I ponti di Roma
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I ponti di Roma
-Non ce la faccio-
Gegè si fermò nel bel mezzo dell’amplesso ed affondò la testa nel petto di Anna. Le dita allentarono la presa delle spalle.
-Che cosa c’è?- chiese lei tentando di voltargli la testa per guardarlo.
-Non posso vedere quella foto, è più forte di me-
La voce era rotta, difficile dire se dal fiatone o da un improvviso pianto.
-Ancora? Ne abbiamo parlato così tante volte… Credevo che…
-Cosa? Che fosse dimenticata? Se avessi voluto farmi dimenticare l’avresti tolta da lì quella maledetta foto, l’avresti tolta!-
Anna sentì le dita affondarle nuovamente nelle spalle.
-Pensavo che non avesse più importanza… Ehi, perché non mi guardi?
-Perché? Perché tu vuoi scoprire se piango, vuoi bearti del mio pianto!
-Ma che dici?
-Lo so che tutta questa storia ti compiace! Se non ti compiacesse avresti levato quella foto!-
La foto di cui Gegè si lamentava era piazzata sul comò, in mezzo ad un pizzo merlato e raffigurava Armando Spadarelli, il primo marito di Anna. La foto lo immortalava mentre attraversava un ponte di Roma, coi capelli tutti tirati indietro, un elegante collo alto e le mani in tasca.
-Mi sembra di sentire il profumo che aveva sempre addosso!-
-Non pensarci, ti prego… Non mi sarei dovuta lasciare convincere a dirti certe cose… Perché me le hai domandate?
-Perché volevo sapere! Volevo sapere cosa facevate assieme, volevo sapere come fosse il sesso, che cosa ti avesse detto di tanto travolgente per farti innamorare di lui. Avrei voluto scoprire che non aveva detto niente di speciale, che si era comportato come un omuncolo qualsiasi, che scopava in maniera ordinaria, magari anche male, perché no, insomma che non ci fosse alcuna ragione per innamorarsi proprio di lui e solo di lui!-
-Ma te l’ho detto, così tante volte! Lui non c’è più e tu sei qualcosa di completamente diverso!
-Diverso? Così ti sembra? Oh no, guardami! Guardami e poi guarda quella foto. Ci somigliamo come due gocce d’acqua. Anche questo segno mi ha lasciato! Non dire che siamo due cose diverse, perché so che menti spudoratamente! Mi hai cercato e mi hai voluto soltanto perché gli somiglio così tanto. Non ti pareva vero di poter abbracciare un pezzo di carne calda che avesse il viso così simile al suo, non ti sembrava vero di sentire sussurrarti nelle orecchie una voce così simile alla sua-
Gegè si alzò dal letto di scatto e la fiamma della candela sul comodino tremò.
-Non capisci. Ho vissuto alla sua ombra finchè è morto. Il sorriso di quella foto è tutto quello che sarei voluto diventare. Era grande in tutto, grande attore, grande amatore, grande poeta. Ed io inadeguato al suo passo, come ora inadeguato alle tue gambe.
-Perché non ti calmi un momento?
-Non c’è altro da dire. Ricorda solo questo: mio padre ti sposò, come sposò mia madre. Ma non per questo ti amò. Non credo sia mai stato capace.
Tornò a casa, si sdraiò sul letto ancora vestito. Al buio accese la televisione, prese una videocassetta qualsiasi dalla libreria e la infilò nel registratore. “I ponti di Roma”, 1978, di e con Armando Spadarelli. Che ironia, la sorte. Nelle riprese era bello, come sempre, col maglione a collo alto e quel sorriso, lo stesso della foto.
Filippo De Bellis
Gegè si fermò nel bel mezzo dell’amplesso ed affondò la testa nel petto di Anna. Le dita allentarono la presa delle spalle.
-Che cosa c’è?- chiese lei tentando di voltargli la testa per guardarlo.
-Non posso vedere quella foto, è più forte di me-
La voce era rotta, difficile dire se dal fiatone o da un improvviso pianto.
-Ancora? Ne abbiamo parlato così tante volte… Credevo che…
-Cosa? Che fosse dimenticata? Se avessi voluto farmi dimenticare l’avresti tolta da lì quella maledetta foto, l’avresti tolta!-
Anna sentì le dita affondarle nuovamente nelle spalle.
