I commenti di Walter Lazzarin ai racconti finalisti
I commenti di Walter Lazzarin ai racconti finalisti
Di seguito, i commenti della guest star Walter Lazzarin ai racconti finalisti d'edizione. Per la news con la CLASSIFICA FINALE, cliccate QUI.
Colori caldi
In poche righe qualche spunto interessante sull’ambiguità del bene. Finale poetico.
Da un potere strano si possono ricavare grandi soddisfazioni.
Mirmidone
Il superpotere ha il suo fascino, ma il racconto tende allo stereotipo; si ha l’impressione di essere in un film americano, coi bulletti e i prati di una villetta a schiera.
Una versione “italiana” avrebbe accattivato di più.
Giordano all’incontrario
C’è un po’ di confusione: chi è ad avere lo strano superpotere? Il lettore è portato a pensare allo stregone (ma non sarebbe strano per lui il riuscire a ribaltare le persone), ma poi Giordano grida: “Che vi venga un malanno!”, e la gente starnutisce.
Qual è quindi il suo potere?
“Ma né Giordano né gli stranieri fecero mai uso del loro superpotere”. Quale?
Cioè, non usarono mai il potere di camminare coi piedi per terra o non sfruttarono mai questo potere per derubare gli altri?
Non è chiaro.
Brioche alle giuggiole
Lo stile non è impeccabile: troppi aggettivi e ridondanze.
Il finale è molto carino. Peccato, perciò, per la scrittura non convincente.
L’altra parte del vetro
Il ribaltamento di prospettiva è un classico del racconto breve.
Purtroppo, quando il lettore capisce in anticipo “a quale gioco si stia giocando”, il finale può deludere.
Il linguaggio è nitido, rigoroso.
Dieci secondi
La scrittura è buona, ma il racconto sa di già visto.
Rimando a: “Il giorno della marmotta”.
Veni, vidi, Wc
In una parola: figo.
Originale l’idea di partenza, comico il finale.
La scrittura è secca e americana come l’ambientazione.
Italianizzato, sarebbe un racconto ancora migliore.
Una porta socchiusa
Carino, soprattutto per il modo in cui Gesù e il demone conver-sano come vecchi amici.
Una bella parodia, sostenuta da uno stile coerente.
I ragazzi del boschetto
Un racconto di non facile comprensione.
Un uso non proprio corretto del dialetto veneto.
Quarantacinquesimo e ultimo
Si parte e subito si trova una frase discutibile: “non si può sfrut-tare per trarne vantaggi personali”.
Si finisce e ci si chiede perché all’ultimo respiro si passi alla terza persona; inoltre, dato il suo potere, perché renderlo Presidente degli Stati Uniti? Sarebbe come se Usain Bolt aspirasse a diventare l’uomo più veloce del mondo.
Prossima fermata
Tanti stereotipi. Poi la Milf che nel giro di poche parole è anche “suddetta” e “mamy” (non si poteva costruire la frase in maniera di-versa?).
Il racconto dà l’impressione di una “voce autoriale” non ancora definita.
Il finale è carino, ma non basta.
La vera storia di Marco Roncaccia
Lo stile è pulito, a tratti frizzante.
Il contenuto invece non sembra originale, ammicca al quotidiano però senza quel guizzo che faccia fare il salto di qualità al racconto.
Il finale è stanco.
Colori caldi
In poche righe qualche spunto interessante sull’ambiguità del bene. Finale poetico.
Da un potere strano si possono ricavare grandi soddisfazioni.
Mirmidone
Il superpotere ha il suo fascino, ma il racconto tende allo stereotipo; si ha l’impressione di essere in un film americano, coi bulletti e i prati di una villetta a schiera.
Una versione “italiana” avrebbe accattivato di più.
Giordano all’incontrario
C’è un po’ di confusione: chi è ad avere lo strano superpotere? Il lettore è portato a pensare allo stregone (ma non sarebbe strano per lui il riuscire a ribaltare le persone), ma poi Giordano grida: “Che vi venga un malanno!”, e la gente starnutisce.
Qual è quindi il suo potere?
“Ma né Giordano né gli stranieri fecero mai uso del loro superpotere”. Quale?
Cioè, non usarono mai il potere di camminare coi piedi per terra o non sfruttarono mai questo potere per derubare gli altri?
Non è chiaro.
Brioche alle giuggiole
Lo stile non è impeccabile: troppi aggettivi e ridondanze.
Il finale è molto carino. Peccato, perciò, per la scrittura non convincente.
L’altra parte del vetro
Il ribaltamento di prospettiva è un classico del racconto breve.
Purtroppo, quando il lettore capisce in anticipo “a quale gioco si stia giocando”, il finale può deludere.
Il linguaggio è nitido, rigoroso.
Dieci secondi
La scrittura è buona, ma il racconto sa di già visto.
Rimando a: “Il giorno della marmotta”.
Veni, vidi, Wc
In una parola: figo.
Originale l’idea di partenza, comico il finale.
La scrittura è secca e americana come l’ambientazione.
Italianizzato, sarebbe un racconto ancora migliore.
Una porta socchiusa
Carino, soprattutto per il modo in cui Gesù e il demone conver-sano come vecchi amici.
Una bella parodia, sostenuta da uno stile coerente.
I ragazzi del boschetto
Un racconto di non facile comprensione.
Un uso non proprio corretto del dialetto veneto.
Quarantacinquesimo e ultimo
Si parte e subito si trova una frase discutibile: “non si può sfrut-tare per trarne vantaggi personali”.
Si finisce e ci si chiede perché all’ultimo respiro si passi alla terza persona; inoltre, dato il suo potere, perché renderlo Presidente degli Stati Uniti? Sarebbe come se Usain Bolt aspirasse a diventare l’uomo più veloce del mondo.
Prossima fermata
Tanti stereotipi. Poi la Milf che nel giro di poche parole è anche “suddetta” e “mamy” (non si poteva costruire la frase in maniera di-versa?).
Il racconto dà l’impressione di una “voce autoriale” non ancora definita.
Il finale è carino, ma non basta.
La vera storia di Marco Roncaccia
Lo stile è pulito, a tratti frizzante.
Il contenuto invece non sembra originale, ammicca al quotidiano però senza quel guizzo che faccia fare il salto di qualità al racconto.
Il finale è stanco.
Torna a “88ª Edizione - Walter Lazzarin Edition - la Prima della Quinta Era”
Chi c’è in linea
Visitano il forum: Nessuno e 10 ospiti