Il Maldestro e Margherita - di Jacopo Berti
- Jacopo Berti
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Il Maldestro e Margherita - di Jacopo Berti
Il Maldestro e Margherita
‒ Guarda he hosa hai hombinato! ‒ disse Margherita, aspirando tutte le c, quasi che la sua dizione fiorentina servisse a rimarcare il rimprovero, a rincarare la dose. Ma il Maldestro, vuoi perché la bora scura, in quella serata di gennaio, copriva ogni voce e inflessione (ed era già un miracolo che si sentissero le sirene dei pompieri), vuoi perché dopotutto era soltanto un gatto, con tanta personalità, ma comunque soltanto un gatto, il Maldestro ‒ dicevamo ‒ non sembrava curarsi affatto di quei capelli argentati che volteggiavano come una ragnatela spezzata attorno a quel volto rugoso e paffuto; non badava ai due occhi azzurri che s'accigliavano al tremolare dell'illuminazione pubblica sferzata dai centottanta con nevischio. A quell'ampio piumino appiattito sul maglioncino di lana infeltrita sulla camicia a quadri sulla maglietta della salute. A quelle vecchie calze da vecchia color pelle di gambe smilze di vecchia. Importava poco, al Maldestro, di quelle vaschette lattine carabattole crocchette avanzi fuoriuscite dalla borsa del supermercato, squarciata da un'artigliata feroce e involontaria, la sua. All'importuno felino interessavano solo le scarpe da ginnastica dell'ex-ginnasta. Le avrebbe seguite strusciandovisi; lo avrebbero condotto al caldo.
‒ Oh, maniholdo, tu un ci vieni a hasa con me, tu! ‒ rimbrottava la donna, e sistemava i generi di prima necessità feline accanto all'uscio (quarant'anni di vita a Trieste e lo chiamava ancora così), per poi rientrare nella sua casetta, in via del Pratello a Roiano, chiudendo la porta ad una velocità tale da non lasciare il gatto fuori, ma da imporgli opportuno e colpevole sgattaiolamento.
Poco dopo, su una poltrona erano appoggiati dei libri e sopra i libri, nell'ordine, un piumino, un maglione, una camicia, una maglietta della salute, due gatti. Sulla poltrona a fianco c'era Aldo e un libro. Su quella ancora vicino, Margherita, una camicia da notte, una coperta, due libri, tre gatti e uno di questi era il Maldestro.
Improvvisamente questi si levò, fece cadere un libro saltando dalla poltrona, spaventò gli altri gatti, nonché Aldo e Margherita. Balzò agilmente su un davanzale e cominciò a miagolare. La donna si alzò brandendo poco minacciosa una ciabatta e lo raggiunse alla finestra. Il vento era cessato, la neve s'era posata. Margherità era ferma come una statua di sale, come una bambina che vedesse il cielo per la prima volta.
Chi si fosse avventurato a Roiano, in via del Pratello, la sera di quel gennaio tra i gennai più freddi di sempre, avrebbe visto il riflesso del firmamento negli occhi azzurri di una gattara atea vegetariana ultraottantenne con una ciabatta levata sopra la testa. Nel sorriso commosso della più grande astrofisica italiana.
‒ Guarda he hosa hai hombinato! ‒ disse Margherita, aspirando tutte le c, quasi che la sua dizione fiorentina servisse a rimarcare il rimprovero, a rincarare la dose. Ma il Maldestro, vuoi perché la bora scura, in quella serata di gennaio, copriva ogni voce e inflessione (ed era già un miracolo che si sentissero le sirene dei pompieri), vuoi perché dopotutto era soltanto un gatto, con tanta personalità, ma comunque soltanto un gatto, il Maldestro ‒ dicevamo ‒ non sembrava curarsi affatto di quei capelli argentati che volteggiavano come una ragnatela spezzata attorno a quel volto rugoso e paffuto; non badava ai due occhi azzurri che s'accigliavano al tremolare dell'illuminazione pubblica sferzata dai centottanta con nevischio. A quell'ampio piumino appiattito sul maglioncino di lana infeltrita sulla camicia a quadri sulla maglietta della salute. A quelle vecchie calze da vecchia color pelle di gambe smilze di vecchia. Importava poco, al Maldestro, di quelle vaschette lattine carabattole crocchette avanzi fuoriuscite dalla borsa del supermercato, squarciata da un'artigliata feroce e involontaria, la sua. All'importuno felino interessavano solo le scarpe da ginnastica dell'ex-ginnasta. Le avrebbe seguite strusciandovisi; lo avrebbero condotto al caldo.