-Pensavo che non avesse più importanza… Ehi, perché non mi guardi?
-Perché? Perché tu vuoi scoprire se piango, vuoi bearti del mio pianto!
-Ma che dici?
-Lo so che tutta questa storia ti compiace! Se non ti compiacesse avresti levato quella foto!-
La foto di cui Gegè si lamentava era piazzata sul comò, in mezzo ad un pizzo merlato e raffigurava Armando Spadarelli, il primo marito di Anna. La foto lo immortalava mentre attraversava un ponte di Roma, coi capelli tutti tirati indietro, un elegante collo alto e le mani in tasca.
-Mi sembra di sentire il profumo che aveva sempre addosso!-
-Non pensarci, ti prego… Non mi sarei dovuta lasciare convincere a dirti certe cose… Perché me le hai domandate?
-Perché volevo sapere! Volevo sapere cosa facevate assieme, volevo sapere come fosse il sesso, che cosa ti avesse detto di tanto travolgente per farti innamorare di lui. Avrei voluto scoprire che non aveva detto niente di speciale, che si era comportato come un omuncolo qualsiasi, che scopava in maniera ordinaria, magari anche male, perché no, insomma che non ci fosse alcuna ragione per innamorarsi proprio di lui e solo di lui!-
-Ma te l’ho detto, così tante volte! Lui non c’è più e tu sei qualcosa di completamente diverso!
-Diverso? Così ti sembra? Oh no, guardami! Guardami e poi guarda quella foto. Ci somigliamo come due gocce d’acqua. Anche questo segno mi ha lasciato! Non dire che siamo due cose diverse, perché so che menti spudoratamente! Mi hai cercato e mi hai voluto soltanto perché gli somiglio così tanto. Non ti pareva vero di poter abbracciare un pezzo di carne calda che avesse il viso così simile al suo, non ti sembrava vero di sentire sussurrarti nelle orecchie una voce così simile alla sua-
Gegè si alzò dal letto di scatto e la fiamma della candela sul comodino tremò.
-Non capisci. Ho vissuto alla sua ombra finchè è morto. Il sorriso di quella foto è tutto quello che sarei voluto diventare. Era grande in tutto, grande attore, grande amatore, grande poeta. Ed io inadeguato al suo passo, come ora inadeguato alle tue gambe.
-Perché non ti calmi un momento?
-Non c’è altro da dire. Ricorda solo questo: mio padre ti sposò, come sposò mia madre. Ma non per questo ti amò. Non credo sia mai stato capace.
Tornò a casa, si sdraiò sul letto ancora vestito. Al buio accese la televisione, prese una videocassetta qualsiasi dalla libreria e la infilò nel registratore. “I ponti di Roma”, 1978, di e con Armando Spadarelli. Che ironia, la sorte. Nelle riprese era bello, come sempre, col maglione a collo alto e quel sorriso, lo stesso della foto.
Filippo De Bellis
Re: I ponti di Roma
Ciao Filippo! Sono felice di rivederti nell'Arena! Caratteri ok, tempo sei in malus minimo. Buona Francesca Bertuzzi Edition!
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- Messaggi: 120
Re: I ponti di Roma
Ciao Filippo. Il tuo racconto ha il pregio della sorpresa finale, ma è troppo pesante. Un dialogo così lungo deve essere più asciutto, magari anche crudo e diretto, invece leggere quelle lunghe frasi e qualcosa di “finto” come “…questa storia ti compiace! Se non ti compiacesse…” oppure “…so che menti spudoratamente” mi ha seriamente spiazzato. Tieni conto che quello che i due protagonisti dicono, loro lo sanno già, quindi non ha senso che se lo ripetano. Ovvio che le informazioni devono arrivare anche al lettore ma va trovato un modo, sia nel parlato dei due, sia in qualche incursione del narratore, che possa aiutare senza sembrare uno spiegone ripetitivo e innaturale. Sulla storia mi sorge un dubbio sull’età dei due, non che sia essenziale, però se si capisse non sarebbe male, così come non sarebbe male capire quanti anni sono passati dal 1978. Attento all’uso dei trattini, per i dialoghi si usano quelli lunghi che si mettono solo all’inizio della frase (seguiti da uno spazio) e non anche alla fine.
- maurizio.ferrero
- Messaggi: 529
Re: I ponti di Roma
Ciao Filippo!
