BENVENUTI ALLA SARA SIMONI EDITION, LA SETTIMA DELL'OTTAVA ERA DI MINUTI CONTATI, LA 151° ALL TIME!
Questo è il gruppo GUARDIANO della SARA SIMONI EDITION con SARA SIMONI come guest star.
Gli autori del gruppo GUARDIANO dovranno commentare e classificare i racconti del gruppo QUERCIA.
I racconti di questo gruppo verranno commentati e classificati dagli autori del gruppo PRINCIPESSA.
Questo è un gruppo da NOVE racconti e saranno i primi TRE ad avere diritto alla pubblicazione immediata sul sito e a entrare tra i finalisti che verranno valutati da SARA SIMONI. Altri racconti ritenuti meritevoli da me, l'Antico, verranno a loro volta ammessi alla vetrina del sito, ma non alla finale. Ricordo che per decidere quanti finalisti ogni gruppo debba emettere cerco sempre di rimanere in un rapporto di uno ogni tre approsimandolo all'occorrenza per eccesso.
Per la composizione dei gruppi ho tenuto conto del seguente metodo: per primi ho assegnato ai raggruppamenti coloro in possesso di punti RANK D'ERA, a seguire ho assegnato ai raggruppamenti coloro in possesso del RANK ALL TIME (il primo nel gruppo A, il secondo nel gruppo B, il terzo nel gruppo C, il quarto nel gruppo A e così via), coloro che non hanno ottenuto punti nel corso dell'Era in corso e che non hanno acquisito punti nel RANK ALL TIME sono stati assegnati a seguire (primo a postare gruppo X, secondo a postare gruppo Y, terzo a postare gruppo BETA, quarto a postare gruppo X e così via). Importante accorgimento: in quest'Era il gruppo con il Leader della classifica non potrà mai essere quello con più racconti, motivo per cui quando ci sarà un numero diverso di racconti per gruppo, come in questa edizione, gli ultimi racconti verranno assegnati saltandolo.
E ora vediamo i racconti ammessi nel gruppo GUARDIANO:
Chi resta, di Luca Fagiolo, ore 00.31, 4219 caratteri Radici di marmo, chioma di vetro, di Debora Dolci, ore 00.55, 4213 caratteri Roberta, di Andrea Spinelli, ore 23.48, 4226 caratteri MALUS 50 PUNTI Il Quantistologo, di Dario Cinti, ore 00.53, 4231 caratteri Radici in ombra, di Soraia Patrizi, ore 23.51, 4199 caratteri I Superstiti, di Silvia Casabianca, ore 00.42, 4189 caratteri Doppiogioco, di Valerio Covaia, ore 00.49, 4149 caratteri Metti le radici!, di Antonio Pilato, ore 22.20, 4215 caratteri La nuova fiamma, di Roberto Bartoletti, ore 00.07, 4135 caratteri
Avrete tempo fino alle 23.59 di giovedì 25 MARZO per commentare i racconti del gruppo QUERCIA Le vostre classifiche corredate dai commenti andranno postate direttamente sul loro gruppo. Per i ritardatari ci sarà un'ora di tempo in più per postare le classifiche e i commenti, quindi fino alle 00.59 del 26 MARZO, ma si prenderanno un malus pari alla metà del numero di autori inseriti nel gruppo approssimato per difetto. Vi avverto che sarò fiscale e non concederò un solo secondo in più. Vi ricordo che le vostre classifiche dovranno essere complete dal primo all'ultimo. Una volta postate tutte le vostre classifiche, posterò la mia e stilerò quella finale dei raggruppamenti. NB: avete DIECI giorni per commentare e classificare i racconti del gruppo QUERCIA e so bene che sono tanti. Ricordatevi però che Minuti Contati, oltre che una gara, è primariamente un'occasione di confronto. Utilizzate il tempo anche per leggere e commentare gli altri racconti in gara e se la guardate in quest'ottica, ve lo assicuro, DIECI giorni sono anche troppo pochi. E ancora: date diritto di replica, tornate a vedere se hanno risposto ai vostri commenti, argomentate, difendete le vostre tesi e cedete quando vi convinceranno dell'opposto. Questa è la vostra palestra, dateci dentro.
Eventuali vostre pigrizie nei confronti dei commenti ai racconti (che devono avere un limite minimo di 300 caratteri ognuno) verranno penalizzate in questo modo: – 0 punti malus per chi commenta TUTTI i racconti assegnati al suo gruppo con il corretto numero minimo di caratteri. – 13 punti malus per chi commenta tutti i racconti assegnati al suo gruppo, ma senza il numero minimo di caratteri. – ELIMINAZIONE per chi non commenta anche solo un racconto di quelli assegnati al suo gruppo.
Vi ricordo che i racconti non possono essere più modificati. Se avete dubbi su come compilare le classifiche, rivolgetevi a me. Potete commentare i vari racconti nei singoli thread per discutere con gli autori, ma la classifica corredata dai commenti deve obbligatoriamente essere postata nel gruppo QUERCIA. Altra nota importante: evitate di rispondere qui ai commenti ai vostri lavori, ma fatelo esclusivamente sui vostri tread.
E infine: una volta postate e da me controllate, le classifiche non possono più essere modificate a meno di mia specifica richiesta in seguito a vostre dimenticanze. L'eventuale modifica non verrà contabilizzata nel conteggio finale e sarà passibile di malus pari a SETTE punti.
1 Radici in ombra, di Soraia Patrizi 2 Chi resta, di Luca Fagiolo 3 I Superstiti, di Silvia Casabianca 4 Radici di marmo, chioma di vetro, di Debora Dolci 5 Il Quantistologo, di Dario Cinti 6 Doppiogioco, di Valerio Covaia 7 Roberta, di Andrea Spinelli 8 La nuova fiamma, di Roberto Bartoletti 9 Metti le radici!, di Antonio Pilato
CHI RESTA, Luca Fagiolo Ciao Luca, piacere di averti letto. Davvero un bel racconto. Avevo pensato che la reazione del protagonista fosse eccessiva (quel “cazzo guardi” rivolto alla nonna) ma tutto trova senso nello stato d'animo del ragazzo. Sei stato bravo a farci arrivare passo passo al nocciolo della questione, senza mai esplicitarlo e senza mai esagerare. Forse l'unica cosa che non mi è tornata è che la nonna gli facesse vedere dove si trova il bagno (quando poi scopriamo che erano stati a trovarla altre volte). Eccellenti le reazioni da adolescente in cerca della sua normalità tra social e messaggi. Bravissimo, a rileggerci presto.
RADICI DI MARMO, CHIOMA DI VETRO di Debora Dolci Ciao Debora, piacere di averti letto! Il tuo racconto è tutt'altro che banale. Ci trasporti con maestria nel contesto storico e inserisci nel racconto alcuni particolari che mi hanno aiutato molto a entrare in sintonia col pdv. I colori -legno o terra?- che per lui non facevano poi così tanta differenza, il mosaico che era bello perché gli aveva risparmiato fatica e frustate per un paio di giorni, solo per dirne un paio. Inizialmente ho fatto un po' di confusione coi nomi, ma niente di grave. Sul paragrafo finale, invece, ho fatto un po' di fatica. Ho dovuto rileggerlo un paio di volte, mi pare troppo brusco e credo servirebbe qualche informazione in più per poterlo cogliere in prima battuta. Brava, a rileggerci presto!
ROBERTA, di Andrea Spinelli Ciao Andrea, piacere di averti letto. Un racconto che mi ha dato sensazioni contrastanti. La prima parte è eccellente, si respira un'aria da periferia disillusa. I dialoghi forse un po' artefatti, ma non danno fastidio, la prima persona al passato rende tutto un po' onirico come un ricordo annebbiato. La parte della spilla è disturbante (nel senso che ha raggiunto l'obiettivo). La seconda parte è quella che mi ha convinto meno, lo scambio sul mettere radici troppo esplicito nel richiamare il tema e troppo sconnesso dalla situazione che mi stavo figurando (va bene l'autolesionismo, la solitudine, la sofferenza direi anche psichica, ma parliamo comunque di due persone che si sono appena conosciute, praticamente per caso). Di conseguenza anche la scena finale, nel suo epilogo drammatico, non è riuscita a prendermi del tutto. Rimane comunque un buon racconto che ho letto più che volentieri. Bravo, a rileggerci presto!
IL QUANTISTOLOGO, di Dario Cinti Ciao Dario, piacere di averti letto. Un racconto decisamente originale, che però mi è sembrato un po' statico nel finale. Parto dai punti di forza: mi piace molto il tuo stile, molto bella la scena iniziale col suo arrivo nel capannello di medici (pare di vederlo) e le descrizioni dei personaggi date al volo con un paio di dettagli fisici. La declinazione del tema mi è parsa un po' forzata. La seconda parte mi ha convinto di meno. C'è il colpo di scena della figlia incinta che non entusiasma, e il finale mi è parso rimanere sospeso. Un paio di osservazioni: “lei è il capo dell'ONU” mi ha un po' stonato. Per non ripetere “segretario” forse avrei preferito “lei è a capo dell'ONU” (un dettaglio, ma mi pare più elegante). Occhio al refuso => in cinta Bravo, a rileggerci presto!
RADICI IN OMBRA, di Soraia Patrizi Ciao Soraia, piacere di averti letto. Davvero un bel racconto! Lo stile è pulito e scorrevole, è un testo pervaso di freschezza. Ma, cosa ben più importante, mi ha mantenuto incollato e incuriosito fino alla fine. Hai scelto una declinazione veramente originale e mi sono concentrato su ogni dettaglio cercando di intuire dove volessi andare a parare. Anche la scena conclusiva, nel suo piccolo, mi ha lasciato soddisfatto. Complimenti! A rileggerci presto!
I SUPERSTITI, di Silvia Casabianca Ciao Silvia, piacere di averti letto. Mi è piaciuto molto il tuo racconto. Hai affrontato con molta delicatezza e sensibilità un tema complicato. Il tema è assolutamente centrato, la storia del nonno lo rende ancora più esplicito. Inserire quella storia è stata una scelta ben riuscita. Rischiava di essere un innesto messo a forza per rendere più esplicito il tema, invece a mio parere l'hai gestita davvero bene. (Per tratteggiare le loro ansie e il rapporto padre- figlio) Ti faccio qualche appunto sparso, per lo più dettagli di poco conto. Hai lasciato alcuni spazi tra un capoverso e l'altro che mi hanno confuso, perché credevo ci fosse un cambio di scena, mentre non era così :) Hey, ustedes ¿Dónde andan? => Immagino siano tutti messicani, quindi nel patto col lettore abbiamo stabilito che le conversazioni che leggiamo in italiano avvengano in realtà nello spagnolo del centro-america. Perché allora cambiare lingua nell'esclamazione del nonno? Forse era meglio chiarire la relazione padre-figlio tra i due personaggi già dalla prima scena. Avevo pensato che fossero amici o fratelli e la scena intorno al fuoco in prima battuta mi ha confuso. Come vedi solo dettagli. Bravissima, a rileggerci presto!
DOPPIOGIOCO, di Valerio Covaia Ciao Valerio, piacere di averti letto. Il racconto mi è piaciuto, dalle prime righe ho faticato un po' a capire dove si svolgesse, ma niente di grave. Ottimi i dettagli sensoriali, soprattutto olfattivi, che ci catapultano nel “marcio” della scena. Il tema sembra un po' infilato a forza, in quello scambio di battute che in fin dei conti risultano essere le più “artificiali” di tutto il racconto, che per il resto scorreva molto bene. Manca forse un guizzo di originalità per renderlo più particolare e appassionante. Un appunto: il titolo che hai scelto mi ha bruciato il ribaltamento finale. Bravo, a rileggerci presto!
METTI LE RADICI!, di Antonio Pilato Ciao Antonio, piacere di averti letto. Un racconto particolare che non mi ha convinto fino in fondo. L'aderenza al tema c'è, e anche in maniera originale (curioso, nel vostro gruppo anche un altro racconto ha usato la declinazione “matematica”). Tuttavia le frasi della professoressa, le spiegazioni sulla razionalizzazione a mio parere sono troppo pesanti e occupano troppo spazio nell'economia di un racconto così breve. Il passaggio dalla matematica alla manipolazione delle relazioni umane mi è parso poco chiaro, come anche l'inserimento e il rapporto con la bidella Vendula (che finisci per introdurre due volte nel racconto). A rileggerci presto!
