Una perfetta grigliata di Ferragosto

Per partecipare alla Sfida basta aver voglia di mettersi in gioco.
Le fasi sono quattro:
1) I partecipanti dovranno scrivere un racconto a TEMA e postarlo sul forum. Questo GAME il racconto dev'essere dedicato agli zombie.
2) Gli autori leggeranno e classificheranno i racconti che gli saranno assegnati.
3) I migliori di ogni girone approderanno alla finale.
4) Il vincitore verrà pubblicato nell'antologia curata da Anna Pullia e Francesco Nucera, edita da Gainsworth Publishing.
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Dirge
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Una perfetta grigliata di Ferragosto

Messaggio#1 » lunedì 27 gennaio 2025, 18:49

«Cosa vuol dire che non ci sarai?»
Fabrizio stringe il fagotto sul petto, il sudore gli cola dalla fronte. La barba incolta gli dà un certo fascino, lo devo ammettere. Lo fa assomigliare a quell’attore… come si chiama?
«Mia moglie è morta, cazzo!» mi urla in faccia. «E anche Elisabetta è morta!»
Scoppia in lacrime, un fiume in piena. Faccio un passo indietro quando il moccolo gli cola dal naso. Confido abbia un fazzoletto più pulito di quella coperta cenciosa.
«Spiace anche a me, Fabri, davvero. Ero d’accordo con Rosa che avrebbe portato le bibite e ora dovrò pensarci io. All’ultimo, capisci?» mi sforzo di portarlo a ragionare. «Ma almeno tu devi venire, è una tradizione. E non ti chiederei di occuparti delle bevande, ovviamente» aggiungo, vedendolo innervosirsi.
Il fagotto si agita, mugugna qualcosa.
«Ssh» lo culla, la voce rotta dal pianto che a fatica ricaccia indietro. «Dormi, Carlo, dormi. Tra poco ce ne andiamo.»
«Fa tanto male, papà…»
Mi sporgo in avanti solo un po’, giusto per assicurarmi che sia proprio il piccolo Carletto quello avvolto negli stracci. Scorgo una testina senza capelli, una fronte rossa e bollosa. Il primo stadio della trasformazione.
«Be’, comunque non capisco» decido di impormi. «Eravamo già d’accordo che la grigliata di quest’anno si sarebbe fatta da me. Rosa era d’accordo. E ci saranno anche Susy e i coniugi Russo. A questo punto, tu e Carlo non potete piantarmi in asso.»
Il suo respiro si fa accelerato, la bocca scopre i denti giallini. Quello che gli esce dalla gola è il ringhio di un cane rabbioso.
«È una fottuta apocalisse zombie, Esmé! Una. Cazzo. Di. Apocallisse. CON GLI ZOMBIE! Come accidenti fai a pensare alla tua fottuta grigliata? Mia moglie è morta. Mia figlia è morta! E mio figlio…»
La voce s’incrina di nuovo, lacrime lasciano solchi sul viso sporco. È strano, da me l’acqua arriva ancora. Magari è un problema di tubature. Scommetto che è colpa di Rosa, sottovalutava sempre il calcare.
«Sì, be’, non mi sembra il caso di essere volgari. L’Apocalisse zombie c’è da noi, come su a Milano e giù fino a Piacenza e oltre» gli indico al di là della strada, dove si staglia la mia villetta immacolata. «Ho già gonfiato la piscina per i bambini!»
Fabrizio boccheggia, e in effetti il caldo è allucinante in questi giorni. Che poi, non è tanto quello ad ammazzarti, quanto l’umidità.
«Fottiti Esmé» dice d’un tratto. «Mi sei sempre stata sui coglioni» e mi sbatte la porta in faccia.
Ansimo per lo shock, in cerca di qualcosa da rispondergli, ma non mi viene in mente nulla di salace. Sono troppo nervosa e rischierei solo di abbassarmi al suo livello.
A rapidi passi attraverso la strada. L’asfalto puzza, da tanto è caldo. L’ambiente familiare del mio salotto riesce un poco a calmarmi. Quello, insieme alla visione del tavolino di vetro tirato a lucido e ai cuscini perfettamente sprimacciati sul divano.