‒ Oh, maniholdo, tu un ci vieni a hasa con me, tu! ‒ rimbrottava la donna, e sistemava i generi di prima necessità feline accanto all'uscio (quarant'anni di vita a Trieste e lo chiamava ancora così), per poi rientrare nella sua casetta, in via del Pratello a Roiano, chiudendo la porta ad una velocità tale da non lasciare il gatto fuori, ma da imporgli opportuno e colpevole sgattaiolamento.
Poco dopo, su una poltrona erano appoggiati dei libri e sopra i libri, nell'ordine, un piumino, un maglione, una camicia, una maglietta della salute, due gatti. Sulla poltrona a fianco c'era Aldo e un libro. Su quella ancora vicino, Margherita, una camicia da notte, una coperta, due libri, tre gatti e uno di questi era il Maldestro.
Improvvisamente questi si levò, fece cadere un libro saltando dalla poltrona, spaventò gli altri gatti, nonché Aldo e Margherita. Balzò agilmente su un davanzale e cominciò a miagolare. La donna si alzò brandendo poco minacciosa una ciabatta e lo raggiunse alla finestra. Il vento era cessato, la neve s'era posata. Margherità era ferma come una statua di sale, come una bambina che vedesse il cielo per la prima volta.
Chi si fosse avventurato a Roiano, in via del Pratello, la sera di quel gennaio tra i gennai più freddi di sempre, avrebbe visto il riflesso del firmamento negli occhi azzurri di una gattara atea vegetariana ultraottantenne con una ciabatta levata sopra la testa. Nel sorriso commosso della più grande astrofisica italiana.
Ultima modifica di Jacopo Berti il martedì 17 gennaio 2017, 0:38, modificato 1 volta in totale.
«Se avessimo anche una Fantastica, come una Logica, sarebbe scoperta l'arte di inventare» (Novalis, Frammenti)
Re: Il Maldestro e Margherita - di Jacopo Berti
Ciao Jacopo e bentornato! Tutto ok con caratteri e tempo, buona Emanuele Manco Edition anche a te!
Re: Il Maldestro e Margherita - di Jacopo Berti
Bellissimo doppio omaggio (alla letteratura e alla realtà, Bulgakov apprezzerebbe!). Lunico appunto è sulla "densità" del testo, soprattutto all'inizio. Penso di averne colto il senso (piumino-maglioncino-camicia-maglietta dà l'idea dell'omino michelin), però (forse anche per colpa della formattazione) quei periodi così convoluti ostacolano un po' la scorrevolezza della lettura. Comunque spariscono nelle ultime sei righe e la chiusa è una piacevole sorpresa.
Re: Il Maldestro e Margherita - di Jacopo Berti
Bella l idea! Testo scritto bene, ma il racconto è poco fluido all' inizio
- Polly Russell
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Re: Il Maldestro e Margherita - di Jacopo Berti
Non so. Idea carina, di certo. Omaggio grazioso, anche. Risultato: mmm...
Intanto il toscano (fiorentino, anzi) é tremendo, e sì che dal nome, dovresti anche essere di quelle parti. La prima parte é una gran confusione, in più non capisco cosa tu ci stia raccontando. Però la parte delle vecchie calze, su vecchie gambe di vecchia, e via così, é geniale!
Intanto il toscano (fiorentino, anzi) é tremendo, e sì che dal nome, dovresti anche essere di quelle parti. La prima parte é una gran confusione, in più non capisco cosa tu ci stia raccontando. Però la parte delle vecchie calze, su vecchie gambe di vecchia, e via così, é geniale!
Polly
- Polly Russell
- Messaggi: 812
Re: Il Maldestro e Margherita - di Jacopo Berti
Non so, questa volta non ti ho capito, e di solito mi affascini. Magari sono io.
Polly
- AmbraStancampiano
- Messaggi: 477
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Re: Il Maldestro e Margherita - di Jacopo Berti
Ciao Jacopo,
il tuo racconto mi ha conquistata sotto alcuni punti e lasciata perplessa sotto altri.