LA NUOVA FIAMMA, di Roberto Bartoletti Ciao Roberto, piacere di averti letto. Nel tuo racconto parti da una situazione decisamente stereotipata, il protagonista geloso della nuova compagna dell'amico, per poi evolverla verso toni più inquietanti e onirici. La nuova fiamma è un frutto dell'immaginazione di Luca? È un'emanazione del bonsai che si è radicato nella casa? Una sorta di parassita? Mi piacciono i racconti che si mantengono aperti e misteriosi, ma avrei preferito qualche indizio in più che mi facesse maggiormente appassionare alla situazione. Anche il finale ha qualche zona d'ombra. Perché il padrone di casa suona il campanello invece che aprire con le chiavi? Cosa ricorda Luca sul pianerottolo? Mi pare una buona base che potrebbe essere sviluppata ulteriormente, magari con qualche carattere in più a disposizione. Bene i dialoghi, anche se qualcuno suona più “finto” (ma capita spesso nei racconti brevi). C'è una ripetizione di “accomodati” all'inizio. Bravo, a rileggerci presto!
“Uno scrittore argentino che ama molto la boxe mi diceva che in quella lotta che si instaura fra un testo appassionante e il suo lettore, il romanzo vince sempre ai punti, mentre il racconto deve vincere per knock out.” Julio Cortázar
Eccola qui, la tanto attesa e temuta classifica. Difficile da stilare come sempre, stavolta nessun testo mi ha convinto del tutto per intensità e stile. Ho scelto di premiare il messaggio da fiaba narrata di Silvia Casabianca e l'originalità tematico-stilistica di Antonio Pilato. In coda, per ovvi motivi, si trova il racconto "Roberta".
1) I superstiti 2) Metti le radici! 3) Chi resta 4) Radici di marmo, chioma di vetro 5) Radici in ombra 6) Il Quantistologo 7) La nuova fiamma 8) Doppiogioco 9) Roberta
I relativi commenti:
1) Ciao Silvia, piacere di leggerti. Ho avuto qualche difficoltà a orientarmi nel medias res iniziale, ci sono molti nomi, movimenti e accade tutto troppo in fretta. Se da un lato ciò ricrea bene la tempestività della scena, dall’altro mi ha lasciato spiazzato e ho faticato a seguirti, pur inquadrando il setting. Dal paragrafo successivo, è iniziata la magia. Ho apprezzato la densità fluida dei dialoghi e la declinazione da “fiaba a incastro” che hai dato al tema. Da amante dei western e delle marce tolkieniane degli Ent, ho apprezzato molto la commistione tra i due mondi, ma soprattutto la sensibilità con cui ti sei mossa di battuta in battuta fino alla conclusione.
Alla prossima, buona Edition! Francesco
2) Ciao Antonio, piacere di leggerti e commentarti. È la seconda declinazione del tema in ottica matematica che leggo, ma ho trovato la tua versione più efficace e disinvolta. Inaspettata ma piacevole la virata sul piano onirico per destabilizzare il lettore e chiudere col botto. Scrittura ariosa che se ne frega dei periodi brevi e crea un effetto ipnotico, da prosa “russa”, a cui peraltro contribuiscono i nomi dei vari pg. Sai che ti dico? Mi sei piaciuto.
Buona Edition, alla prossima! Francesco
3) Ciao Luca, piacere di leggerti e commentarti (finalmente!). Comincio dicendoti ciò che è più evidente e forse scontato, e cioè che hai una buona penna. Delinei l’ambiente in maniera dinamica, inneschi un conflitto su più livelli e riesci a cucirti addosso la pelle del protagonista in maniera quasi sempre credibile, pov compreso. Il tema è centrato, la battuta dell’adolescente può apparire superficiale, ma è indizio di un disagio profondo. Come lettore, reputo il racconto un’esperienza soddisfacente, nonostante alcuni passaggi da rivedere, almeno per la mia sensibilità.
4) Ciao Debora, onorato di leggere e commentare una collega di Lettere: vedo che non sono l’unico a maltrattarmi con correzioni extra-scolastiche. (: Venendo al tuo testo, apprezzato la densità che avvolge declinazione tematica (centrata) e messaggio. L’immagine dell’albero incastonata in un mosaico è piacevole, evocativa. Si nota anche una certa accuratezza storico-artistica nella ricostruzione degli ambienti e del lessico. Non lo do per scontato perché so bene quanto può essere difficile tradurre le nozioni in narrazione. Detto questo, ammetto di aver dovuto rileggere il testo più volte al massimo della mia attenzione: la densità di contenuti non è stata di immediata digestione: ci sono svariati personaggi in scena, la figura vaga di un dominus (avrei usato il corsivo per evidenziarlo), nomi, ruoli, provenienze e voci che si incrociano in più punti. In una possibile revisione, al tuo posto dirigerei i miei sforzi per rendere ogni identità inequivocabile, in modo da lasciare libero il lettore di godersi il simbolismo del mosaico. Basta poco a dare più chiarezza, anche una frase spezzata al punto giusto. Ultima criticità, l’ellissi finale. Di per sé non è mi dispiaciuta (ammetto di essere un grande fan delle ellissi in generale), ma essendo molto brusca e lontana nel tempo, secondo me bisognava rendere il protagonista immediatamente riconoscibile, sfumando nel frattempo la figura di Rubeus, magari accostandola a quella di Ceio... il suo nome crea l’ennesima difficoltà che allontana il lettore dal cliffhanger finale.
Gli sforzi di lettura sono comunque ben ripagati.
Alla prossima, prof! Francesco
5) Ciao Soraia, piacere di leggerti. Una buona storia che segue il suo arco in maniera lineare, senza eccessi né mancanze. Ho trovato equilibrio sia nei contenuti che nella forma, bene i dialoghi e la fluidità espressiva. Se devo fare un appunto di stile, è solo per constatare i testi che sto leggendo sono tutti in prima presente. Chissà cosa vorrà mai dire... Declinazione rispettata ma anche troppo prudente del tema, si vede che non hai voluto correre rischi. Anche sul world building non ci sono particolari intoppi. Per gusto personale avrei sfumato l’ambientazione da bar in una località più neutra, magari con terminologie vaghe valide per grotte o anfratti a misura di mostro, e storpiato un po’ i nomi per accarezzare un po’ l’immaginazione. Che so, Paolo poteva essere Paohlo; Lucio, Lughio ecc. Usa queste impressioni come meglio credi.
Nel complesso una buona prova, da ponderare attentamente in fase di classifica.
Alla prossima, buona Edition! Francesco
6) Ciao Dario, piacere di leggerti. Dopo aver letto il tuo pezzo, ha iniziato a ronzarmi in testa un motivetto orecchiabile: “Mangia chili di cibernetica e insalate di matematica...”, insomma, da Goldrake a paraterapie finite a tarallucci e vino è stato un attimo! Scherzi a parte, noto una scrittura tendente al mostrato piuttosto consapevole delle scelte stilistiche: all’infuori di quel “mia moglie” che già ti hanno segnalato, va avanti con naturalezza. Meno naturale l’arco di sviluppo della storia: da come sei partito e hai tratteggiato i personaggi, c’erano tutte le premesse per una storia drammatica; ma poi è saltata fuori l’ONU e mi sono ricreduto. A proposito, quel riferimento lo taglierei proprio sfumando in un'espressione più indefinita. La seconda sequenza abbandona il pathos iniziale e si carica di una comicità tale da sfiorare l’assurdo. La virata tematica sulla radice quadrata è curiosa, senza dubbio originale ma deboluccia... ho terminato la lettura con la sensazione di aver fruito una prosa piacevole ma una storia piuttosto confusa. Tralascio la gag comica he hai saputo creare con i dialoghi e mi concentro su una nota antipatica: possibile che tutti gli esami e le anamnesi fatte non avessero già individuato la gravidanza della giovine, o che una madre preoccupata la tenesse nascosta preferendo una pseudoterapia? Se accetti un suggerimento da un imbrattacarte, ti direi di prestare più attenzione all’impianto e armonizzare il viaggio emotivo che vuoi far seguire al tuo lettore.
Alla prossima, in bocca al lupo! Francesco
P.S. incinta tutto attaccato, so che te lo hanno già detto ma per deformazione professionale non posso esimermi dalla crociata grammaticale!
7) Ciao Roberto, piacere di leggerti e benvenuto nell’arena più spietata della rete. Del tuo racconto ho trovato suggestiva l’immagine-declinazione del tema a cui puntavi ad arrivare, ossia l’immagine della pianta maligna radicata sia nella casa sia nel cuore dell’amico. Abbastanza bene anche l’uso dei dialoghi. Di contro, ho trovato i personaggi piuttosto anonimi. Anche la manovra di avvicinamento all’immagine che tu volevi rendere e il setting complessivo del racconto sono fragili. Non scoraggiarti, prendere mazzate qui dentro è la prassi... in bocca al lupo, alla prossima! Francesco
8) Ciao Valerio, piacere di leggerti. Narrazione in prima e tempo presente, superdonna assassina protagonista spietata, taverna e veleno, oro e osti, doppiogioco annunciato, ambientazione sgradevole da fantasy sporco, declinazione forzata del tema... L’unico tratto inedito che ha attirato la mia attenzione è stata la presenza in scena di pistole e fotogrammi; a parte quello, nient’altro. Mi spiace discostarmi dagli apprezzamenti di chi mi ha preceduto, ma per quanto mi riguarda ci vedo solo un compitino ben fatto. Nulla di personale, ma preferisco essere schietto. Anche se breve, il fantasy dovrebbe sempre partire da emozioni sincere, a maggior ragione perché nasce come fiction. Prendi il mio parere con le pinze, in fin dei conti è solo una goccia nel mare.
Alla prossima, buona Edition. Francesco
9) Ciao Andrea, piacere di leggerti. Del tuo racconto ho apprezzato lo stile finto-trascurato che ben si adatta a voce narrante e pov. Anche i dialoghi a modo loro sono scorrevoli e agevolano la lettura. Ho trovato la storia molto semplice, una sorta di film già visto e ben riconoscibile in ogni snodo o passaggio. Mi ha ricordato molto Sin City sia per l’autolesionismo di Roberta sia per il flirt poco raccomandabile con il protagonista. Interessante il gioco al rialzo che fai sullo spillone ma, come ti hanno già fatto notare, nella seconda parte la storia deraglia verso l'eccesso e l’economia narrativa con lei. Tema sfiorato di striscio, l’interpretazione intima che dai delle radici va bene, ma è poco credibile messa in bocca a due personaggi estranei fino a pochi minuti prima. L’ho letto senza particolari sforzi, ma a parte lo stile piacevole è un testo che rivedrei.
Spero di esserti stato utile, alla prossima! Francesco --------------------> Commento postato prima del plot twist.
Buongiorno a tutti gli amici di penna. Non per fare la solita noiosa premessa, ma stavolta mettere giù la famigerata classifica mi ha messo particolarmente in difficoltà. Ci sono due racconti che per me sono stati molto difficili da collocare: quello di Antonio Pilato e quello di Andrea Spinelli. Spiegherò tutto nei commenti associati alla classifica stessa.
1) Metti le radici!
► Mostra testo
Ho deciso di premiare questo racconto perché, anche offrendo diverse chiavi di interpretazione, raggiunge un tema che mi sta molto a cuore: la bellezza della matematica. A parte questo, trovo che l'associazione onirica dei dettagli di questo racconto, rappresentino un tentativo molto originale di scrivere "qualcosa di diverso". Mi ha ricordato una raccolta di racconti di Ende: Specchio nello Specchio, che ricalca un po' questa impostazione. Non so se leggerei un intero romanzo scritto in questo modo, ma una volta ogni tanto ci sta. Per me questo racconto non è direttamente confrontabile con gli altri, proprio perché è diverso, sui generis... bisognerebbe inserirlo in una classifica apposta dei racconti "più innovativi".
2) Chi Resta.
► Mostra testo
Luca scrive molto bene, il suo stile ha ormai una certa impronta riconoscibile, e i temi che affronta non sono mai banali o noiosi. Questo racconto porta con sé una tematica molto forte: quella di un adolescente che deve rifarsi una vita a causa di un lutto, e se questo non è "conflitto", allora bruciamo tutti i manuali! Ho in qualche pezzo sentito un pochino di "distanza", causata dalla descrizione delle emozioni da parte del pdv, che a volte mi sono sembrate poco sentite. Può darsi che sia una questione di gusti, ma in certi momenti avrei decisamente calcato la mano di più. Ottimo il rapporto con la nonna, e la riconciliazione finale.
3) Radici di marmo, chioma di vetro
► Mostra testo
Che Debora sappia scrivere bene lo sappiamo tutti. Questo racconto, però, ha delle parti un pochino oscure, a causa dei termini ad uso storico che il profano trova un pochino di difficoltà a collocare, e anche per il non chiarissimo rapporto tra i personaggi a una prima lettura (specie nella prima e nell'ultima parte). L'ambientazione e l'idea di base però sono eccellenti, questo mosaico che cresce ed è ultimato solo alla fine è molto bello. Anche il conflitto interiore del protagonista è buono, anche se, purtroppo, per me non sviluppato abbastanza. Questo è uno dei classici racconti che possono essere il seme di qualcosa di più grande, se sviluppati all'interno di un racconto lungo o un romanzo.
