La strofa stonata della battaglia -di Luca Mazza
La strofa stonata della battaglia -di Luca Mazza
Il giorno era una chiostra di lampi, nunzia di grandine.
-Vis et animus!- tuonò Pantera rinunciando al giavellotto e snudando il gladio.
Tutti s’involarono al passo del duce, compreso Balbuzio, ma il suo era il fluttuare di un detrito in un gorgo di sabbia.
Sistoli e memorie s’impastavano al ritmo della mischia e all’urlo dell’acciaio.
In quel cozzo brutale Balbuzio afferrò due verità.
La guerra vera è simile a quella cantata nei giambi o vantata nelle bettole quanto uno stupro lo è a un’ode licenziosa.
E lui non vi era tagliato.
Ma come spiegarlo al minotauro dai gambali inzaccherati di mattanze e l’ascia giostrata verso il suo petto?
Balbuzio ruppe l’assetto e un velita cadde in sua vece sotto il calante.
Un fante abbaiò -Vigliacco!- ma uno strale lo scucì dall’Orbe senza il conforto d’un lamento.
Elmi cornuti tombolavano nella gleba.
La linea dei latini si mesceva a quella barbara al punto che era prestigio non confondere i nostri dai loro.
Eppure Pantera vi riusciva senza sforzo, come una furia evasa da quell’Erebo che minacciava d’ingoiare Balbuzio allo spezzarsi d’ogni istante.
Poi la cavalleria calò come un’aquila dietro gli Edui. Le coorti incalzarono. La piana si zebrò di strage.
Balbuzio si ritrovò senza averne coscienza alle porte della cittadella sguarnita, le piastre dell’usbergo unte del suo vomito e d’icore altrui.
I tuguri tozzi come ambe bruciavano. Si andava oltre il saccheggio, si violava per violare, la civiltà gettava la serica maschera di gloria ed esibiva le sue piaghe.
Balbuzio si defilò tra le rughe dei viottoli, incespicò in un groviglio di dumi, vomitò ancora.
Il boato scemava alle sue spalle.
Tirò il fiato davanti a un querceto sfregiato dai fulmini. Il sole sinistrava nel cielo di smeriglio.
–Un piccolo sforzo- ansò una voce trepida sull’erta che sfociava nel folto.
Balbuzio si appiattì tremante a una corteccia occhiuta. Sbirciò.
Una mater curva, scarna come la sua a Forum Livii, trainava un fagotto e una putta di nove inverni.
Un dodicenne copriva la misera fuga con un manico di zappa e occhi cerchiati d’angoscia.
Erano a un passo dalla selva, quando i calzari pestarono i ciottoli e le grida li raggiunsero.
–Scappate!- le spronò il piccolo Gallo, ergendosi dagli stracci per difendere le donne.
I capelli crespi saettavano al vento come angui. Non aveva l’età per abitare la toga ma i suoi tratti non temevano acciaio né tempesta.
Il primo affondo lo mancò, ma il suo mozzicone d’arma trovò la rotula dell’aggressore.
-Emerix!- latrò la madre.
La risata di Pantera echeggiò come il tuono che crocefisse l’etra, ma Emerix ristette.
-Loro saranno fiere di te- lo derise il centurione, poi fu vibrato il colpo ferale.
Pantera rovinò sul sentiero con un gladio nelle scapole.
Emerix squadrò il romano, interdetto.
-Va- disse Balbuzio.
Il Gallo non se lo fece ripetere e si eclissò tra le querce con i congiunti.
Balbuzio recuperò la spada macchiandosi del suo primo sangue di soldato.
Allora cadde la grandine.
-Vis et animus!- tuonò Pantera rinunciando al giavellotto e snudando il gladio.
Tutti s’involarono al passo del duce, compreso Balbuzio, ma il suo era il fluttuare di un detrito in un gorgo di sabbia.
Sistoli e memorie s’impastavano al ritmo della mischia e all’urlo dell’acciaio.
In quel cozzo brutale Balbuzio afferrò due verità.
