Progetto di evoluzione forzata
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Progetto di evoluzione forzata
PROGETTO DI EVOLUZIONE FORZATA
di Nicola Digirolamo
Thomas stava rifacendo il nodo alla cravatta per la terza volta, sperando di ottenere un risultato decente e imprecando per il tempo che stava perdendo. Non sapeva se addebitare la responsabilità all’emozione che gli faceva tremare le mani o all’odio per le cravatte, che sul lavoro infatti non indossava quasi mai.
Quel giorno però era un giorno speciale e ci teneva ad essere elegante ed impeccabile. Nel giro di pochi minuti, sempre se fosse riuscito ad annodare la cravatta in tempo, avrebbe preso parte per la prima volta ad una riunione del Consiglio Scientifico del Ministero.
Ovviamente non gli era stato comunicato l’ordine del giorno del consiglio, poiché non ne faceva parte. Non ancora perlomeno. Con i suoi trentadue anni era oggettivamente troppo giovane per essere membro del consiglio, nonostante i brillanti risultati accademici già raggiunti in dieci anni di attività. Thomas poteva presenziare alle sedute in quanto era stato scelto dal professor Chambers come proprio assistente personale.
Thomas guardò l’orologio: Chambers sarebbe venuto a prenderlo nel giro di pochi minuti, ed erano d’accordo che lui avrebbe dovuto farsi trovare davanti al dormitorio universitario in cui risiedeva. “Maledizione” pensò “se il professore dovesse arrivare in ritardo alla riunione per causa mia…che figura di merda”.
Il terzo tentativo fu quello buono, Thomas giudicò il nodo alla cravatta accettabile, anche perché in ogni caso non c’era più tempo per farne un altro. Corse ad infilarsi le scarpe e mentre se le stava allacciando sentì qualcuno bussare alla porta.
- Chi è? – Chiese in tono seccato, non aveva tempo per le visite. Chiunque fosse doveva liquidarlo in breve tempo.
- Tom, sono Richard.
“Merda” pensò Thomas, è già qui. È arrivato pure in anticipo! Non vedendomi nel parcheggio del palazzo è arrivato fino a qui.
Terminò di corsa di allacciarsi la seconda scarpa e si fiondò alla porta. Aprendola col fiatone.
- Buongiorno professore, mi scusi sarò pronto nel giro di un secondo.
- Stai tranquillo. Sono io ad essere arrivato in anticipo. E la riunione è convocata tra mezz’ora, anche se conoscendo i consiglieri non credo inizierà prima di un’ora almeno. Ti ho dato appuntamento prima di proposito. È la prima volta che partecipi ad un riunione del consiglio, ho creduto fosse il caso di dedicarti un po’ di tempo per spiegarti un po’ di cose.
Thomas non capiva, ma era contento di avere ancora un po’ di tempo per sistemarsi i capelli. Tuttavia decise di non esagerare e nel giro di pochi minuti i due uscirono dal dormitorio universitario e salirono sulla lunga automobile nera che li aspettava nel parcheggio.
Il tragitto tra l’Università dove Thomas insegnava e il Ministero dell’Esplorazione Spaziale era breve, e nel giro di qualche minuto i due arrivarono all’ingresso. Il professore mostrò un tesserino identificativo e non ebbe problemi a passare i controlli di sicurezza, e anche la sua valigetta non fu praticamente controllata. Thomas invece fu fermato dalle guardie, passato al metal detector e sottoposto ad una perquisizione particolarmente fastidiosa.
Avendo tempo scelsero di fermarsi in uno dei bar del palazzo, Chambers prese un caffè forte mentre Thomas, essendo già nervoso, scelse una tisana alle erbe. Poi il professore iniziò a parlare.
- Per farla breve Tom. Formalmente il consiglio riunisce le migliori menti scientifiche del Governo Mondiale, ma nella pratica siamo solo un gruppo di ottusi burocrati. Spesso con l’età si tende a guardare con fastidio alla gioventù e alla novità. Mi segui? –
- Si signore
- Perfetto. E allora tieni bene a mente questo. Durante le riunioni non dire nulla. Prendi nota e stai zitto, senza mai intervenire, e non aprire bocca se non sei interpellato.
- Chiaro.
- Tieni sempre pronta la cartella con i documenti, e quando te ne chiedo uno passamelo più velocemente possibile. Altrimenti qualcuno di quei vecchi bastardi approfitterà della pausa per iniziare a parlare. Capito tutto?
- Capito perfettamente.
- Bene. È stato più facile e più breve del previsto. Oggi è prevista una decisione riguardo il pianeta X-23.
- X-23? Non l’ho mai sentito nominare professore.
- Infatti non è stato reso pubblico, ma in realtà è stato scoperto già da diversi anni. Ed è attualmente sede di un FEP, finanziato dalla Tsuki Corporation.
- FEP? – disse incredulo Thomas – Ma allora esistono davvero? Ho sempre creduto che fosse una delle tante scemenze messe in giro dai complottisti e gente del genere – aggiunse.
Thomas non poteva credere che tutte quelle storie fossero vere. Giravano voci sui FEP da almeno un paio di decenni, ma nessuno aveva mai prodotto prove concrete a sostegno della teoria.
FEP era l’acronimo di “Forced Evolution Project”, ovvero progetto di evoluzione forzata. Secondo questa teoria il Governo Mondiale, per propria iniziativa o dietro finanziamento di qualche multinazionale, scopriva e teneva nascoste civiltà aliene che si trovavano ad uno stadio primitivo e interferiva nella loro evoluzione. Scopo di queste operazioni era poter controllare queste specie per scopi sconosciuti, che a seconda del complottista di turno potevano essere civili, medici, scientifici e chi più ne ha più ne metta.
- Immaginavo questa tua reazione, per questo ho voluto prepararti. Ora riprenditi e andiamo nella sala.
Quando entrarono c’era già una coppia di uomini, uno era anziano e l’altro molto più giovane. Riconobbe immediatamente il più anziano, il professor Kenji Sumakawa. Il più giovane, anch’egli asiatico, doveva essere per forza il suo assistente.
Il professore sedette alla grande tavola rettangolare nel posto che gli era stato assegnato, indicato dal cavaliere col nome. Thomas prese posto nella sedia corrispondente vicino al muro alle sue spalle.