4) Radici in Ombra
► Mostra testo
Questo racconto sviluppa una tematica fantasy abbastanza comune, ma in modo originale, con l'ambientazione che viene svelata solo alla fine con un twist che diverte. Ho fatto un po' di fatica a capire come mai il pdv sia rimasto ferito, ed è un peccato che il dettaglio dell'orsetto di peluche "supereroe" mi sia arrivato solo a lettura conclusa. I nomi italiani dei vari personaggi possono confondere, e rendere difficile figurarsi questo bar di mostri. Comunque, l'idea mi pare buona, e ho letto il racconto con piacere.
5) I Superstiti
► Mostra testo
Questo racconto mi ha messo molto in difficoltà, all'inizio, per il "cast corale" che presenta fin dalle prime righe, e per alcune scene che non mi sono state del tutto chiare. Comunque, l'idea di base rimane molto buona, con questa popolazione in fuga caratterizzata molto bene, anche grazie a un intero impianto leggendario che costituisce le basi della trama. Mi sono piaciuti molto anche alcuni dettagli (le pellicine delle dita) che aiutano a figurarsi i personaggi e il loro stato d'animo.
6) Roberta
► Mostra testo
La "patata bollente" dell'edizione: un racconto che si legge tutto d'un fiato e coinvolge parecchio, ma che purtroppo è troppo simile a un famoso racconto di Bukowski. Non voglio addentrarmi nella valle di lacrime delle discussioni su quanto è giusto/sbagliato "prendere in prestito" dagli autori che amiamo, quindi ho deciso di giudicare questo racconto come se fosse un qualsiasi racconto trovato in una raccolta a caso. Mi è piaciuto? Sì, ma conoscendo già la storia e avendo già trovato questi personaggi da un'altra parte, mi sono ritrovato a finire il racconto e dire: "Peccato che non sia niente di nuovo."
7) Doppiogioco
► Mostra testo
Purtroppo anche l'idea di base di questo racconto è un cliché dei film western: il sicario che fa il doppiogioco. Anche il pdv a tratti risulta antipatico, col suo essere perfettamente calato nella parte che deve impersonare (tutto spiegato nel thread dedicato). Tuttavia, a mio avviso questo racconto inizia molto bene: ho camminato al fianco del pdv in questi anfratti puzzolenti e ho goduto nel calarmi in un'altra realtà. Se tutto il racconto avesse seguito l'impostazione dell'incipit, sarebbe stato molto più in alto in classifica. Invito Valerio a riprovarci perché, rispetto anche ad altri suoi lavori che ho letto, sto notando di volta in volta un certo percorso di automiglioramento, e in questo contesto di "palestra" della scrittura vedere un miglioramento crescente può solo far piacere.
8) Il Quantistologo
► Mostra testo
Questo racconto a mio personalissimo avviso soffre di qualche ingenuità. Il personaggio del quantistologo e la sua particolarissima scienza, sono la parte centrale del racconto, ma sono solo accennati. Sebbene le scene siano descritte bene e ci sia anche qualche bella similitudine (come quest'uomo che penetra la folla come un coltello nel burro), manca il succo: perché questa scienza dovrebbe salvare niente po' po' di meno che la figlia del presidente dell'ONU? E qual è la malattia di cui lei soffre? Tutte domande senza risposta, che lasciano purtroppo il lettore a bocca asciutta.
9) La nuova fiamma
► Mostra testo
Sebbene in questo racconto ci siano diversi elementi originali, come il bonsai dalle radici abnormi, manca completamente un elemento che permetta di interpretare la trama. Perché la tizia sparisce nel nulla e al suo posto compare quest'albero? Se nel racconto di Pilato l'impostazione onirica era voluta, qui appare del tutto accidentale. Anche i dialoghi a mio personalissimo avviso sono un pochino sottotono, un po' troppo "ordinari", e le motivazioni dell'amico per voler affrontare questa persona di dubbia natura mi sembrano un po' deboli. Invito l'autore a non demordere e a rileggerci presto qui, nell'infernale Arena.
Visto che Bukowski non ha partecipato al contest, penso non sia corretto attribuire una posizione in classifica al suo racconto. So che non ho l'autorità per squalificare nessuno, quindi lo metto ultimo (non me ne voglia Bukowski).
CLASSIFICA:
1) Chi resta 2) Radici di marmo, chioma di vetro 3) I superstiti 4) Il Quantistologo 5) Radici in ombra 6) Metti le radici! 7) Doppiogioco 8) La nuova fiamma 9) Roberta
COMMENTI:
Chi resta
► Mostra testo
Ciao Fagiolo! Il racconto è piacevole da leggere, un mostrato molto buono, ben dosato. Unica cosa un po' migliorabile qua e là è il lessico, che a volte risulta un po' alto per essere nel pdv del giovine. Altra cosetta che ti segnalo è "di quelle dove mettersi seduti per non rischiare di cadere", con una formulazione un pelo diversa potevi evitare l'infodump, ma a me scappa di molto peggio nel contest. Riguardo all'appeal del racconto, è una buona scena, molto buona se pensata in un contesto più ampio: scritta bene e dice tutto quello che deve dire. Funzionerebbe bene in un romanzo mainstream di Lauro, per dire. Come racconto mordi e fuggi è poco incisivo (o lo è solo per chi è sensibile al tema, al solito), ma, come dico sempre, imbroccare il racconto in questo contest è soprattutto una questione di culo. Bravo, buona prova! Alla prossima!
Radici di marmo, chioma di vetro
► Mostra testo
Ciao Debora! Bellissimo titolo! Mi permetto di dire che stai migliorando rapidamente. Non voglio essere saccente, ma lo noto e te lo dico. Sei in una fase in cui si fanno i periodi brevissimi e molto freddi, ora passerai ad ammorbidirli, a usare un po' di pensato in più per incontrare il lettore e ad aggiungere qualche subordinata qua e là per addolcire la lettura, vedrai. Si nota che il contesto è perfetto nella tua testa. Hai la possibilità di usare molti dettagli autentici e convincenti, ma la resa è un po' confusa, nel senso che ci sono diverse cose che non arrivano immediatamente al lettore. Qual è il contesto? Qual è il rapporto di relazione tra i personaggi? Chi è Ceio, dov'è il dominos e chi è che ne fa le veci? Ci sono un po' di punti in cui le informazioni mancano e altri in cui sono di difficile interpretazione (poi provo a indicarli). Penso che questa difficoltà sia aumentata enormemente dal contesto storico. Senza tell, onnisciente e infodump, che ti rimane per tratteggiare un contesto che sia esotico e comprensibile al lettore? Una sfida ardua. In ogni caso mi è piaciuto il tuo racconto e lo stile migliora di contest in contest. Ottimo lavoro!
Provo a segnalarti qualche parte migliorabile.
"L’uomo è inginocchiato nell’atrio a torso nudo." Qui abbiamo una descrizione dal pdv, ma quello che sfugge è il perché lui noti una cosa del genere. Cioè, questa descrizione (unita alla parte dopo) è dettagliata e suggerisce attenzione, ma cosa ha attirato tanta attenzione? A prima vista nulla, quindi ottieni l'effetto di fare infodump.
"non è uno schiavo qualsiasi, perché il dominus ha detto di obbedirgli." Inizio ad appoggiarmi alle mie conoscenze pregresse per interpretare il tuo testo, ma se non le avessi sarei al buio. Normale che tu richieda al lettore di avere pazienza e fiducia e che capirà il contesto man mano (come nella speculative fiction, del resto), ma qui non dai molti appigli per capire altro oltre al fatto che ci siano due schiavi e che uno sia gerarchicamente superiore.
"Costeggio le colonne in fretta, schivo le casse piene di vetro. Devo lucidare il portone prima che Ceio mi sia addosso." Ci sono dettagli interessanti, belli, ma ancora non capisco il contesto. A cosa servirà questo vetro? In che epoca siamo? è la Grecia o Roma? Chi è Ceio e qual è la minaccia per il pdv? Di che portone parla?
"L’ordine del dominus o la verga di Ceio?" Qui non ho proprio capito il dilemma del pdv. Sono certo che se mi fosse chiaro ci sarebbe un conflitto interessante che darebbe molto pepe a questa parte, ma mi sfugge del tutto.
«Avanti, ragazzo. Non posso muovermi adesso. Mi serve il colore del legno e della terra.» Qui ho cominciato a pensare, visto che è inginocchiato e chiede del colore, che stia facendo un dipinto. Il contesto prende forma, ma con riserva: perché l'altro schiavo non lavora con lui e lucida il pomello della porta?
"Non ho scelta. C’è un attingitoio sopra una cassa piena di pezzetti di pietra e conchiglie." Anche qui, come prima, dettagli interessanti, ma di difficile interpretazione (probabilmente perché manca il contesto)
"Color legno, colore della terra… Ma quanti sono? Almeno dieci tipi di bruno e rossiccio. Rovescio in una cesta una palata di piccole tessere per ciascuno." Qui capisco che siamo davanti al lavoro di un mosaicista. Ma è parecchio avanti nel racconto.
"In equilibrio sulle sulle tavole di legno raggiungo l’uomo in mezzo all’atrio." Anche qui, tu hai chiara la situazione e si vede, ma dai per scontato che io conosca le tecniche dell'epoca. Non so perché ci siano delle tavole, per esempio.
"Una grossa ruga gli solca la fronte." Questo mi risuona un po' di cliché letterario. Lo dico solo per farci attenzione, non perché sia un problema.
"Mi alzo per tornare tra le colonne. Sono ancora in tempo." A lucidare il pomello, immagino. Devo un po' pensarci e non ne ho la certezza, perché non mi era chiara la parte sopra. Se lì il conflitto e il contesto fossero stati limpidi, qui avrei saputo bene a cosa si rifesisce.
"La voce di Ceio colma l’atrio. Indietreggio. Lui colma la distanza e scavalca il disegno senza guardare l’altro schiavo. Uno schiocco e il dolore mi brucia le spalle. Mi copro il volto con le mani. Alle sue spalle il mosaicista si è alzato. «Smetti di colpirlo.»" Qui hai un momento in cui qualche pensiero avrebbe aiutato. Essere immersi nelle percezioni di un pdv, ma non percepirne i pensieri, specie in momenti tanto forti, ha l'effetto di raffreddare le emozioni. è un po' come essere in uno psicopatico. Il fatto che si copra il volto con le mani e poi veda alle spalle di Ceio, che gli ha appena frustato (credo) la schiena, mi risulta un po' troppo intricato e poco verosimile. Anche il fatto che il pdv non emetta un gemito rende la situazione un po' surreale.
"Una grossa vena pulsa sulla testa calva di Ceio. Sta ragionando e fatica a farlo. Ma l’ordine del dominus è stato troppo chiaro." Qui mi chiedo "chi è Ceio?", pensavo fosse il dominus, ma evidentemente non è così. Non capisco il suo ruolo, né quello del greco, evidentemente un artigiano/artista, ma in che tipo di relazione sono questi personaggi?
"L’albero di marmo e pasta di vetro può crescere libero." Il senso di questa frase mi è un po' oscuro.
"La porta si sbriciola sotto i colpi delle asce dei legionari. La torcia illumina l’atrio della piccola villa. La spada nella destra avanzo con passi laterali. Rubeo mi supera in direzione delle camere. Dobbiamo sbrigarci a tornare dal centurione. La fiamma coglie un movimento. Illumino una rientranza nella parete. Deve essere il larario." Se provi a leggere questa parte ad alta voce noterai che rimanda un ritmo cadenzato che sa di meccanico. Ho notato che lo facevo spesso anch'io poco tempo fa. Dobbiamo stare attenti a non ammassare i periodini.
La parte finale è come quella iniziale: non ho capito cosa succede, chi sono i personaggi in scena e le loro motivazioni. La prosa è convincente, intensa, ad eccezione di questa cosa dei micro periodi, ma il flusso informativo va gestito meglio. Direi che ti sei spinta a fare una cosa davvero molto complicata: racconto storico da 4k in quelle 2 ore e mezzo tra il pensare alla storia e tenere il tempo per correggere. Però hai fatto bene :) Anche l'idea e l'interpretazione del tema mi piacciono particolarmente. Forse potresti provare ad ampliare il racconto e sistemarlo, sarebbe interessante anche come esercizio. Alla prossima!