La guerra vera è simile a quella cantata nei giambi o vantata nelle bettole quanto uno stupro lo è a un’ode licenziosa.
E lui non vi era tagliato.
Ma come spiegarlo al minotauro dai gambali inzaccherati di mattanze e l’ascia giostrata verso il suo petto?
Balbuzio ruppe l’assetto e un velita cadde in sua vece sotto il calante.
Un fante abbaiò -Vigliacco!- ma uno strale lo scucì dall’Orbe senza il conforto d’un lamento.
Elmi cornuti tombolavano nella gleba.
La linea dei latini si mesceva a quella barbara al punto che era prestigio non confondere i nostri dai loro.
Eppure Pantera vi riusciva senza sforzo, come una furia evasa da quell’Erebo che minacciava d’ingoiare Balbuzio allo spezzarsi d’ogni istante.
Poi la cavalleria calò come un’aquila dietro gli Edui. Le coorti incalzarono. La piana si zebrò di strage.
Balbuzio si ritrovò senza averne coscienza alle porte della cittadella sguarnita, le piastre dell’usbergo unte del suo vomito e d’icore altrui.
I tuguri tozzi come ambe bruciavano. Si andava oltre il saccheggio, si violava per violare, la civiltà gettava la serica maschera di gloria ed esibiva le sue piaghe.
Balbuzio si defilò tra le rughe dei viottoli, incespicò in un groviglio di dumi, vomitò ancora.
Il boato scemava alle sue spalle.
Tirò il fiato davanti a un querceto sfregiato dai fulmini. Il sole sinistrava nel cielo di smeriglio.
–Un piccolo sforzo- ansò una voce trepida sull’erta che sfociava nel folto.
Balbuzio si appiattì tremante a una corteccia occhiuta. Sbirciò.
Una mater curva, scarna come la sua a Forum Livii, trainava un fagotto e una putta di nove inverni.
Un dodicenne copriva la misera fuga con un manico di zappa e occhi cerchiati d’angoscia.
Erano a un passo dalla selva, quando i calzari pestarono i ciottoli e le grida li raggiunsero.
–Scappate!- le spronò il piccolo Gallo, ergendosi dagli stracci per difendere le donne.
I capelli crespi saettavano al vento come angui. Non aveva l’età per abitare la toga ma i suoi tratti non temevano acciaio né tempesta.
Il primo affondo lo mancò, ma il suo mozzicone d’arma trovò la rotula dell’aggressore.
-Emerix!- latrò la madre.
La risata di Pantera echeggiò come il tuono che crocefisse l’etra, ma Emerix ristette.
-Loro saranno fiere di te- lo derise il centurione, poi fu vibrato il colpo ferale.
Pantera rovinò sul sentiero con un gladio nelle scapole.
Emerix squadrò il romano, interdetto.
-Va- disse Balbuzio.
Il Gallo non se lo fece ripetere e si eclissò tra le querce con i congiunti.
Balbuzio recuperò la spada macchiandosi del suo primo sangue di soldato.
Allora cadde la grandine.
Non è morto ciò che può vivere in eterno e in strani eoni anche la morte può morire.
Quando sento la parola "cultura" alzo il cane della mia Browning.
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Re: La strofa stonata della battaglia -di Luca Mazza
Ciao Luca! Tutto ok con i parametri, buona Franco Forte Edition!
Ps: ti ricordo che puoi modificare il racconto fino alle 00.59 senza incorrere in malus. Occhio a modificarlo dalle 01.00 alle 01.33 perché in tal caso lo considererò postato fuori tempo e quindi in malus. Ovviamente ripasserò per ricontrollare i caratteri in caso di tue modifiche.
Ps: ti ricordo che puoi modificare il racconto fino alle 00.59 senza incorrere in malus. Occhio a modificarlo dalle 01.00 alle 01.33 perché in tal caso lo considererò postato fuori tempo e quindi in malus. Ovviamente ripasserò per ricontrollare i caratteri in caso di tue modifiche.