Sì, va meglio, ma l’eco degli insulti di Fabrizio rimbomba ancora in testa. Qua c’è bisogno della spazzola.
Siedo sul bordo vasca, ma prima controllo non si sia accumulata polvere. L’ho lavata stamattina, ma non si sa mai. D’estate si vede subito.
Le setole si fanno strada tra i capelli, vi si aggrappano come marinai che tirano la nave all’ormeggio. Strattono e strattono. Mi faccio male, ma non mi fermo. Tiro finché le brutte parole di Fabrizio non se ne vanno insieme ai nodi.
Dunque non verranno, mi dico. Oh, be’, più cibo per noi. Restiamo io, Susy e i coniugi Russo. Quei due si sono trasferiti da pochi mesi, speriamo di fare bella figura.
Ripongo la spazzola al suo posto nel mobile. Pulisco per terra dove sono caduti i capelli. A volte mi assale il pensiero di finire pelata, ma la spazzola è l’unico modo che conosco in grado di calmarmi davvero. A parte il tavor, certo, ma gli ansiolitici e gli antibiotici sono stati i primi a sparire, insieme alla farina 00 del supermercato. Ormai al negozio rimangono solo le penne lisce.
Pensare al cibo mi fa venire in mente Guglielmo Tell. Salgo in camera di mio figlio a rapidi passi. Quel birbante di Samuele è partito con gli amici una settimana fa. Era stufo di stare in casa a guardare il mondo finire, ha detto.
«Preferisco andare a prendere a calci qualche zombie con gli altri. Spacchiamo qualche testa, ci prendiamo delle ragazze e derubiamo qualche sfigato morto in casa. Non aspettarmi per cena, ma’» aveva aggiunto, prima di montare sulla jeep.
Ah, i ragazzi… hanno sempre così tanta energia, devono pur trovare il modo di sfogarsi! Certo, avrei preferito non mi avesse lasciato il coniglio da curare, specie ora che con questo caldo ha iniziato a puzzare.
Il piccolo Guglielmo Tell salta addosso alle sbarre della gabbietta non appena mi vede arrivare. I dentini sporgenti si aggrapparono al metallo, cercano di scardinarlo. Gli manca un occhio e ha perso il pelo attorno alle orecchie e sulle zampe. Anche il colore è cambiato, ormai. I funghi che crescono sul ventre gli hanno donato una disgustosa sfumatura verdina.
«Dovrei ucciderti col fuoco, bestiaccia» scuoto la testa. «Ma se poi quello torna e non ti trova è capace di prendersela con me.»
Forse ha fame di carne. Non ha nemmeno toccato l’insalata e poco fa, quando gli ho lasciato le foglie tra le sbarre, era più interessato al mio dito. Dovrei avere qualcosa da dargli, giù da basso. Una zampa di pollo basterà, in fondo è piccolo.
Dalla cucina prendo le scale per il piano interrato. Mi fermo sull’ultimo gradino, assalita dai conati di vomito. Un tanfo orribile riempie la taverna.
«Oh, misericordia!»
Tutta la carne è andata a male, non resta più niente. Acqua mista a sangue di colatura riempie la vasca freezer in una poltiglia putrida. La spina del generatore si è staccata. Dev’essere accaduto durante la notte, ma come?
Esco in cortile, dove ho già gonfiato la piscina e sistemato il barbecue. La staccionata delimita il prato, l’erba è tagliata perfettamente, quattro centimetri e mezzo misurata al righello. Tutto sembra in ordine, finché…
«Oh, misericordia…»
Eccolo lì, il colpevole, che segue la staccionata incapace di trovare l’uscita, come una mosca nella zanzariera. Lo zombie che negli ultimi tempi ha iniziato a vivere col vecchio Verri – e che si è divorato il vecchio Verri – è cieco, senza orecchie e con un braccio solo. La morte non è stata clemente con lui. D’altronde era già sepolto da anni, quando l’Apocalisse è arrivata.
