Una festa speciale
- gcdaddabbo
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Una festa speciale
Una festa speciale
Non vi dirò mai chi mi ha raccontato questa storia, ma mi hanno giurato che è proprio vera.
Per raccontarvela, farò finta di essere io, il protagonista, ma, vi prego di credermi, non lo conosco affatto.
Immaginate un vecchietto sulla settantina, pallido, barba lunga.
Hanno deciso di riunirsi per festeggiare il suo ritorno a casa dopo un brutto periodo in ospedale. Ci sono moglie, figli, nuore, nipoti, cognati.
Lui vorrebbe starsene tranquillo “così come una cosa posata in un angolo e dimenticata”, ma c’è il pranzo.
“Devi mangiare. Ti vogliamo vedere subìto in piedi pronto e scattante come prima. Oggi, questa festa è per te.”
Mastica e ingoia quel che gli danno. “Niente caffè. Grazie.”
Li conta. Sono quindici in tutto.
Qualcuno vorrebbe anche giocare a burraco, qualche altro a scacchi.
“Scusate. Vedo che abbiamo finito di pranzare. Sono stanco. Posso andare a riposare? Vado a letto.”
Siamo in primavera, è la domenica delle palme. Lui ha freddo. Si infila sotto le coperte e tenta di scaldarsi. Vorrebbe prendere la borsa dell’acqua calda, ma non ha il coraggio né la forza per chiedere. Si addormenta lo stesso.
Si sveglia che è già buio. C’è silenzio. Devono essere andati via. Ha bisogno di andare in bagno e ci va. Quel che vede andar fuori, nel vaso, non è urina, ma qualcosa di rosso. Il flusso a tratti si interrompe, bloccato da una specie di ovatta biancastra. In quei momenti il dolore è tale che gli vien voglia di tagliare, strapparsi via, quel cilindro di pelle bucato.
Usa quel po’ di energia che gli resta per chiamare la moglie.
Il flusso intanto continua interrotto solo dai dolorosi blocchi di quella sostanza sconosciuta della quale si libera tirandola a pezzi con le dita.
Ormai è chiaro che si tratta di una specie di sangue con qualcos’altro.
Non ce la fa più a stare in piedi e si siede con un secchio davanti che comincia a riempirsi.
Dove andare a quell’ora, in un giorno di festa? Chi chiamare? La moglie non sa a chi rivolgersi.
Apre la porta. Sulla strada sta passando la figlia della loro dottoressa di un tempo, medico anche lei. La chiama. Entra. Esercita al nord, ma in quei giorni è venuta per Pasqua.
Lo guarda, chiama l’ambulanza e convince gli infermieri a portarlo in ospedale.
Lei li seguirà con la sua auto con la moglie che intanto potrà chiamare i parenti.
Lui vuole solo non tornare nello stesso luogo dal quale è rientrato da poco.
Steso sulla barella del mezzo di soccorso, ascolta il suono della sirena che gli giunge come da lontano. Devono avergli dato qualcosa. Vede le luci blu. Sente le curve. Cerca di indovinare dove lo stanno portando. Sa che potrebbe morire, ma tanto lui non può fare nulla. Gli infermieri parlano fra di loro. Lui pensa a quella ragazza che, passando, potrebbe forse avergli salvato la vita. Avrà avuto trent’anni. Tenta di ricostruire il suo volto. Capelli ricci e lunghi, non come la madre, ma forse più disponibile e straordinaria.
Ha capito. Sono arrivati. L’ospedale non è lo stesso. Molte più curve. Nel pronto soccorso lo stendono su una barella. Il dolore ritorna prepotente. Gli infermieri vorrebbero rimetterlo in ambulanza per rimandarlo nell’ospedale da cui è stato dimesso da poco. “La prassi è questa.”
Il suo angelo grida: “Non ce la farà mai ad arrivare vivo fin lì. Chiamate l’urologo di turno.”
Poi entra, lo guarda, gli prende il polso: “Non preoccuparti. Ce la farai.”
Sì, è proprio carina.
Il dolore è più forte, ma lui cerca di resistere come un bravo soldatino.
Dopo un po’ c’è uno in camice che lo guarda. Sente ancora discorsi, parole, tante parole.
