Beppe Roncari Edition: VIAAA!!!
Beppe Roncari Edition: VIAAA!!!

BENVENUTI ALLA BEPPE RONCARI EDITION, LA 185° ALL TIME, SECONDA TAPPA DELLA DODICESIMA ERA DI MINUTI CONTATI!!!
Ricordiamo che il Campione in carica è Luca Fagiolo. In quest'Era verrà confermato il sistema di punteggio per tutti coloro che vorranno provare a conquistare il titolo di Campione: la classifica generale verrà infatti conteggiata sulla base dei migliori sette risultati di ogni autore (se, quindi, l'autore o l'autrice avessero superato le sette partecipazioni nel corso dell'Era verranno escluse dal conteggio le loro peggiori performances).
Obbligo di firma del racconto con nome e cognome (sono accettati pseudonimi solo se comunicati tramite messaggio privato agli organizzatori, anche in un secondo momento, unitamente al nome vero, che resterà privato e non verrà divulgato)
Per qualunque problematica nel corso della serata scrivete in risposta a questo post o, in caso non riusciate a loggarvi, contattate su facebook il sottoscritto o Maurizio Bertino.
Caldamente consigliata (non obbligatoria) la partecipazione al GRUPPO FACEBOOK di Minuti Contati.
La partecipazione a questa edizione è libera e aperta a tutti tranne che a:
- Maurizio Bertino, Luca Fagiolo e Davide Mannucci che si occuperanno dei commenti finali insieme all'Antico.
Tema: Un insolito punto di vista
Tempo: 240 minuti (termine alle ore 01.00, verranno accettati anche racconti con un ritardo di 33 minuti, ma verranno penalizzati)
Caratteri: max 4000 spazi inclusi (il titolo non conta)
Moderatore: L’Antico
Guest Star: Beppe Roncari
NB: il genere del racconto è libero e la guest star giudicherà al netto dello stesso. Chiaramente, se la guest arriva da un determinato genere potrebbe essere più sensibile verso racconti appartenenti a quel genere (così come anche più critica, non è da escludere). Tutto questo per sottolineare che dovete scrivere quello che sentite di scrivere, l'importante è che lo facciate al meglio.
I racconti dovranno essere postati aprendo una discussione apposita (cliccate “NUOVO ARGOMENTO”) all'interno di QUEST'ALA DELL'ARENA, NON in risposta a questo messaggio.
CONSULTATE LA QUESTA VECCHIA EDIZIONE PER CAPIRE COME FARE
In caso di suddivisione in gruppi, gli autori partecipanti non saranno chiamati a commentarsi e classificarsi all’interno del proprio, ma fra gruppi. Le assegnazioni dei gruppi da valutare saranno fatte in fase di creazione degli stessi.
Per ovviare a eventuali fraintendimenti, considerate validi i seguenti parametri per chi posterà oltre la scadenza:
– racconti postati entro 33 minuti dopo la scadenza (fino a ore 01.33 comprese): penalità pari alla metà approssimata per difetto del numero di autori inclusi nel girone del penalizzato
– racconti postati oltre i 33 minuti dopo la scadenza (da ore 01.34 in poi): NON AMMISSIONE E SPOSTAMENTO NEL LABORATORIO
E questi, per chi sforerà nel limite di caratteri (il titolo non viene incluso nel conteggio):
– fino a 313 caratteri al di là del limite: penalità pari alla metà approssimata per difetto del numero di autori inclusi nel girone del penalizzato
– oltre 313 caratteri: penalità pari al numero di autori inclusi nel girone moltiplicato per 3 (un malus che ovviamente taglia fuori dalla corsa dalle prime posizioni, ma che permette comunque la partecipazione con lo scambio di pareri con gli altri autori)
- oltre i 1000 caratteri (in più oltre i 4000): NON AMMISSIONE e spostamento nel Laboratorio
NOTA BENE: il racconto potrà essere modificato una volta postato, ma in quel caso varierà l'orario di consegna in rapporto all'ora dell'ultima modifica e, ovviamente, verranno ricontrollati anche i caratteri (pertanto se avrete già avuto l'ok da parte nostra prestate attenzione perché, doveste sforare, non garantiamo di riuscire a informarvi in tempo e pertanto sarete soggetti ai malus). In caso di modifica avvenuta dall'una all'una e trentatre verrete ovviamente penalizzati con il malus consegna. ATTENZIONE perché in caso di pari punti dopo la fase delle classifiche passerà il turno il racconto con l'orario di consegna più veloce!
Questa è la SECONDA Edizione della DODICESIMA ERA (che si protrarrà per NOVE EDIZIONI TOTALI e che si concluderà a Maggio 2025), in caso di un numero di partecipanti elevato, gli stessi verranno divisi in gruppi. Per riuscire a comporre almeno tre gruppi saremo anche disposti a formarne di cinque racconti l'uno (non meno). Per i quattro gruppi sarà necessario, invece, arrivare a 28 racconti partecipanti. In ogni caso, un gruppo non potrà mai essere composto da meno di cinque racconti o da più di dieci. Sia che venga effettuata la divisione in gruppi sia che non venga effettuata, i migliori dopo la prima fase verranno inviati a BEPPE RONCARI la cui classifica sarà quella finale di edizione, ma di questo parleremo dopo. Ora dovete solo pensare a scrivere, mettervi alla prova, creare, divertirvi.