Intanto mi complimento per il ritmo "metricoso", per l'attenzione alle S e alle C nella prima parte del testo, per la ricerca ritmica e sonora che in alcuni punti è perfettamente percepibile e in altri s'intravvede appena ma c'è. Forse col toscano non te la sei cavata benissimissimissimo, ma con la musicalità ci siamo.
Oltre alla sperimentazione di cui parlavo prima, trovo che anche la trama (o meglio, l'immagine) che dipingi sia molto musicale, ma forse in questo caso la sperimentazione si rivela un'arma a doppio taglio. Provo a spiegarmi: l'omaggio a Margherita Hack è sicuramente una bella idea, ma mi chiedo appunto se questo "pezzo" possa davvero definirsi un racconto o se appunto vada più verso l'omaggio (che segue regole un po' diverse). Credo che tutto dipenda dalla definizione che ognuno accetta per "racconto"; quelle che io ricordo, da manuale, sono due:
- un frammento che possa dare una chiave per la comprensione per un personaggio/situazione e attraverso essi di qualcosa di più alto
- una storia coerente e coesa che contempli un arco narrativo di trasformazione.
Ecco, il tuo racconto rispetta più la prima accezione che la seconda, ma secondo me un po' faglia anche in questo senso, dilungandosi troppo sulla scenetta all'esterno tra la vecchia e il gatto, mostrando così più un quadretto domestico che un episodio chiave della vita della Hack. O forse mi sono persa qualcosa nel finale, il dubbio mi è rimasto.
L'altra grande perplessità invece riguarda il tema: il punto cieco sarebbe la casa di Margherita? Mi sembra un po' pochino...
il tuo racconto mi ha conquistata sotto alcuni punti e lasciata perplessa sotto altri.
Intanto mi complimento per il ritmo "metricoso", per l'attenzione alle S e alle C nella prima parte del testo, per la ricerca ritmica e sonora che in alcuni punti è perfettamente percepibile e in altri s'intravvede appena ma c'è. Forse col toscano non te la sei cavata benissimissimissimo, ma con la musicalità ci siamo.
Oltre alla sperimentazione di cui parlavo prima, trovo che anche la trama (o meglio, l'immagine) che dipingi sia molto musicale, ma forse in questo caso la sperimentazione si rivela un'arma a doppio taglio. Provo a spiegarmi: l'omaggio a Margherita Hack è sicuramente una bella idea, ma mi chiedo appunto se questo "pezzo" possa davvero definirsi un racconto o se appunto vada più verso l'omaggio (che segue regole un po' diverse). Credo che tutto dipenda dalla definizione che ognuno accetta per "racconto"; quelle che io ricordo, da manuale, sono due:
- un frammento che possa dare una chiave per la comprensione per un personaggio/situazione e attraverso essi di qualcosa di più alto
- una storia coerente e coesa che contempli un arco narrativo di trasformazione.
Ecco, il tuo racconto rispetta più la prima accezione che la seconda, ma secondo me un po' faglia anche in questo senso, dilungandosi troppo sulla scenetta all'esterno tra la vecchia e il gatto, mostrando così più un quadretto domestico che un episodio chiave della vita della Hack. O forse mi sono persa qualcosa nel finale, il dubbio mi è rimasto.
L'altra grande perplessità invece riguarda il tema: il punto cieco sarebbe la casa di Margherita? Mi sembra un po' pochino...
Qui giace il mio cervello, che poteva fare tanto e ha deciso di fare lo stronzo.
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- Messaggi: 560
Re: Il Maldestro e Margherita - di Jacopo Berti
Ciao Jacopo,
Ho apprezzato molto l'idea dietro il tuo racconto, un po' meno la realizzazione. Come detto già da altri, lo stile è davvero un po' troppo lento; unendo questo al fatto che, alla resa dei conti, la trama è quasi inesistente, la lettura risulta pesante, anche se la rivelazione finale sull'identità di Margherita sortisce il giusto effetto (ho un po' provato anch'io il senso di meraviglia davanti al cielo stellato).