Lo portano su. “Ti mettiamo nella stanza del Covid. Ora non c’è nessuno. Basterà un catetere 24? Resisti. Domattina, forse, ti faremo una flebo.”
Ora è solo. Vede le luci del palazzo di fronte. Stringe i denti e si solleva sul dorso, in silenzio, per sopportare il dolore. Non deve gridare. Anche gli angeli sono scesi a salvarlo.
Forse, ogni mezz’ora, c’è qualcuno che entra, che controlla qualcosa e va via. Non ne è certo e
si chiede: “Quando arriva il chiarore?”
Finalmente il mattino e i dottori: “Hai perso molto sangue. Ora sembra che siamo riusciti a bloccare l’emorragia. Proveremo a farti una trasfusione. Firma qui.”
L’infermiere: “Controlla tu stesso. Il tuo gruppo sanguigno e il tuo nome sulla sacca. Lo prevede la procedura. Un errore ed è la fine. Devo farlo per legge.”
Piano il sangue che entra. Il dolore è passato, ma gli hanno detto che non può ancora alzarsi.
Dopo un’altra trasfusione potrà andare in reparto.
Lì non è più da solo. Vengono anche le giovani allieve del corso per infermieri. C’è chi lo lava, chi gli fa la barba, chi lo aiuta perché gli hanno proibito di alzarsi.
Altre due trasfusioni il secondo giorno, ma ancora i valori son bassi. Ora pensa però di avercela fatta e lo dice quando lei, la figlia della sua dottoressa, gli telefona da Milano.
Alla sera del terzo giorno, alla otto, dopo altre due trasfusioni lo rimandano a casa.
Con la moglie vicino già si sente un leone.
“Gianni, ora ti facciamo una festa speciale.”
Non vi dirò mai chi mi ha raccontato questa storia, ma mi hanno giurato che è proprio vera.
Per raccontarvela, farò finta di essere io, il protagonista, ma, vi prego di credermi, non lo conosco affatto.
Immaginate un vecchietto sulla settantina, pallido, barba lunga.
Hanno deciso di riunirsi per festeggiare il suo ritorno a casa dopo un brutto periodo in ospedale. Ci sono moglie, figli, nuore, nipoti, cognati.
Lui vorrebbe starsene tranquillo “così come una cosa posata in un angolo e dimenticata”, ma c’è il pranzo.
“Devi mangiare. Ti vogliamo vedere subìto in piedi pronto e scattante come prima. Oggi, questa festa è per te.”
Mastica e ingoia quel che gli danno. “Niente caffè. Grazie.”
Li conta. Sono quindici in tutto.
Qualcuno vorrebbe anche giocare a burraco, qualche altro a scacchi.
“Scusate. Vedo che abbiamo finito di pranzare. Sono stanco. Posso andare a riposare? Vado a letto.”
Siamo in primavera, è la domenica delle palme. Lui ha freddo. Si infila sotto le coperte e tenta di scaldarsi. Vorrebbe prendere la borsa dell’acqua calda, ma non ha il coraggio né la forza per chiedere. Si addormenta lo stesso.
Si sveglia che è già buio. C’è silenzio. Devono essere andati via. Ha bisogno di andare in bagno e ci va. Quel che vede andar fuori, nel vaso, non è urina, ma qualcosa di rosso. Il flusso a tratti si interrompe, bloccato da una specie di ovatta biancastra. In quei momenti il dolore è tale che gli vien voglia di tagliare, strapparsi via, quel cilindro di pelle bucato.
Usa quel po’ di energia che gli resta per chiamare la moglie.
Il flusso intanto continua interrotto solo dai dolorosi blocchi di quella sostanza sconosciuta della quale si libera tirandola a pezzi con le dita.
Ormai è chiaro che si tratta di una specie di sangue con qualcos’altro.
Non ce la fa più a stare in piedi e si siede con un secchio davanti che comincia a riempirsi.
Dove andare a quell’ora, in un giorno di festa? Chi chiamare? La moglie non sa a chi rivolgersi.
Apre la porta. Sulla strada sta passando la figlia della loro dottoressa di un tempo, medico anche lei. La chiama. Entra. Esercita al nord, ma in quei giorni è venuta per Pasqua.