Nel giro di qualche minuto iniziarono ad entrare gli altri illustri membri del Consiglio Scientifico. Thomas non aveva mai visto tanti famosi scienziati tutti insieme. Ci saranno stati almeno una decina di premi Nobel: Marie LeClerc, Gunter Schlienkman, lo stesso Sumakawa e tanti altri ancora. Riconobbe anche qualche assistente, che aveva incontrato in qualche convegno giovanile, ma tutti loro erano indubbiamente di fama minore rispetto ai rispettivi superiori.
Quando il consiglio fu completo il professor Robert Fleming, in qualità di presidente, prese la parola.
- Insigni colleghi, come scritto nella mail della convocazione la riunione di oggi verte su un FEP. Riassumerò brevemente la storia, poiché risale ad un periodo in cui molti di noi non erano membri del consiglio, e alcuni non erano nemmeno a questo mondo. X-23 e i suoi abitanti sono stati scoperti ormai da quasi cinquanta anni, e durante questo lasso di tempo sono già stati sottoposti a due FEP. La prima volta è stato subito dopo la loro scoperta, e credo ormai nessuno sia più vivo per ricordarlo. Sono stati evoluti forzatamente da un punto di vista biologico, cosa che allora era ancora permesso fare, e abbiamo insegnato loro il linguaggio e la matematica basilare. La seconda volta, io ero presente, abbiamo introdotto quella popolazione ai concetti di fluidodinamica, per permettere loro di superare i mari che li limitavano ad una sola porzione del loro pianeta. Ora però la Tsuki Corporation ci ha contattati e vuole sponsorizzare un nuovo intervento.
Una mano si levò tra i membri del consiglio.
- Ho già sentito questa società – a parlare era stato il biochimico Alexander Foster – Ma non mi viene in mente di cosa si occupa - .
- Giocattoli e soprattutto droidi, sono i leader mondiali nella produzione di androidi – gli rispose Sunakawa.
- Ah si giusto. Ora mi hai fatto venire in mente.
- Bene, torniamo a noi. Come dicevo la Tsuki vuole che su questo pianeta venga introdotto il concetto di scambio monetario.
- In pratica vogliono che introduciamo il denaro – ancora una volta era stato Sumakawa ad intromettersi.
- In poche parole si – disse Fleming - Stanno per lanciare sul mercato un nuovo prodotto, su cui hanno investito parecchio, e hanno stimato che tra circa venti o trenta anni potrebbe passare di moda e diventare obsoleto. Vogliono avere un luogo dove smaltire i prodotti quando non saranno più appetibili sul mercato, considerando che iniziando a lavorarci oggi, X-23 sarà pronto proprio entro quel lasso di tempo.
Thomas non poteva credere alle sue orecchie. In quella sala si stava discutendo di introdurre un concetto rivoluzionario, che avrebbe cambiato un mondo e modificato la vita di esseri senzienti per sempre, e tutto questo solo perché una multinazionale aveva paura di non sapere dove smaltire i nuovi prodotti.
- Il Governo Mondiale ha già approvato la cosa, quindi ora tocca a noi. Qualcuno ha qualche suggerimento su come procedere? – chiese il presidente del Comitato.
Thomas non vedeva l’ora di andarsene. Non gli piaceva quello che doveva fare, e quando il consiglio lo aveva nominato responsabile, su proposta di Chambers durante quella maledetta riunione, aveva deciso fin da subito di rifiutare. Tuttavia il professore gli aveva fatto notare che rifiutare il primo incarico che assegnatogli era un pessimo modo per iniziare la propria carriera nel consiglio. “Io sono uno scienziato, non un lobbista” aveva risposto, ma alla fine Chambers era riuscito a convincerlo, e ora Thomas si trovava lì col compito di supervisionare e fare rapporto sull’operazione.
La ISS Darwin orbitava ormai da due mesi intorno al pianeta X-23, e lui era stato convocato dal capo progetto nel laboratorio per assistere al terzo tentativo di innesto. I primi due tentativi non erano andati a buon fine, i soggetti scelti si erano rivelati troppo restii e l’idea non aveva attecchito. Una volta rimessi in libertà avevano rapidamente scordato l’idea che gli era stata innestata, o l’avevano bollata come una sciocchezza. In ogni caso avevano preferito non diffonderla. Invece il terzo soggetto sembrava quello buono e tutto il team era fiducioso.
Mentre percorreva i corridoi per raggiungere il laboratorio si trovò davanti Johnnie, che vagava libero per l’astronave. Quell’orrore ambulante stava facendo casino come al solito, e proprio quando Thomas lo vide Johnnie ebbe l’idea di deliziare la sua vista e il suo olfatto iniziando ad orinare in quel corridoio.
Quelli della Tsuki Corporation si erano messi in testa di produrre animali da compagnia in laboratorio. La maggior parte dei clienti poteva accedere al catalogo base, che comprendeva cani, gatti e pesi rossi di cui era possibile scegliere le caratteristiche, come se si trattasse di peluche. Ma i più abbienti potevano accedere ad un catalogo elitario, che comprendeva bizzarri incroci genetici e perfino animali estinti. Johnnie era un dodo, uno dei “regali” che la Tsuki aveva fatto a tutto il team coinvolto nel progetto, ed era parte di quella nuova linea di prodotti che la potente società giapponese temeva di dover “far sparire” nel mercato parallelo di X-23. Per la precisione Johnny era il dodo del capo progetto Vera Kyle, una donna molto in gamba ma con un bizzarro gusto in fatto di animali.
Anche Johnnie sembrava diretto al laboratorio, o forse più semplicemente decise di seguire Tom mentre vi si dirigeva, magari sperando di ricevere qualcosa da mangiare.
- Amore della mamma! – Fu la prima cosa detta da Vera quando la strana coppia entrò nella stanza. Il dodo corse verso di lei e Vera iniziò ad accarezzarlo e dargli dei baci sul becco.
- Come procede col soggetto 3? – chiese Tom, e poi guardò verso l’incubatrice lì presente, deciso ad ignorare le manifestazioni di affetto di Vera. Ogni volta che Tom vedeva quelli strani esseri simili a scimmie, ma senza pelo, gli si stringeva il cuore.
