Domani (Danilo Riccio)
Domani (Danilo Riccio)
Domani
Di Danilo Riccio (Kiljedayn)
“Che hanno detto?”
La voce del Tagliola, roca e carica d’ansia. La faccia decorata di cicatrici voltata verso la cornice vuota della finestra priva di vetro.
“Che non c’è più niente da fare: hanno firmato! Game over, amigo!”
La voce di Tango, piena di eccitazione. Tagliola lo sente abbandonarsi sul divano logoro, il coro delle molle intona un de profundis da funerale.
“Figli di puttana”, ringhia, scrutando l’orizzonte di palazzi sventrati che circonda il loro covo, “stanno uscendo dalle loro tane merdose e ballano per strada. Tango, posso sparargli?”
Tango prende una bottiglia da terra. Nella luce grigiastra sembra piena del piscio purulento di un malato. La stappa e beve avidamente.
Tagliola ha imbracciato il fucile e assunto la posizione di tiro. Tre bersagli hanno improvvisato una partita a calcetto usando una lattina vuota come palla. L’automatismo creato da tanti anni di giornate tutte uguali si impossessa del suo cervello: l’occhio nel mirino corre a fissarsi sulla gamba del fesso che sta dribblando i suoi compagni. Dilettanti del cazzo, sono pure disarmati. Il dito si sposta sul grilletto.
“Tagliola. Non fare cazzate. È finita ti ho detto.”
“Non è finito un cazzo, Tango!”
“Invece sì, i capoccioni si sono stretti la mano. Il trattato è stato firmato e l’ordine di cessate il fuoco è arrivato. Non fare cazzate. Vieni a bere e lascia perdere.”
Da qualche parte fra le macerie, una voce richiama i tre calciatori. C’è pericolo, qualcuno degli Altri potrebbe ancora far degli scherzi. Il Tagliola li guarda tornare alla realtà. I volti sorridenti mutano rapidamente nei musi guardinghi di un piccolo branco di animali impauriti, paranoici. Vulnerabili. Corrono in fretta al riparo.
I due uomini bevono, in silenzio. Spalla a spalla, su quel rudere di un divano, quasi come in una trincea.
Tango dà un buffetto al Tagliola.
“Andiamo, lo sapevi che non sarebbe durata per sempre. E, Cristo santo, perché mai dovresti desiderare che una guerra non finisca mai? Ne sei uscito vivo, sii grato di questo, brutto imbecille!” Sorride. Anche dietro al velo di sporco che lo avvolge, il sorriso di Tango è caldo e affascinante. Tagliola scorge il proprio riflesso nel vetro della bottiglia ormai vuota che stringe in pugno: un patchwork di carne, con due ombre nere sotto alle sopracciglia. Vuoto.
“Perché ti chiamano Tango?”, biascica al suo commilitone.
“Perché ballo bene. E perché ci so fare con le ragazze.”
“Ecco, bravo. A me mi chiamano Tagliola perché ne ho azzoppati a decine durante ‘sti anni di merda. Era la mia tattica: un colpo alla gamba di un fesso, poi ammazzavo tutti gli altri che cercavano di aiutarlo. Se lo lasciavano lì crepava dissanguato. Non so fare altro.”
La bottiglia si infrange contro al muro. Tagliola appoggia la gola alla bocca del fucile. Lacrime cadono dalle ombre sotto alle sopracciglia.
“Ma, Tagliola, porca puttana, da domani cambierà tutto! Non lo capisci? Potrai tornare a fare quello che facevi prima, potrai riabbracciare i tuoi cari! Ci siamo ripresi il domani, Tagliola, cazzo, il fottuto domani!”
“A me il domani mi terrorizza. Non lo conosco. Non ho nessuno da abbracciare.”
“Tagliola, non fare cazzate. Posa il fucile.”
Nella luce grigiastra, Tango fissa le ombre umide del suo compagno. Paura. Nient’altro. Il Tagliola è un guscio spezzato.
Il rumore dello sparo è assordante.
Di Danilo Riccio (Kiljedayn)
“Che hanno detto?”
La voce del Tagliola, roca e carica d’ansia. La faccia decorata di cicatrici voltata verso la cornice vuota della finestra priva di vetro.
“Che non c’è più niente da fare: hanno firmato! Game over, amigo!”
La voce di Tango, piena di eccitazione. Tagliola lo sente abbandonarsi sul divano logoro, il coro delle molle intona un de profundis da funerale.
“Figli di puttana”, ringhia, scrutando l’orizzonte di palazzi sventrati che circonda il loro covo, “stanno uscendo dalle loro tane merdose e ballano per strada. Tango, posso sparargli?”
Tango prende una bottiglia da terra. Nella luce grigiastra sembra piena del piscio purulento di un malato. La stappa e beve avidamente.
Tagliola ha imbracciato il fucile e assunto la posizione di tiro. Tre bersagli hanno improvvisato una partita a calcetto usando una lattina vuota come palla. L’automatismo creato da tanti anni di giornate tutte uguali si impossessa del suo cervello: l’occhio nel mirino corre a fissarsi sulla gamba del fesso che sta dribblando i suoi compagni. Dilettanti del cazzo, sono pure disarmati. Il dito si sposta sul grilletto.
“Tagliola. Non fare cazzate. È finita ti ho detto.”
“Non è finito un cazzo, Tango!”
“Invece sì, i capoccioni si sono stretti la mano. Il trattato è stato firmato e l’ordine di cessate il fuoco è arrivato. Non fare cazzate. Vieni a bere e lascia perdere.”
Da qualche parte fra le macerie, una voce richiama i tre calciatori. C’è pericolo, qualcuno degli Altri potrebbe ancora far degli scherzi. Il Tagliola li guarda tornare alla realtà. I volti sorridenti mutano rapidamente nei musi guardinghi di un piccolo branco di animali impauriti, paranoici. Vulnerabili. Corrono in fretta al riparo.
I due uomini bevono, in silenzio. Spalla a spalla, su quel rudere di un divano, quasi come in una trincea.
Tango dà un buffetto al Tagliola.
