molto. Buona la caratterizzazione di Mephel, che emerge come un personaggio malinconico e consapevole della sua fine, e nel tema della tradizione e del passaggio di consegne, ben rappresentato dal giovane cavaliere che riceve la sua spada. Mi manca qualcosa, un drama, una battaglia vera, un climax che renda il tema centrato, un po’ di pathos, ecco. Buona Era!
- Stefano.Moretto
- Messaggi: 500
- Contatta:
Re: Lavoro numero duecentoquarantasette
alexandra.fischer ha scritto:
MatteoMantoani ha scritto:
Manuel Marinari ha scritto:
Dash J. Benton ha scritto:
BruceLagogrigio ha scritto:
Mario Mazzafoglie ha scritto:
Debora ha scritto:
Ciao a tutti, scusate se rispondo a tutti insieme ma sono in un periodo molto incasinato. Ho preso atto di tutti i vostri commenti e ne terrò conto per i lavori futuri; purtroppo non ero particolarmente ispirato a questo giro e si sente parecchio nel testo, infatti come avete fatto notare voi manca totalmente il conflitto. La prima frase troppo lunga non l'avevo vista, effettivamente rileggendola a freddo dopo due settimane... è vero.
Giusto per rendere chiaro il concetto che c'era dietro al testo: l'idea era che il fabbro fosse proprio alla resa dei conti, ovvero ha avuto una carriera in cui metà dei suoi lavori erano tornati indietro e metà no, quindi quella era la spada che avrebbe deciso se era stato un buon fabbro oppure no, considerando comunque che il cavaliere ha il suo peso ai fini della sopravvivenza, quindi un 50%+1 è considerato un buon risultato. OVVIAMENTE questo non arriva minimamente nel testo, vuoi perché appunto ero poco ispirato, vuoi perché con 3000 caratteri le mie capacità di sintesi non sono state assolutamente in grado di farlo arrivare, quindi è assolutamente e totalmente colpa mia.
Vi ringrazio ancora per tutti i commenti, mi saranno veramente di aiuto. Sono veramente felice di essere tornato a scrivere su questa piattaforma!
Re: Lavoro numero duecentoquarantasette
Un buon racconto le cui debolezze sono già state ben esposte. Nel tuo intervento, hai sottolineato quella più importante, ovvero che il quid fosse sulla spada che avrebbe decretato o meno la capacità del fabbro. A questa mancanza si collegano tutte le altre: il mancato conflitto e anche la mancata semina del contesto più generale (un motivo quanto meno abbozzato del cosa combattessero quei cavalieri). Detto questo, rimane comunque un racconto ordinato, piacevole, ben scritto e in tema. Per me un pollice tendente al positivo in modo solido e quasi brillante.
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