Il soggetto in questione giaceva supino all’interno di una specie di incubatrice di vetro. Al corpo e al cranio erano stati collegati degli elettrodi per il monitoraggio dei biofeedback, che permettevano di tenere sotto controllo le condizioni del paziente. Il cranio era avvolto da un voluminoso apparecchio metallico composto da tanti martelletti disposti a corona.
La procedura di trasmissione dei dati prevedeva l’iniezione nel cervello del soggetto scelto di una serie di nanocircuiti in soluzione. Questi nanocircuiti sarebbero andati a ricoprire i neuroni per poi essere riempiti delle informazioni volute, trasmesse a questi apparati tramite conduzione ossea dai piccoli martelletti che percuotevano il cranio.
- Ci sono ottime speranze, oggi abbiamo iniziato a somministrare al suo cervello le informazioni avanzate del secondo pacchetto, e sembra che il soggetto sia particolarmente ricettivo – gli rispose Vera quando ebbe finito di vezzeggiare il suo figlioccio.
- Come fa a piacerti quel coso? – gli chiese sprezzante indicando Johnnie.
- Io lo trovo bellissimo.
- Questione di gusti.
- Ma come fa a sopravvivere in un’astronave?
- Conoscendo la mia professione e sapendo che sono sempre in giro hanno avuto la bella pensata di darmelo geneticamente modificato. Così può vivere anche qui. Tornando al lavoro, abbiamo provato ad usare un codice di trasmissione più semplice, in modo da stressare meno i nanocircuiti, questo aumenterà i tempi di trasferimento delle informazioni, ma potrebbe darci maggiori possibilità di successo.
- Bene, prima finiamo prima ce ne andiamo.
- Ho come l’impressione che tu non sia per nulla contento di essere qui-
- E non lo sono infatti. Quello che stiamo facendo è terribile. Stiamo modificando per sempre il loro mondo, e tutto questo perché una multinazionale vuole vendere i suoi prodotti. Che poi con cosa si faranno pagare visto che il denaro di questi esseri sulla Terra non varrà nulla? Risorse naturali?
- Forse. O forse questa specie sarà rivelata al mondo e introdotta all’interno del sistema della federazione, ed entro qualche decennio siederà nel consiglio galattico. Come i Venkasiani. E a quel punto la loro valuta sarà accettata con un tasso di cambio ufficiale.
- Cosa? – chiese Tom incredulo – Venkas e i suoi abitanti erano già una civiltà evoluta quando c’è stato il primo contatto.
Vera rise - Illuso. I venkasiani erano messi peggio di questi di X-23. Ci hanno lavorato sopra per oltre un secolo prima di “scoprirli” casualmente e iniziare a commerciare con loro.
- Anche loro sono stati oggetto di un FEP?
- Non ci avevi mai pensato?
- No.
- Tutte le specie aliene con cui abbiamo a che fare sono state evolute tramite FEP, e ce ne sono molte altre che sono tenute a disposizione per casi come questi. Quando arriva qualcuno che ha interesse a farle evolvere noi procediamo.
Thomas era molto colpito da quell’ulteriore rivelazione.
- Pensa al lato positivo – aggiunse – Noi siamo i civilizzatori della galassia, quando noi non ci saremo più forse queste civiltà continueranno a vivere, scopriranno la verità e ci ricorderanno per sempre come coloro che gli hanno civilizzati. Immagina tutti loro come un mezzo per conquistare l’immortalità. Il fine giustifica i mezzi, lo diceva anche Machiavelli.
Thomas non l’aveva mai vista in questo modo. Prima o poi il genere umano sarebbe sicuramente scomparso, era solo questione di tempo prima che un qualche evento mettesse fine alla vita umana. Effettivamente questo era un modo per garantire alla nostra specie l’immortalità
- E te ne dico un’altra – disse sorridendo Vera, riprendendo ad accarezzare Johnnie. Thomas la guardò con aria curiosa – Prova a immaginare se anche noi in realtà fossimo il prodotto di un FEP realizzata da una specie superiore. Noi agiamo e lasciamo che l’evoluzione si sviluppi, poi torniamo a controllare dopo qualche decennio. Ma una civiltà superiore alla nostra e con una speranza di vita superiore potrebbe anche attendere migliaia o perfino centinaia di migliaia di anni prima di tornare.
Thomas non disse nulla, era rimasto senza parole.
Qualche giorno dopo il soggetto 3 venne liberato sul pianeta, senza ricordi dell’accaduto. Tutto il team guidato da Vera e supervisionato da Thomas lo monitorò incessantemente, e nei giorni seguenti finalmente riuscirono ad intercettare alcune sue conversazioni riguardanti le teorie economiche con un altro abitante del pianeta. La dottoressa Kyle e Thomas concordarono che l’inizio del piano aveva avuto successo, e che il FEP era ufficialmente iniziato. Stesero un rapporto congiunto dell’accaduto e gli fu risposto che nel giro di qualche anno qualcuno sarebbe tornato a controllare l’andamento del progetto, ed eventualmente a ripetere l’operazione in caso di fallimento.
Quando furono autorizzati a lasciare il pianeta la ISS Darwin fece rotta di ritorno verso il sistema solare.
Mentre l’astronave accelerava Thomas era seduto sulla propria poltrona, con le cinture di sicurezza allacciate. Vedeva la luce che si distorceva fuori dalla navicella e si ritrovò a pensare che in fondo non bisognava necessariamente essere pessimisti. Un’idea non è mai buona o cattiva, ma dipende dall’uso che se ne fa e dalle applicazioni che ne derivano. Forse questa specie avrebbe potuto sviluppare i concetti di economia in maniera diversa dagli umani, riuscendo a creare uno sviluppo più armonico e meno selvaggio.
Solo il tempo avrebbe dato una risposta.
di Nicola Digirolamo
Thomas stava rifacendo il nodo alla cravatta per la terza volta, sperando di ottenere un risultato decente e imprecando per il tempo che stava perdendo. Non sapeva se addebitare la responsabilità all’emozione che gli faceva tremare le mani o all’odio per le cravatte, che sul lavoro infatti non indossava quasi mai.
Quel giorno però era un giorno speciale e ci teneva ad essere elegante ed impeccabile. Nel giro di pochi minuti, sempre se fosse riuscito ad annodare la cravatta in tempo, avrebbe preso parte per la prima volta ad una riunione del Consiglio Scientifico del Ministero.