I superstiti
► Mostra testo
Ciao Silvia! Racconto di un racconto. Non è una forma spesso efficace. Il contesto che hai scelto è buono e funziona bene col tema. Tecnicamente il testo presenta diversi elementi migliorabili a partire dall'inizio. Mi è del tutto oscuro e, per me, il racconto comincia da "L’oscurità arrivò." In generale il flusso informativo non è gestito al meglio. In molti punti è poco chiaro e si fatica a capire diversi elementi. Provo a indicarteli per vedere se riesco a spiegarti l'effetto che ha avuto su di me. Evito però la prima parte, perché lì non ci ho capito davvero nulla.
"L’oscurità arrivò." Qui le possibilità sono due: o l'oscurità è arrivata all'improvviso, o è un racconto a posteriori. In ogni caso non è il massimo.
"Tutti dormivano ma non Juanito." Questa informazione la ricevo da un narratore esterno che vuole mostrarmi Juanito per dirmi che vedo le cose dal suo pdv o è quello che viene percepito da un pdv che ancora non si è presentato? Rimango col dubbio di chi sia Juanito (forse è il protagonista, forse una comparsa, ma so solo che è un maschio e che non dorme).
"Gli scoppiettii del fuoco si alternavano al russare di Doña Elena. Gael si avvicinò, si sedette accanto al fuoco e guardò verso nord." Altro personaggio. Ma è visto da Juanito o è lui che ha visto Juanito prima? Questo è importante per capire chi è chi e cosa posso aspettarmi dal racconto. Sento il bisogno di inquadrare un protagonista per conoscere i suoi obiettivi e le sue difficoltà. Senza contare che potrebbe esserci un terzo pdv che vede sia Juanito che Gael... Inoltre quando dici "guardò verso nord" capisco che lui si orienta bene nella sua situazione e, assieme al dettaglio del fuoco, mi suggerisce un gruppo in viaggio (ci sono almeno 3 personaggi), ma non mi aiuta a immaginare la loro situazione. Cosa vede verso nord? Oltre all'oscurità e al fuoco, che cosa c'è? Perché guarda lontano al buio?
"«Papà, quanto manca per Tucson?»." SI palesa una relazione, ma non so chi è chi. Se ora fosse stato chiaro chi ha parlato, capirei. Io pensavo che il bambino fosse Gael, perché era l'ultimo ad aver fatto l'azione, quindi quello che avrebbe parlato. Apprezzo molto il fatto che tu non abbia usato dialogue tag, ma devi sopperire alla mancanza. In generale, quando fai a meno del tell, è come se perdessi un superpotere. Col tell puoi dire quello che vuoi con grande chiarezza e il lettore capisce (grazie, gliel'hai detto...), ma quando lo eviti devi trovare il modo per dargli le stesse informazioni.
"Gael fece spallucce. «Lo sai che è di poche parole!»." Qui finalmente si capisce chi è chi, ma è molto avanti.
"Juanito si voltò nuovamente verso Sud." Perché nuovamente? Prima avevamo Gael che si voltava verso nord. E anche qui non so che cosa si aspetta di vedere Juanito, in sostanza, perché continuano a guardare lontano? Oltre a questo "nuovamente" è un avverbio superfluo.
"«Mh mh» mugolò in un diniego." In un diniego è bruttino.
"Juanito continuò a guardare a Sud ma strizzò gli occhi fissando un punto preciso." Mentre il padre racconta, il bambino strizza gli occhi per fissare un punto a sud. Capisco che ci tiene molto e questo evidenzia come mi manchino informazioni importanti: perché continua a fissare l'orizzonte? Inoltre, cosa si aspetta di vedere in quel punto preciso? Crea delle aspettative.
I dialoghi funzionano e la relazione è ben tratteggiata. La fine: «papà...» Il sussurro s'intrufolò nel timpano. «eh?». «Riposa bene. L'india dice che manca poco all'Arizona». Crea un po' di confusione perché proponi un'inversione di ruoli dove il figlio raccomanda al padre di dormire e lo fa con le parole che prima ha usato il padre (il che crea confusione ulteriore sull'identità dei parlanti) e mi ha fatto domandare ancora se avevo inquadrato i ruoli più sopra o mi fossi sbagliato.
In definitiva la tecnica non è male, sta prendendo forma bene, ma devi domare meglio il flusso informativo. Non è facile e ti costringe a riflettere molto bene ai dettagli che decidi di mettere per iscritto. Alla prossima!
Il Quantistologo
► Mostra testo
Ciao Dario, benvenuto nell'arena! (lol) Direi che sei migliorato molto rispetto ai primi racconti che avevo commentato. Il racconto ha una buona atmosfera e un buon ritmo. Sul piano della trama non mi è chiarissimo che cosa succeda: Antonio crede che la figlia sia malata e invece è solo incinta? La figlia è malata e anche incinta? Mi manca un po' la conclusione della cosa. Sulla tecnica, come dicevo, noto un grande miglioramento. Ci sono ancora alcune cose poco funzionanti e vestigia dei tuoi vecchi errori, ma direi che il risultato è molto buono. Ho sentito poco equilibrio tra il fraseggio interiore, le battute di dialogo e la presenza degli altri personaggi. Ma questo è dovuto, probabilmente, al numero di caratteri in cui hai gestito molti personaggi e un contesto complesso. Ti segnalo alcune cose che, secondo me, funzionano poco. Poi vedi tu.
"Le indicazioni in francese dell'ospedale non mi aiutano, per me sono aramaico." L'aramaico è una lingua che Antonio non conosce, proprio come il francese. Magari nemmeno il russo e il cinese. L'effetto è un po' ridicolo, come se ti dicessi "è scritto in russo! Per me è cinese!"
«Kurt!» Una chioma nera frusta l’aria e mi viene addosso. «Sono qui. Lei dov’è?» Qui non capisco di chi è la chioma, perché gli frusta la faccia, chi sia Kurt. Insomma, parte non chiara. Questo "mia moglie" è infodump evitabile.
"mia figlia è distesa su di un letto" Questo "di un" è vetustissimo. Lo ripeti anche più sotto. Eviterei queste formulazioni insolite, specie se sei così ben calato nel pdv.
"Scelgo la zona del suo collo da dove lo afferrerò e lo sbatterò sulla vetrata finché non vedrò mia figlia in piedi, quando una seconda voce spezza le mie intenzioni." Primo, il "scelgo la zona" ecc. è troppo lunga ed enfatica rispetto alla rabbia concitata che vuole suscitare. Crei un contrasto che rende la parte poco coerente e credibile. Secondo, la formulazione "quando una voce spezza le mie intenzioni" descrive l'azione a posteriori per quel "quando" che è evitabile. Inoltre non gradisco molto l'effetto di queste metafore sinestetiche (spezzo l'intenzione), su di me hanno l'effetto di rendere il pensiero poco credibile e far notare le intenzioni dell'autore.
"Un senso di assurdo mi preme in gola." A livello di comprensione è molto chiaro, ma è una formulazione che risuona (stesso discorso della sinestesia sopra). Avresti potuto rendere il senso di straniamento con una formulazione che si avvicini di più a uno stato psichico o, banalmente, con un pensiero.
"Elìse sussulta come se avesse ricevuto un calcio da qualcuno sotto il lettino." Qui non mi è chiaro che succede. Che sia il calcetto di un bambino? Solo che la gravidanza non è così avanzata. I calci cominciano a darli attorno al 5° mese, anche più tardi. E non fanno sobbalzare una donna su un letto. Quindi immagino non sia quello, ma era l'unica spiegazione che sapevo darmi. Stesso discorso con la frase: "Elìse scatta come una molla. Nello slancio, un monitor collegato all’incavo dei seni si schianta sul pavimento celestino. Boccheggia ma lo sguardo è più vivo che mai."
Tutte cose da poco, comunque. Alla prossima!
Radici in ombra
► Mostra testo
Ciao Soraia! Racconto fantasy travestito. La trovata non mi convince molto perché l'elemento fantastico non ha una vera rilevanza con l'interpretazione del tema. Inoltre trovo il testo un po' scorretto, perché alcuni elementi come il bar e la birra, il nome proprio italiano, sono decisamente fuorvianti rispetto alla realtà che metti in campo sul finale. In ogni caso hai fatto un bel tentativo (queste cose non sono facili con le regole del contest. Io cerco sempre di fare cose semplici e vengono cagate lo stesso).
Faccio qualche annotazione tecnica:
"Alzo lo sguardo verso Paolo. Se potessi, lo fulminerei con lo sguardo." Qui avrei prima notato il gruppo, visto che parli di una baraonda, poi Paolo nel mezzo. Occhio alla ripetizione.
"ridendo, prende un sorso dal suo boccale di birra." Nella puntata di ieri sera di Penne Arruffate (il mio canale youtube preferito!) c'era una figura simile. Non può prendere un sorso di birra ridendo. (verso la fine della puntata c'è Andrea Lauro che ci prova e a momenti s'ammazza).
"«Sì sì», mi metto a sedere (meglio mi siedo, no?). Gli altri clienti mi seguono con lo sguardo. Tutti? All'unisono? E lui li controlla tutti mentre si siede? Questa frase intende che ha attirato l'attenzione, ma così formulata diventa surreale.
«Eppure anche tu sei qui, Paolo.» Mi manca il nesso tra questa battuta e quelle precedenti.
"Spero si spezzi e che un pezzo di vetro gli si conficchi nella pelle e che si debba amputare una mano, com’è successo a me." Qui ci sono due "e che" consecutivi che suonano male. In compenso la frase ci fa sapere qualcosa di particolare del protagonista e mostra, non dice, chiaramente che lui ce l'ha con Paolo. L'idea è buona, la formulazione un po' carente.
"Con la destra, chiedo un boccale di birra." Anche qui un problema di formulazione. Sembra che usi la mano come la bambola di un ventriloquo.
"Mi giro: è Andrea, uno dei nuovi arrivati." Questo "uno dei nuovi arrivati" è una spiegazione per il lettore.
"Prendo un sorso dal boccale appena arrivato." Non l'abbiamo visto arrivare, non funziona bene. Sempre per il discorso di mostrare cosa accade attraverso il pdv di Lucio. Se è arrivato e non ce l'ha detto, sembra un narratore esterno (almeno lontano a livello temporale).
"Paolo ridacchia, ma il resto del bar vuole ascoltare." Tutto il bar? Come lo sa? Stesso discorso di prima: formulazione sbrigativa e poco funzionale.
Insomma, hai capito. Credo che stilisticamente ci siamo quasi. Dovresti fare più attenzione a come dici le cose, ma le cose che dici sono buone. Alla prossima!
Metti le radici!
► Mostra testo
Ciao Antonio, ben ritrovato! Ricordo i tuoi racconti assurdi scritti con uno stile altrettanto assurdo. E tu ricorderai i nostri "scontri". L'abbiamo sempre vista in modo diametralmente opposto, soprattutto a livello stilistico. Ed ora eccomi qui col tuo racconto tra le mani. Che dire? L'idea dell'insegnante che ipnotizza lo studente per farlo stuprare dalla bidella mi piace molto. Sono sincero, molto. La realizzazione per niente. Metti in campo una serie di scelte che rendono tutto bizzarro e ridicolo, in modo che anche quell'idea che potrebbe avere il potenziale per sconvolgere o sorprendere il lettore, non arriva a farlo. Ci sono diversi punti dove il racconto mi ha strappato anche un sorriso. I dettagli inutili e puntigliosi sul salvadanaio della sorella Pavla (ma anche i nomi), l'anonimo pomeriggio soleggiato, l'assidua precisione, "Non vi è tempo", orgasmo matematico e, forse, persino demoniaco... Tutte cose che mi hanno fatto ridere. E ce ne sarebbero ancora. Perché scrivi questa roba? Hai delle idee spesso buone, ma con questo stile super raccontato che non abbandoni mai e con questa prosa assurda, tieni la stragrande maggioranza dei lettori lontana dalle sensazioni che vuoi suscitare. Se il tuo obiettivo è suscitare emozioni, perché non cercare il modo migliore per farlo? Preferisci lo "strano per essere strano" a un effetto preciso? Insomma, so che hai le tue idee, ma mi sfugge sempre il perché delle tue scelte. Peccato perché l'idea della professoressa magica che procaccia vittime sessuali all'orribile bidella era fighissima. Alla prossima!
Doppiogioco
► Mostra testo
Ciao Velerio! Racconto in parte spoilerato dal titolo, ma solo in parte. Te lo segnalo per dire di prestare attenzione a titolare con troppa leggerezza citando il tema del racconto. Abbiamo un contesto da gdr dei più classici, anche se l'ambientazione non è definita. Potrebbe essere un western, un post apocalittico, un fantasy o fantascienza. Abbiamo solo una cacciatrice di taglie che tradisce per denaro. L'idea è scarsetta, ma non te ne faccio una colpa, giudico solo il pezzo. Le idee arrivano quando vogliono loro. Hai usato abbastanza bene la prima persona e scelto dettagli buoni nella prima parte, a eccezione di alcune figure che poi ti segnalo. Non mi sono piaciuti molto i dialoghi, i primi spuntano dal nulla e non dai riferimenti. Per quanto semplice la situazione, si potrebbe dire qualcosa di più.