Lo guarda, chiama l’ambulanza e convince gli infermieri a portarlo in ospedale.
Lei li seguirà con la sua auto con la moglie che intanto potrà chiamare i parenti.
Lui vuole solo non tornare nello stesso luogo dal quale è rientrato da poco.
Steso sulla barella del mezzo di soccorso, ascolta il suono della sirena che gli giunge come da lontano. Devono avergli dato qualcosa. Vede le luci blu. Sente le curve. Cerca di indovinare dove lo stanno portando. Sa che potrebbe morire, ma tanto lui non può fare nulla. Gli infermieri parlano fra di loro. Lui pensa a quella ragazza che, passando, potrebbe forse avergli salvato la vita. Avrà avuto trent’anni. Tenta di ricostruire il suo volto. Capelli ricci e lunghi, non come la madre, ma forse più disponibile e straordinaria.
Ha capito. Sono arrivati. L’ospedale non è lo stesso. Molte più curve. Nel pronto soccorso lo stendono su una barella. Il dolore ritorna prepotente. Gli infermieri vorrebbero rimetterlo in ambulanza per rimandarlo nell’ospedale da cui è stato dimesso da poco. “La prassi è questa.”
Il suo angelo grida: “Non ce la farà mai ad arrivare vivo fin lì. Chiamate l’urologo di turno.”
Poi entra, lo guarda, gli prende il polso: “Non preoccuparti. Ce la farai.”
Sì, è proprio carina.
Il dolore è più forte, ma lui cerca di resistere come un bravo soldatino.
Dopo un po’ c’è uno in camice che lo guarda. Sente ancora discorsi, parole, tante parole.
Lo portano su. “Ti mettiamo nella stanza del Covid. Ora non c’è nessuno. Basterà un catetere 24? Resisti. Domattina, forse, ti faremo una flebo.”
Ora è solo. Vede le luci del palazzo di fronte. Stringe i denti e si solleva sul dorso, in silenzio, per sopportare il dolore. Non deve gridare. Anche gli angeli sono scesi a salvarlo.
Forse, ogni mezz’ora, c’è qualcuno che entra, che controlla qualcosa e va via. Non ne è certo e
si chiede: “Quando arriva il chiarore?”
Finalmente il mattino e i dottori: “Hai perso molto sangue. Ora sembra che siamo riusciti a bloccare l’emorragia. Proveremo a farti una trasfusione. Firma qui.”
L’infermiere: “Controlla tu stesso. Il tuo gruppo sanguigno e il tuo nome sulla sacca. Lo prevede la procedura. Un errore ed è la fine. Devo farlo per legge.”
Piano il sangue che entra. Il dolore è passato, ma gli hanno detto che non può ancora alzarsi.
Dopo un’altra trasfusione potrà andare in reparto.
Lì non è più da solo. Vengono anche le giovani allieve del corso per infermieri. C’è chi lo lava, chi gli fa la barba, chi lo aiuta perché gli hanno proibito di alzarsi.
Altre due trasfusioni il secondo giorno, ma ancora i valori son bassi. Ora pensa però di avercela fatta e lo dice quando lei, la figlia della sua dottoressa, gli telefona da Milano.
Alla sera del terzo giorno, alla otto, dopo altre due trasfusioni lo rimandano a casa.
Con la moglie vicino già si sente un leone.
“Gianni, ora ti facciamo una festa speciale.”
Re: Una festa speciale
Ciao Giovanni! Tutto ok con i parametri, buona LUCA FAGIOLO EDITION!
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Re: Una festa speciale
Tema centrato. Bello l’incipit, dove l’autore rivela che la storia che sta per raccontare è vera. Il settantenne Gianni è tornato dall’ospedale e ci sono tutti i parenti a festeggiarlo, ma lui ha un nuovo malore, ed è costretto a un ricovero d’urgenza, dove viene salvato da diverse trasfusioni. La tensione narrativa è ben resa, dalla ricerca del medico in un giorno festivo, alla serie di curve della strada durante il viaggio in ospedale, fino all’ospedale stesso, enorme. Quando Gianni si riprende, ecco l’ennesima festa a casa.