Ovviamente non gli era stato comunicato l’ordine del giorno del consiglio, poiché non ne faceva parte. Non ancora perlomeno. Con i suoi trentadue anni era oggettivamente troppo giovane per essere membro del consiglio, nonostante i brillanti risultati accademici già raggiunti in dieci anni di attività. Thomas poteva presenziare alle sedute in quanto era stato scelto dal professor Chambers come proprio assistente personale.
Thomas guardò l’orologio: Chambers sarebbe venuto a prenderlo nel giro di pochi minuti, ed erano d’accordo che lui avrebbe dovuto farsi trovare davanti al dormitorio universitario in cui risiedeva. “Maledizione” pensò “se il professore dovesse arrivare in ritardo alla riunione per causa mia…che figura di merda”.
Il terzo tentativo fu quello buono, Thomas giudicò il nodo alla cravatta accettabile, anche perché in ogni caso non c’era più tempo per farne un altro. Corse ad infilarsi le scarpe e mentre se le stava allacciando sentì qualcuno bussare alla porta.
- Chi è? – Chiese in tono seccato, non aveva tempo per le visite. Chiunque fosse doveva liquidarlo in breve tempo.
- Tom, sono Richard.
“Merda” pensò Thomas, è già qui. È arrivato pure in anticipo! Non vedendomi nel parcheggio del palazzo è arrivato fino a qui.
Terminò di corsa di allacciarsi la seconda scarpa e si fiondò alla porta. Aprendola col fiatone.
- Buongiorno professore, mi scusi sarò pronto nel giro di un secondo.
- Stai tranquillo. Sono io ad essere arrivato in anticipo. E la riunione è convocata tra mezz’ora, anche se conoscendo i consiglieri non credo inizierà prima di un’ora almeno. Ti ho dato appuntamento prima di proposito. È la prima volta che partecipi ad un riunione del consiglio, ho creduto fosse il caso di dedicarti un po’ di tempo per spiegarti un po’ di cose.
Thomas non capiva, ma era contento di avere ancora un po’ di tempo per sistemarsi i capelli. Tuttavia decise di non esagerare e nel giro di pochi minuti i due uscirono dal dormitorio universitario e salirono sulla lunga automobile nera che li aspettava nel parcheggio.
Il tragitto tra l’Università dove Thomas insegnava e il Ministero dell’Esplorazione Spaziale era breve, e nel giro di qualche minuto i due arrivarono all’ingresso. Il professore mostrò un tesserino identificativo e non ebbe problemi a passare i controlli di sicurezza, e anche la sua valigetta non fu praticamente controllata. Thomas invece fu fermato dalle guardie, passato al metal detector e sottoposto ad una perquisizione particolarmente fastidiosa.
Avendo tempo scelsero di fermarsi in uno dei bar del palazzo, Chambers prese un caffè forte mentre Thomas, essendo già nervoso, scelse una tisana alle erbe. Poi il professore iniziò a parlare.
- Per farla breve Tom. Formalmente il consiglio riunisce le migliori menti scientifiche del Governo Mondiale, ma nella pratica siamo solo un gruppo di ottusi burocrati. Spesso con l’età si tende a guardare con fastidio alla gioventù e alla novità. Mi segui? –
- Si signore
- Perfetto. E allora tieni bene a mente questo. Durante le riunioni non dire nulla. Prendi nota e stai zitto, senza mai intervenire, e non aprire bocca se non sei interpellato.
- Chiaro.
- Tieni sempre pronta la cartella con i documenti, e quando te ne chiedo uno passamelo più velocemente possibile. Altrimenti qualcuno di quei vecchi bastardi approfitterà della pausa per iniziare a parlare. Capito tutto?
- Capito perfettamente.
- Bene. È stato più facile e più breve del previsto. Oggi è prevista una decisione riguardo il pianeta X-23.
- X-23? Non l’ho mai sentito nominare professore.
- Infatti non è stato reso pubblico, ma in realtà è stato scoperto già da diversi anni. Ed è attualmente sede di un FEP, finanziato dalla Tsuki Corporation.
- FEP? – disse incredulo Thomas – Ma allora esistono davvero? Ho sempre creduto che fosse una delle tante scemenze messe in giro dai complottisti e gente del genere – aggiunse.
Thomas non poteva credere che tutte quelle storie fossero vere. Giravano voci sui FEP da almeno un paio di decenni, ma nessuno aveva mai prodotto prove concrete a sostegno della teoria.
FEP era l’acronimo di “Forced Evolution Project”, ovvero progetto di evoluzione forzata. Secondo questa teoria il Governo Mondiale, per propria iniziativa o dietro finanziamento di qualche multinazionale, scopriva e teneva nascoste civiltà aliene che si trovavano ad uno stadio primitivo e interferiva nella loro evoluzione. Scopo di queste operazioni era poter controllare queste specie per scopi sconosciuti, che a seconda del complottista di turno potevano essere civili, medici, scientifici e chi più ne ha più ne metta.
- Immaginavo questa tua reazione, per questo ho voluto prepararti. Ora riprenditi e andiamo nella sala.
Quando entrarono c’era già una coppia di uomini, uno era anziano e l’altro molto più giovane. Riconobbe immediatamente il più anziano, il professor Kenji Sumakawa. Il più giovane, anch’egli asiatico, doveva essere per forza il suo assistente.
Il professore sedette alla grande tavola rettangolare nel posto che gli era stato assegnato, indicato dal cavaliere col nome. Thomas prese posto nella sedia corrispondente vicino al muro alle sue spalle.
Nel giro di qualche minuto iniziarono ad entrare gli altri illustri membri del Consiglio Scientifico. Thomas non aveva mai visto tanti famosi scienziati tutti insieme. Ci saranno stati almeno una decina di premi Nobel: Marie LeClerc, Gunter Schlienkman, lo stesso Sumakawa e tanti altri ancora. Riconobbe anche qualche assistente, che aveva incontrato in qualche convegno giovanile, ma tutti loro erano indubbiamente di fama minore rispetto ai rispettivi superiori.
Quando il consiglio fu completo il professor Robert Fleming, in qualità di presidente, prese la parola.