"Tanfo. Una puzza opprimente che non ha niente a che vedere con il delicato connubio della polvere da sparo e dei corpi spiranti a cui sono abituata." Delicato connubio, immagino sia una visione ironica del pdv (magari sarcastica). "Corpi spirati" mi sembra ridondante e fuori luogo.
"C’è odore di marcio. Chissà se è il reflusso delle acque fognarie. Ieri ha piovuto molto, in effetti. Forse qualche cadavere putrescente è tornato a galla." La puzza di cadavere è quella che lamenta, ma è quella che prima descriveva come delicata e abituale.
"Odio i miei colleghi che non svolgono il proprio lavoro con cura. Se tutti i cacciatori di taglie agissero così, tanto varrebbe assumere dei macellai, no?" Il pensiero chiarisce bene l'identità del protagonista (anche se non sappiamo ancora che sia una donna, per esempio). La domanda finale, però, sarebbe da evitare. A chi la fa? Rischi la rottura della quarta parete.
"Grida inconfondibili annunciano ai miei piedi sfiniti una buona notizia: il bar di Pierre è a pochi passi." Le grida inconfondibili ci danno l'idea di familiarità, e va bene. Il fatto che annuncino ai piedi del protagonista, risulta uno di quegli artifici che poi sfociano nel ridicolo. Mi immagino lei che si guarda i piedi perché sono loro ad ascoltare le grida.
"Tiro la maniglia e il vecchio campanaccio appeso al soffitto trilla in preda a spasmi convulsi." Un campanaccio non penso che trilli come un campanello. L'immagine degli spasmi convulsi non funziona per niente.
"Le mie narici vengono subito investite dall’odore pestilenziale di ratti morti tra le assi, misto a quelli di birra vecchia, brodaglia, vomito e sangue raffermo." In questo posto tengono ratti morti tra le assi? Raffermo è un termine che rimanda al pane. Forse volevi usare "rappreso"?
"Schiamazzi deliranti rimbombano nella sala, mentre scanso con un gesto solo quella seccatura" L'aggettivo "deliranti" oltre a risultarmi fuori luogo (un conto è la folla in delirio, un altro è che i suoi schiamazzi siano deliranti), è pure superfluo, perché "schiamazzi" è già un sostantivo pieno di senso. Quando dici "mentre scanso con un gesto solo quella seccatura" sembra intendere che lascia che le altre seccature continuino a scocciarla.
"Gli schianto il polso a terra in una frazione di secondo." L'indicazione temporale è superflua, rimanda una sensazione iperbolica ed è raccontato. Se mi immagino la scena, la immagino già legata alla sua dimensione temporale.
"Mugola come un cucciolo spaventato." Altra iperbole surreale e ridicola.
"Tutti mi fissano" Tutti? Come fa a saperlo? Indicazione troppo puntuale e comunque rimanda a lei che vuole dare di sé un'impressione per il lettore, rompendo la sospensione d'incredulità.
"e lo sconcerto prende il sopravvento." Altra espressione che non mi piace. Forse provando con formulazioni più semplici avresti un testo più scorrevole e corretto.
"Poi il baccanale ricomincia" Forse intendevi baccano. In generale sei poco attento alla congruenza dei termini e rischi la tua autorevolezza autoriale.
Mi fermo qui. I dialoghi sanno di copia di un film hollywoodiano. In generale sei estroso, ma non hai molto controllo sulla penna e risulti un po' infantile nell'approccio. Non voglio offenderti, con "infantile" intendo che hai un atteggiamento energico ed entusiasta, ma che bada poco alle conseguenze. Questa l'idea che mi sono fatto da questo testo.
Alla prossima!
La nuova fiamma
► Mostra testo
Ciao Roberto! Facile scrivere così, eh? Buttare lì una situazione strampalata e lasciarla aperta. Mi spiace, finale troppo deludente. E se ci pensi puoi ben capire perché. Un finale aperto lascia il lettore a un bivio che potrebbe prendere coerentemente entrambe le soluzioni e gli lascia l'emozione di comprendere che non c'è una risposta univoca a una problematica specifica. Rimanda alla complessità del mondo o della psiche umana e può essere stimolante. In questo caso abbiamo un non finale che conferisce l'identità di non racconto a tutto il resto. Di che stiamo parlando? Ha un tema, un messaggio? No. Insomma, scelta infecile. La realizzazione ha grosse lacune, mostrando una tecnica poco affinata. Ti faccio qualche esempio:
"«Se sei venuto qui per lui, sappi che non è ancora tornato.» «A dire il vero è con te che vorrei fare due chiacchiere.»" Non abbiamo idea di chi stia parlando né di dove siano. Cominciare con il dialogo costringe il lettore a stare in sospeso. Qui hai due battute intere che rischiano di essere saltate a pie' pari.
"Lei alzò gli occhi al cielo, con quell’atteggiamento strafottente che Luca faticava a sopportare." Ci sono già troppi pronomi. La gente non parla e non pensa così. "Se sei venuto per LUI" "LEI alzò..." è meglio usare i nomi.
"Tutto, di lei, gli era indigesto. Anche se la conosceva appena." Infodump.
"«Accomodati.» Penetrato in casa sentì il peso della differenza." Penetrato è orribile. Perché non "entrato"? Il peso della differenza? Al lettore sfugge cosa vuoi dire, di che parli, e risulta solo strano.
"Si era sempre sentito a proprio agio nell’appartamento del suo migliore amico" Questo "del suo migliore amico" è infodump. E manca ancora il nome. Risulta straniante: allontana il lettore emotivamente e suscita disinteresse.
"«Accomodati.»" Non ti sei accorto che l'aveva già detto?
"Lei preferì tenersi a debita distanza, scegliendo la sedia accanto al tavolino. Vicino a quel maledetto bonsai, che si era portata appresso." Qui passi dal pdv di Luca a quello di lei. Usi espressioni come "debita distanza" che generano domande nel lettore (debita, perché? Forse è solo un'espressione formulare?) e poi, dal nulla, spunta un bonsai. Anche l'espressione "che si era portata appresso" non si capisce che senso abbia: lei era nell'appartamento, visto che dice "accomodati"? E allora da dove se l'è portato? Allora forse Luca l'aspettava sul giroscale? Ma ho dovuto inventare parecchio di non scritto per arrivare a questo e un lettore non lo fa, abbandona il testo e basta.
"«Cosa posso fare per te?» la giovane lo esortò a parlare" Qui spieghi una battuta già evidente.
«Ascolta… » Luca non seppe come cominciare, tanto era assurda quella circostanza «Io e te non siamo mai andati molto d’accordo.» La circostanza è assurda, ma sembra che Luca l'abbia cercata, costruita. Perché la trova assurda ora?
Mi fermo, era solo per giustificare le mie dichiarazioni sulla tecnica. Niente paura, siamo qui tutti per migliorare (almeno finché non si vinceranno ingenti premi in denaro). Alla prossima!
Roberta
► Mostra testo
Racconto poco immersivo ma con un mood convincente, tipico di quel distacco un po' cinico che si ritrova in certi autori americani. Mi sfugge il senso del racconto: abbiamo un uomo brutto e vecchio che ha la fortuna (dal suo pdv) di poter avere una breve relazione con una donna bellissima che poi si suicida. Oltre alla situazione surreale, non mi rimane un insegnamento, un pensiero se non l'atmosfera malsana di una vita ormai a brandelli. Una lettura piacevole e interessante di cui, però, mi sfugge lo scopo finale.
Ultima modifica di Luca Nesler il mercoledì 24 marzo 2021, 17:30, modificato 1 volta in totale.
Chi resta Davvero un buon racconto. Lo stato d'animo del ragazzo protagonista può sembrare eccessivo a una prima lettura, ma una volta avuto il quadro completo della situazione fila tutto che è una meraviglia. Sei riuscito a giocare bene sulle emozioni scatenate nel lettore, il finale in particolare, con il momento di ricongiunzione tra nonna e nipote, l'ho trovato molto toccante. Margini di miglioramento: il linguaggio utilizzato dal protagonista sembra un po' artefatto, poco adatto a un sedicenne dei giorni nostri. L'avrei infarcito con un po' di slang internettiano. Ma in linea di massima niente di grave, il racconto è davvero molto buono. Per me il tema è centrato.
Radici di marmo, chioma di vetro Prima di tutto ti faccio un plauso per la maniera originalissima e ben studiata con cui hai interpretato il tema. Tutta la prima parte del racconto è ben descritta. Riesci a inserire una marea di dettagli molto chiari in pochissimo spazio, in particolare ho sentito molto reale il mosaico in costruzione, quasi avessi l'artista al lavoro davanti agli occhi. Qualche margine di miglioramento a livello stilistico può esserci. Ad esempio:
«Taranis!» La voce di Ceio colma l’atrio.
Potevano stare sulla stessa riga. Messe in questo modo, di primo impatto, sembra che l'esclamazione non sia di Ceio ma di qualcun altro. Piccolezze, in ogni caso.
Il punto critico del racconto arriva verso il finale. Elenio ritocca il disegno. «Lo sei anche ora per me, ragazzo, come questo albero.» Ho riletto la frase e il suo contesto più volte, ma non sono riuscito a dare un senso all'affermazione di Elenio. "Lo sei" cosa? Libero? Il racconto poteva anche terminare qui, magari con qualche frase in più tra i due e un finale aperto. La parte successiva non mi ha entusiasmato. Non ho ben capito cosa sia successo al protagonista nel frattempo (è stato liberato e si è arruolato?) e in generale tutta la situazione mi ha dato l'idea di essere stata imbastita con troppa fretta, con un ritmo troppo veloce rispetto al resto del racconto, forse per problemi di spazio. Un buon racconto, il miglioramento nel tuo stile si vede molto, peccato per quel finale.
Roberta Che ti devo dire? Un conto è rielaborare un testo secondo il proprio stile come puro esercizio di scrittura. Ci può stare prendere un testo famoso e ri-raccontarlo alla propria maniera, cambiando magari elementi di trama o situazioni. È un lavoro che viene spesso fatto con le fiabe (ho un'idea per Biancaneve e i sette nani in chiave post-apocalittica che levati). Però il tuo non è nemmeno un esercizio di riscrittura. È un taglia e cuci di un testo già scritto, con alcune frasi cambiate e altre tenute praticamente identiche. Pur non mettendo in discussione la tua buona fede non posso dare un giudizio su questo racconto. I punti di congiunzione con l'opera originale sono veramente troppi. "Quella sera entrò là e, semplicemente, si venne a sedere vicino a me, Io ero forse l'uomo più brutto della città, e magari questo avrà influito in qualche modo." "Lei li ignorò e ticchettando sui suoi tacchi venne a sedersi proprio vicino a me. Io ero l’uomo più brutto del paese, e forse questa cosa influì." Le frasi, le sequenze, sono le stesse. Cambia giusto qualche parola. Il contest di Minuti Contati esiste per dare la possibilità agli scrittori (aspiranti tali o meno) di esprimere la propria voce, sperimentare, confrontarsi. Prendere la voce di qualcun altro e riproporla come se fosse propria (in buona fede o meno) va contro tutto quello che il contest rappresenta. Non crea confronto, non ti spinge a migliorare né a sperimentare. Non potendo dare un giudizio, ma allo stesso tempo non volendo andare contro le regole, mi vedrò costretto a metterlo ultimo in classifica - non perché sia bello o brutto, ma proprio perché non è stato realizzato con lo stesso spirito che ha formato gli altri racconti del girone. (COMMENTO INSERITO DOPO LA DECISIONE DELL'ANTICO) tema è ben inserito nel contesto, l'ambientazione trasmette bene la sporcizia e il degrado di vite lasciate andare. Un paio di questioni a livello di trama, però, non mi hanno convinto del tutto. Roberta ha impulsi autolesionistici - che potrebbero addirittura averla spinta ad andare con l'uomo più brutto della città - ciò che trovo incredibile è che sia stata in grado di aprirsi le vene con una spilla da balia. Non un coltello, non un punteruolo, non uno spesso spillone per capelli, ma una spilla da balia, un oggetto molto fragile e con cui sarebbe richiesta una costanza incredibile per danneggiarsi seriamente. A parte questo, trovo incredibile che il protagonista torni al bar dopo poco tempo e gli venga comunicato che la ragazza si era suicidata proprio nel momento in cui era con lui. Non un indagine della polizia, non un interrogatorio, caso chiuso. Fossi stato un avventore del bar avrei come minimo pensato che lui potesse centrare qualcosa.