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Re: Una festa speciale
Ciao Giovanni! Ecco, ora sono io che devo commentare te. La parte del bagno mi ha fatto proprio rabbrividire.
Forse la moglie l’ho trovata un po’ fredda come personaggio nelle sue reazioni. Alla parte in cui apre la porta e va in strada e per caso incontra la figlia della dottoressa, l'avrei fatta proprio andare in strada con foga, a urlare aiuto, spaventata e in balia delle emozioni.
Anche verso la fine, quando parlano i personaggi dei dottori e degli infermieri avrei aggiunto qualcosa, perché le frasi diventano più schematiche rispetto al resto del racconto.
Per esempio cosa intendevi dire con “piano il sangue che entra”?
La cosa più bella è che, anche se succedono molte cose una dietro l'altra, sembra una storia vera e il filo del racconto non si perde, in questo ti trovo davvero migliorato. Mi è piaciuto molto il dettaglio della festa della domenica delle palme e del fatto che proprio al terzo giorno lui si sente bene.
Ho dovuto pensarci un po’ su come avevi inteso il tema, ma penso che sia un tentativo di rielaborarlo senza rimanere nel binario del significato del modo di dire.
Per cui per questo ti faccio i miei complimenti e in bocca al lupo per la gara!
Forse la moglie l’ho trovata un po’ fredda come personaggio nelle sue reazioni. Alla parte in cui apre la porta e va in strada e per caso incontra la figlia della dottoressa, l'avrei fatta proprio andare in strada con foga, a urlare aiuto, spaventata e in balia delle emozioni.
Anche verso la fine, quando parlano i personaggi dei dottori e degli infermieri avrei aggiunto qualcosa, perché le frasi diventano più schematiche rispetto al resto del racconto.
Per esempio cosa intendevi dire con “piano il sangue che entra”?
La cosa più bella è che, anche se succedono molte cose una dietro l'altra, sembra una storia vera e il filo del racconto non si perde, in questo ti trovo davvero migliorato. Mi è piaciuto molto il dettaglio della festa della domenica delle palme e del fatto che proprio al terzo giorno lui si sente bene.
Ho dovuto pensarci un po’ su come avevi inteso il tema, ma penso che sia un tentativo di rielaborarlo senza rimanere nel binario del significato del modo di dire.
Per cui per questo ti faccio i miei complimenti e in bocca al lupo per la gara!
- BruceLagogrigio
- Messaggi: 455
Re: Una festa speciale
In terza persona con un narratore onnisciente. Tempo verbale presente con inserti al passato remoto/imperfetto. Ambientazione: Casa familiare / ospedale. Genere: Realismo contemporaneo / drammatico. Tema centrato al 50%,
Ciao Giovanni piacere di leggerti. Che dirti è un po’ il tuo stile onirico e particolare. Molto didascalico in certi punti, in cui elenchi uno in fila di avvenimenti.
Il gancio iniziale è efficace: la promessa di una storia vera raccontata attraverso un filtro personale mi aveva parecchio incuriosito peccato che poi non porti veramente a qualcosa. Secondariamente non vedo molto conflitto nella storia. Toccante per molti aspetti, ma non capisco la tematica di fondo.
Sembra a tratti il legame familiare e un po’ la malasanità.
Come dicevo mi sembra proprio un elenco di avvenimenti un po’ freddo a momenti, a volte umoristico a volte più pessimistico. Il racconto comunque riesce a far empatizzare il lettore con il protagonista, che appare vulnerabile, ma anche tenace e dignitoso.
L’attinenza al tema c’è ma non mi è sembrata originalissima.
Il finale offre una chiusura positiva e rassicurante. Tuttavia, sento che manca un momento di grande tensione risolutiva sopratutto se si pensa all’incipit interessante.
Nel complesso avevo meglio apprezzato il tuo racconto di Baudolino.
Bruce.
Ciao Giovanni piacere di leggerti. Che dirti è un po’ il tuo stile onirico e particolare. Molto didascalico in certi punti, in cui elenchi uno in fila di avvenimenti.