“Andiamo, lo sapevi che non sarebbe durata per sempre. E, Cristo santo, perché mai dovresti desiderare che una guerra non finisca mai? Ne sei uscito vivo, sii grato di questo, brutto imbecille!” Sorride. Anche dietro al velo di sporco che lo avvolge, il sorriso di Tango è caldo e affascinante. Tagliola scorge il proprio riflesso nel vetro della bottiglia ormai vuota che stringe in pugno: un patchwork di carne, con due ombre nere sotto alle sopracciglia. Vuoto.
“Perché ti chiamano Tango?”, biascica al suo commilitone.
“Perché ballo bene. E perché ci so fare con le ragazze.”
“Ecco, bravo. A me mi chiamano Tagliola perché ne ho azzoppati a decine durante ‘sti anni di merda. Era la mia tattica: un colpo alla gamba di un fesso, poi ammazzavo tutti gli altri che cercavano di aiutarlo. Se lo lasciavano lì crepava dissanguato. Non so fare altro.”
La bottiglia si infrange contro al muro. Tagliola appoggia la gola alla bocca del fucile. Lacrime cadono dalle ombre sotto alle sopracciglia.
“Ma, Tagliola, porca puttana, da domani cambierà tutto! Non lo capisci? Potrai tornare a fare quello che facevi prima, potrai riabbracciare i tuoi cari! Ci siamo ripresi il domani, Tagliola, cazzo, il fottuto domani!”
“A me il domani mi terrorizza. Non lo conosco. Non ho nessuno da abbracciare.”
“Tagliola, non fare cazzate. Posa il fucile.”
Nella luce grigiastra, Tango fissa le ombre umide del suo compagno. Paura. Nient’altro. Il Tagliola è un guscio spezzato.
Il rumore dello sparo è assordante.
Re: Domani (Danilo Riccio)
Ciao Danilo! Secondo MC di fila per te! Tutto ok con caratteri e tempo, divertiti in questa ALL STARS EDITION!
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- Messaggi: 142
Re: Domani (Danilo Riccio)
Ciao Danilo. hai sviluppato il tema del contest in un modo diverso rispetto a altri presenti nel gruppo: qui la fine si ritrova nella disperazione di chi ha perso lo scopo della sua vita e non ha nulla per cui andare avanti e decide quindi che la sola soluzione rimastagli corrisponde alla fine del tutto.
Anche lo stile che hai usato si sposa bene con il plot del tuo racconto.
Well done.
Anche lo stile che hai usato si sposa bene con il plot del tuo racconto.
Well done.
- Laura Cazzari
- Messaggi: 266
Re: Domani (Danilo Riccio)
Ciao Danilo, trovo originale il tema che hai scelto. La fine della guerra e il cambio di vita dei soldati ormai abituati solo alla vita militare. Sei riuscito a descrivere molto bene i soldati, cosa non facile visti i caratteri limitati. Le due osservazioni che ti faccio sono: non so se è credibile che il soldato si spari subito, ma capisco che ti servisse per enfatizzare il racconto, poi l’uso di a me mi, spero che fosse solo una scelta stilistica per descrivere il personaggio.
Laura Cazzari
Re: Domani (Danilo Riccio)
Laura Cazzari ha scritto:Ciao Danilo, trovo originale il tema che hai scelto. La fine della guerra e il cambio di vita dei soldati ormai abituati solo alla vita militare. Sei riuscito a descrivere molto bene i soldati, cosa non facile visti i caratteri limitati. Le due osservazioni che ti faccio sono: non so se è credibile che il soldato si spari subito, ma capisco che ti servisse per enfatizzare il racconto, poi l’uso di a me mi, spero che fosse solo una scelta stilistica per descrivere il personaggio.
Ciao Laura, grazie per i complimenti! Nel testo sono presenti alcuni indizi che fanno capire quanto Tagliola stia ponderando da un po' la questione (il fatto che la sua voce sia carica di ansia mentre chiede quali siano gli ordini, ad esempio), inoltre è ubriaco e in preda alla disperazione; avessi avuto più spazio, avrei sicuramente dato più spazio prima dello sparo, ma come hai intuito giustamente, serviva una chiusa rapida ed efficace.
Hai anche azzeccato per quanto riguarda l'uso di "a me mi", essenzialmente ha una doppia funzione: in primis, sottolineare il background di Tagliola, che rispetto a Tango è una persona più grezza, e in secondo luogo dare un'impronta più "sbronza" al suo discorso, senza dover ricorrere a storpiature che avrebbero fornito una vena comica poco appropriata al contesto.
- emiliano.maramonte
- Messaggi: 165
Re: Domani (Danilo Riccio)
Ciao Danilo! Lieto di leggerti.
Il racconto mi è sembrato completo, nel senso che ha una sua coerenza interna che ha un inizio, uno sviluppo e una chiusura che definiscono un cerchio narrativo senza mancanze o debolezze clamorose.
Mi è piaciuto molto il ritmo e ho apprezzato la narrazione dinamica che però non ha tralasciato di battere sui tasti di una sufficiente dose di approfondimento psicologico.
Qualche perplessità sull'ambientazione. Una guerra, giusto. Ma una guerra del passato? O un pizzico di fantascienza e horror? Non che questo sia un vero inconveniente (perché passa la palla dell'immaginazione al lettore), però mi sarebbe piaciuto saperne di più.
Per il resto, racconto che ho ben gradito.
In bocca al lupo!
Emiliano.
Il racconto mi è sembrato completo, nel senso che ha una sua coerenza interna che ha un inizio, uno sviluppo e una chiusura che definiscono un cerchio narrativo senza mancanze o debolezze clamorose.
Mi è piaciuto molto il ritmo e ho apprezzato la narrazione dinamica che però non ha tralasciato di battere sui tasti di una sufficiente dose di approfondimento psicologico.
Qualche perplessità sull'ambientazione. Una guerra, giusto. Ma una guerra del passato? O un pizzico di fantascienza e horror? Non che questo sia un vero inconveniente (perché passa la palla dell'immaginazione al lettore), però mi sarebbe piaciuto saperne di più.