Ho apprezzato molto l'idea dietro il tuo racconto, un po' meno la realizzazione. Come detto già da altri, lo stile è davvero un po' troppo lento; unendo questo al fatto che, alla resa dei conti, la trama è quasi inesistente, la lettura risulta pesante, anche se la rivelazione finale sull'identità di Margherita sortisce il giusto effetto (ho un po' provato anch'io il senso di meraviglia davanti al cielo stellato).
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- Messaggi: 584
Re: Il Maldestro e Margherita - di Jacopo Berti
Ciao Jacopo,
devo ammettere di avere avuto qualche difficoltà, questa volta, col tuo racconto. Mentre di solito la tua scrittura è scorrevole e leggibilissima, questa volta, specialmente nella prima parte, ho avuto l'impressione che più che raccontare una storia stessi cercando (sperimentando?) una qualche sorta di effetto stilistico/narrativo; non so come spiegarlo meglio.
L'omaggio alla Hack, nel finale, chiarisce comunque la direzione del racconto. Ho anche qualche difficoltà a individuare chiaramente il tema. Non escludo che si tratti di semplice incapacità da parte mia nell'interpretare sapientemente il tuo racconto.
devo ammettere di avere avuto qualche difficoltà, questa volta, col tuo racconto. Mentre di solito la tua scrittura è scorrevole e leggibilissima, questa volta, specialmente nella prima parte, ho avuto l'impressione che più che raccontare una storia stessi cercando (sperimentando?) una qualche sorta di effetto stilistico/narrativo; non so come spiegarlo meglio.
L'omaggio alla Hack, nel finale, chiarisce comunque la direzione del racconto. Ho anche qualche difficoltà a individuare chiaramente il tema. Non escludo che si tratti di semplice incapacità da parte mia nell'interpretare sapientemente il tuo racconto.
- giancarmine trotta
- Messaggi: 383
Re: Il Maldestro e Margherita - di Jacopo Berti
Ciao Jacopo,
hai parlato di Margherita Hack, del suo essere unica nel suo genere. La sua forza comunicativa era enorme, e forse proprio l'azzeramento dell'apparenza, in un mondo dove apparire pare più importante di essere, le donava quel qualcosa di raro che non ci faceva smettere di ascoltarla.
Trovo il racconto molto particolare, simile ad un articolo che potremmo leggere su un quotidiano o un settimanale. Ho letto altri tuoi racconti, del tutto diversi, e questo conferma la tua facilità di scrittura.
Le mie perplessità riguardano la lunga frase iniziale, con una narrazione dal concetto parlato (Il Maldestro - dicevamo..) che ho letto e riletto e che, a mio parere, si porta delle difficoltà di lettura, insite nel modello scelto, ma che restano comunque difficoltà.
A parte la sperimentazione della scrittura, il cui esercizio credo sia uno dei punti di forza di MinutiContati, ciò che ha giocato a tuo sfavore, avendo letto anche gli altri commenti, credo sia stato l'uso del fiorentino: Senza fare un trattato, di cui non sarei affatto capace, ti segnalo delle cose particolari. Di solito, la c aspirata viene scritta in un'altra forma, tipo "Guarda che 'osa hai 'ombinato!", e l'h è usata al centro di parole particolari, come "fohàccia", "buha"; la frase "tu un ci vieni a hasa con me, tu!" è molto lontana dal fiorentino parlato, per esempio sull'uso del tu, che quasi non esiste, a favore del "te" (te 'un ci vieni a casa con me, te!) e, in casi frequenti, la c iniziale non scompare (se preceduta da vocali sotto forma di preposizioni).
In definitiva è un racconto coraggioso, in stile giornalistico, ma che ha dei punti di debolezza,
Alla prossima,
Giancarmine
hai parlato di Margherita Hack, del suo essere unica nel suo genere. La sua forza comunicativa era enorme, e forse proprio l'azzeramento dell'apparenza, in un mondo dove apparire pare più importante di essere, le donava quel qualcosa di raro che non ci faceva smettere di ascoltarla.
Trovo il racconto molto particolare, simile ad un articolo che potremmo leggere su un quotidiano o un settimanale. Ho letto altri tuoi racconti, del tutto diversi, e questo conferma la tua facilità di scrittura.
Le mie perplessità riguardano la lunga frase iniziale, con una narrazione dal concetto parlato (Il Maldestro - dicevamo..) che ho letto e riletto e che, a mio parere, si porta delle difficoltà di lettura, insite nel modello scelto, ma che restano comunque difficoltà.