Il racconto è molto interessante, mischi il concetto della gelosia retroattiva con lo stress psicologico subito dai figli d'arte, mai all'altezza dei loro genitori. L'idea funziona, ma il dialogo su cui si regge non mi ha convinto del tutto: troppo impostato, quasi teatrale, con le sue lunghe frasi e termini "alti" che durante una litigata disperata difficilmente verrebbero fuori. Insomma, la storia di per sé funziona, ma ho percepito poco sentimento.
Avrei aggiunto qualche azione in più tra le frasi, e dialoghi più botta e risposta, per rendere il tutto più vivo.
Il racconto è molto interessante, mischi il concetto della gelosia retroattiva con lo stress psicologico subito dai figli d'arte, mai all'altezza dei loro genitori. L'idea funziona, ma il dialogo su cui si regge non mi ha convinto del tutto: troppo impostato, quasi teatrale, con le sue lunghe frasi e termini "alti" che durante una litigata disperata difficilmente verrebbero fuori. Insomma, la storia di per sé funziona, ma ho percepito poco sentimento.
Avrei aggiunto qualche azione in più tra le frasi, e dialoghi più botta e risposta, per rendere il tutto più vivo.
Re: I ponti di Roma
Ciao Filippo. Il racconto di per sé ha una storia anche carina, il finale a sorpresa regge il gioco ma devo dirti che non ho gradito molto il modo in cui l'hai strutturata. C'è ridondanza nella sintassi, ed una teatralità forse troppo calcata, capisco l'intenzione ma ti è sfuggita di mano. Manca il ritmo, l'enfasi, la sofferenza dell'uomo. Spesso si tende a rifugiarsi nei dialoghi pur di non saturare il tutto con troppo testo raccontato, ma occorre bilanciamento per entrambe le cose. In questo caso occorreva qualcosa in più per rendere i sentimenti dell'uomo, ed un ritmo diverso tra i dialoghi per trasmettere il dovuto realismo. Il tema è centrato.
Alla prossima!
Alla prossima!
- giancarmine trotta
- Messaggi: 383
Re: I ponti di Roma
Ciao Filippo,
l'idea c'è, il tema è centrato:
la gelosia è nel proprio DNA, contro il proprio DNA in questo caso.
E' lo sviluppo che non mi ha entusiasmato perché risulta piatto, senza enfasi nei momenti topici, quasi surreale o teatrale considerato il "momento" in cui avviene.
Certo il limite di caratteri conta, allora forse potevi farli parlare meno e pennallare le situazioni con poche righe ma ad effetto.
Alla prossima, piacere di averti conosciuto,
G.
*
l'idea c'è, il tema è centrato:
la gelosia è nel proprio DNA, contro il proprio DNA in questo caso.
E' lo sviluppo che non mi ha entusiasmato perché risulta piatto, senza enfasi nei momenti topici, quasi surreale o teatrale considerato il "momento" in cui avviene.
Certo il limite di caratteri conta, allora forse potevi farli parlare meno e pennallare le situazioni con poche righe ma ad effetto.
Alla prossima, piacere di averti conosciuto,
G.
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- Luca Nesler
- Messaggi: 727
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Re: I ponti di Roma
Ciao Filippo. La gelosia sembra quella di Gegè verso Anna in modo retrospettivo, ma probabilmente è la gelosia verso il successo del padre a pesare di più. Risvolto interessante, ma forse un po' troppo strano per essere semplicemente buttato sul finale. Gegè ha sposato l'ex moglie di suo padre, attore di successo che continua a tormentarlo con tutto ciò che lui non sarà mai. I due argomenti si sovrappongono creando un po' di confusione, nel senso che già il fatto che abbia sposato la sua matrigna è una cosa da digerire, poi la sua gelosia e senso di inadeguatezza prende il sopravvento nella vicenda lasciando indietro un argomento non sviluppato.
Nei dialoghi Anna sembra un po' troppo passiva e tranquilla rispetto alla situazione. Sembra anche strano che la foto sia ancora lì, non per Anna che gode nel vedere la sofferenza di Gegè (almeno secondo lui), ma per Gegè che non si è mai occupato di quella foto prima, tanto sconvolgente da interrompere un amplesso. Questo è un po' inverosimile dal mio punto di vista.