Per il resto, racconto che ho ben gradito.
In bocca al lupo!
Emiliano.
- Luca Nesler
- Messaggi: 727
- Contatta:
Re: Domani (Danilo Riccio)
Ciao Danilo! Piacere di conoscerti e scusa l'attesa. Pensa la coincidenza: proprio oggi ho riconosciuto il tuo nome tra i ringraziamenti sulla “Ballata di fango e ossa” di Maurizio, ed eccomi qui a commentare un tuo racconto.
Comincio col dire che hai trattato il tema in modo un po’ personale, nel senso che qui si parla della fine di un periodo per Tagliola, mentre non so se si può vederla come fine di un’era in senso più ampio. Ma prendendolo come metaforico, trovo che sia comunque in tema.
L’idea non mi ha coinvolto molto. Forse un po' stereotipata l’idea del soldato che sa solo ammazzare e senza la guerra non è nulla. Anche Tagliola e la sua tecnica non mi è suonata nuova. Da Full Metal Jacket in poi tutti i cecchini usano la stessa tecnica nei film che ho visto, quindi non mi è sembrata molto originale per presentare il personaggio (o credibile che altri cecchini non facciano come lui).
Hai gestito bene la scena, nonostante la partenza un po’ brusca, risulta tutto chiaro. Tango è credibile e il disagio di Tagliola è palpabile. Ho trovato il testo ben dosato ed equilibrato nel complesso, ben calato nella situazione. Sono curioso di vederti alle prese coi prossimi temi.
Ti segnalo alcune parti nel testo per manifestare che effetto hanno avuto su di me, così hai un’occasione per riflettere ulteriormente sul testo (e così lo faccio anch'io). Naturalmente potrei fare considerazioni con cui non sei d’accordo e ci tengo a sottolineare che l’ultima parola spetta a te. Io, come politica, sui racconti da 3k cerco di dire tutto quello che ho da dire senza lasciare nulla di non detto. Vista la natura del contest e il desiderio dei più di migliorarci, opto per la sincerità più brutale, al posto di un approccio più gentile che sarebbe sicuramente più piacevole in molti casi (me compreso) :D
[Nella luce grigiastra sembra piena del piscio purulento di un malato. La stappa e beve avidamente.]
Questa descrizione mi è risuonata un po’ strana. Forse specificando la malattia che rende il piscio purulento avresti reso l’immagine più convincente. Tipo “il piscio purulento di un malato di gonorrea”, altrimenti il malato generico non ha per forza a che vedere con un piscio purulento e l’immagine mi arriva debole o ambigua.
Anche quel “avidamente” è poco giustificato. Se avessi descritto un paesaggio arso o la sete di Tango l’avrei capito, ma così è un po’ gratuito e ti sei giocato la carta “avverbio modale maledetto” che rallenta la lettura per niente.
[L’automatismo creato da tanti anni di giornate tutte uguali si impossessa del suo cervello]
Questa frase è passiva e si allontana dal Tagliola per parlare delle sue sensazioni. Funziona, ma è meno efficace di una più diretta. Il soggetto non dovrebbe essere l’automatismo che si impossessa del suo cervello, ma Tagliola che agisce secondo l’automatismo.
[Da qualche parte fra le macerie, una voce richiama i tre calciatori.]
Qui tutto bene, siamo ancora nelle percezioni del portatore di PDV Tagliola
[C’è pericolo, qualcuno degli Altri potrebbe ancora far degli scherzi.]
Qui invece è un po’ ambiguo. Questa frase significa che il Tagliola sente il richiamo e lo capisce oppure è il narratore che ci spiega cosa avviene dall’altra parte? Sarebbe meglio non lasciare questi dubbi al lettore.
[Corrono in fretta al riparo.]
Questo “in fretta” è superfluo perché chiaro dal predicato e dal contesto. Mi dicono che in narrativa “meno è meglio”.
[quasi come in una trincea.]
Questo “quasi” non è sbagliato (spesso lo è), ma è comunque superfluo, perché, se ci pensi, indebolisce il messaggio che vuoi dare, per nessuna ragione. Meglio “come in una trincea” (sempre secondo me).
[Tagliola scorge il proprio riflesso nel vetro della bottiglia ormai vuota che stringe in pugno]
In questa frase “ormai” e “che stringe in pugno” mi sembrano superflui rispetto alla scena e al dettaglio che vuoi dare, quindi risulta meno immediata. Il “vuota” si ripete nella riga dopo con “Vuoto”, sicché potresti usarlo come analogia più consapevole evitando che sembri una ripetizione involontaria. Infine “scorge” è un modo difficile per dire “vede” e i paroloni allontanano il lettore dall’immersione narrativa. È più difficile usare parole semplici sempre, piuttosto che complesse ogni tanto, ma la lettura ne guadagna molto in scorrevolezza e immediatezza.
[“Perché ti chiamano Tango?”, biascica al suo commilitone.]
Adesso, capiamoci, io rompo il cazzo a tutti, ma non è che sto correggendo. È più un modo per riflettere in generale sulla scrittura e confrontarsi malgrado il mezzo e la distanza (e magari pure contro la volontà dell'autore). E, a questo proposito, dico che io non avrei messo “al suo commilitone”, perché sono in due e, mentre il fatto che biascichi dice qualcosa che non potevo desumere dal contesto, il resto risulta superfluo.
[Tango fissa le ombre umide del suo compagno. Paura. Nient’altro.]
Fin’ qui siamo rimasti ancorati al punto di vista di Tagliola, abbiamo conosciuto il mondo attraverso il suo sguardo (eccezion fatta per quella piccola ambiguità dei tipi che tornano a rintanarsi). Ora cambi all’improvviso e vediamo Tagliola dagli occhi di Tango, proprio nel momento di maggior drammaticità per Tagliola. Questo disorienta e smorza un po’ la tensione. Inoltre “Paura. Nient’altro” non capisco più a chi si riferisca, se a Tagliola o a Tango.
Comunque una buona prova. Dimostri padronanza della situazione e non è da tutti.
Alla prossima!