Il gancio iniziale è efficace: la promessa di una storia vera raccontata attraverso un filtro personale mi aveva parecchio incuriosito peccato che poi non porti veramente a qualcosa. Secondariamente non vedo molto conflitto nella storia. Toccante per molti aspetti, ma non capisco la tematica di fondo.
Sembra a tratti il legame familiare e un po’ la malasanità.
Come dicevo mi sembra proprio un elenco di avvenimenti un po’ freddo a momenti, a volte umoristico a volte più pessimistico. Il racconto comunque riesce a far empatizzare il lettore con il protagonista, che appare vulnerabile, ma anche tenace e dignitoso.
L’attinenza al tema c’è ma non mi è sembrata originalissima.
Il finale offre una chiusura positiva e rassicurante. Tuttavia, sento che manca un momento di grande tensione risolutiva sopratutto se si pensa all’incipit interessante.
Nel complesso avevo meglio apprezzato il tuo racconto di Baudolino.
Bruce.
L'uomo prudente, con una frase elegante, si cava fuori da ogni garbuglio, e sa usar la lingua con la leggerezza di una piuma. Umberto Eco
Re: Una festa speciale
Ciao Giovanni, sono contento di rileggerti. Ritrovo qui parte dello stile un po' fiabesco che avevo già trovato nel tuo racconto sull'Elefantino Magico, stile che mi sembra sposarsi bene con questo tipo di storia che si presenta fin dall'inizio come molto cruda e realistica: effettivamente le scene del risveglio in bagno penso che mi rimarranno impresse (e sicuro nemmeno la metà di quanto rimarranno impresse al settantenne in questione). Confesso che anche qui, come all'epoca, ho come la sensazione che questa storia voglia essere un po' l'allegoria di qualcosa ma non sono sicuro di averne colto benissimo i termini. Forse il parallelo con la domenica delle palme, i tre giorni e il riferimento alla poesia di Ungaretti, Natale, potrebbero far pensare a una figura un po' cristologica, con questo uomo che muore e risorge ciclicamente ogni tre giorni, però non sono sicuro che questa fosse un'intenzione effettiva. Sicuramente sono ben tratteggiati gli aspetti grotteschi e per certi versi "animaleschi" della famiglia e degli infermieri: i gruppi umani mi sembrano sempre muoversi un po' come delle masse indistinte, senza una vera e propria personalità, e credo questo sia intenzionale.
Storia che non ho forse apprezzato quanto avrei potuto però, proprio in ragione del fatto di non essere riuscito a capire fino in fondo dove volesse portarmi. Un grosso grosso apprezzamento però per lo stile, che trovo sempre molto suggestivo e curato.
In bocca al lupo per questa edition e alla prossima!
Storia che non ho forse apprezzato quanto avrei potuto però, proprio in ragione del fatto di non essere riuscito a capire fino in fondo dove volesse portarmi. Un grosso grosso apprezzamento però per lo stile, che trovo sempre molto suggestivo e curato.
In bocca al lupo per questa edition e alla prossima!
- gcdaddabbo
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Re: Una festa speciale
alexandra.fischer ha scritto:Tema centrato. Bello l’incipit.
Grazie
- gcdaddabbo
- Messaggi: 410
Re: Una festa speciale
Gaia Peruzzo ha scritto:Ciao Giovanni! Ecco, ora sono io che devo commentare te. La parte del bagno mi ha fatto proprio rabbrividire.
Forse la moglie l’ho trovata un po’ fredda come personaggio nelle sue reazioni. Alla parte in cui apre la porta e va in strada e per caso incontra la figlia della dottoressa, l'avrei fatta proprio andare in strada con foga, a urlare aiuto, spaventata e in balia delle emozioni.
Anche verso la fine, quando parlano i personaggi dei dottori e degli infermieri avrei aggiunto qualcosa, perché le frasi diventano più schematiche rispetto al resto del racconto.
Per esempio cosa intendevi dire con “piano il sangue che entra”?
La cosa più bella è che, anche se succedono molte cose una dietro l'altra, sembra una storia vera e il filo del racconto non si perde, in questo ti trovo davvero migliorato. Mi è piaciuto molto il dettaglio della festa della domenica delle palme e del fatto che proprio al terzo giorno lui si sente bene.