Re: La strofa stonata della battaglia -di Luca Mazza
Bellissimo! Sono davvero ammirata. Tralasciando la gran quantità di parole che mi hai insegnato, ho apprezzato moltissimo il ritmo incalzante, l’alternarsi delle frasi e la punteggiatura che richiamano il galoppare dei cavalli. Anche la storia mi è piaciuta molto ma non supera la bellezza del suono delle parole ed il registro utilizzato che trovo assolutamente appropriato. Bravissimo, davvero!
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Re: La strofa stonata della battaglia -di Luca Mazza
Qui si narra del coraggio di un vigliacco quando trova un buon motivo per indignarsi. Il coraggio è ritratto in un attimo, nell'attimo della ribellione a uno stato derelitto. E' un atto completamente immotivato, non è espressa nessuna motivazione psicologica che lo determini. Il linguaggio usato, roboante, non trova la mia approvazione. Direi che l'effetto' codardo che si trasforma in eroe' è un topos molto logoro e, per rimetterlo a nuovo occorrono strumenti più raffinati di quelli messi in atto qui.
- marco.roncaccia
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Re: La strofa stonata della battaglia -di Luca Mazza
Ciao Luca,
Il tuo racconto mi piace. Mi piace il ritmo, mi piace come hai affrontato il tema, in un certo qual modo mi piace anche il linguaggio barocco che utilizzi. Però, ho dei problemi con l’intelligibilità del tuo modo di scrivere. Il fatto che l’attenzione del lettore sia portata sulla ricercata terminologia e non sull’azione descritta per esempio non mi piace per niente. Trovo fastidioso, da lettore, il soffermarmi a pesare ogni parola e a collocarla in modo corretto nell’immagine mentale che mi faccio delle scene. Forse la tua ricerca stilistica ti porterà in modo più estremo verso questa direzione con un seguito di lettori selezionati o forse potresti trovare una mediazione e un’alleanza con quei lettori (come me) che arrancano dietro a un lessico poco usuale.
Il tuo racconto mi piace. Mi piace il ritmo, mi piace come hai affrontato il tema, in un certo qual modo mi piace anche il linguaggio barocco che utilizzi. Però, ho dei problemi con l’intelligibilità del tuo modo di scrivere. Il fatto che l’attenzione del lettore sia portata sulla ricercata terminologia e non sull’azione descritta per esempio non mi piace per niente. Trovo fastidioso, da lettore, il soffermarmi a pesare ogni parola e a collocarla in modo corretto nell’immagine mentale che mi faccio delle scene. Forse la tua ricerca stilistica ti porterà in modo più estremo verso questa direzione con un seguito di lettori selezionati o forse potresti trovare una mediazione e un’alleanza con quei lettori (come me) che arrancano dietro a un lessico poco usuale.
Re: La strofa stonata della battaglia -di Luca Mazza
Ciao Luca, concordo in parte con il commento di chi mi ha preceduto. La scrittura barocca ha il potere di farmi sentire inadeguato e un po' mi indispone. Però non sta a me dire se è una cosa che va bene oppure no, sicuramente c'è chi apprezza.
Resta il fatto che leggendo il tuo racconto si è attirati più dalle parole che dallo scritto e arrivo in fondo senza sapere bene cosa sia successo.
Quindi devo passare alla seconda lettura e non è quasi mai una cosa buona, fuori dal contest non credo siano in molti ad aver voglia di leggere più volte un racconto per capirlo.
La trama è un po' spiccia, ma nel complesso godibile.
Tirando le somme, direi che il racconto è valido, ma non lascia il segno.
Ciao e alla prossima ;)
Resta il fatto che leggendo il tuo racconto si è attirati più dalle parole che dallo scritto e arrivo in fondo senza sapere bene cosa sia successo.
Quindi devo passare alla seconda lettura e non è quasi mai una cosa buona, fuori dal contest non credo siano in molti ad aver voglia di leggere più volte un racconto per capirlo.
La trama è un po' spiccia, ma nel complesso godibile.
Tirando le somme, direi che il racconto è valido, ma non lascia il segno.