Mi avvicino, trattenendo il fiato per l’odore da sacco dell’umido che sale da quelle membra scarnificate. Il mostro si gira, ansima ed emette qualche verso.
«Su, su, non faccia storie, l’accompagno.»
Inutile arrabbiarsi, tanto non capisce niente. E poi si tratta di un personaggio famoso. È un onore averlo nel vicinato, bisogna tenerselo buono. All’epoca è stato anche un grande presentatore, il più famoso della televisione italiana.
«Cercava della carne, eh? Aveva fame?»
Era stato fortunato a scovare il vecchio Verri, invalido sulla carrozzina. Conciato com’è, non sarebbe mai riuscito a mangiarsi nessun altro. E al Verri, in fondo, è andata pure bene. Almeno non ha dovuto patire il caldo terribile di quest’estate.
«La prossima volta bussi, mi raccomando!»
Lo zombie annuisce, si lascia condurre al cancellino. Non è cattivo, è che gli manca il concetto di proprietà privata. Lo spingo fuori con decisione e ritraggo in fretta la mano, che quello già si piegava ad annusarla.
«E mi saluti il Verri, signor Bongiorno!»
Agita la mano. Gli si stacca un dito.
«Arg-legria…» grufola tra un rantolo e l’altro, e finalmente se ne va.
Mi passo una mano tra i capelli. Molto bene, mi dico, niente panico. Serve solo organizzazione. La grigliata sarà domani e io non ho carne. Al supermercato è finita da tempo e non posso certo chiedere a Susy di portarla. Da quando è cominciata l’Apocalisse, quella scema ha pensato bene di farsi vegetariana… Dei Russo non se ne parla. È stato già abbastanza difficile convincerli a venire. Anche loro chiusi in casa da giorni, a nutrirsi a pane e acqua. Se vengono, lo fanno solo per la carne. La mia carne.
Sono ancora lì a lambiccarmi il cervello, sopravento per evitare l’odore di marcio che viene dalla ghiacciaia, quando li noto: al di là della staccionata, nel prato incolto oltre il fossato, pascolano dei conigli. Conigli vivi, sani, non come Guglielmo Tell. Strappano l’erba a piccoli morsi e si riempiono le guance paffute. Non c’è traccia di alopecia, nessun taglio sui musini vispi.
«Perfetto.»
Salire al primo piano e prendere la pistola di Lorenzo è un attimo. Mi assale un po’ di tristezza nello stringere quel ferro vecchio. Mio marito è morto da due mesi, da quando è cominciata l’Apocalisse. È stato tra i primi a farsi avanti volontario per la mattanza degli zombie. Erano lui, Stefano e Marco, il marito di Susy. Volevano difendere il quartiere dai non morti e dagli immigrati, così dicevano.
Fu morso dal cane zombie dei Falcone la prima notte di caccia. Uh, quel bastardello! Mi teneva sveglia tutte le notti coi suoi latrati e ha dovuto anche portarmi via il marito. Per buona parte colpa pure di Lorenzo, devo dire. Se quattro mesi fa non mi avesse impedito di lanciare quella polpetta avvelenata, a quest’ora sarebbe ancora con me, a parlar male degli immigrati, del governo e degli zombie.
Infilo i proiettili nel tamburo, richiudo l’arma con estrema attenzione. Mentre me la rigiro in mano, sto bene attenta a tenere la canna lontano dalla faccia. Non vorrei fare la fine di quell’idiota di Marco.
Un bel respiro per prendere coraggio e sono fuori in giardino. È già sceso il tramonto, le prime zanzare mi si attaccano al viso senza pudore. Le schiaffeggio con la mano libera. Scavalco d’un salto il fossato asciutto. I conigli sono da qualche parte là in fondo, vicino agli alberi.
Mi passo la mano tra i capelli.
La grigliata di domani sarà perfetta.