Comincio col dire che hai trattato il tema in modo un po’ personale, nel senso che qui si parla della fine di un periodo per Tagliola, mentre non so se si può vederla come fine di un’era in senso più ampio. Ma prendendolo come metaforico, trovo che sia comunque in tema.
L’idea non mi ha coinvolto molto. Forse un po' stereotipata l’idea del soldato che sa solo ammazzare e senza la guerra non è nulla. Anche Tagliola e la sua tecnica non mi è suonata nuova. Da Full Metal Jacket in poi tutti i cecchini usano la stessa tecnica nei film che ho visto, quindi non mi è sembrata molto originale per presentare il personaggio (o credibile che altri cecchini non facciano come lui).
Hai gestito bene la scena, nonostante la partenza un po’ brusca, risulta tutto chiaro. Tango è credibile e il disagio di Tagliola è palpabile. Ho trovato il testo ben dosato ed equilibrato nel complesso, ben calato nella situazione. Sono curioso di vederti alle prese coi prossimi temi.
Ti segnalo alcune parti nel testo per manifestare che effetto hanno avuto su di me, così hai un’occasione per riflettere ulteriormente sul testo (e così lo faccio anch'io). Naturalmente potrei fare considerazioni con cui non sei d’accordo e ci tengo a sottolineare che l’ultima parola spetta a te. Io, come politica, sui racconti da 3k cerco di dire tutto quello che ho da dire senza lasciare nulla di non detto. Vista la natura del contest e il desiderio dei più di migliorarci, opto per la sincerità più brutale, al posto di un approccio più gentile che sarebbe sicuramente più piacevole in molti casi (me compreso) :D
[Nella luce grigiastra sembra piena del piscio purulento di un malato. La stappa e beve avidamente.]
Questa descrizione mi è risuonata un po’ strana. Forse specificando la malattia che rende il piscio purulento avresti reso l’immagine più convincente. Tipo “il piscio purulento di un malato di gonorrea”, altrimenti il malato generico non ha per forza a che vedere con un piscio purulento e l’immagine mi arriva debole o ambigua.
Anche quel “avidamente” è poco giustificato. Se avessi descritto un paesaggio arso o la sete di Tango l’avrei capito, ma così è un po’ gratuito e ti sei giocato la carta “avverbio modale maledetto” che rallenta la lettura per niente.
[L’automatismo creato da tanti anni di giornate tutte uguali si impossessa del suo cervello]
Questa frase è passiva e si allontana dal Tagliola per parlare delle sue sensazioni. Funziona, ma è meno efficace di una più diretta. Il soggetto non dovrebbe essere l’automatismo che si impossessa del suo cervello, ma Tagliola che agisce secondo l’automatismo.
[Da qualche parte fra le macerie, una voce richiama i tre calciatori.]
Qui tutto bene, siamo ancora nelle percezioni del portatore di PDV Tagliola
[C’è pericolo, qualcuno degli Altri potrebbe ancora far degli scherzi.]
Qui invece è un po’ ambiguo. Questa frase significa che il Tagliola sente il richiamo e lo capisce oppure è il narratore che ci spiega cosa avviene dall’altra parte? Sarebbe meglio non lasciare questi dubbi al lettore.
[Corrono in fretta al riparo.]
Questo “in fretta” è superfluo perché chiaro dal predicato e dal contesto. Mi dicono che in narrativa “meno è meglio”.
[quasi come in una trincea.]
Questo “quasi” non è sbagliato (spesso lo è), ma è comunque superfluo, perché, se ci pensi, indebolisce il messaggio che vuoi dare, per nessuna ragione. Meglio “come in una trincea” (sempre secondo me).
[Tagliola scorge il proprio riflesso nel vetro della bottiglia ormai vuota che stringe in pugno]
In questa frase “ormai” e “che stringe in pugno” mi sembrano superflui rispetto alla scena e al dettaglio che vuoi dare, quindi risulta meno immediata. Il “vuota” si ripete nella riga dopo con “Vuoto”, sicché potresti usarlo come analogia più consapevole evitando che sembri una ripetizione involontaria. Infine “scorge” è un modo difficile per dire “vede” e i paroloni allontanano il lettore dall’immersione narrativa. È più difficile usare parole semplici sempre, piuttosto che complesse ogni tanto, ma la lettura ne guadagna molto in scorrevolezza e immediatezza.
[“Perché ti chiamano Tango?”, biascica al suo commilitone.]
Adesso, capiamoci, io rompo il cazzo a tutti, ma non è che sto correggendo. È più un modo per riflettere in generale sulla scrittura e confrontarsi malgrado il mezzo e la distanza (e magari pure contro la volontà dell'autore). E, a questo proposito, dico che io non avrei messo “al suo commilitone”, perché sono in due e, mentre il fatto che biascichi dice qualcosa che non potevo desumere dal contesto, il resto risulta superfluo.
[Tango fissa le ombre umide del suo compagno. Paura. Nient’altro.]
Fin’ qui siamo rimasti ancorati al punto di vista di Tagliola, abbiamo conosciuto il mondo attraverso il suo sguardo (eccezion fatta per quella piccola ambiguità dei tipi che tornano a rintanarsi). Ora cambi all’improvviso e vediamo Tagliola dagli occhi di Tango, proprio nel momento di maggior drammaticità per Tagliola. Questo disorienta e smorza un po’ la tensione. Inoltre “Paura. Nient’altro” non capisco più a chi si riferisca, se a Tagliola o a Tango.
Comunque una buona prova. Dimostri padronanza della situazione e non è da tutti.
Alla prossima!
Re: Domani (Danilo Riccio)
Un racconto con un ritmo serrato e uno stile asciutto che ho apprezzato. All’inizio aggiungerei un verbo alle prime frasi che mi sono sembrate mancanti di qualcosa.
La voce del Tagliola, roca e carica d’ansia. (La voce del Tagliola è roca, carica di ansia.)
La voce di Tango, piena di eccitazione. (La voce di Tango è acuta, eccitata)
E metterei vicini i primi due dialoghi perché il botta e risposta risulterebbe più immediato con i due “che” all’inizio.