In generale il racconto fila, sei riuscito a inserire bene il tema del contest, ma i punti in cui è necessario sospendere l'incredulità sono troppi. Il racconto rimane in ultima posizione perché, dovendomi trovare a valutare le modifiche fatte al testo originale, queste non mi hanno convinto del tutto.
Il quantistologo Il racconto parte abbastanza bene, a margine di qualche pezzo decisamente migliorabile. (Es. "Scelgo la zona del suo collo da dove lo afferrerò e lo sbatterò sulla vetrata finché non vedrò mia figlia in piedi, quando una seconda voce spezza le mie intenzioni." È una frase macchinosa, che non trasmette in minima maniera la rabbia che deve provare Kurt in quel momento). Dal momento in cui il quantistologo entra in scena e inizia la procedura sulla figlia, non sono più riuscito a tenere le fila del discorso. Intendiamoci, ho capito cosa è successo a livello di descrizioni, ma mi sfugge come una sequenza di informazioni sconnesse e delle formule matematiche possano risvegliare la ragazza. Credo possa avere qualcosa a che fare con la fisica quantistica, la correlazione tra particelle, ma il racconto non fornisce elementi sufficienti per dare una spiegazione a ciò che stiamo leggendo. Il problema più grosso però è che non sono riuscito a trovare il tono del tuo racconto - non ho capito se fosse drammatico, se fosse fantascienza, se fosse ironico, o un mix delle tre cose. Il tema è centrato in ambito matematico (curioso, due racconti nello stesso girone che parlano di radici quadrate).
Radici in ombra Idea simpatica quella del ritrovo di babau. Ho iniziato a intuire la vera natura dei personaggi verso metà della storia, all'inizio dati i nomi italiani dei personaggi, l'ambientazione del bar e il fatto che il protagonista avesse perso una mano mi stavo immaginando qualche losco affare di natura terrena (magari dei sicari?). Scelta interessante quella di far evolvere la situazione in un fantasy, molto bella l'idea dell'orsacchiotto protettore che ha tagliato la mano del protagonista, anche se nel complesso non sono sicuro che sia riuscito completamente. L'idea di nascondere la situazione in una realtà comune per poi farla comparire mano a mano è buona, ma alcuni dettagli mi hanno proprio dato l'idea di inganno nei confronti del lettore. Uno su tutti, i nomi dei personaggi. Non so, un babau di nome Paolo non mi risulta particolarmente credibile. Trovo anche difficile che un ruolo "volatile" come quello del babau possa trovare conforto nel mettere radici sotto un letto specifico. Se basta un lumino o un orsacchiotto a scacciarli dubito che qualcuno di loro sia mai riuscito a trovare una casa stabile! In generale un racconto buono, che mi ha fatto piacere leggere, ma di certo migliorabile.
I superstiti Veramente un bel racconto. Gioca molto sull'empatia del lettore e, per quanto la storia sia molto semplice, va a toccare i tasti emozionali giusti. I due protagonisti sono definiti quel tanto che basta da affezionarsi e sperare che per loro, alla fine, le cose vadano bene. Qualche passaggio non mi ha convinto completamente:
"Si voltò di scatto e li vide tutti accasciati a terra." Messa così sembra che siano tutti sdraiati a terra esanimi, quando invece è solo uno che è in gravi condizioni.
«ma perché i cipressi scappavano dalla loro terra?». «Non volevano crepare bruciati forse?» allungò un occhio in avanti. «Ma sono alberi, papà, e questa è solo una stupida storia! Se si staccano dalle loro radici muoiono! Noi nasciamo in un posto ed è lì che dobbiamo stare, lì abbiamo il cibo che ci piace, possiamo parlare la lingua che conosciamo e tutti ci vogliamo bene. In un altro posto, papà...moriamo!».
"Crepati" mi sembra una parola troppo dura per il tono dolce e quasi fiabesco che fino a quel momento stava usando il padre. A parte questo, non mi è chiaro il discorso del bambino: prima dice che quella è una storia stupida, poi però la paragona fin troppo letteralmente alla loro situazione, sottintendendo che in realtà ci ha creduto fin troppo. Logica distorta bambinesca, senza dubbio, eppure mi pare che il pensiero potesse essere formulato meglio e senza troppi giri di idee.
Il racconto comunque mi è piaciuto molto e il tema è centrato.
Doppiogioco Ambientazione peculiare, mi da l'idea di un fantasy tardo-ottocentesco a causa della presenza di pistole e fotografie. Il tema è centrato in maniera interessante ma non originalissima. il finale mi è piaciuto anche se, come ti è già stato fatto notare, è stato spoilerato da un titolo fin troppo rivelatorio. Il racconto è in generale buono anche se non particolarmente originale, il problema più grosso è presentato dal ritmo. Durante la prima metà della vicenda non accade praticamente nulla, e ti limiti a tratteggiare l'ambiente in cui si sta muovendo la protagonista. Uno scenario dettagliato e colmo di particolari che non avrebbe sfigurato in un racconto più lungo, ma nell'ambito del contest, con i suoi limiti spaziali, mangia veramente troppo.
Metti le radici! Andiamo subito al dunque: tema affrontato in maniera molto originale, non mi sarebbe mai venuto in mente di parlare di radici matematiche. L'intera vicenda ha toni surreali, è ambientata in un mondo realistico che però a tratti appare onirico, una sorta di viaggio lisergico nei mondo della matematica. In generale ben fatto, per quanto sia in gran parte descrittivo e i dialoghi siano pochi, la narrazione scorre bene. Non credo di avere ben compreso il succo della vicenda a causa della mia asineria in matematica (media del tre e mezzo alle superiori), ma mi pare di aver capito che tramite le operazioni la professoressa è in grado di "avvicinare" le relazioni tra le persone. Beh, idea assolutamente fuori dai canoni ma molto originale. Ti faccio un appunto solo sul linguaggio utilizzato: alcune parole saltano subito all'occhio perché molto altisonanti e di scarso utilizzo nella vita di tutti i giorni rispetto al vocabolario usato nella maggioranza del racconto. Il salvadanaio a forma di "verro decapitato" mi è saltato subito all'occhio, troppo strano per non avere un'utilità all'interno della storia, invece poi non è stato così. Niente di grave comunque. Un buon lavoro.
La nuova fiamma Il racconto parte bene, con una situazione classica ma ben descritta: l'amico sparito/cambiato dopo essersi fidanzato con una sconosciuta. Metti subito in chiaro l'interpretazione del tema "mettere radici", il dialogo tra i due si svolge in modo naturale, con un linguaggio non artificioso. Insomma, fino a pochi passi dalla fine mi pare tutto molto buono. Poi, all'improvviso, ho iniziato a non capire più niente. Dal momento in cui il protagonista trova i libri dalle pagine bianche l'intera vicenda assume tratti onirici, totalmente irreali, che non vengono spiegati parzialmente nemmeno nel finale. Il protagonista ha ricordato tutto, ma noi no, e non sono riuscito a dare un senso alla vicenda. In genere amo i finali aperti, che instillano dubbi nel lettore e lo lasciano con alcune domande senza risposta, ma in questo caso non so nemmeno che domanda farmi. Non ho proprio capito cosa è successo. È un sogno? Una visione? C'è davvero un bonsai infestante in grado di risucchiare la vita in casa? Nessun indizio, solo grossi dubbi. È un peccato, perché a livello di stile non l'ho trovato per niente male.
CLASSIFICA 1. I Superstiti di Silvia Casabianca 2. Chi resta di Luca Fagiolo 3. Metti le radici! di Antonio Pilato 4. Radici di marmo, chioma di vetro di Debora Dolci 5. Doppiogioco di Valerio Covaia 6. Radici in ombra di Soraia Patrizi 7. La nuova fiamma di Roberto Bartoletti 8. Il Quantistologo di Dario Cinti 9. Roberta di Andrea Spinelli
Ultima modifica di maurizio.ferrero il martedì 23 marzo 2021, 8:46, modificato 1 volta in totale.
CLASSIFICA: 1) I SUPERSTITI 2) RADICI IN OMBRA 3) LA NUOVA FIAMMA 4) METTI LE RADICI 5) CHI RESTA 6) DOPPIOGIOCO 7) QUANTISTOLOGO 8) RADICI DI MARMO, CHIOMA DI VETRO 9) N.C. "ROBERTA"
CHI RESTA: Solitamente, quando ci si appresta a scrivere un racconto si pesca dal cilindro della propria vita: secondo me chi scrive ha vissuto, in prima persona, un conflitto con una persona a lui vicina. Nel tentativo di non riportare fedelmente la propria esperienza, si sono creati degli eccessi sia nella figura del ragazzo che nella figura della nonna materna. Sicuramente c'è del vero nei loro atteggiamenti e modi di fare. Il tema indicato viene trattato ma, secondo me, in modo un po' distaccato. Nel complesso un racconto sentito, con un suo perché.
RADICI DI MARMO, CHIOMA DI VETRO: Questo racconto non mi è arrivato. Ho letto tante descrizioni e dialoghi, ma non intravedo una scintilla che sia portatrice di un messaggio netto. Trovo lo stile un po' fine a se stesso: un modo di scrivere che parte dalla prerogativa di dimostrare di sapere scrivere, tralasciando l'intento narrativo e cioè quello di creare una Storia che possa lanciare un messaggio. Magari preferisco stili meno "pomposi", ma che poi mi spiazzano nella loro acutezza e genialità nel raccontare una verità in modo originale. Quest'intento manca qui, come in altri racconti che ho letto.
ROBERTA: Il racconto è ben tratteggiato, anche se emergono alcune forzature da parte di lui e da parte di lei: atteggiamenti che cambiano repentini, nella realtà plausibili, ma che qui andrebbero motivati. La storia è aderente con le notizie di cui oggi si legge, ma l'interpretazione narrativa manca di originalità. Io avrei descritto meglio Roberta da un punto di vista emotivo. Il tema del mettere le radici viene sfiorato, secondo me. Non c'è una vera e propria aderenza al tema. Nel complesso un racconto più che sufficiente.
QUANTISTOLOGO: Un racconto originale, ma si perde un po' per strada. La parte iniziale è definita in modo chiaro, mentre leggo riesco a immaginarmi le scene, poi nella parte finale non capisco più perché stia succedendo quello che accade, e cioè perché i genitori debbano parlare un po' a caso della vita della figlia. Mi manca di capire quale sia effettivamente il focus del racconto. Per tali motivi non trovo nemmeno aderenza al tema proposto. Lo stile in sé è anche accattivante, ma nel complesso la storia mi ha lasciato con un senso di incompiuto.
RADICI IN OMBRA: In questo racconto intravedo il tentativo di interpretare in modo molto personale il tema proposto. Lo stile in sé non annoia ed è adatto a creare suspense. Il principale difetto che ho trovato è che alcuni concetti non arrivano in modo immediato, ma restano un po' criptici. Sembra che chi stia scrivendo non si preoccupi troppo di far capire al lettore, ma sia concentrato solo nel mettere su carta le sue istantanee emozioni. Questo danneggia la storia che manca di circolarità ed empatia. Nel complesso, comunque, una storia con del potenziale.
I SUPERSTITI: Una storia differente dalle altre che profuma di "viaggio". Lo stile non è mai ridondante, e si presta nel modo giusto a raccontare tutto il percorso dei protagonisti. Intravedo nello scrivente la voglia di parlare di sé attraverso le proprie conoscenze multi culturali, che di certo rendono la storia più vera. Vedo anche una vena romantica nell'epilogo che si adagia bene sul tema proposto. La lettura è scorrevole grazie a tutti questi fattori, quindi direi che la storia può essere tranquillamente di buona compagnia.
DOPPIOGIOCO: Questo racconto, come un altro letto poco fa, è ridondante di aggettivi, troppi, e non contestualizzati. Messi lì per creare immagini visive, ma se questo non si appoggia su una base narrativa è un po' inutile. La storia in sé si perde un po' di vista a mano a mano che si procede nella lettura. I personaggi sono anche credibili, ma non capisco quale sia il messaggio di questa breve storia. Il tema di cui si doveva parlare è un po' forzato. A ogni modo un racconto quasi sufficiente per me.
METTI LE RADICI: Un racconto che, secondo me, parla molto di chi scrive: forse anche lui odiava la matematica. Ho trovato la storia convincente, a tratti mi ha fatto sorridere, ma l'aderenza al tema non la individuo a pieno. Lo stile è coerente con il tema di cui si parla, quindi lineare e non appesantito da inutili informazioni, ma le descrizioni fornite mancano di "vivacità": trovo che siano state scritte un po' di getto, e non rendono al meglio l'immagine del personaggio. Nel complesso, un racconto che ho letto volentieri.