Il finale non l'ho capito. Gegè si incazza, va a casa e guarda il film di suo padre senza particolari reazioni. Non ho capito dove volessi arrivare.
Parlando di tecnica, trovo i dialoghi un po' artificiali in alcuni punti e un po' confusi in altri.
Ti segnalo alcuni punti:
"Le dita allentarono la presa delle spalle"
sarebbe meglio "sulle spalle"
"tentando di voltargli la testa per guardarlo."
Sarebbe meglio di "sollevargli" visto che l'aveva affondata nel suo petto
"La voce era rotta, difficile dire se dal fiatone o da un improvviso pianto."
Questo sembra scritto dal punto di vista di Anna e non è concorde con la voce narrante. Avevi cominciato col PDV di Gegé. In questo particolare racconto non crea problemi di comprensione, visto il contesto, ma allontana emotivamente dalla vicenda.
-Ancora? Ne abbiamo parlato così tante volte… Credevo che…
-Cosa? Che fosse dimenticata? Se avessi voluto farmi dimenticare l’avresti tolta da lì quella maledetta foto, l’avresti tolta!-
Questo dialogo è un po' stridente. Se ne hanno parlato tante volte anche ad Anna dovrebbe essere chiaro il punto di vista di Gegè. Oppure dovrebbe sorprendersi perché la verità, nonostante ne abbiano parlato tanto, viene fuori solo ora. E anche Gegè, in quel caso, lo dovrebbe finalmente ammettere.
"Anna sentì le dita affondarle nuovamente nelle spalle."
Di nuovo il punto di vista di Anna.
"-Pensavo che non avesse più importanza… Ehi, perché non mi guardi?"
vedi sopra
"vuoi bearti del mio pianto!"
questa battuta mi suona un po' finta, come quella successiva di Gegè.
"La foto di cui Gegè si lamentava era piazzata sul comò"
qui c'è un narratore esterno che spiega per chi non è presente sulla scena. Prima di tutto è una nuova voce narrante che ha l'effetto di levarmi dalla narrazione, e in secondo luogo è un espediente un po' grossolano che viola la "show, don't tell".
"coi capelli tutti tirati indietro"
quel "tutti" sarebbe da levare per alleggerire (lo cito solo per esempio e completezza)
"-Mi sembra di sentire il profumo che aveva sempre addosso!-
-Non pensarci, ti prego… Non mi sarei dovuta lasciare convincere a dirti certe cose… Perché me le hai domandate?"
Qui, di per sé, non ci sarebbero grossi problemi, solo che questo dialogo messo così funziona solo nella mente dell'autore che conosce tutta la verità dietro a questa storia. Il lettore tende a collegare con una consecutio logica gli elementi e si fa un'idea distorta. Qui sembra che Gegè senta il profumo di Armando perché avvinto dai racconti di Anna. La cosa sembra strana ed esagerata e mi fa pensare che sia un errore dell'autore. Poi si scoprirà che non è così, che Gegè conosceva Armando e quindi che i due parlano di cose diverse, ma ormai siamo a fine racconto e io mi ero già staccato emotivamente a causa di una riflessione sulla tecnica del testo. Questo perché non mi aspettavo certo che Gegé conoscesse Armando, fino a lì non ne avevo nessun indizio.
"perché no, insomma che non ci fosse alcuna ragione per innamorarsi proprio di lui e solo di lui!-"
Qui la punteggiatura l'avrei usata diversamente. "perché no? Insomma, che ci fosse..." E, a dirla tutta, quel "insomma" non concorda molto con la concitazione del momento (secondo me).
"Anche questo segno mi ha lasciato!"
Questa frase a una prima lettura mi è risuonata molto, perché non vi trovavo alcun senso. Alla seconda rilettura capisco che si riferisce a un'eredità, tuttavia il senso completo mi è ancora oscuro.
"Ed io inadeguato al suo passo, come ora inadeguato alle tue gambe."
Frase strana in un dialogo emotivamente coinvolgente come questo.
"Tornò a casa, si sdraiò sul letto ancora vestito [...] prese una videocassetta qualsiasi dalla libreria e la infilò nel registratore."
A meno che non abbia il videoregistratore sul comodino con dei lunghissimi cavi, avrebbe dovuto prima infilare la cassetta e poi sdraiarsi. Un'incongruenza come questa richiede uno sforzo per riadattare la mia immaginazione e mi leva dalla narrazione.