Poi il racconto decolla e mi sembra efficace, il tema c’è, e direi che è un buon lavoro.
A rileggerti e buona edizione!
La voce del Tagliola, roca e carica d’ansia. (La voce del Tagliola è roca, carica di ansia.)
La voce di Tango, piena di eccitazione. (La voce di Tango è acuta, eccitata)
E metterei vicini i primi due dialoghi perché il botta e risposta risulterebbe più immediato con i due “che” all’inizio.
Poi il racconto decolla e mi sembra efficace, il tema c’è, e direi che è un buon lavoro.
A rileggerti e buona edizione!
Re: Domani (Danilo Riccio)
emiliano.maramonte ha scritto:Ciao Danilo! Lieto di leggerti.
Il racconto mi è sembrato completo, nel senso che ha una sua coerenza interna che ha un inizio, uno sviluppo e una chiusura che definiscono un cerchio narrativo senza mancanze o debolezze clamorose.
Mi è piaciuto molto il ritmo e ho apprezzato la narrazione dinamica che però non ha tralasciato di battere sui tasti di una sufficiente dose di approfondimento psicologico.
Qualche perplessità sull'ambientazione. Una guerra, giusto. Ma una guerra del passato? O un pizzico di fantascienza e horror? Non che questo sia un vero inconveniente (perché passa la palla dell'immaginazione al lettore), però mi sarebbe piaciuto saperne di più.
Per il resto, racconto che ho ben gradito.
In bocca al lupo!
Emiliano.
Grazie mille per i complimenti, Emiliano! La guerra di tagliola e tango è volutamente lasciata nel mistero (anche se il fatto che Tango utilizzi l'espressione "game over, amigo" è un indizio sul fatto che sia stata scritta in un ambito moderno/futuristico), perché il focus voleva essere sulla paura del domani e del cambiamento di Tagliola stesso. Ho preso nota della tua osservazione, però, e in futuro cercherò di fornire maggiori dettagli sull'ambientazione dei miei racconti.
Grazie ancora e a presto!
Re: Domani (Danilo Riccio)
Luca Nesler ha scritto:Ciao Danilo! Piacere di conoscerti e scusa l'attesa. Pensa la coincidenza: proprio oggi ho riconosciuto il tuo nome tra i ringraziamenti sulla “Ballata di fango e ossa” di Maurizio, ed eccomi qui a commentare un tuo racconto.
Comincio col dire che hai trattato il tema in modo un po’ personale, nel senso che qui si parla della fine di un periodo per Tagliola, mentre non so se si può vederla come fine di un’era in senso più ampio. Ma prendendolo come metaforico, trovo che sia comunque in tema.
L’idea non mi ha coinvolto molto. Forse un po' stereotipata l’idea del soldato che sa solo ammazzare e senza la guerra non è nulla. Anche Tagliola e la sua tecnica non mi è suonata nuova. Da Full Metal Jacket in poi tutti i cecchini usano la stessa tecnica nei film che ho visto, quindi non mi è sembrata molto originale per presentare il personaggio (o credibile che altri cecchini non facciano come lui).
Hai gestito bene la scena, nonostante la partenza un po’ brusca, risulta tutto chiaro. Tango è credibile e il disagio di Tagliola è palpabile. Ho trovato il testo ben dosato ed equilibrato nel complesso, ben calato nella situazione. Sono curioso di vederti alle prese coi prossimi temi.
Ti segnalo alcune parti nel testo per manifestare che effetto hanno avuto su di me, così hai un’occasione per riflettere ulteriormente sul testo (e così lo faccio anch'io). Naturalmente potrei fare considerazioni con cui non sei d’accordo e ci tengo a sottolineare che l’ultima parola spetta a te. Io, come politica, sui racconti da 3k cerco di dire tutto quello che ho da dire senza lasciare nulla di non detto. Vista la natura del contest e il desiderio dei più di migliorarci, opto per la sincerità più brutale, al posto di un approccio più gentile che sarebbe sicuramente più piacevole in molti casi (me compreso) :D
[Nella luce grigiastra sembra piena del piscio purulento di un malato. La stappa e beve avidamente.]
Questa descrizione mi è risuonata un po’ strana. Forse specificando la malattia che rende il piscio purulento avresti reso l’immagine più convincente. Tipo “il piscio purulento di un malato di gonorrea”, altrimenti il malato generico non ha per forza a che vedere con un piscio purulento e l’immagine mi arriva debole o ambigua.
Anche quel “avidamente” è poco giustificato. Se avessi descritto un paesaggio arso o la sete di Tango l’avrei capito, ma così è un po’ gratuito e ti sei giocato la carta “avverbio modale maledetto” che rallenta la lettura per niente.
[L’automatismo creato da tanti anni di giornate tutte uguali si impossessa del suo cervello]
Questa frase è passiva e si allontana dal Tagliola per parlare delle sue sensazioni. Funziona, ma è meno efficace di una più diretta. Il soggetto non dovrebbe essere l’automatismo che si impossessa del suo cervello, ma Tagliola che agisce secondo l’automatismo.
[Da qualche parte fra le macerie, una voce richiama i tre calciatori.]
Qui tutto bene, siamo ancora nelle percezioni del portatore di PDV Tagliola
[C’è pericolo, qualcuno degli Altri potrebbe ancora far degli scherzi.]
Qui invece è un po’ ambiguo. Questa frase significa che il Tagliola sente il richiamo e lo capisce oppure è il narratore che ci spiega cosa avviene dall’altra parte? Sarebbe meglio non lasciare questi dubbi al lettore.
[Corrono in fretta al riparo.]
Questo “in fretta” è superfluo perché chiaro dal predicato e dal contesto. Mi dicono che in narrativa “meno è meglio”.
[quasi come in una trincea.]
Questo “quasi” non è sbagliato (spesso lo è), ma è comunque superfluo, perché, se ci pensi, indebolisce il messaggio che vuoi dare, per nessuna ragione. Meglio “come in una trincea” (sempre secondo me).