Ciao e alla prossima ;)
Re: La strofa stonata della battaglia -di Luca Mazza
Il concetto mi piace e la scena anche, ma è innegabile che un registro barocco focalizzi l'attenzione sulla forma piuttosto che sul contenuto; e forse tu stesso avverti la necessità di dare al lettore un respiro ampio, per entrare nella narrazione e nelle sue immagini, vista la formattazione scelta (punti frequenti, periodi relativamente brevi, molti a capo). Secondo me però la formattazione non basta a controbilanciare l'intensità del registro e il racconto alla fine ne risulta indebolito. E' una verità che non piace, ma se HPL scrivesse qualcosa oggi verrebbe sotterrato - ogni tempo ha i suoi stilemi e il tuo (stilema) è un po' fuori dal proprio (tempo):P
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Re: La strofa stonata della battaglia -di Luca Mazza
Ciao Luca,
concordo con quanto detto dagli altri. Al termine del racconto non sapevo bene cos'era successo per via del registro linguistico. L'hai reso piacevole anche se ricercato e tutto ciò è andato a scapito della storia, della quale appunto mi sono sfuggiti tutti i dettagli importanti costringendomi a doverla rileggere.
concordo con quanto detto dagli altri. Al termine del racconto non sapevo bene cos'era successo per via del registro linguistico. L'hai reso piacevole anche se ricercato e tutto ciò è andato a scapito della storia, della quale appunto mi sono sfuggiti tutti i dettagli importanti costringendomi a doverla rileggere.
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Re: La strofa stonata della battaglia -di Luca Mazza
Storia di ambientazione storica (ho pensato al “De bello gallico” di Cesare) soprattutto nella ricostruzione dell’epoca romana (l’ho vista così, per la frase latina iniziale, le armi, i nomi Balbuzio e Pantera, il riferimento a Forum Livii, alle coorti, agli elmi cornuti) ma anche Emerix, nome del piccolo Gallo). Il coraggio è quello di Balbuzio. Il combattente si ribella alle violenze della guerra uccidendo il commilitone Pantera, sul punto di uccidere il piccolo Emerix, colpevole di aver voluto difendere da lui la madre e la sorella. Lo ha fatto pensando alla propria madre e anche alla crudeltà e all’insensatezza della guerra. Molto evocativa l’atmosfera, fatta di scontri sotto un cielo nero che promette e mantiene grandine. Linguaggio barocco, efficacissimo nel far rivivere un’epoca lontana.
- Linda De Santi
- Messaggi: 497
Re: La strofa stonata della battaglia -di Luca Mazza
Ciao Luca, mi unisco a quanto già espresso da altri partecipanti. Dal punto di vista stilistico hai tutta la mia stima, anche se, non avendo le conoscenze adeguate per valutare se hai riprodotto bene o no lo stile barocco, non so se la cosa possa avere valore :)
Leggendo il tuo racconto mi sono soffermata spesso a osservare la costruzione delle frasi, ho cercato su Google il significato delle parole che non conoscevo e ho imparato cose nuove, e di questo ti ringrazio.
L'unico problema è che ho fatto una fatica boia a arrivare alla fine della storia, e questo purtroppo è un punto debole.
Ammetto che, se non fossimo in un contest e mi fossi ritrovata davanti questo racconto la sera, dopo una giornata di lavoro e con il semplice intento di leggere per svagarmi un po', avrei abbandonato alla prima riga. Prova a metterti nei panni del lettore (che tendenzialmente è stanco o pigro) quando scrivi un racconto e cerca di mediare tra la ricerca stilistica e una narrazione che riesca a coinvolgere da subito.
In ogni caso complimenti. Alla prossima!
Leggendo il tuo racconto mi sono soffermata spesso a osservare la costruzione delle frasi, ho cercato su Google il significato delle parole che non conoscevo e ho imparato cose nuove, e di questo ti ringrazio.
L'unico problema è che ho fatto una fatica boia a arrivare alla fine della storia, e questo purtroppo è un punto debole.