"Che ironia, la sorte"
In che senso?
Infine, se usi i trattini per i dialoghi, quando chiudi una battuta va solo la punteggiatura senza il trattino.
Ecco, Filippo. Io cerco di dire sempre tutto quello che ho da dire sui racconti (siamo qui per aiutarci). Può essere che sbagli, questo lo lascio giudicare a te.
Alla prossima!
Nei dialoghi Anna sembra un po' troppo passiva e tranquilla rispetto alla situazione. Sembra anche strano che la foto sia ancora lì, non per Anna che gode nel vedere la sofferenza di Gegè (almeno secondo lui), ma per Gegè che non si è mai occupato di quella foto prima, tanto sconvolgente da interrompere un amplesso. Questo è un po' inverosimile dal mio punto di vista.
Il finale non l'ho capito. Gegè si incazza, va a casa e guarda il film di suo padre senza particolari reazioni. Non ho capito dove volessi arrivare.
Parlando di tecnica, trovo i dialoghi un po' artificiali in alcuni punti e un po' confusi in altri.
Ti segnalo alcuni punti:
"Le dita allentarono la presa delle spalle"
sarebbe meglio "sulle spalle"
"tentando di voltargli la testa per guardarlo."
Sarebbe meglio di "sollevargli" visto che l'aveva affondata nel suo petto
"La voce era rotta, difficile dire se dal fiatone o da un improvviso pianto."
Questo sembra scritto dal punto di vista di Anna e non è concorde con la voce narrante. Avevi cominciato col PDV di Gegé. In questo particolare racconto non crea problemi di comprensione, visto il contesto, ma allontana emotivamente dalla vicenda.
-Ancora? Ne abbiamo parlato così tante volte… Credevo che…
-Cosa? Che fosse dimenticata? Se avessi voluto farmi dimenticare l’avresti tolta da lì quella maledetta foto, l’avresti tolta!-
Questo dialogo è un po' stridente. Se ne hanno parlato tante volte anche ad Anna dovrebbe essere chiaro il punto di vista di Gegè. Oppure dovrebbe sorprendersi perché la verità, nonostante ne abbiano parlato tanto, viene fuori solo ora. E anche Gegè, in quel caso, lo dovrebbe finalmente ammettere.
"Anna sentì le dita affondarle nuovamente nelle spalle."
Di nuovo il punto di vista di Anna.
"-Pensavo che non avesse più importanza… Ehi, perché non mi guardi?"
vedi sopra
"vuoi bearti del mio pianto!"
questa battuta mi suona un po' finta, come quella successiva di Gegè.
"La foto di cui Gegè si lamentava era piazzata sul comò"
qui c'è un narratore esterno che spiega per chi non è presente sulla scena. Prima di tutto è una nuova voce narrante che ha l'effetto di levarmi dalla narrazione, e in secondo luogo è un espediente un po' grossolano che viola la "show, don't tell".
"coi capelli tutti tirati indietro"
quel "tutti" sarebbe da levare per alleggerire (lo cito solo per esempio e completezza)
"-Mi sembra di sentire il profumo che aveva sempre addosso!-
-Non pensarci, ti prego… Non mi sarei dovuta lasciare convincere a dirti certe cose… Perché me le hai domandate?"
Qui, di per sé, non ci sarebbero grossi problemi, solo che questo dialogo messo così funziona solo nella mente dell'autore che conosce tutta la verità dietro a questa storia. Il lettore tende a collegare con una consecutio logica gli elementi e si fa un'idea distorta. Qui sembra che Gegè senta il profumo di Armando perché avvinto dai racconti di Anna. La cosa sembra strana ed esagerata e mi fa pensare che sia un errore dell'autore. Poi si scoprirà che non è così, che Gegè conosceva Armando e quindi che i due parlano di cose diverse, ma ormai siamo a fine racconto e io mi ero già staccato emotivamente a causa di una riflessione sulla tecnica del testo. Questo perché non mi aspettavo certo che Gegé conoscesse Armando, fino a lì non ne avevo nessun indizio.
"perché no, insomma che non ci fosse alcuna ragione per innamorarsi proprio di lui e solo di lui!-"
Qui la punteggiatura l'avrei usata diversamente. "perché no? Insomma, che ci fosse..." E, a dirla tutta, quel "insomma" non concorda molto con la concitazione del momento (secondo me).