Ho dovuto pensarci un po’ su come avevi inteso il tema, ma penso che sia un tentativo di rielaborarlo senza rimanere nel binario del significato del modo di dire.
Per cui per questo ti faccio i miei complimenti e in bocca al lupo per la gara!
Ciao Gaia! Sono abituato a leggere racconti con mostri e assassinii e meravigliato che una situazione realistica possa farti rabbrividire. La moglie non ha motivi per agire come Anna Magnani in un film. Cerca di aiutare il suo uomo consapevole del momento difficile.
Hai ragione sul tentativo di rielaborazione del tema. Mi viene naturale giocare con le parole.
Il tema è sia nel "legame di sangue" tra vecchia dottoressa e figlia medico, sia nella sostituzione del sangue perso con il suo "fibrinogeno" ed il "buon sangue" della trasfusione che "non mente". Il sangue che entra in circolo in una trasfusione porta al corpo l'ossigenazione e gli fornisce calore e vita.
- gcdaddabbo
- Messaggi: 410
Re: Una festa speciale
BruceLagogrigio ha scritto:Ciao Giovanni piacere di leggerti. Che dirti è un po’ il tuo stile onirico e particolare. Molto didascalico in certi punti, in cui elenchi uno in fila di avvenimenti.
Il gancio iniziale è efficace: la promessa di una storia vera raccontata attraverso un filtro personale mi aveva parecchio incuriosito peccato che poi non porti veramente a qualcosa. Secondariamente non vedo molto conflitto nella storia. Toccante per molti aspetti, ma non capisco la tematica di fondo.
Sembra a tratti il legame familiare e un po’ la malasanità.
Come dicevo mi sembra proprio un elenco di avvenimenti un po’ freddo a momenti, a volte umoristico a volte più pessimistico. Il racconto comunque riesce a far empatizzare il lettore con il protagonista, che appare vulnerabile, ma anche tenace e dignitoso.
L’attinenza al tema c’è ma non mi è sembrata originalissima.
Il finale offre una chiusura positiva e rassicurante. Tuttavia, sento che manca un momento di grande tensione risolutiva sopratutto se si pensa all’incipit interessante.
Bruce.
Ciao Bruce. Ti ringrazio per il commento ed i suggerimenti.
La storia è quella di un uomo che si salva per una serie di circostanze fortunate e per l'eccezionale comportamento di un angelo di medico. Il conflitto è tra chi vive la sanità come lavoro e chi come missione. Molti di quelli a cui l'ho raccontata mi hanno detto che è un vero miracolo per la nostra sanità.
Il tema è giocato sia in senso metaforico (madre e figlia medici) sia in senso reale (il "sangue" buono ti ridà in pochi giorni la vita). Permettimi di dissentire sul giudizio che dai del finale. immagina un vecchio che è stato per morire dopo una festa in famiglia subita come accolga la promessa di una festa speciale.
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Re: Una festa speciale
gcdaddabbo ha scritto:Ciao Gaia! Sono abituato a leggere racconti con mostri e assassinii e meravigliato che una situazione realistica possa farti rabbrividire. La moglie non ha motivi per agire come Anna Magnani in un film. Cerca di aiutare il suo uomo consapevole del momento difficile.
Hai ragione sul tentativo di rielaborazione del tema. Mi viene naturale giocare con le parole.
Il tema è sia nel "legame di sangue" tra vecchia dottoressa e figlia medico, sia nella sostituzione del sangue perso con il suo "fibrinogeno" ed il "buon sangue" della trasfusione che "non mente". Il sangue che entra in circolo in una trasfusione porta al corpo l'ossigenazione e gli fornisce calore e vita.
Guarda, forse l'ho scritto in modo fraintendibile, però che abbia fatto rabbrividire quella parte per me è una cosa buona. Leggo un sacco di storie con elementi oscuri, proprio perché mi piacciono.
Non conosco il film di cui parli. Da un lato hai ragione che ci stia il "sangue freddo" come temperamento della donna, ma dall'altro mi sembra anche strano che lei apra la porta e si trovi la figlia della dottoressa che passava di lì. Ci sta la anche la casualità eh. Però quel punto mi è parso più freddo a livello emotivo, più come un elenco. Quindi aggiungerei magari delle reazioni dei personaggi. Se la moglie ha la voce rotta, la ragazza come le risponde... Perché capisco anche il limite dei caratteri, però è un punto di svolta della storia. Forse poteva provare a chiamare l'ospedale anche direttamente la moglie? Cioè un pochino comunque mi ha stranito questo pezzo. Tutto qui.