- Insigni colleghi, come scritto nella mail della convocazione la riunione di oggi verte su un FEP. Riassumerò brevemente la storia, poiché risale ad un periodo in cui molti di noi non erano membri del consiglio, e alcuni non erano nemmeno a questo mondo. X-23 e i suoi abitanti sono stati scoperti ormai da quasi cinquanta anni, e durante questo lasso di tempo sono già stati sottoposti a due FEP. La prima volta è stato subito dopo la loro scoperta, e credo ormai nessuno sia più vivo per ricordarlo. Sono stati evoluti forzatamente da un punto di vista biologico, cosa che allora era ancora permesso fare, e abbiamo insegnato loro il linguaggio e la matematica basilare. La seconda volta, io ero presente, abbiamo introdotto quella popolazione ai concetti di fluidodinamica, per permettere loro di superare i mari che li limitavano ad una sola porzione del loro pianeta. Ora però la Tsuki Corporation ci ha contattati e vuole sponsorizzare un nuovo intervento.
Una mano si levò tra i membri del consiglio.
- Ho già sentito questa società – a parlare era stato il biochimico Alexander Foster – Ma non mi viene in mente di cosa si occupa - .
- Giocattoli e soprattutto droidi, sono i leader mondiali nella produzione di androidi – gli rispose Sunakawa.
- Ah si giusto. Ora mi hai fatto venire in mente.
- Bene, torniamo a noi. Come dicevo la Tsuki vuole che su questo pianeta venga introdotto il concetto di scambio monetario.
- In pratica vogliono che introduciamo il denaro – ancora una volta era stato Sumakawa ad intromettersi.
- In poche parole si – disse Fleming - Stanno per lanciare sul mercato un nuovo prodotto, su cui hanno investito parecchio, e hanno stimato che tra circa venti o trenta anni potrebbe passare di moda e diventare obsoleto. Vogliono avere un luogo dove smaltire i prodotti quando non saranno più appetibili sul mercato, considerando che iniziando a lavorarci oggi, X-23 sarà pronto proprio entro quel lasso di tempo.
Thomas non poteva credere alle sue orecchie. In quella sala si stava discutendo di introdurre un concetto rivoluzionario, che avrebbe cambiato un mondo e modificato la vita di esseri senzienti per sempre, e tutto questo solo perché una multinazionale aveva paura di non sapere dove smaltire i nuovi prodotti.
- Il Governo Mondiale ha già approvato la cosa, quindi ora tocca a noi. Qualcuno ha qualche suggerimento su come procedere? – chiese il presidente del Comitato.
Thomas non vedeva l’ora di andarsene. Non gli piaceva quello che doveva fare, e quando il consiglio lo aveva nominato responsabile, su proposta di Chambers durante quella maledetta riunione, aveva deciso fin da subito di rifiutare. Tuttavia il professore gli aveva fatto notare che rifiutare il primo incarico che assegnatogli era un pessimo modo per iniziare la propria carriera nel consiglio. “Io sono uno scienziato, non un lobbista” aveva risposto, ma alla fine Chambers era riuscito a convincerlo, e ora Thomas si trovava lì col compito di supervisionare e fare rapporto sull’operazione.
La ISS Darwin orbitava ormai da due mesi intorno al pianeta X-23, e lui era stato convocato dal capo progetto nel laboratorio per assistere al terzo tentativo di innesto. I primi due tentativi non erano andati a buon fine, i soggetti scelti si erano rivelati troppo restii e l’idea non aveva attecchito. Una volta rimessi in libertà avevano rapidamente scordato l’idea che gli era stata innestata, o l’avevano bollata come una sciocchezza. In ogni caso avevano preferito non diffonderla. Invece il terzo soggetto sembrava quello buono e tutto il team era fiducioso.
Mentre percorreva i corridoi per raggiungere il laboratorio si trovò davanti Johnnie, che vagava libero per l’astronave. Quell’orrore ambulante stava facendo casino come al solito, e proprio quando Thomas lo vide Johnnie ebbe l’idea di deliziare la sua vista e il suo olfatto iniziando ad orinare in quel corridoio.
Quelli della Tsuki Corporation si erano messi in testa di produrre animali da compagnia in laboratorio. La maggior parte dei clienti poteva accedere al catalogo base, che comprendeva cani, gatti e pesi rossi di cui era possibile scegliere le caratteristiche, come se si trattasse di peluche. Ma i più abbienti potevano accedere ad un catalogo elitario, che comprendeva bizzarri incroci genetici e perfino animali estinti. Johnnie era un dodo, uno dei “regali” che la Tsuki aveva fatto a tutto il team coinvolto nel progetto, ed era parte di quella nuova linea di prodotti che la potente società giapponese temeva di dover “far sparire” nel mercato parallelo di X-23. Per la precisione Johnny era il dodo del capo progetto Vera Kyle, una donna molto in gamba ma con un bizzarro gusto in fatto di animali.
Anche Johnnie sembrava diretto al laboratorio, o forse più semplicemente decise di seguire Tom mentre vi si dirigeva, magari sperando di ricevere qualcosa da mangiare.
- Amore della mamma! – Fu la prima cosa detta da Vera quando la strana coppia entrò nella stanza. Il dodo corse verso di lei e Vera iniziò ad accarezzarlo e dargli dei baci sul becco.
- Come procede col soggetto 3? – chiese Tom, e poi guardò verso l’incubatrice lì presente, deciso ad ignorare le manifestazioni di affetto di Vera. Ogni volta che Tom vedeva quelli strani esseri simili a scimmie, ma senza pelo, gli si stringeva il cuore.
Il soggetto in questione giaceva supino all’interno di una specie di incubatrice di vetro. Al corpo e al cranio erano stati collegati degli elettrodi per il monitoraggio dei biofeedback, che permettevano di tenere sotto controllo le condizioni del paziente. Il cranio era avvolto da un voluminoso apparecchio metallico composto da tanti martelletti disposti a corona.
La procedura di trasmissione dei dati prevedeva l’iniezione nel cervello del soggetto scelto di una serie di nanocircuiti in soluzione. Questi nanocircuiti sarebbero andati a ricoprire i neuroni per poi essere riempiti delle informazioni volute, trasmesse a questi apparati tramite conduzione ossea dai piccoli martelletti che percuotevano il cranio.