Mi sarei dovuta portare una torcia. Il cielo è libero e le stelle si vedono che è un piacere, qua in campagna, ma un po’ di luce in più non avrebbe guastato. Soprattutto perché scovare quegli animali si sta rivelando più difficile che tirare a lucido le scale.
«Stupide bestie.»
Le zanzare mi hanno dissanguato e un rovo ha strappato l’orlo dell’abito.
Non importa, mi ripeto. Ammazzerò un paio di conigli e poi mi riposerò. Domani mattina mi alzerò presto per preparare la selvaggina e la griglia. Sarà il miglior banchetto di Ferragosto che il quartiere abbia mai visto.
Susy schiatterà d’invidia.
Un ruggito, laggiù tra gli alberi. Punto la pistola, le mani mi tremano. Trattengo il respiro.
No, non è un ruggito. È il gemito di uno zombie.
«Oh, misericordia!»
Avanzo in punta di piedi e lo scorgo, appena oltre il primo albero. Fosse rimasto zitto, sarebbe anche riuscito a sorprendermi, quell’idiota. Strizzo gli occhi. La pelle è rosea, le bolle non sono ancora esplose. Gli si stanno gonfiando sulla fronte e sul dorso delle mani. Anche la desquamazione è rada, concentrata appena sotto il mento sfuggente.
Proprio dal mento lo riconosco: è Francesco, della coppia di omosessuali che si era trasferita in primavera in fondo alla via.
Mi porto una mano sul cuore e sospiro di gioia. Per fortuna è finita così. Per lui, intendo. Meglio zombie che gay.
Il fruscio dal cespuglio mi fa pensare che appostato ci sia anche l’altro della coppia. Alzo l’arma, la tengo vicino al petto per non farla tremare.
Le fronde si spostano e un coniglio balza fuori. Si gira a guardarmi, come uno sberleffo, poi china la testa e rumina l’erba. Non una preoccupazione al mondo.
Nel prendere la mira mi sposto un po’ sulla destra.
Un rametto si spezza.
Francesco mi vede.
«Oh, misericordia…»