Hai fatto bene a giocare con le parole per quanto riguarda il tema! Perché almeno hai creato qualcosa che non mi aspettavo di leggere.
- Manuel Marinari
- Messaggi: 348
Re: Una festa speciale
Ciao Giovanni, il racconto mi è piaciuto. Ho trovato soprattutto la prima metà, rispetto al seguito, ben scritta. Si sente la fatica e la sofferenza di un uomo malato che vorrebbe soltanto starsene un pò in solitudine, a trascorrere il tempo a riposo, esausto. La seconda parte l'ho trovata scritta un pò meno bene della prima. Le frasi sono molto brevi, didascaliche. Forse una fluidità avrebbe reso il racconto ancora più apprezzabile.
Ho letto nei commenti che il tema lo hai inteso come madre e figlia dottoresse che il protagonista ha incontrato nella sua vita e si era fatto curare da entrambe. Credo che ci fosse bisogno di un accenno un pò più forte, perchè è abbastanza vago. Mi sarei addentrato un pò di più nel legame tra lui e la dottoressa più grande. Magari inserire un colpo di scena: scopre che la figlia della dottoressa lavora in ospedale e la riconosce in qualche modo (aspetto fisico, una frase che gliela ricordava, gestualità).
Anche nel rapporto tra lui e la moglie manca qualcosina: un accenno di paura negli occhi della moglie, una sicurezza trasmessa a lui per superare il momento difficile.
Ecco, un buon racconto a cui manca qualcosina per essere davvero un ottimo racconto. Ho trovato la tua scrittura migliorata rispetto alla scorsa Era, questo te lo dico con fermezza e senza alcun dubbio. Continua così Giovanni!
Buona edition!
Ho letto nei commenti che il tema lo hai inteso come madre e figlia dottoresse che il protagonista ha incontrato nella sua vita e si era fatto curare da entrambe. Credo che ci fosse bisogno di un accenno un pò più forte, perchè è abbastanza vago. Mi sarei addentrato un pò di più nel legame tra lui e la dottoressa più grande. Magari inserire un colpo di scena: scopre che la figlia della dottoressa lavora in ospedale e la riconosce in qualche modo (aspetto fisico, una frase che gliela ricordava, gestualità).
Anche nel rapporto tra lui e la moglie manca qualcosina: un accenno di paura negli occhi della moglie, una sicurezza trasmessa a lui per superare il momento difficile.
Ecco, un buon racconto a cui manca qualcosina per essere davvero un ottimo racconto. Ho trovato la tua scrittura migliorata rispetto alla scorsa Era, questo te lo dico con fermezza e senza alcun dubbio. Continua così Giovanni!
Buona edition!
Manuel Marinari
Re: Una festa speciale
Ciao Giovanni ti ho letto molto volentieri. L’incipit mi è piaciuto tantissimo perché mi ricorda “Novecento” di Baricco, uno stile che a me piace molto.
Il ritmo così spezzato mi piace altrettanto anche se io l’ho trovato un po’ troppo uguale in ogni parte del testo, anche in scene diverse tra loro.
Una cosa sui dialoghi, soprattutto quelli iniziali: li ho trovati un po’ forzati, poco naturali.
È stata una lettura interessante però per lo svolgimento del tema.
Il ritmo così spezzato mi piace altrettanto anche se io l’ho trovato un po’ troppo uguale in ogni parte del testo, anche in scene diverse tra loro.
Una cosa sui dialoghi, soprattutto quelli iniziali: li ho trovati un po’ forzati, poco naturali.
È stata una lettura interessante però per lo svolgimento del tema.