LA NUOVA FIAMMA: Un racconto intimista, con momenti introspettivi che non mi sono dispiaciuti. Lo stile non è funambolico, ma direi che si adatta bene con il tema trattato. La storia mi sembra sentita e non artificiosa, e quindi questo è già apprezzabile. Il tema indicato direi che è stato rispettato. I personaggi si muovono in un contesto ben dettagliato e la trama del complesso risulta credibile e supportata dallo stile scelto. Ovviamente il testo sarebbe migliorabile, ma direi sufficiente.
Complimenti a tutti gli appartenenti al gruppo. Ogni racconto mi ha comunicato qualcosa e la scelta è stata molto difficile. Alla fine, paradossalmente, mi sono sentito di premiare un racconto che per scelte narrative e stilistiche non mi ha convinto appieno, ma mi è parso molto evocativo.
Classifica 1. Metti le radici! – Antonio Pilato 2. Il quantistologo – Dario Cinti 3. Radici in ombra – Soraia Patrizi 4. La nuova fiamma – Roberto Bartoletti 5. Radici di marmo, chioma di vetro – Debora Dolci 6. Chi resta – Luca Fagiolo 7. Roberta – Andrea Spinelli 8. I superstiti – Silvia Casabianca 9. Doppiogioco – Valerio Covaia
Chi resta – Luca Fagiolo Il racconto è scritto bene. Gestisce i beni tempi, si prende gli spazi giusti e soprattutto si fa apprezzare per la capacità di dire senza spiegare: può sembrare una banalità, ma non parli mai dell’evento catastrofico, non lo porti alla luce, riesci a far dire ai personaggi cose credibili ed allo stesso tempo riesci a far capire al lettore di cosa stai parlando. Altro punto di forza è la capacità evocativa: anche senza insistite descrizioni dei luoghi, il racconto è attagliato alla realtà e quindi riesce a farmi vedere il teatro delle azioni. Per finire sullo stile, ho trovato solo una piccola incongruenza: lui si mette le cuffie nelle orecchie e poi apre la finestra, sente i suoni di fuori, dice di non sentire traffico. Ma avendo la musica nelle orecchie gli riuscirebbe difficile sentire. Una piccolezza, che però nella lettura mi ha fatto fermare un attimo. Quanto al tema, il racconto si colloca in un topos letterario abbastanza noto al mio immaginario (non è un crimine): il ragazzo che dopo la morte della madre va a stare dalla nonna. Forse però questo luogo letterario un po’ liso dall’uso ha impedito che il pathos mi travolgesse fino in fondo. A prima vista, infine, il cambiamento del ragazzo nei confronti della nonna potrebbe sembrare precipitoso. In realtà così non è, perché si tratta di un vero e proprio crollo emotivo: quindi resta una metamorfosi abbastanza convincente.
Radici di marmo, chioma di vetro – Debora Dolci Mi piacciono molto i racconti che lavorano sulle immagini e si servono delle immagini. Al centro di questo racconto ce n’è una molto potente: il mosaico, insieme a ciò che il mosaico raffigura. Un albero di vetro e marmo. C’è grande leggerezza (intesa alla maniera di Calvino) nell’immagine: la leggerezza del vetro, dell’albero che vive nell’elemento aereo, mista alla solidità del marmo, della radice che vive nell’elemento terrestre. Mi piace anche il fatto che ti servi di quest’immagine archetipica per sfiorare il tema libertà/schiavitù. Tutto il racconto mi pare orbitare intorno a questi due poli e per questo si lascia apprezzare molto. Il massimo pathos lo raggiungi nella frase “lo sei anche per me, ragazzo, […],”, che per quanto un po’ enfatica, coinvolge emotivamente il lettore. Entrando nel merito della vicenda, ho cominciato ad avere maggiore difficoltà nel destreggiarmi tra nomi e fatti. Pur avendolo riletto, il finale mi resta tuttora un po’ oscuro (magari era da te voluto). L’ho trovato leggermente poco lineare nella narrazione dei fatti. Lo stile asciutto che hai utilizzato mi piace molto, anche lì lavori per immagini e la cosa funziona!
Roberta – Andrea Spinelli Il racconto ha un bellissimo attacco. Con poche pennellate riesce a restituire un affresco del posto ed un ritratto della voce narrante. Notevole anche come sei riuscito ad adeguare il linguaggio, crudo, enfatico, allo spirito abbastanza tormentato del personaggio. Roberta è pure resa con una certa plasticità. Mi piace come oscilla tra l’apollineo della bellezza fisica ed il dionisiaco della tendenza all’autolesionismo, presente fin dalle prime battute. Secondo me la narrazione perde leggermente di efficacia quando la scena si sposta in camera del protagonista. Ho trovato le immagini un po’ più accademiche, il linguaggio ha smesso di seguire l’andazzo della narrazione e l’insieme mi è sembrato un pizzico manierista. Mi sembra di aver intuito tra le righe un estremo tentativo di salvarsi, da parte di lei: implicitamente gli chiede se insieme possano mettere radici e lui, per qualche motivo, si sottrae. Si tratta di sentimenti elementari, allo stato puro, che raramente si trovano nella realtà così privi di mediazione. Ma in fondo, visti i personaggi, la cosa non mi è dispiaciuta. Sul finale ho un unico appunto (una cavolata, molto personale): mi pare solo un po’ inverosimile che in così breve tempo il padrone del locale conosca particolari del suicidio così dettagliati come quello della spilla. Sullo stile: come dicevo prima, si adatta alla narrazione ed ai personaggi. Questo riesce ad edulcorare una vaga tendenza, un po’ americana, all’enfasi.
Il quantistologo – Dario Cinti Il racconto mi è piaciuto. L’ho trovato originale nella trama e colorato nelle immagini. Nonostante lo scenario futurista, sono riuscito a immaginare bene l’ospedale, il vetro, la complessa operazione messa a punto dal funambolico quantistologo. Poi mi piace l’idea di fondo: che i linguaggi, in fondo, si equivalgano; che la vita di una persona, oltre che raccontata, possa essere sintetizzata nelle formule matematiche in cui è racchiuso il senso di ogni cosa. Non solo, ma la precisa lettura della realtà, la sua stessa semplice analisi, rappresentano la cura. Se vogliamo il quantistologo trasforma la diagnosi nella cura stessa. Lo stile è coinvolgente, il racconto mi pare ben condotto. C’è qualche tendenza alla prosa americana (“fottuto”), c’è un accenno di periodo esplicativo (“lei è il capo dell’ONU”), ma nel complesso niente che infici la riuscita finale.
Radici in ombra – Soraia Patrizi Bell’idea, portare la voce narrante nel petto di un mostro, dargli un nome di uomo comune, collocarlo in un contesto comune, a bere serenamente una birra coi suoi sodali mostri. Non ci sono grandi colpi di scena o rivolgimenti, non ci sono asperità o conflitti: la cosa mi piace molto, il racconto risulta fresco, divertente, nonostante parli di mostri. E’ sapiente il modo in cui conduci la narrazione fino in fondo, svelando sempre più particolari che avvicinano il lettore alla verità; sapiente anche come sviluppi l’argomento del narrare, giocando con tutti gli elementi di solito legati al sonno infantile: la lampada, l’orsacchiotto (bellissimo l’accenno alla lotta all’ultimo sangue). Mi pare un’idea molto carina e stilisticamente è ineccepibile. Ultima nota di gusto esclusivamente personale: mi ha divertito, ma forse non ha mosso molto a livello emotivo. Di un racconto mi piace anche la sua capacità di permanenza, a distanza di tempo, nella memoria emotiva. La leggerezza di questo racconto – che è uno dei suoi punti di forza – potrebbe essere anche la causa della sua opacizzazione nella memoria.
I superstiti – Silvia Casabianca E’ un racconto che, riletto un paio di volte fino in fondo, emana un certo fascino. I nomi spagnoli, le pennellate che descrivono il paesaggio, sono particolari che contribuiscono – senza bisogno di grandi descrizioni – a che nella testa del lettore si formi un’immagine molto evocativa degli scenari e dei personaggi (perfino le loro vesti e i loro volti mi sono immaginato!) Lo stile è pulito anche se a tratti un po’ barocco (qualche aggettivo sovrabbondante, qualche similitudine un po’ stucchevole). Ho avvertito un po’ di contrasto tra l’ambientazione e l’uso di certi termini nei dialoghi (“bestiale”, “crepare”), espressioni più da sobborgo americano che da deserto sognante come quello che hai descritto tu. La narrazione mi restituisce, poi, soprattutto nella prima parte un senso di confusione. Tanti nomi, diverse azioni, a tratti non sono riuscito a dare un’identità precisa ai personaggi ed a capire chi di loro parlasse. La parabola degli alberi - metafora del viaggio dei protagonisti, del loro mutare radici – è sicuramente evocativa, ma non sono riuscito ad avvertirla come così potente (gusto soltanto personale).
Doppiogioco – Valerio Covaia Il punto di forza del racconto, secondo me, è l’ambientazione evocativa. Una certa tendenza all’abbondanza di aggettivazione e descrizione, alla fine, sortisce un effetto, che è comunque quello di disegnare con le tinte giuste ambiente e personaggi. Molto indovinata mi pare anche la focalizzazione sull’azione. Racconti le cose giuste, nel momento giusto, né prima, né dopo. Il racconto per questo risulta intenso nella narrazione e lineare. La vicenda in sè non mi ha entusiasmato, come non mi ha entusiasmato il fulmen in cauda. Non c’è niente che non vada, a livello di contenuto, qui parliamo solo di gusto personale per la storia. A livello stilistico, come ti accennavo sopra, l’ho trovato decisamente barocco per i miei gusti. La prosa raggiunge l’effetto di descrivere, ma lo fa in modo sovrabbondante, molto aggettivato, con uno stile (pulito) che però alla lunga mi risulta appesantito.
Metti le radici! – Antonio Pilato Secondo me è uno dei racconti con più potenziale. La storia è originale, così come in maniera originale è stato affrontato il tema. L’idea di una Prof capace, con le formule, di muovere gli altri a proprio piacimento come pedine mi piace. Mi piace l’idea che faccia fare ai presenti gesti estremi, che la facciano divertire. Riscontro, però, due problemi: uno di sviluppo della trama, uno stilistico. Entrambi contribuiscono a farmi accostare il racconto ai Prigioni di Michelangelo. La pietra ha cominciato a prendere forma, una forma molto interessante, ma per lo più è rimasta pietra grezza, dai contorni non troppo definiti. Una maggiore caratterizzazione, soprattutto della prof e dell’io narrante, magari anche con accenti parossistici, macchiettistici, sarebbe stata – secondo me – vincente. Magari anche uno sviluppo della trama: ho la sensazione che con spazi più lunghi questa narrazione possa esprimersi al meglio. Sullo stile: non so se sia voluto, ma c’è molta alternanza di tempi verbali (solo un esempio: “è un asso in tutto ciò che concerneva”), che mi pare non funzionale alla storia. A parte poi qualche periodo che si potrebbe alleggerire, ho natato qualche ingenuità come quella di introdurre due volte la partecipazione alle lezioni da parte della bidella. Mi pare infine difficile, a livello di coerenza della vicenda, che la prof del ragazzo possa anche dargli ripetizioni private. Conflitto di interessi! Secondo me col giusto lavoro, diventa un racconto molto accattivante!
La nuova fiamma – Roberto Bartoletti Un racconto che ha una doppia anima. I primi due terzi sono accattivanti: la situazione si crea intorno ai personaggi, sono loro stessi a costruirla, senza che l’autore debba svelare niente. I dialoghi sono credibili e lo stile è fluido, nonostante qualche fuoriuscita verbosa dai dialoghi (ad es. “lo esortò a parlare”). Il punto di massimo pathos, potentissimo, si tocca all’apertura del libro bianco. Il lettore a quel punto apre la bocca e comincia spasmodicamente a chiedersi: oddio che sta succedendo? Dove vuole portarmi? Lì il lettore ha la sensazione che lo scrittore abbia le idee chiare, che ti stia conducendo verso un punto che lui conosce bene e che ti sta svelando sapientemente. Invece no. Il racconto da lì comincia a perdere di efficacia, si nebulizza in un finale ineffabile, che dà la sensazione delle idee poco chiare. Ancora sullo stile: è molto pulito, a parte alcune espressioni un po’ esplicative, evitabili nell’ottica di una totale immersione nel tempo della storia (ad es., “perse il lume della ragione”).