Il profumo sale invitante dalla griglia, buonissimo. Sono proprio fiera di me.
Donatella, dei Russo, è già arrivata. Siede con le braccia abbandonate lungo i fianchi, lo sguardo vuoto, perso nel piatto. Suo marito si è suicidato nella notte. Ecco chi aveva preso tutto il tavor della farmacia.
«Io…» aveva balbettato, presentatasi in largo anticipo, «io non so cosa fare… tutto è finito… Umberto è morto… e non mi ha portato con sé, capisci? Dovevamo andare insieme. Dovevamo…».
Era sotto shock. Certo, avrebbe comunque potuto presentarsi in orario, ma tant’è.
«È brutto cara, lo so» l’avevo accompagnata a sedere. «Anche io vi aspettavo entrambi, ho apparecchiato un posto in più per niente. Ma che vuoi che sia? Tutto si sistema. Accomodati e non ci pensare. Oggi si festeggia, vedrai che buona sarà la mia grigliata!»
Non ho dormito tutta notte. Sono tornata a casa sudicia, sporca di fango, sudore, resina e sangue. Ho svuotato la ghiacciaia, riattaccato il generatore e, intanto che aspettavo si formasse il ghiaccio, sono tornata nel boschetto a smembrare la preda pezzo per pezzo: cosce, petto, tutto diviso per bene.
Mi sono pulita a lungo, strofinando la pelle così forte da strappare via un lembo. Quello dove Francesco mi aveva morso, per la precisione. Poi c’era stato il bagno da lavare, la cucina da sistemare e, già che ero in ballo, ho dato anche una rassettata alla casa. All’alba ero sul bordo vasca a spazzolarmi i capelli. Ne ho persi più del consueto, a manciate. Sulla fronte, nelle aree calve, è comparsa qualche bolla. Non mi ha impensierito più di tanto: una molletta al posto giusto, un nastro rosa e la nuova acconciatura ha corretto subito l’incomodo.
La festa sarebbe stata un successo. Punto.
Sono lì a girare la carne sulla griglia, quando qualcuno bussa alla porta.
«Cara» mi rivolgo a Donatella, «deve trattarsi di Susy, vai tu ad aprire?».
Quella rimane seduta, gli occhi due palle di vetro. Sembra non abbia neanche sentito.
«Stai tu a guardare la carne, allora?» insisto.
«Umberto è morto» ripete lei, noiosa, «tutti sono morti… non ho più nessuno. Non è giusto. Non è giusto…».
«Oh, sì, cara» le picchietto la spalla, «è un mondo ingiusto, lo so, ma che ci vogliamo fare? Godiamoci questo bel Ferragosto da me, piuttosto. Anzi, se hai portato il costume puoi provare la piscina…».
Macché, quella nemmeno muove la testa.
Abbasso la fiamma della griglia e tolgo il grembiule. Il sudore mi allarga due ampie chiazze sotto le ascelle, ma a rimboccarmi le maniche rischio di strappar via tutta la pelle del braccio.
Corro in casa, Susy continua a battere. Perché accidenti quella scema non è venuta direttamente in giardino?
«Esmé» entra come una furia. «Dobbiamo andarcene, prendere su i bagagli e spostarci. Gli zombie stanno arrivando, gli avvistamenti si sono fatti più numerosi. Le città si svuotano, le lasciano per il ponte. Vecchie abitudini o qualcosa del genere. Verranno tutti in campagna per l’estate. Dobbiamo andare via, presto!»
«Non hai portato le verdure.»
«Cosa?»
«Le verdure, non le hai portate. Ti avevo chiesto di prendere quelle dell’orto. Dovrai mangiare la carne, adesso…»
Strabuzza gli occhi, ma non le do tempo di rispondere. Mi si brucia la carne.
La prendo per mano e la trascino in giardino.
«Dai, siediti» le dico, «dovrei avere ancora un po’ di insalata avanzata da Guglielmo Tell. Non è un granché, ma ti accontenterai».
Quella, anziché sedersi, va ad abbracciare Donatella. Si stringono come due naufraghe nell’oceano. E nessuna che mi dia una mano.
Porto in tavola l’ultimo cespo d’insalata e tiro giù le braciole dal barbecue.
«Buon appetito!»
La carne è venuta proprio bene, mi congratulo con me stessa. Che sciocca sono stata, a pensare che un coniglio o due sarebbero bastati a sfamarci tutti. Francesco è comparso proprio al momento giusto. Abbatterlo ha richiesto un po’ di fatica, è vero, ma ne è valsa la pena. Per fortuna era morto da poco, la carne era ancora fresca.
Inforco il boccone.
«Ed è pure morbido!» esclamo a gran voce.
Un clacson strombazza per strada. Fastidioso, continuo, violentissimo. Persino Donatella solleva la testa. E dire che un tempo il nostro era un quartiere tranquillo.
Un autobus di colore verde fosforescente, tipo evidenziatore, scende lungo la via a velocità ridotta. Un megafono trasmette un messaggio registrato:
«Si raccolgono sopravvissuti all’Apocalisse. Venite sullo Zombiebus, vi porteremo al sicuro. Ripeto: si raccolgono sopravvissuti all’Apocalisse. Venite sullo Zombiebus, vi porteremo al sicuro».
Susy batte le mani, non sta in sé dalla gioia.
«Finalmente! Ecco come ce ne andremo. Presto, venite. Saliamo sull’autobus!»
Strattona Donatella, che sebbene ancora sotto shock accenna ad alzarsi. Nella confusione il gomito urta il piatto. La carne si rovescia sulla tavola e per terra.
La pistola si schianta sul tavolo. Le due la fissano e poi guardano me.
«Sono andata a caccia» sorrido, gli occhi ridotti a due fessure. «Sono rimasta alzata tutta la notte. Ho pulito l’intera casa e ho cucinato tutta questa carne solo per voi.»
«Esmé…»
«È Ferragosto» serro talmente forte i denti che temo mi salti qualche impianto. «Questo è il mio anno di tenere la grigliata. Mi sono impegnata perché tutto fosse perfetto e ho fatto il possibile per compiacervi. Quindi ora ci sediamo, ci mettiamo tranquille e mangiamo questa buonissima carne.»
«Esmé non capisci, questo… Zombiebus…»
Afferro la pistola e gliela punto contro.
«Ora ci sediamo» ripeto a Susy, con la lentezza con cui si parlerebbe a un bambino un po’ tardo, «ci mettiamo tranquille e mangiamo questa buonissima carne».
Susy deglutisce, lancia un’ultima occhiata colma di speranza all’autobus evidenziatore. Quello grida ancora una volta il suo messaggio, poi svanisce dietro la facciata della villetta.
Finalmente si mette seduta. Prende un boccone. Se lo rigira davanti agli occhi come lo vedesse per la prima volta.
«Sono vegetariana» dice.
Donatella singhiozza.
Mi lecco le labbra e infilzo un’altra porzione. Misericordia, non ho mai avuto così tanta fame di carne in tutta la mia vita!