A parte la sperimentazione della scrittura, il cui esercizio credo sia uno dei punti di forza di MinutiContati, ciò che ha giocato a tuo sfavore, avendo letto anche gli altri commenti, credo sia stato l'uso del fiorentino: Senza fare un trattato, di cui non sarei affatto capace, ti segnalo delle cose particolari. Di solito, la c aspirata viene scritta in un'altra forma, tipo "Guarda che 'osa hai 'ombinato!", e l'h è usata al centro di parole particolari, come "fohàccia", "buha"; la frase "tu un ci vieni a hasa con me, tu!" è molto lontana dal fiorentino parlato, per esempio sull'uso del tu, che quasi non esiste, a favore del "te" (te 'un ci vieni a casa con me, te!) e, in casi frequenti, la c iniziale non scompare (se preceduta da vocali sotto forma di preposizioni).
In definitiva è un racconto coraggioso, in stile giornalistico, ma che ha dei punti di debolezza,
Alla prossima,
Giancarmine
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Re: Il Maldestro e Margherita - di Jacopo Berti
Il maldestro e Margherita
Originale idea, quella di raccontare Margherita Hack nel suo quotidiano di massaia e gattara. Svela il punto cieco di tutti noi che non riuscivamo a vedere, dietro la facciata della scienziata arguta e dissacrante, la sua essenza di comune mortale. La forma del racconto è buona, anche se qualche effetto non è perfettamente riuscito, per esempio la reiterazione dell’aggettivo vecchia in una sola frase. Comunque una prosa matura ben capace di rendere le immagini con particolari efficaci, senza indulgere in noiose descrizioni. Una domanda: cosa sono i “centottanta con nevischio”?
Originale idea, quella di raccontare Margherita Hack nel suo quotidiano di massaia e gattara. Svela il punto cieco di tutti noi che non riuscivamo a vedere, dietro la facciata della scienziata arguta e dissacrante, la sua essenza di comune mortale. La forma del racconto è buona, anche se qualche effetto non è perfettamente riuscito, per esempio la reiterazione dell’aggettivo vecchia in una sola frase. Comunque una prosa matura ben capace di rendere le immagini con particolari efficaci, senza indulgere in noiose descrizioni. Una domanda: cosa sono i “centottanta con nevischio”?
- Jacopo Berti
- Messaggi: 441
Re: Il Maldestro e Margherita - di Jacopo Berti
Grazie per i commenti e gli apprezzamenti e le critiche!
Mi dispiace, ma visto che non riuscirò a commentare e a classificare i racconti, consideratemi ritirato da questo contest. Mi spiace dover rinunciare, ma il lavoro chiama! :(
Mi dispiace, ma visto che non riuscirò a commentare e a classificare i racconti, consideratemi ritirato da questo contest. Mi spiace dover rinunciare, ma il lavoro chiama! :(
«Se avessimo anche una Fantastica, come una Logica, sarebbe scoperta l'arte di inventare» (Novalis, Frammenti)
- alessandra.corra
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Re: Il Maldestro e Margherita - di Jacopo Berti
Ciao Jacopo,
mi è piaciuta la scelta del titolo, una distorsione del maestro e la margherita, che poi è uno tra i miei romanzi preferiti di sempre. Anche la storia l'ho trovata carina nell'insieme, interessante per l'originalità, anche se per un mio puro gusto personale un pò inferiore rispetto gli altri tuoi racconti cui sono abituata a leggere di solito. Forse, ciò che ho trovato un pò pesante sono i dialoghi in toscano. Il dialetto toscano è molto divertente da ascoltare, ma da leggere l'ho trovato faticoso da seguire.
Alla prossima.
mi è piaciuta la scelta del titolo, una distorsione del maestro e la margherita, che poi è uno tra i miei romanzi preferiti di sempre. Anche la storia l'ho trovata carina nell'insieme, interessante per l'originalità, anche se per un mio puro gusto personale un pò inferiore rispetto gli altri tuoi racconti cui sono abituata a leggere di solito. Forse, ciò che ho trovato un pò pesante sono i dialoghi in toscano. Il dialetto toscano è molto divertente da ascoltare, ma da leggere l'ho trovato faticoso da seguire.
Alla prossima.
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