Ammetto che, se non fossimo in un contest e mi fossi ritrovata davanti questo racconto la sera, dopo una giornata di lavoro e con il semplice intento di leggere per svagarmi un po', avrei abbandonato alla prima riga. Prova a metterti nei panni del lettore (che tendenzialmente è stanco o pigro) quando scrivi un racconto e cerca di mediare tra la ricerca stilistica e una narrazione che riesca a coinvolgere da subito.
In ogni caso complimenti. Alla prossima!
Re: La strofa stonata della battaglia -di Luca Mazza
C'è potenza inespressa in questo racconto. Non ho fatto fatica a comprendere, ma ci sono dei punti che mi hanno lasciato incerto. Iniziamo dal più grave: il contesto è quello dell'Antica Roma, una battaglia contro i Galli, il vocabolario è ricercato, ma mi sbatti lì, su due piedi, IL PASSO DEL DUCE? Diciamo che se anche a quei tempi era utilizzata, come formulazione, di sicuro a oggi richiama ad altro, cosa che, d'istante, mi ha portato fuori dal contesto narrato. Altro piccolo problema, l'uso del nome Pantera unito al riferimento all'acciaio: voleva essere un omaggio all'Evangelisti di METALLO URLANTE? A parte quello, non mi pare di aver mai sentito un nome simile tra i romani dell'Impero, magari mi sbaglio, ma la tua scelta è quanto meno discutibile e, anche qui, visto che si tratta di scelta formale in un racconto che fa della forma il suo punto di forza, allora l'eco del dubbio si fa più forte. E infine, anch'io vedo la decisione finale di Balbuzio come esagerata e poco giustificata da come ce lo hai mostrato fino a quel momento, serve una semina maggiore sul suo background. Pollice ni che però guarda verso l'alto perché, alla fine, le immagini che ha creato nella mia testolina sono belle e forti.
Re: La strofa stonata della battaglia -di Luca Mazza
antico ha scritto:C'è potenza inespressa in questo racconto. Non ho fatto fatica a comprendere, ma ci sono dei punti che mi hanno lasciato incerto. Iniziamo dal più grave: il contesto è quello dell'Antica Roma, una battaglia contro i Galli, il vocabolario è ricercato, ma mi sbatti lì, su due piedi, IL PASSO DEL DUCE? Diciamo che se anche a quei tempi era utilizzata, come formulazione, di sicuro a oggi richiama ad altro, cosa che, d'istante, mi ha portato fuori dal contesto narrato. Altro piccolo problema, l'uso del nome Pantera unito al riferimento all'acciaio: voleva essere un omaggio all'Evangelisti di METALLO URLANTE? A parte quello, non mi pare di aver mai sentito un nome simile tra i romani dell'Impero, magari mi sbaglio, ma la tua scelta è quanto meno discutibile e, anche qui, visto che si tratta di scelta formale in un racconto che fa della forma il suo punto di forza, allora l'eco del dubbio si fa più forte. E infine, anch'io vedo la decisione finale di Balbuzio come esagerata e poco giustificata da come ce lo hai mostrato fino a quel momento, serve una semina maggiore sul suo background. Pollice ni che però guarda verso l'alto perché, alla fine, le immagini che ha creato nella mia testolina sono belle e forti.
Ciao Antico, grazie del commento e scusa se replico solo ora.
1)il passo del duce non è pensato in chiave "ventennale", anche se potrebbe richiamare nostalgie littorie, semplicemente indicava la marcia del condottiere che dux in latino solitamente esprime
2)hai colto l'omaggio a Evangelisti, ma l'idea di Pantera per quanto incredibile mi è venuta leggendo un estratto di Celso che narra di un legionario con questo nome (https://it.wikipedia.org/wiki/Tiberio_G ... es_Pantera), addirittura ventilando la sua possibile paternità del Cristo ...!!!
3)cercavo un colpo di scena finale, in quanto come ben commentato da a.fischer nella trama volevo sovrapporre più esempi di coraggio, forse incartandomi lo ammetto!
grazie ancora, lieto di far parte della comunità
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