- Ci sono ottime speranze, oggi abbiamo iniziato a somministrare al suo cervello le informazioni avanzate del secondo pacchetto, e sembra che il soggetto sia particolarmente ricettivo – gli rispose Vera quando ebbe finito di vezzeggiare il suo figlioccio.
- Come fa a piacerti quel coso? – gli chiese sprezzante indicando Johnnie.
- Io lo trovo bellissimo.
- Questione di gusti.
- Ma come fa a sopravvivere in un’astronave?
- Conoscendo la mia professione e sapendo che sono sempre in giro hanno avuto la bella pensata di darmelo geneticamente modificato. Così può vivere anche qui. Tornando al lavoro, abbiamo provato ad usare un codice di trasmissione più semplice, in modo da stressare meno i nanocircuiti, questo aumenterà i tempi di trasferimento delle informazioni, ma potrebbe darci maggiori possibilità di successo.
- Bene, prima finiamo prima ce ne andiamo.
- Ho come l’impressione che tu non sia per nulla contento di essere qui-
- E non lo sono infatti. Quello che stiamo facendo è terribile. Stiamo modificando per sempre il loro mondo, e tutto questo perché una multinazionale vuole vendere i suoi prodotti. Che poi con cosa si faranno pagare visto che il denaro di questi esseri sulla Terra non varrà nulla? Risorse naturali?
- Forse. O forse questa specie sarà rivelata al mondo e introdotta all’interno del sistema della federazione, ed entro qualche decennio siederà nel consiglio galattico. Come i Venkasiani. E a quel punto la loro valuta sarà accettata con un tasso di cambio ufficiale.
- Cosa? – chiese Tom incredulo – Venkas e i suoi abitanti erano già una civiltà evoluta quando c’è stato il primo contatto.
Vera rise - Illuso. I venkasiani erano messi peggio di questi di X-23. Ci hanno lavorato sopra per oltre un secolo prima di “scoprirli” casualmente e iniziare a commerciare con loro.
- Anche loro sono stati oggetto di un FEP?
- Non ci avevi mai pensato?
- No.
- Tutte le specie aliene con cui abbiamo a che fare sono state evolute tramite FEP, e ce ne sono molte altre che sono tenute a disposizione per casi come questi. Quando arriva qualcuno che ha interesse a farle evolvere noi procediamo.
Thomas era molto colpito da quell’ulteriore rivelazione.
- Pensa al lato positivo – aggiunse – Noi siamo i civilizzatori della galassia, quando noi non ci saremo più forse queste civiltà continueranno a vivere, scopriranno la verità e ci ricorderanno per sempre come coloro che gli hanno civilizzati. Immagina tutti loro come un mezzo per conquistare l’immortalità. Il fine giustifica i mezzi, lo diceva anche Machiavelli.
Thomas non l’aveva mai vista in questo modo. Prima o poi il genere umano sarebbe sicuramente scomparso, era solo questione di tempo prima che un qualche evento mettesse fine alla vita umana. Effettivamente questo era un modo per garantire alla nostra specie l’immortalità
- E te ne dico un’altra – disse sorridendo Vera, riprendendo ad accarezzare Johnnie. Thomas la guardò con aria curiosa – Prova a immaginare se anche noi in realtà fossimo il prodotto di un FEP realizzata da una specie superiore. Noi agiamo e lasciamo che l’evoluzione si sviluppi, poi torniamo a controllare dopo qualche decennio. Ma una civiltà superiore alla nostra e con una speranza di vita superiore potrebbe anche attendere migliaia o perfino centinaia di migliaia di anni prima di tornare.
Thomas non disse nulla, era rimasto senza parole.
Qualche giorno dopo il soggetto 3 venne liberato sul pianeta, senza ricordi dell’accaduto. Tutto il team guidato da Vera e supervisionato da Thomas lo monitorò incessantemente, e nei giorni seguenti finalmente riuscirono ad intercettare alcune sue conversazioni riguardanti le teorie economiche con un altro abitante del pianeta. La dottoressa Kyle e Thomas concordarono che l’inizio del piano aveva avuto successo, e che il FEP era ufficialmente iniziato. Stesero un rapporto congiunto dell’accaduto e gli fu risposto che nel giro di qualche anno qualcuno sarebbe tornato a controllare l’andamento del progetto, ed eventualmente a ripetere l’operazione in caso di fallimento.
Quando furono autorizzati a lasciare il pianeta la ISS Darwin fece rotta di ritorno verso il sistema solare.
Mentre l’astronave accelerava Thomas era seduto sulla propria poltrona, con le cinture di sicurezza allacciate. Vedeva la luce che si distorceva fuori dalla navicella e si ritrovò a pensare che in fondo non bisognava necessariamente essere pessimisti. Un’idea non è mai buona o cattiva, ma dipende dall’uso che se ne fa e dalle applicazioni che ne derivano. Forse questa specie avrebbe potuto sviluppare i concetti di economia in maniera diversa dagli umani, riuscendo a creare uno sviluppo più armonico e meno selvaggio.
Solo il tempo avrebbe dato una risposta.
Portate dei fiori sulla tomba di Algernon
Re: Progetto di evoluzione forzata
Ciao Nicola, benvenuto su La Sfida a…
Ti ricordo che, se ne hai voglia, su facebook c'è il gruppo dedicato a La Sfida.
https://www.facebook.com/groups/215238252346692/
Buon Game!