Autore: Federico Grasso



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Dirge
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Re: Una perfetta grigliata di Ferragosto

Messaggio#2 » lunedì 27 gennaio 2025, 18:51

Bonus 1: un coniglio zombie nella parte di Guglielmo Tell
Bonus 2: un personaggio famoso (zombie) nella parte di Mike Bongiorno

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Daniele_picciuti
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Re: Una perfetta grigliata di Ferragosto

Messaggio#3 » mercoledì 5 febbraio 2025, 10:51

L'idea della psicopatica che pur di chiudere con successo il suo ferragosto non guarda in faccia a nessuno è carina, anche se alcune cose non mi convincono del tutto.
Intanto, in che anni è ambientato? Perché Mike Bongiorno è morto da parecchio tempo e sarà seppellito in un cimitero chissà dove. Se anche uscisse e iniziasse a vagare dubito sarebbe riconoscibile, oggi.Quindi... mmmh.
E poi, parla? Ci vorrebbe una riflessione sul fatto che abbia parlato. In questa apocalisse gli zombie conservano un minimo di intelletto? O vuole essere un caso limite? In ogni caso Esmeralda dovrebbe ragionarci sopra. Capisco il tagli grottesco, ma ci vuole sempre della coerenza interna al testo.
Detto ciò, il resto funziona abbastanza, anche se considerato quanto lei sia str***a mi sarei aspettato che qualcuno la desse in pasto agli zombie prima della fine del racconto.
Lo zombibus di fatto non si vede neppure, se ne parla soltanto. Questo è un po' una pecca, secondo me, perché significa che il racconto starebbe in piedi anche senza. Nel complesso un racconto che è migliorabile sotto vari aspetti ma che ha una base abbastanza solida per funzionare.
Il mondo che ho creato non è solo parte di me, ma esiste, come esiste la fede.

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Dirge
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Re: Una perfetta grigliata di Ferragosto

Messaggio#4 » mercoledì 5 febbraio 2025, 11:11

Su Mike Bongiorno ho toppato, ho visto troppo tardi che l’anno doveva essere il 2030, ma ormai l’avevo inviato. Si, in effetti per quell’anno sarebbe stato già scheletro se non polvere XD

ele.land
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Re: Una perfetta grigliata di Ferragosto

Messaggio#5 » giovedì 6 febbraio 2025, 19:41

Ho apprezzato moltissimo questo racconto, sia il tono satirico sia l’essere completamente fuori dal mondo della protagonista. Bello anche il finale: é coerente con la trama e ha senso che non lasci liberi i suoi “ospiti” se vogliamo chiamarli cosi! Complimenti per la prova!

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Em Idra
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Re: Una perfetta grigliata di Ferragosto

Messaggio#6 » domenica 9 febbraio 2025, 16:05

Ho apprezzato tantissimo il punto di vista della donna bigotta e con un disturbo ossessivo-compulsivo strisciante. I suoi commenti completamente distaccati dal mondo (le varie istanze in cui gli invitati si disperano e lei ne è infastidita, perché come osano arrivare in anticipo/rifiutare l'invito/non portare le verdure, "meglio zombie che gay", difendere il quartiere da non morti e immigrati, la polpetta avvelenata...) sono il punto forte del racconto. È un personaggio caricaturale che in questo contesto funziona da Dio (proprio perché gli zombie sono talmente triti che hanno un potenziale caricaturale immenso). E in generale il concetto che una situazione estrema come un'apocalisse faccia emergere tutta l'insensibilità delle persone è fin troppo reale, così come la tendenza a richiudersi nelle proprie certezze e a negare la realtà. Poi per gusto personale questa comicità un po' amare che si basa sulla chiusura mentale della gente mi piace tantissimo.
Come ha già fatto notare Daniele, l'idea dello zombie famoso che si deve trattare bene è geniale e in linea con il personaggio, ma essendo Bongiorno morto prima dell'apocalisse non dovrebbe essere risparmiato dalla trasformazione? Altrimenti si pone un enorme problema in più, quello di tutti i morti di secoli addietro che riemergono, e se questo è il caso lo si sarebbe dovuto menzionare.
La parte di Guglielmo Tell non l'ho trovata molto ben amalgamata al resto del racconto, mi è sembrato un inciso inserito solo per il bonus. Che ci sta, anche io ho fatto questo errore, ma guardando in retrospettiva l storia funziona benissimo anche senza animale zombie.
Ultimo minuscolo appunto:
Ansimo per lo shock, in cerca di qualcosa da rispondergli
ma Fabrizio non le ha già sbattuto la porta in faccia?
cerco di combattere l'ansia da confronto ma non sta andando molto bene :)

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