[Tagliola scorge il proprio riflesso nel vetro della bottiglia ormai vuota che stringe in pugno]
In questa frase “ormai” e “che stringe in pugno” mi sembrano superflui rispetto alla scena e al dettaglio che vuoi dare, quindi risulta meno immediata. Il “vuota” si ripete nella riga dopo con “Vuoto”, sicché potresti usarlo come analogia più consapevole evitando che sembri una ripetizione involontaria. Infine “scorge” è un modo difficile per dire “vede” e i paroloni allontanano il lettore dall’immersione narrativa. È più difficile usare parole semplici sempre, piuttosto che complesse ogni tanto, ma la lettura ne guadagna molto in scorrevolezza e immediatezza.
[“Perché ti chiamano Tango?”, biascica al suo commilitone.]
Adesso, capiamoci, io rompo il cazzo a tutti, ma non è che sto correggendo. È più un modo per riflettere in generale sulla scrittura e confrontarsi malgrado il mezzo e la distanza (e magari pure contro la volontà dell'autore). E, a questo proposito, dico che io non avrei messo “al suo commilitone”, perché sono in due e, mentre il fatto che biascichi dice qualcosa che non potevo desumere dal contesto, il resto risulta superfluo.
[Tango fissa le ombre umide del suo compagno. Paura. Nient’altro.]
Fin’ qui siamo rimasti ancorati al punto di vista di Tagliola, abbiamo conosciuto il mondo attraverso il suo sguardo (eccezion fatta per quella piccola ambiguità dei tipi che tornano a rintanarsi). Ora cambi all’improvviso e vediamo Tagliola dagli occhi di Tango, proprio nel momento di maggior drammaticità per Tagliola. Questo disorienta e smorza un po’ la tensione. Inoltre “Paura. Nient’altro” non capisco più a chi si riferisca, se a Tagliola o a Tango.
Comunque una buona prova. Dimostri padronanza della situazione e non è da tutti.
Alla prossima!
Signor Nesler, lei mi ferisce! Ci siamo già "conosciuti" nella scorsa edition!
Battute a parte, parto col ringraziarti per i complimenti che mi fai, graditissimi. Il tema, in realtà, è tratto su due livelli: la fine dell'era propriamente detta è quella della fine di un conflitto durato diversi anni; su questa occasione, si scontrano i punti di vista di due soldato, Tango e Tagliola. Il primo è un uomo al quale la guerra ha imposto una "pausa" forzata in una vita normale, nella quale aveva successo con le donne, aveva degli affetti e una passione (il ballo); il secondo, tutto il contrario. La guerra ha fornito a Tagliola una sua identità, e se come dici, la sua tattica non è certo innovativa, il suo soprannome serviva a denotare quanto fosse abile nel metterla in pratica. La fine dell'era viene dunque vista da Tango come un momento positivo, grazie al quale potrà ricominciare a tornare alla normalità, mentre per il tagliola segna una piccola tragedia, il ritorno a una vita vuota.
Per tutte le tue osservazioni, sono d'accordissimo e ti ringrazio ancora, perché mi aiuti a capire cosa tagliare in futuro e a far fruttare al meglio 'sti dannati 3333 caratteri.
Alla prossima!
- Luca Nesler
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Re: Domani (Danilo Riccio)
Che figura! Dolly, è vero! Era anche un bel racconto. Tra nickname e niente immagini faccio fatica a collegare (in realtà la faccio comunque).
Ti chiedo scusa! Non ti dimentico più ora
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Re: Domani (Danilo Riccio)
Luca Nesler ha scritto:Che figura! Dolly, è vero! Era anche un bel racconto. Tra nickname e niente immagini faccio fatica a collegare (in realtà la faccio comunque).
Ti chiedo scusa! Non ti dimentico più ora
Ma va, tranquillo :)
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Re: Domani (Danilo Riccio)
Tema centrato. La fine di un’epoca è quella di una guerra sanguinosa in un luogo imprecisato. La scrittura è ottima. I dialoghi sono crudi al punto giusto e l’atmosfera è ben resa in particolari efficaci (la finestra priva di vetri, i tre bersagli che giocano a calcio con una lattina vuota, la presenza di armi e il patimento che si legge sui volti provati dei due protagonisti, ben caratterizzati dai loro soprannomi: Tagliola e Tango. Molto originale il paragone liquido-piscio purulento di malato) Indovinato l’uso dei dialoghi fra i due per spiegare al Lettore chi sono. Tango è il più ottimista, ci sa fare con quel ballo e le donne. La fine della guerra per lui è la speranza di riprendere le vecchie abitudini. Tagliola, abituato a uccidere con la tecnica da tiratore scelto, azzoppane uno e abbatti gli altri, si sente svuotato. Proprio come i palazzi della città). Di qui la sua scelta: il suicidio, perché la sua epoca personale è finita.
Re: Domani (Danilo Riccio)
alexandra.fischer ha scritto:Tema centrato. La fine di un’epoca è quella di una guerra sanguinosa in un luogo imprecisato. La scrittura è ottima. I dialoghi sono crudi al punto giusto e l’atmosfera è ben resa in particolari efficaci (la finestra priva di vetri, i tre bersagli che giocano a calcio con una lattina vuota, la presenza di armi e il patimento che si legge sui volti provati dei due protagonisti, ben caratterizzati dai loro soprannomi: Tagliola e Tango. Molto originale il paragone liquido-piscio purulento di malato) Indovinato l’uso dei dialoghi fra i due per spiegare al Lettore chi sono. Tango è il più ottimista, ci sa fare con quel ballo e le donne. La fine della guerra per lui è la speranza di riprendere le vecchie abitudini. Tagliola, abituato a uccidere con la tecnica da tiratore scelto, azzoppane uno e abbatti gli altri, si sente svuotato. Proprio come i palazzi della città). Di qui la sua scelta: il suicidio, perché la sua epoca personale è finita.
Grazie mille, Alexandra, lieto che il mio racconto ti sia piaciuto!