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Re: Progetto di evoluzione forzata
Buonasera Nicola,
complimenti per il tuo racconto. Mi è piaciuta la disillusione per le alte sfere scientifiche, che si sclerotizzano su posizioni obsolete e che a volte si chiudono al nuovo. Mi piace anche come la scienza sia costretta a piegarsi al mero interesse economico, che surclassa di gran lunga quello della ricerca e della conoscenza. Carina anche l'idea dell'Uomo come progetto di evoluzione forzata, per quanto forse non nuovissima. Unico appunto (inezia) è che il dodo, in quanto uccello, non può propriamente "urinare" in giro per l'astronave. ;)
spero di leggerti ancora,
Mario
complimenti per il tuo racconto. Mi è piaciuta la disillusione per le alte sfere scientifiche, che si sclerotizzano su posizioni obsolete e che a volte si chiudono al nuovo. Mi piace anche come la scienza sia costretta a piegarsi al mero interesse economico, che surclassa di gran lunga quello della ricerca e della conoscenza. Carina anche l'idea dell'Uomo come progetto di evoluzione forzata, per quanto forse non nuovissima. Unico appunto (inezia) è che il dodo, in quanto uccello, non può propriamente "urinare" in giro per l'astronave. ;)
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Mario
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Re: Progetto di evoluzione forzata
Buonasera Nicola,
complimenti per il tuo racconto. Mi è piaciuta la disillusione per le alte sfere scientifiche, che si sclerotizzano su posizioni obsolete e che a volte si chiudono al nuovo. Mi piace anche come la scienza sia costretta a piegarsi al mero interesse economico, che surclassa di gran lunga quello della ricerca e della conoscenza. Carina anche l'idea dell'Uomo come progetto di evoluzione forzata, per quanto forse non nuovissima. Unico appunto (inezia) è che il dodo, in quanto uccello, non può propriamente "urinare" in giro per l'astronave. ;)
spero di leggerti ancora,
Mario
complimenti per il tuo racconto. Mi è piaciuta la disillusione per le alte sfere scientifiche, che si sclerotizzano su posizioni obsolete e che a volte si chiudono al nuovo. Mi piace anche come la scienza sia costretta a piegarsi al mero interesse economico, che surclassa di gran lunga quello della ricerca e della conoscenza. Carina anche l'idea dell'Uomo come progetto di evoluzione forzata, per quanto forse non nuovissima. Unico appunto (inezia) è che il dodo, in quanto uccello, non può propriamente "urinare" in giro per l'astronave. ;)
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Mario
Ultima modifica di Mario Mardirossian il domenica 3 giugno 2018, 18:31, modificato 1 volta in totale.
Re: Progetto di evoluzione forzata
Ciao. Nicola.
Non so, il racconto ha delle premesse interessanti, ma ammetto che non mi ha fatto impazzire. Prima di tutto, alcuni passaggi mi sono sembrati decisamente forzati, in particolare la scelta prima di ammettere Thomas alla conoscenza del PEF così, senza nessuna garanzia (come dici tu stesso nel racconto, è un'informazione segretissima, perché permetterne la diffusione con qualcuno che non è stato ancora inserito apertamente nel sistema?) e la sua partecipazione al progetto spaziale, in cui non solo non è ben chiaro il suo scopo, ma è addirittura palese la sua contrarietà. Insomma, si tratta di un progetto supersegreto, su cui saranno investite fortune immense e che richiede competenze di livello incredibile, e ci mandano lo scappino appena arrivato che è pure contrario al tutto?
Anche le motivazioni del PEF non sono chiare, sembra quasi che le nuove civiltà vengano sfruttate come mercati dove immettere produzione in eccesso, ma questo non ha senso, perché lo scarto tecnologico tra gli umani gli alieni è immenso. E poi, in che modo gli alieni ripagherebbero? è un po' come se la Apple cercasse di vendere smartphone a qualche tribù primitiva dell'Amazzonia, facendosi pagare in pelli di cinghiale. Anche lo stile e la distribuzione del racconto sarebbero da rivedere: soprattutto nella parte iniziale ti attardi a descrivere ogni cosa, inserendo una serie di eventi ininfluenti (come il fatto che Thomas si ferma a pettinarsi o la perquisizione), mentre ti soffermi poco sulle parti veramente focali, soprattutto sul finale, che risulta troppo frettoloso.
Mi spiace, ma sono sicuro che la prossima volta andrà meglio.
Non so, il racconto ha delle premesse interessanti, ma ammetto che non mi ha fatto impazzire. Prima di tutto, alcuni passaggi mi sono sembrati decisamente forzati, in particolare la scelta prima di ammettere Thomas alla conoscenza del PEF così, senza nessuna garanzia (come dici tu stesso nel racconto, è un'informazione segretissima, perché permetterne la diffusione con qualcuno che non è stato ancora inserito apertamente nel sistema?) e la sua partecipazione al progetto spaziale, in cui non solo non è ben chiaro il suo scopo, ma è addirittura palese la sua contrarietà. Insomma, si tratta di un progetto supersegreto, su cui saranno investite fortune immense e che richiede competenze di livello incredibile, e ci mandano lo scappino appena arrivato che è pure contrario al tutto?
Anche le motivazioni del PEF non sono chiare, sembra quasi che le nuove civiltà vengano sfruttate come mercati dove immettere produzione in eccesso, ma questo non ha senso, perché lo scarto tecnologico tra gli umani gli alieni è immenso. E poi, in che modo gli alieni ripagherebbero? è un po' come se la Apple cercasse di vendere smartphone a qualche tribù primitiva dell'Amazzonia, facendosi pagare in pelli di cinghiale. Anche lo stile e la distribuzione del racconto sarebbero da rivedere: soprattutto nella parte iniziale ti attardi a descrivere ogni cosa, inserendo una serie di eventi ininfluenti (come il fatto che Thomas si ferma a pettinarsi o la perquisizione), mentre ti soffermi poco sulle parti veramente focali, soprattutto sul finale, che risulta troppo frettoloso.
Mi spiace, ma sono sicuro che la prossima volta andrà meglio.
- Sonia Lippi
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Re: Progetto di evoluzione forzata
Ciao Nicola
Piacere di conoscerti.
Allora.. la tua idea è buona e mi piace il concetto di esseri superiori che forzano l evoluzione per un loro interesse, però secondo me il racconto è da rivedere.
Troppi spiegoni, qua e là ci sono delle ripetizioni e ti segnalo un refuso pesi rossi al posto di pesci rossi.
Ma a parte questo il racconto ha delle potenzialità e il tuo modo di scrivere mi piace.
I bonus ci sono tutti.
A rileggerci presto
Sonia
Piacere di conoscerti.
Allora.. la tua idea è buona e mi piace il concetto di esseri superiori che forzano l evoluzione per un loro interesse, però secondo me il racconto è da rivedere.
Troppi spiegoni, qua e là ci sono delle ripetizioni e ti segnalo un refuso pesi rossi al posto di pesci rossi.
Ma a parte questo il racconto ha delle potenzialità e il tuo modo di scrivere mi piace.
I bonus ci sono tutti.