"Anche questo segno mi ha lasciato!"
Questa frase a una prima lettura mi è risuonata molto, perché non vi trovavo alcun senso. Alla seconda rilettura capisco che si riferisce a un'eredità, tuttavia il senso completo mi è ancora oscuro.
"Ed io inadeguato al suo passo, come ora inadeguato alle tue gambe."
Frase strana in un dialogo emotivamente coinvolgente come questo.
"Tornò a casa, si sdraiò sul letto ancora vestito [...] prese una videocassetta qualsiasi dalla libreria e la infilò nel registratore."
A meno che non abbia il videoregistratore sul comodino con dei lunghissimi cavi, avrebbe dovuto prima infilare la cassetta e poi sdraiarsi. Un'incongruenza come questa richiede uno sforzo per riadattare la mia immaginazione e mi leva dalla narrazione.
"Che ironia, la sorte"
In che senso?
Infine, se usi i trattini per i dialoghi, quando chiudi una battuta va solo la punteggiatura senza il trattino.
Ecco, Filippo. Io cerco di dire sempre tutto quello che ho da dire sui racconti (siamo qui per aiutarci). Può essere che sbagli, questo lo lascio giudicare a te.
Alla prossima!
- Andrea Lauro
- Messaggi: 596
Re: I ponti di Roma
Ciao Filippo,
la gelosia verso il proprio genitore è decisamente un'idea interessante. Peccato per la trattazione, anch’io come gli altri ho sentito i dialoghi troppo impostati e irreali per il contesto. Son sicuro che dando una sfoltita e accorciando i periodi tu li possa migliorare sensibilmente.
Questa frase, ad esempio:
Come ti ha già evidenziato Luca, occhio alla chiusura dei dialoghi a fine riga: il “-” non serve (e risparmi caratteri, soprattutto!)
a rileggerci presto!
andrea
la gelosia verso il proprio genitore è decisamente un'idea interessante. Peccato per la trattazione, anch’io come gli altri ho sentito i dialoghi troppo impostati e irreali per il contesto. Son sicuro che dando una sfoltita e accorciando i periodi tu li possa migliorare sensibilmente.
Questa frase, ad esempio:
- “Volevo sapere cosa facevate assieme, volevo sapere come fosse il sesso, che cosa ti avesse detto di tanto travolgente per farti innamorare di lui.”
Come ti ha già evidenziato Luca, occhio alla chiusura dei dialoghi a fine riga: il “-” non serve (e risparmi caratteri, soprattutto!)
a rileggerci presto!
andrea
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- Messaggi: 2992
Re: I ponti di Roma
Tema centrato. E che dire? Ottimo racconto. I dialoghi sono ben costruiti (c’è molto parlato e questo dà verosimiglianza alla scena di gelosia coniugale). Il personaggio di Gegè si fa amare: ha sposato la matrigna e ora ne soffre. La sua gelosia retrospettiva riguarda il padre, una figura complessa (bello, attore, poeta, seduttore. Questo Armando Spadarelli ha qualcosa di De Sica padre) dalla quale non riesce a liberarsi (ne subisce il fascino, come si vede nel finale, quando rivede il successo cinematografico paterno. Il tuo colpo da maestro è che anche la foto ricordo tormento di Gegè è uno scatto di scena tratto dal film).
Attento:
se non ti compiacesse avresti levato quella foto (se non ti compiacesse, avresti levato quella foto)
Attento:
se non ti compiacesse avresti levato quella foto (se non ti compiacesse, avresti levato quella foto)
Re: I ponti di Roma
Ciao Filippo, nonostante le varie criticità del testo che già ti hanno fatto notare e che per la maggior parte condivido, il racconto mi è piaciuto molto. Mi sono sentita coinvolta dalla storia. Il tema della gelosia lo trovo ben sviscerato. Un figlio che si sente inadeguato per non aver avuto lo stesso successo del padre, e ne è doppiamente geloso. È geloso del successo del padre ed è geloso del rapporto che c’era tra lui e sua moglie, in una specie di complesso di Edipo. Un figlio non ancora cresciuto, in balia dei suoi sentimenti, con la foto che porta a galla le sue insicurezze, che lei non comprende.