- giulio.marchese1
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Re: Domani (Danilo Riccio)
Ciao Danilo,
Il tuo racconto ha un buon ritmo, lo stile è pulito ed i dialoghi ben gestiti. Il tema lo vedo toccato di striscio, la fine di una lunga guerra non meglio precisata. Mi è piaciuto come hai messo in risalto le diverse conseguenze che questa fine ha sui personaggi con Tango che si prepara a tornare alla vita di prima e Tagliola che pensa di non saper far altro e ne è devastato.
Questa frase mi sa un po' di infodump, attenzione ci sta, è mascherato bene però forse avresti potuto farlo chiedere a Tango, lo avrei visto più naturale. All'inizio mi sembrano abbastanza affiatati quindi il fatto che spiegano i soprannomi mi sembra un po' improvviso.
Comunque, complimenti!
Il tuo racconto ha un buon ritmo, lo stile è pulito ed i dialoghi ben gestiti. Il tema lo vedo toccato di striscio, la fine di una lunga guerra non meglio precisata. Mi è piaciuto come hai messo in risalto le diverse conseguenze che questa fine ha sui personaggi con Tango che si prepara a tornare alla vita di prima e Tagliola che pensa di non saper far altro e ne è devastato.
“Ecco, bravo. A me mi chiamano Tagliola perché ne ho azzoppati a decine durante ‘sti anni di merda. Era la mia tattica: un colpo alla gamba di un fesso, poi ammazzavo tutti gli altri che cercavano di aiutarlo. Se lo lasciavano lì crepava dissanguato. Non so fare altro.”
Questa frase mi sa un po' di infodump, attenzione ci sta, è mascherato bene però forse avresti potuto farlo chiedere a Tango, lo avrei visto più naturale. All'inizio mi sembrano abbastanza affiatati quindi il fatto che spiegano i soprannomi mi sembra un po' improvviso.
Comunque, complimenti!
- daniele.mammana-torrisi
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Re: Domani (Danilo Riccio)
Ciao, Danilo!
Scrivendo per passione military fiction e racconti di guerra, questo tra tutti gli scritti era quello che andava a toccare di più le corde della familiarità. Nello stretto margine dei caratteri, e per questo ti faccio i miei complimenti, hai trattato uno dei punti più interessanti e controversi della guerra.
Che succede quando finisce? Che cos'ha Tagliola, alla fine di tutto? Non è morto nel conflitto, diversamente da altri, ma alla fine non gli importa nemmeno. Quello era tutto il suo mondo e senza non sarebbe più lui. La traccia l'hai rispettata, pur considerando che la guerra che finisce serve solo ad innescare la trama.
Un po', però, la fine di un'era non si esprime appieno; dall'altro canto, apprezzo che il conflitto sia lasciato vago, senza dettagli di sorta. Sappiamo che c'è stato, ma non per quanto tempo, e ciò basta alla storia.
Avrebbe potuto dare qualcosa di più, ma il risultato è comunque molto pregevole.
A rileggerci presto!
Scrivendo per passione military fiction e racconti di guerra, questo tra tutti gli scritti era quello che andava a toccare di più le corde della familiarità. Nello stretto margine dei caratteri, e per questo ti faccio i miei complimenti, hai trattato uno dei punti più interessanti e controversi della guerra.
Che succede quando finisce? Che cos'ha Tagliola, alla fine di tutto? Non è morto nel conflitto, diversamente da altri, ma alla fine non gli importa nemmeno. Quello era tutto il suo mondo e senza non sarebbe più lui. La traccia l'hai rispettata, pur considerando che la guerra che finisce serve solo ad innescare la trama.
Un po', però, la fine di un'era non si esprime appieno; dall'altro canto, apprezzo che il conflitto sia lasciato vago, senza dettagli di sorta. Sappiamo che c'è stato, ma non per quanto tempo, e ciò basta alla storia.
Avrebbe potuto dare qualcosa di più, ma il risultato è comunque molto pregevole.
A rileggerci presto!
Re: Domani (Danilo Riccio)
daniele.mammana-torrisi ha scritto:Ciao, Danilo!
Scrivendo per passione military fiction e racconti di guerra, questo tra tutti gli scritti era quello che andava a toccare di più le corde della familiarità. Nello stretto margine dei caratteri, e per questo ti faccio i miei complimenti, hai trattato uno dei punti più interessanti e controversi della guerra.
Che succede quando finisce? Che cos'ha Tagliola, alla fine di tutto? Non è morto nel conflitto, diversamente da altri, ma alla fine non gli importa nemmeno. Quello era tutto il suo mondo e senza non sarebbe più lui. La traccia l'hai rispettata, pur considerando che la guerra che finisce serve solo ad innescare la trama.
Un po', però, la fine di un'era non si esprime appieno; dall'altro canto, apprezzo che il conflitto sia lasciato vago, senza dettagli di sorta. Sappiamo che c'è stato, ma non per quanto tempo, e ciò basta alla storia.
Avrebbe potuto dare qualcosa di più, ma il risultato è comunque molto pregevole.
A rileggerci presto!
Ciao, Daniele, grazie per l'apprezzamento che hai dimostrato per il mio racconto! Sono felice di sentire che abbia superato la prova di un appassionato di racconti di guerra, per me era la prima esperienza e temevo di risultare pretenzioso o caricaturale. Parte del motivo per cui ho scelto di lasciare la "guerra" nel mistero è anche la mia scarsa conoscenza di conflitti storici reali; intendiamoci, non mi interessava scrivere di un conflitto in particolare e volevo che chiunque potesse immaginarselo come più preferiva, ma volevo anche evitare inesattezze o figuracce in generale.
Grazie ancora, a presto!
Re: Domani (Danilo Riccio)
giulio.marchese1 ha scritto:Ciao Danilo,
Il tuo racconto ha un buon ritmo, lo stile è pulito ed i dialoghi ben gestiti. Il tema lo vedo toccato di striscio, la fine di una lunga guerra non meglio precisata. Mi è piaciuto come hai messo in risalto le diverse conseguenze che questa fine ha sui personaggi con Tango che si prepara a tornare alla vita di prima e Tagliola che pensa di non saper far altro e ne è devastato.“Ecco, bravo. A me mi chiamano Tagliola perché ne ho azzoppati a decine durante ‘sti anni di merda. Era la mia tattica: un colpo alla gamba di un fesso, poi ammazzavo tutti gli altri che cercavano di aiutarlo. Se lo lasciavano lì crepava dissanguato. Non so fare altro.”