La composizione dei raggruppamenti seguirà la seguente logica: per primi verranno assegnati ai raggruppamenti coloro già in possesso di punti rank d'Era seguendo l'ordine dal primo (il primo nel gruppo A, il secondo nel gruppo B, il terzo nel gruppo C, il quarto nel gruppo A e così via), coloro che ancora non hanno punti rank d'Era verranno assegnati a seguire (primo a postare gruppo A, secondo a postare gruppo B, terzo a postare gruppo C, quarto a postare gruppo A e così via) dando la precedenza a coloro in possesso di Punti Rank All Time. In caso di racconti ammessi con malus verranno, nei limite del possibile, suddivisi fra tutti i raggruppamenti.
BUON LAVORO A TUTTI!
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Lo scorcio
Ricordava quella giornata e quel discorso.
– Come sta Nicolosia?
– Bene, nella casa nuova è rifiorita.
– Ottimo. Sapevo che temeva di trasferirsi a Mantova.
– Rifiutare un'offerta simile sarebbe stata una follia. Il marchese mi ha offerto uno stipendio fisso, capisci? Per un pittore, anche se noto, è una cosa rara. E anche un terreno sul quale edificare una casa. Cosa potevo fare? Io sono nato povero, Giovanni, a sette anni pascolavo le pecore. Ho conosciuto la fame e il freddo, e ora che ho una famiglia lotterò perché non accada ai miei figli, una cosa così.
– Hai ragione, Andrea. Io e Nicolosia abbiamo avuto una vita agiata, invece, e mia sorella ha lasciato con dolore la sua città, ma tu hai assolutamente ragione, diventare pittore di corte presso i Gonzaga era un'occasione irripetibile.
Si guardò le mani. Suo cognato era pittore come lui, erano amici e non era mai stato geloso del suo successo. Purtroppo ormai si vedevano poco, invecchiare significava non viaggiare più. Significava anche non avere più le mani ferme, non riuscire a salire su un'impalcatura, non poter più accettare commissioni.
Sospirò.
C'era stato un tempo in cui affrescare una grande sala, dal pavimento fino alla volta, era alla sua portata. Ludovico e Francesco, ancora bambini, erano cresciuti con i suoi disegni per la sala del torrione Nord-Est del castello. Il marchese ne era rimasto entusiasta fin dalla prima bozza e aveva lasciato che lavorasse alla sala per tutto il tempo necessario. Nove anni. Nove anni felici. Qualcuno aveva definito quella sala “la camera più bella del mondo”.
Aveva concluso la volta senza condividere col marchese un particolare del progetto, perché fosse una sorpresa. E il Gonzaga era rimasto a bocca aperta, fissando l'oculum che aveva dipinto. L'illusione che aveva creato era perfetta, aveva letteralmente aperto un foro rotondo nella volta, dal quale si scorgeva il cielo azzurro. Intorno al foro dei putti con ali di farfalla scrutavano in basso, e dei volti di fanciulla facevano capolino. Una prospettiva così audace non si era mai vista.
Scosse la testa. Dopo quel lavoro i grandi si erano litigati il suo tempo e Papa Innocenzo l'aveva voluto a Roma. Quanti anni aveva? Una sessantina, ormai, e già cominciava a non essere più lui, a Roma aveva resistito solo un paio d'anni. Era tornato a Mantova, ma le cose erano andate sempre peggio. Lavorava poco, non accettava commesse per timore di non consegnarle, tranne non chiedessero tele piccole. E anche su quelle lavorava piano. Ogni giorno pregava, perché il buio che sentiva appressarsi lo spaventava. – Sono un pittore, Signore Dio. Cosa farò se mi togli la luce e le mani?
Pregava in bottega, davanti a una tela piccola che aveva dipinto per se stesso. Non per venderla, non per commissione. D'altronde non sarebbe piaciuta alla gente, vi aveva ritratto il Cristo con tutta la spietatezza della morte ingiusta di un giovane. Colori crudi, aveva usato, vividi, taglienti. Nessuna morbidezza, nessuna indulgenza nell'esporre le ferite con la pelle sollevata e la carne viva a vista. Davanti a quel Cristo, pregava. – Signore, pietà.
A Sant'Andrea, Francesco lavorava alla cappella funeraria del padre. Da vivo l'avevano lasciato morire nei debiti, ma da morto lo facevano seppellire nella navata sinistra della basilica marchesale. Lui non era pittore della levatura di Mantegna padre, faticava a tirare avanti. Aveva cercato nello studio del vecchio ciò che fosse ancora utilizzabile e aveva trovato una piccola tela, a cui ricordava d'averlo visto lavorare anni prima. Si era stupito di trovarla lì, forse il committente l'aveva rifiutata. Non se ne sarebbe stupito. Un Cristo morto così, sdraiato su un piano in pietra, il corpo coperto da una stoffa, i piedi al di fuori della lastra, in primissimo piano, metteva i brividi. Era come essere al suo capezzale, nel sepolcro buio, con le donne dolenti al fianco.