- giulio.marchese1
- Messaggi: 79
Re: I ponti di Roma
Ciao Filippo,
ho trovato il tuo racconto originale nell'idea, semplice ma per niente banale. La scoperta, sul finale, che si trattasse del padre spiega l'amarezza con cui il protagonista miri quanto meno a raggiungerlo. Penso che per ogni uomo il padre sia il primo punto di riferimento, la persona che si tende a voler compiacere ed imitare. In questo caso addirittura è una figura mitizzata e, diciamolo, sarebbe in ogni caso squallido far l'amore davanti alla foto di un genitore sapendo della sua relazione - addirittura matrimonio - con la nostra partner. Nonostante l'idea abbia un grande potenziale non mi sono mai sentito, nel racconto, molto coinvolto. Non c'era niente o quasi nella prima parte a preparazione del finale. Questo arriva inaspettato; letteralmente! I dialoghi un po' prolissi e poco caratterizzanti misti alla mancanza "d'attesa", rendono la lettura un po' pesante. Malgrado si tratti di un racconto breve io tendenzialmente mi aspetto sempre una domanda drammaturgica principale forte. Questa arriva quando si parla del fatto che siano due gocce d'acqua, ma la risposta arriva troppo in fretta. Non so se i miei dubbi siano espressi in modo chiaro, sicuramente è un buon racconto, "quadrato", con alcune piccole ingenuità e potenziale inespresso.
Secondo me è migliorabile, comunque complimenti!
ho trovato il tuo racconto originale nell'idea, semplice ma per niente banale. La scoperta, sul finale, che si trattasse del padre spiega l'amarezza con cui il protagonista miri quanto meno a raggiungerlo. Penso che per ogni uomo il padre sia il primo punto di riferimento, la persona che si tende a voler compiacere ed imitare. In questo caso addirittura è una figura mitizzata e, diciamolo, sarebbe in ogni caso squallido far l'amore davanti alla foto di un genitore sapendo della sua relazione - addirittura matrimonio - con la nostra partner. Nonostante l'idea abbia un grande potenziale non mi sono mai sentito, nel racconto, molto coinvolto. Non c'era niente o quasi nella prima parte a preparazione del finale. Questo arriva inaspettato; letteralmente! I dialoghi un po' prolissi e poco caratterizzanti misti alla mancanza "d'attesa", rendono la lettura un po' pesante. Malgrado si tratti di un racconto breve io tendenzialmente mi aspetto sempre una domanda drammaturgica principale forte. Questa arriva quando si parla del fatto che siano due gocce d'acqua, ma la risposta arriva troppo in fretta. Non so se i miei dubbi siano espressi in modo chiaro, sicuramente è un buon racconto, "quadrato", con alcune piccole ingenuità e potenziale inespresso.
Secondo me è migliorabile, comunque complimenti!
- Polly Russell
- Messaggi: 812
Re: I ponti di Roma
Accidenti! Qui abbiamo una combo di gelosie! Figlio d’arte inadatto, che poi alla fine non lo sono mai, anche se non è vero. Ripiego come amante. Una gran buona idea. Il dialogo è troppo lungo, fondamentalmente è tutto un dialogo se escludiamo quando cimdici dove è posta la foto e come è vestito il soggetto. Avrei intervallato con più risposte di lei, o con delle azioni. Un monologo tanto lungo è surreale, basta poco, un gesto tra una battuta e l’altra. Magari fagli tirar via le lenzuola, poi rivestirsi, poi dare un pugno o al muro. Qualcosa che intervalli il parlato, per il resto un buon lavoro.
Polly
Re: I ponti di Roma
Un buon lavoro anche questo, ma con diverse criticità. Quindi il padre era sposato con lei, ma prima ancora anche con un'altra, che quindi era la madre del ragazzo? Ovvio, altrimenti si cadrebbe nell'incesto, ma buttato così mi è sembrato troppo di fretta. In pratica, sarebbe stato necessario più contesto, ho sentito la mancanza della figura del padre nel racconto, sempre evocata, ma da distante, poco "toccata" quasi che bastasse che ci dicessi che ne era geloso per farci entrare nella storia. Penso che il focus dovesse essere più sul contrasto padre/figlio mentre, come detto sopra, il padre risulta distante e la dialettica è più con l'amante e questo ci porta a domandarci il senso del finale. Da rivedere, insomma. Allo stato attuale, un pollice tendente verso il positivo, ma non al pelo.
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