Questa frase mi sa un po' di infodump, attenzione ci sta, è mascherato bene però forse avresti potuto farlo chiedere a Tango, lo avrei visto più naturale. All'inizio mi sembrano abbastanza affiatati quindi il fatto che spiegano i soprannomi mi sembra un po' improvviso.
Comunque, complimenti!
Ciao, Giulio! Grazie anche a te per i complimenti! Una piccola precisazione sulla scena in cui parlano dei soprannomi: qui sono entrambi poco lucidi, avendo svuotato una bottiglia di un qualche tremendo alcolico da zona di guerra. La domanda di tagliola e la sua successiva spiegazione non sono mosse da effettiva curiosità; come dici tu, lui e tango si conoscono. Tagliola, in un momento di vulnerabilità, decide di provare a far ragionare Tango su quanto siano diversi, chiedendogli prima il perché del suo soprannome (anche se in realtà lo sa), e poi ribandendo l'origine del proprio. Insomma, è come se dicesse "vedi? siamo diversi".
Ma mi rendo conto che probabilmente non l'ho gestita al meglio io, devo ancora affinare la mia tecnica.
Grazie ancora e alla prossima!
- Andrea Partiti
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Re: Domani (Danilo Riccio)
Ciao!
Ottimo racconto, per i miei gusti.
Il tema è centratissimo e mi piace lo stile con cui racconti il cameratismo e questo ambiente deformato da anni di guerra e conflitto. Riesci a far passare bene come la guerra abbia plasmato tutto del mondo che descrivi, le persone, i manierismi, il linguaggio, i pensieri, quindi il dover frenare gli istinti diventa un motore molto potente per spezzare chi sulla guerra ha costruito la sua intera identità.
Non penso sia una situazione classica da soldato che torna dalla guerra e non riesce a riadattarsi, nel mondo che descrivi e usi la guerra è molto più integrata nella società, spingi al limite il trope del "returning war vet" e gli dai un buon taglio.
Finiti i complimenti, penso che all'inizio tu abbia caricato troppo le descrizioni, avvicinandoti pericolosamente al livello parodia. Quello che mi sembra più innaturale sono i dialoghi. Non sono dei dialoghi che mi aspetto da soldati così ingranati nella loro routine, sono verbosi, complessi, con troppi fronzoli. E' una questione di gusti, ma comunichi già molto con la gestualità, il guardare nel mirino, il puntare il fucile a chi gioca fuori, la frustrazione. Da lettore ho la sensazione che tu abbia avuto paura che non si capisse abbastanza e volessi rimarcare proprio bene cosa è successo, ma ti sia allargato troppo.
Ottimo racconto, per i miei gusti.
Il tema è centratissimo e mi piace lo stile con cui racconti il cameratismo e questo ambiente deformato da anni di guerra e conflitto. Riesci a far passare bene come la guerra abbia plasmato tutto del mondo che descrivi, le persone, i manierismi, il linguaggio, i pensieri, quindi il dover frenare gli istinti diventa un motore molto potente per spezzare chi sulla guerra ha costruito la sua intera identità.
Non penso sia una situazione classica da soldato che torna dalla guerra e non riesce a riadattarsi, nel mondo che descrivi e usi la guerra è molto più integrata nella società, spingi al limite il trope del "returning war vet" e gli dai un buon taglio.
Finiti i complimenti, penso che all'inizio tu abbia caricato troppo le descrizioni, avvicinandoti pericolosamente al livello parodia. Quello che mi sembra più innaturale sono i dialoghi. Non sono dei dialoghi che mi aspetto da soldati così ingranati nella loro routine, sono verbosi, complessi, con troppi fronzoli. E' una questione di gusti, ma comunichi già molto con la gestualità, il guardare nel mirino, il puntare il fucile a chi gioca fuori, la frustrazione. Da lettore ho la sensazione che tu abbia avuto paura che non si capisse abbastanza e volessi rimarcare proprio bene cosa è successo, ma ti sia allargato troppo.
Re: Domani (Danilo Riccio)
Andrea Partiti ha scritto:Ciao!
Ottimo racconto, per i miei gusti.
Il tema è centratissimo e mi piace lo stile con cui racconti il cameratismo e questo ambiente deformato da anni di guerra e conflitto. Riesci a far passare bene come la guerra abbia plasmato tutto del mondo che descrivi, le persone, i manierismi, il linguaggio, i pensieri, quindi il dover frenare gli istinti diventa un motore molto potente per spezzare chi sulla guerra ha costruito la sua intera identità.
Non penso sia una situazione classica da soldato che torna dalla guerra e non riesce a riadattarsi, nel mondo che descrivi e usi la guerra è molto più integrata nella società, spingi al limite il trope del "returning war vet" e gli dai un buon taglio.
Finiti i complimenti, penso che all'inizio tu abbia caricato troppo le descrizioni, avvicinandoti pericolosamente al livello parodia. Quello che mi sembra più innaturale sono i dialoghi. Non sono dei dialoghi che mi aspetto da soldati così ingranati nella loro routine, sono verbosi, complessi, con troppi fronzoli. E' una questione di gusti, ma comunichi già molto con la gestualità, il guardare nel mirino, il puntare il fucile a chi gioca fuori, la frustrazione. Da lettore ho la sensazione che tu abbia avuto paura che non si capisse abbastanza e volessi rimarcare proprio bene cosa è successo, ma ti sia allargato troppo.
Andrea, lieto che il racconto sia stato di tuo gradimento! Mi hai fornito un punto di vista interessante per quanto riguarda i dialoghi, grazie! Cercherò di tenere a mente per il futuro!
Re: Domani (Danilo Riccio)
Touchè, non ho appunti da fare, mi sembra tutto al suo posto e dosato ottimamente. Tema preso alla stragrande. Mi avvalgo della posizione di moderatore per non arrivare ai 300 caratteri consoni. Pollice su per me.
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