- SalvatoreStefanelli
- Messaggi: 376
Re: Una festa speciale
Aprire un racconto con la premessa che hai fatto tu non è proprio la cosa che più mi piace leggere. Invece, mi è piaciuta molto la prima parte, ci si sente proprio lì a vederle da vicino tutte le cose che accadono, anche perché ho trovato molto giusti i tempi, la cadenza che dai alle scene. Un po' strano che la moglie non pensi a chiamare lei l'ospedale ma potrebbe starci nella confusione mentale che si genere con la paura e le preoccupazioni per il marito. La seconda parte mi è parsa più didascalica, meno armonica nel ritmo. Ironica nella scena finale, quasi spaventosa per quello che è già stato.
- gcdaddabbo
- Messaggi: 410
Re: Una festa speciale
Gaia Peruzzo ha scritto:gcdaddabbo ha scritto:La moglie non ha motivi per agire come Anna Magnani in un film.
Cerca di aiutare il suo uomo consapevole del momento difficile.
Non conosco il film di cui parli.
Forse poteva provare a chiamare l'ospedale anche direttamente la moglie?
Il film è "Roma città aperta". Cerca la scena con la Magnani che corre per strada dietro ad un camion sul quale i tedeschi hanno fatto salire il suo uomo e nella quale viene uccisa con i mitra mentre grida il suo nome.
Non so dove vivi, ma dalle mie parti chiedere soccorso ad un ospedale, di domenica, senza il referto di un medico che ne attesti l'urgenza, è come pensare di vincere alla lotteria senza aver comprato il biglietto.
In un paese, la sera, quando non fa freddo, si vive la strada. C'è chi siede fuori a chiacchierare, chi passeggia, chi semplicemente preferisce spostarsi a piedi, invece che usare l'auto.
Re: Una festa speciale
Ciao Giovanni, tu lo sai che io non sono una di quelle che disdegna il raccontato, vero? Però qui è veramente un po’ troppo per i miei gusti… una lunga sequenza di eventi. A tuo favore due cose, e molto importanti: la declinazione originale del tema, per la quale ti ammiro tantissimo, e quell’introduzione che toglie un po’ di pesantezza all’intero racconto. Ah, e un’altra cosa: questo vecchietto ti è uscito proprio simpatico! Buona edition.
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- Messaggi: 423
Re: Una festa speciale
gcdaddabbo ha scritto:Non so dove vivi, ma dalle mie parti chiedere soccorso ad un ospedale, di domenica, senza il referto di un medico che ne attesti l'urgenza, è come pensare di vincere alla lotteria senza aver comprato il biglietto.
In un paese, la sera, quando non fa freddo, si vive la strada. C'è chi siede fuori a chiacchierare, chi passeggia, chi semplicemente preferisce spostarsi a piedi, invece che usare l'auto.
Mi dispiace che da te la situazione sia così. Dove vivo io anche se comunque le attese in pronto soccorso potrebbero essere lunghe, so che si può sempre chiamare.
Ha senso il contesto del tuo racconto se lo penso nel modo in cui mi hai detto tu. E ha senso anche se lo penso come a una persona che dà dettagli vari raccontando un fatto. Però come testo, secondo me, ampliando alcuni passaggi avrebbe dato un risultato visivo migliore, a livello di immaginazione. In ogni caso posso dirti che l'ho preferito ad altri tuoi racconti che ho letto in passato.
Re: Una festa speciale
Un racconto discreto che eccede un po' nel configurarsi come mero elenco di avvenimenti perdendo la capacità di tirare dentro il lettore e farlo empatizzare con una situazione davvero difficile. Il passaggio casuale della figlia della dottoressa proprio in quel momento è davvero tanto forzato anche se la vita può essere proprio una concatenazione di eventi fortuiti. Forse manca un po' di anima, qualche dialogo con la ragazza. In effetti, il testo avrebbe giovato di una maggiore concentrazione sul rapporto tra i due e, di conseguenza, ne avrebbe giovato anche la declinazione del tema che in questa versione appare come infilata un po' a forza. Però la tua è stata una scelta chiara e l'hai mantenuta fino in fondo e hai fatto bene per la coerenza: come commentatore posso solo riportarti le mie impressioni e mi mi sembra e sono anche piuttosto convinto e un tale livello di distanza e raccontato sia eccessivo e controproducente per la buona riuscita dell'opera. Direi un pollice tendente al positivo anche se non solito e neppure brillante.
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