A rileggerci presto
Sonia
- White Duke
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Re: Progetto di evoluzione forzata
Mario Mardirossian ha scritto:Buonasera Nicola,
complimenti per il tuo racconto. Mi è piaciuta la disillusione per le alte sfere scientifiche, che si sclerotizzano su posizioni obsolete e che a volte si chiudono al nuovo. Mi piace anche come la scienza sia costretta a piegarsi al mero interesse economico, che surclassa di gran lunga quello della ricerca e della conoscenza. Carina anche l'idea dell'Uomo come progetto di evoluzione forzata, per quanto forse non nuovissima. Unico appunto (inezia) è che il dodo, in quanto uccello, non può propriamente "urinare" in giro per l'astronave. ;)
spero di leggerti ancora,
Mario
Ciao, grazie per il tuo commento. In effetti non mi è proprio venuto in mente che il dodo non possa urinare in giro. Però sai è modificato geneticamente quindi chissà....
A parte gli scherzi, errore mio, chiedo venia.
Ultima modifica di White Duke il giovedì 24 maggio 2018, 10:28, modificato 1 volta in totale.
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- White Duke
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Re: Progetto di evoluzione forzata
Pretorian ha scritto:Ciao. Nicola.
Non so, il racconto ha delle premesse interessanti, ma ammetto che non mi ha fatto impazzire. Prima di tutto, alcuni passaggi mi sono sembrati decisamente forzati, in particolare la scelta prima di ammettere Thomas alla conoscenza del PEF così, senza nessuna garanzia (come dici tu stesso nel racconto, è un'informazione segretissima, perché permetterne la diffusione con qualcuno che non è stato ancora inserito apertamente nel sistema?) e la sua partecipazione al progetto spaziale, in cui non solo non è ben chiaro il suo scopo, ma è addirittura palese la sua contrarietà. Insomma, si tratta di un progetto supersegreto, su cui saranno investite fortune immense e che richiede competenze di livello incredibile, e ci mandano lo scappino appena arrivato che è pure contrario al tutto?
Anche le motivazioni del PEF non sono chiare, sembra quasi che le nuove civiltà vengano sfruttate come mercati dove immettere produzione in eccesso, ma questo non ha senso, perché lo scarto tecnologico tra gli umani gli alieni è immenso. E poi, in che modo gli alieni ripagherebbero? è un po' come se la Apple cercasse di vendere smartphone a qualche tribù primitiva dell'Amazzonia, facendosi pagare in pelli di cinghiale. Anche lo stile e la distribuzione del racconto sarebbero da rivedere: soprattutto nella parte iniziale ti attardi a descrivere ogni cosa, inserendo una serie di eventi ininfluenti (come il fatto che Thomas si ferma a pettinarsi o la perquisizione), mentre ti soffermi poco sulle parti veramente focali, soprattutto sul finale, che risulta troppo frettoloso.
Mi spiace, ma sono sicuro che la prossima volta andrà meglio.
Ciao, grazie per il tuo commento articolato e ben spiegato. Cerco di rispondere a tutte le obiezioni che hai sollevato. Sulla questione dello stile e della distribuzione del racconto non posso dire nulla, sono agli inizi e sono qui per migliorare, quindi probabilmente hai ragione. Ho ancora molto da imparare.
Però sul discorso del perché mandano proprio lui ho scritto che si tratta di un compito di semplice “supervisione”, il protagonista deve solo controllare che la procedura avvenga secondo le regole. Il vero capo del progetto è la dottoressa proprietaria del Dodo.
Sulla questione dei “mercati in eccesso” hai centrato il punto, è proprio questo che la multinazionale cuore fare! Trattandosi di “animali domestici” la differenza tecnologica con la nuova specie è irrilevante e gli stessi protagonisti si chiedono come faranno gli alieni a pagare e suggeriscono che pagheranno con risorse naturali o forse la loro moneta verrà introdotta in un mercato. Sono solo supposizioni perché gli scopi reali della multinazionale sono noti solo alle più alte sfere.
A parte questi due punti grazie per il tuo commento. Cercherò di fare meglio la prossima volta.
Portate dei fiori sulla tomba di Algernon
- White Duke
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Re: Progetto di evoluzione forzata
Sonia Lippi ha scritto:Ciao Nicola
Piacere di conoscerti.
Allora.. la tua idea è buona e mi piace il concetto di esseri superiori che forzano l evoluzione per un loro interesse, però secondo me il racconto è da rivedere.
Troppi spiegoni, qua e là ci sono delle ripetizioni e ti segnalo un refuso pesi rossi al posto di pesci rossi.
Ma a parte questo il racconto ha delle potenzialità e il tuo modo di scrivere mi piace.
I bonus ci sono tutti.
A rileggerci presto
Sonia
Grazie per il tuo commento e per la segnalazione del refuso. È la prima volta che mi cimento con un testo di 20.000 caratteri quindi sicuramente ho molto da imparare.
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Re: Progetto di evoluzione forzata
Dimenticavo: il bonus dell'animale estinto c'è, ma manca quello del personaggio geneticamente modificato.
Re: Progetto di evoluzione forzata
Ciao Nicola,
Mi piace molto l’idea del FEP e le implicazioni che comporta. In questo modo i terrestri possono fare civilizzare gli altri popoli a loro vantaggio. Del finale non condivido gli spiragli ottimistici di Thomas.
Ho notato che ci sono alcune ripetizioni soprattutto nel capitolo iniziale (cravatta, consiglio, ecc...) ma sono cose di poco conto. Il primo capitolo forse è poco funzionale alla storia così come anche la parte degl consiglio dove ci sono tutti i migliori scienziati, con tanto di cognome.
Ci sono entrambi i bonus.
Ciao
Fabio
Mi piace molto l’idea del FEP e le implicazioni che comporta. In questo modo i terrestri possono fare civilizzare gli altri popoli a loro vantaggio. Del finale non condivido gli spiragli ottimistici di Thomas.
Ho notato che ci sono alcune ripetizioni soprattutto nel capitolo iniziale (cravatta, consiglio, ecc...) ma sono cose di poco conto. Il primo capitolo forse è poco funzionale alla storia così come anche la parte degl consiglio dove ci sono tutti i migliori scienziati, con tanto di cognome.
Ci sono entrambi i bonus.
Ciao
Fabio
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