Nessun altro, se non suo padre, poteva scegliere di dipingere una simile scena da quel punto di vista.
– Come sta Nicolosia?
– Bene, nella casa nuova è rifiorita.
– Ottimo. Sapevo che temeva di trasferirsi a Mantova.
– Rifiutare un'offerta simile sarebbe stata una follia. Il marchese mi ha offerto uno stipendio fisso, capisci? Per un pittore, anche se noto, è una cosa rara. E anche un terreno sul quale edificare una casa. Cosa potevo fare? Io sono nato povero, Giovanni, a sette anni pascolavo le pecore. Ho conosciuto la fame e il freddo, e ora che ho una famiglia lotterò perché non accada ai miei figli, una cosa così.
– Hai ragione, Andrea. Io e Nicolosia abbiamo avuto una vita agiata, invece, e mia sorella ha lasciato con dolore la sua città, ma tu hai assolutamente ragione, diventare pittore di corte presso i Gonzaga era un'occasione irripetibile.
Si guardò le mani. Suo cognato era pittore come lui, erano amici e non era mai stato geloso del suo successo. Purtroppo ormai si vedevano poco, invecchiare significava non viaggiare più. Significava anche non avere più le mani ferme, non riuscire a salire su un'impalcatura, non poter più accettare commissioni.
Sospirò.
C'era stato un tempo in cui affrescare una grande sala, dal pavimento fino alla volta, era alla sua portata. Ludovico e Francesco, ancora bambini, erano cresciuti con i suoi disegni per la sala del torrione Nord-Est del castello. Il marchese ne era rimasto entusiasta fin dalla prima bozza e aveva lasciato che lavorasse alla sala per tutto il tempo necessario. Nove anni. Nove anni felici. Qualcuno aveva definito quella sala “la camera più bella del mondo”.
Aveva concluso la volta senza condividere col marchese un particolare del progetto, perché fosse una sorpresa. E il Gonzaga era rimasto a bocca aperta, fissando l'oculum che aveva dipinto. L'illusione che aveva creato era perfetta, aveva letteralmente aperto un foro rotondo nella volta, dal quale si scorgeva il cielo azzurro. Intorno al foro dei putti con ali di farfalla scrutavano in basso, e dei volti di fanciulla facevano capolino. Una prospettiva così audace non si era mai vista.
Scosse la testa. Dopo quel lavoro i grandi si erano litigati il suo tempo e Papa Innocenzo l'aveva voluto a Roma. Quanti anni aveva? Una sessantina, ormai, e già cominciava a non essere più lui, a Roma aveva resistito solo un paio d'anni. Era tornato a Mantova, ma le cose erano andate sempre peggio. Lavorava poco, non accettava commesse per timore di non consegnarle, tranne non chiedessero tele piccole. E anche su quelle lavorava piano. Ogni giorno pregava, perché il buio che sentiva appressarsi lo spaventava. – Sono un pittore, Signore Dio. Cosa farò se mi togli la luce e le mani?
Pregava in bottega, davanti a una tela piccola che aveva dipinto per se stesso. Non per venderla, non per commissione. D'altronde non sarebbe piaciuta alla gente, vi aveva ritratto il Cristo con tutta la spietatezza della morte ingiusta di un giovane. Colori crudi, aveva usato, vividi, taglienti. Nessuna morbidezza, nessuna indulgenza nell'esporre le ferite con la pelle sollevata e la carne viva a vista. Davanti a quel Cristo, pregava. – Signore, pietà.
A Sant'Andrea, Francesco lavorava alla cappella funeraria del padre. Da vivo l'avevano lasciato morire nei debiti, ma da morto lo facevano seppellire nella navata sinistra della basilica marchesale. Lui non era pittore della levatura di Mantegna padre, faticava a tirare avanti. Aveva cercato nello studio del vecchio ciò che fosse ancora utilizzabile e aveva trovato una piccola tela, a cui ricordava d'averlo visto lavorare anni prima. Si era stupito di trovarla lì, forse il committente l'aveva rifiutata. Non se ne sarebbe stupito. Un Cristo morto così, sdraiato su un piano in pietra, il corpo coperto da una stoffa, i piedi al di fuori della lastra, in primissimo piano, metteva i brividi. Era come essere al suo capezzale, nel sepolcro buio, con le donne dolenti al fianco.
Nessun altro, se non suo padre, poteva scegliere di dipingere una simile scena da quel punto di vista.
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Re: Beppe Roncari Edition: VIAAA!!!
antico ha scritto:Cinzia, non qui...
cosa vuoi all'una di notte? Non connetto... ho preso il malus?
Re: Beppe Roncari Edition: VIAAA!!!
Cinzia Fabretti ha scritto:antico ha scritto:Cinzia, non qui...
cosa vuoi all'una di notte? Non connetto... ho preso il malus?
No, hai postato nei tempi dove dovevi pertanto nessun malus ;)
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