Ciao a tutti, dopo avervi commentato uno ad uno, ecco la mia classifica:
1- Chi Resta 2- Radici in Ombra 3- Doppio gioco 4- La nuova fiamma 5- I Superstiti 6- Radici di Marmo, chioma di vetro 7- Metti le radici! 8- Il Quantistologo 9- Roberta
CHI RESTA
► Mostra testo
Ciao Luca, ho davvero apprezzato il tuo racconto. Aderente al tema, con un ottimo mostrato e quasi nessuna sbavatura. Eh sì, quasi, perché un paio di scivoloni li ho trovati e vorrei segnalarteli:
L’espressione sulla faccia rugosa si incupisce. Tagliamo corto i convenevoli, non sono dell’umore.
Non è un errore, ma a me non piace com'è formulato. "Tagliamo corto, non sono dell'umore" suona meglio, non sembra come se tu fossi indeciso su quale frase usare.
«Vieni.» Nonna Ebe si appoggia sul divano, sulla poltrona e poi allo stipite della porta. Arzilla!
Nonna Ebe ha bisogno di appoggiarsi un po' dove capita per continuare ad avanzare. Non mi pare la performance di una vecchietta arzilla. Non mi è chiaro se volevi fare una battuta o se c'è un errore di concordanza. Inoltre sei stato brillante a suggerire gli anni del protagonista, ma avrei voluto qualche indizio per stimare anche l'età di lei.
La vecchia continua a fissarmi. «Che cazzo hai da guardare?»
Qui il soggetto della frase è la nonna, ci si aspetta che il dialogo sia il suo, invece è chiaro che a parlare è il PDV. Dovresti metterlo in un nuovo capoverso, così da evitare l'equivoco.
“Vieni al campetto più tardi?” “Sono in campagna da mia nonna. Lascia perdere.” “Dove ti sei cacciato, bro? Ti sto aspettando su COD!” “Qui me la sogno la fibra.” “Ho sentito di tua madre… se vuoi parlarne sono qui.”
Questi sono pur sempre dialoghi, dovresti metterli ognuno in un capoverso.
Sulla caratterizzazione del PDV nulla da dire. Il racconto è abbastanza breve e le ragioni del suo atteggiamento fanno presto a svelarsi (e sono comunque anticipate da dettagli che svelano la sua sofferenza interiore). Ottima prova.
RADICI IN OMBRA
► Mostra testo
Ciao Soraia, il tuo brano mi è piaciuto parecchio! È semplice e scorrevole, ma al contempo ha delle ottime trovate e aderisce molto bene al tema. Non ho molto apprezzato il fatto che i mostri si comportassero e avessero nomi così umani (ma magari sono uomini neri, in quel caso ok! xD), ma è solo un problema mio. Oggettivamente non incide sul testo e anzi crea un interessante depistaggio che man mano si svela e accresce la curiosità. Ho anche trovato qualche errore stilistico, ma sono pochi e facili da risolvere:
nessun vicino fastidioso che potesse svegliare durante la notte.
Questa frase è un po' ambigua preferirei vederla espressa meglio. Non capisco se sia "il bambino che potesse svegliare il vicino" o se si tratta di un typo scritto al posto di "potessi svegliare".
Alzo le spalle: «E cosa ci potevo fare? Come tutti sanno, appena arriva il lumino, tutto diventa più difficile. Ma non mi sono arreso e mi sono dato da fare.»
Questo dialogo è un po' infodump. Nel gergo lo chiamano ironicamente "As you know bob".
Mio caro, non vorrei neanche ricevere una nuova tana perfetta da te, non dopo quella volta che mi hai lasciato a combattere da solo contro quell’orsacchiotto maledetto che mi ha tagliato una mano.
Questa frase è proprio espressa male, non dico che andrebbe tolta, ma bisogna sistemarla un po'.
È tutto, te l'ho detto che erano pochi ;) Buona gara!
DOPPIO GIOCO
► Mostra testo
Ciao Valerio. Il tuo racconto non è malvagio, anche se il tema lo utilizzi solo per un dialogo e in definitiva suona un po' forzato, ma meglio di niente. Il finale l'ho trovato un po' troppo veloce, ma funziona e poi c'erano quei limiti di carattere che incombevano, quindi è perdonabile.
Ho anche riscontrato qualche errore stilistico qui e lì e ci sono delle osservazioni che vorrei farti:
Le strade del Pantano si confondono in cunicoli intricati
Qui ho una domanda. Il Pantano è il luogo in cui si trovano inteso come paese/città o indica altro? Non è molto chiaro.
Sembra di attraversare delle catacombe, con la sola differenza che qui delle lanternine pendenti ai cornicioni rischiarano l’oscurità, disegnando sporadiche ombre sulle facciate dei palazzi.
Dovresti accorciare un po' il periodo e renderlo più scorrevole, il mio suggerimento: "Le strade del Pantano si confondono in cunicoli intricati, sembra di attraversare delle catacombe. Le lanternine appese ai cornicioni rischiarano la notte, disegnano ombre sulle facciate dei palazzi."
mentre scanso con un gesto solo quella seccatura e mi avvio verso un tavolino nell’angolo.
Anche qui: "scanso con un gesto (quale gesto?) quella seccatura di Bard e mi avvio verso un tavolino nell'angolo"
Gli schianto il polso a terra in una frazione di secondo
Scritto così, non si capisce cosa gli faccia. Cosa fa per schiantarlo? In che posizione si trova questo (perché per schiantargli il polso a terra come minimo l'ha messo a 90°)?
«A te, Eddie». Estraggo un paio di monete dalla bisaccia e le porgo al ragazzo accanto a me. I boccali battono sul legno in risposta. «Offro io», freno con la mano destra il polso di Fred, «va bene così». Accenno ad un sorriso finto in attesa della fatidica domanda.
Scritta così la scena non è chiara e andrebbe un po' intuita. Immagino che il cameriere sia venuto a portar le ordinazioni, ma dovresti renderlo più chiaro.
Una lunga sequenza di agghiaccianti fotogrammi sviluppati da poco nella camera oscura.
Il fatto che siano agghiaccianti dovresti comunicarcelo attraverso la reazione di Frederick, per il tuo punto di vista sono foto già viste e vissute.
Spero di essermi spiegato bene. Buona gara!
LA NUOVA FIAMMA
► Mostra testo
Ciao Roberto, storie pertinente col tema e stile abbastanza pulito e accessibile, ti lascio alcune osservazione che ho appuntato mentre leggevo:
Penetrato in casa sentì il peso della differenza. Si era sempre sentito
C'è una ripetizione del verbo sentire che si poteva evitare.
a proprio agio nell’appartamento del suo migliore amico: un rifugio nel quale per anni si era riso, chiacchierato, dove ci si scambiava speranze lontani dal mondo reale. Ora però l’ambiente era cambiato. Non a caso, da quando era comparsa lei.
+
Luca prese posto sul divano, il trono comune sul quale aveva divorato un milione di film trangugiando schifezze e sparando cazzate
Queste due parti suonano un po' riassuntive e in Raccontato. La prima poteva essere risolta con un pensiero del pdv, la seconda poteva comunicare lo stato dell'usura del divano mostrando delle macchie di cibo, che al pdv avrebbero ricordato le serate trascorse a mangiare e divertirsi. È solo un esempio, ma te l'ho fatto giusto per farti capire come si poteva aggiustare.
Questa invece non l'ho proprio capita:
«Certe volte mi chiedo persino se esisti, o sei solo frutto della mia immaginazione.» Lei finalmente si lasciò andare a una risatina confidenziale, trattenuta troppo a lungo. «Oh, ma io esisto, Luca.» sussurrò nel suo stile, quello di chi agisce sotto traccia e non sente il bisogno di alzare mai la voce «Di questo non devi dubitare.» Luca estrasse un libro, sfilacciando la ragnatela che lo avvolgeva. La copertina era bianca e priva di intestazioni: sfogliando le pagine si accorse che erano vuote, immacolate. Prese un altro volume a caso, sempre più confuso, ma il risultato era lo stesso. «Mi spieghi come è possibile che…» Si voltò verso di lei ma era sparita. Non l’aveva sentita allontanarsi, perciò cominciò a cercarla ovunque. Batté freneticamente ogni angolo della casa, ma servì solo a dimostrargli quanto ogni parte fosse andata in malora. I colori. I colori erano spariti quasi da ogni oggetto. “Dove ti sei infilata, stronza?” Tornato in sala perse il lume della ragione. Cercò la pianta con lo sguardo e una volta raggiunta la agguantò per i rami. Provò ad alzarla, ma non veniva. Guardò meglio e notò una lunga serie di nervature che partivano da sotto il vaso e si diffondevano dappertutto. Era come se il bonsai fosse divenuto parte del luogo e si nutrisse di esso. Non fece in tempo ad approfondire che il campanello suonò facendolo sobbalzare. Stavolta fu lui ad aprire, felice di poter dare il bentornato al padrone di casa. Uscì sul pianerottolo e solo allora ricordò tutto.
È un finale decisamente criptico. Mi sembra di intuire che in qualche misura c'entri il bonsai, ma non mi è chiaro se parliamo di un'entità paranormale o se invece è qualcosa di più concreto (non ho letto i commenti degli altri). Il fatto è che se fino alle ultime tre righe la storia si fa misteriosa, ma comprensibile, l'epilogo mi ha confuso ancora di più le idee.
I SUPERSTITI
► Mostra testo
Ciao Silvia. La storia è buona, anche se ci sono alcune pecche stilistiche soprattutto nella prima parte del racconto:
Gael camminava guardando la sola meta possibile: l’orizzonte. Un raggio fioco trafiggeva due cactus giganti. Dov’era Juanito? Si voltò di scatto e li vide tutti accasciati a terra. Un gemito stridulo, di donna, si levò dal basso. Calpestò le proprie impronte affondando i piedi nella sabbia di piombo e proteggendosi gli occhi dai granelli. Il corpo di Amparo palpitava a terra. Dalla pelle secca delle dita dei suoi piedi fino alla caviglia scendevano due rivoli rosso vivo come salsa chile. Le foci dei due fiumiciattoli erano due morsi minuscoli. Si avvicinò: occhi immobili e neri come ossidiane. Il volto livido, Doña Elena che singhiozzava al suo capezzale. Un tonfo lo fece voltare. Ernesto sputò. La saliva piombò sul corpo del serpente corallo, che periva sotto il peso di una pietra.
Chi è il PDV? Chi sono tutte queste persone e cosa stanno facendo? Conto almeno cinque nomi e sono tutti nomi che non associo a nessun volto, a nessun personaggio. Col procedere del racconto, il contesto inizia a delinearsi meglio, ma rimangono diverse questioni in sospeso: cos'è accaduto ai personaggi? Perché dovrebbero essere dei sopravvissuti? Qual è la loro storia?
Ho apprezzato il racconto dei cipressi, ma il finale mi ha lasciato un po' perplesso, e in special modo questa frase:
«Riposa bene. L'india dice che manca poco all'Arizona».
La prima volta una frase simile viene dal padre, ma adesso la dice Juanito. Perché? E non mi è chiaro cosa tu intenda con India, ma non credo la loro nazione, visti nomi messicani.
RADICI DI MARMO, CHIOMA DI VETRO
► Mostra testo
Ciao Debora. Te lo dico fin da subito, il racconto non mi è piaciuto. Il che mi ha sorpreso, avevo forti aspettative su di te. Il mese scorso ho potuto apprezzare le tue accurate analisi ai brani del gruppo che dovevamo recensire e mi eri sembrata molto in gamba, in più avevi pure vinto la sfida. Stavolta invece sembra che qualcosa sia andato storto, la storia non è molto leggibile ed è difficile cogliere al volo il contesto e cosa stia succedendo. In più, come puoi vedere ho individuato diversi problemi:
L’uomo è inginocchiato nell’atrio a torso nudo. La sua tunica è corta come la mia, arrotolata e raccolta alla cintura, ma non è uno schiavo qualsiasi, perché il dominus ha detto di obbedirgli.
Abbiamo un problema con il flusso delle informazioni, prima vediamo l'uomo, poi l'ambiente in cui si trova, poi torniamo su di lui. È più corretto così: "L'uomo è inginocchiato a torso nudo nell'atrio". Subito dopo però abbiamo un altro inghippo: ci dici che ha una tunica, e la prima cosa che il lettore pensa è 'ma non era a torso nudo?' È necessario indicare subito che la tunica è raccolta alla cintura: "La sua tunica è arrotolata alla cintura". Il commento sulla lunghezza lo eliminerei, perché se è raccolta, il PDV non può avere la certezza che sia uguale alla sua.
Costeggio le colonne in fretta
Questo è Raccontato, un aggettivo che non vuol dire niente. Cosa fa "in fretta"? Mostralo.
Resto immobile. L’ordine del dominus o la verga di Ceio? Mi mordo il lato della guancia.
Qui ci manca l'aggancio per comprendere appieno il dilemma del PDV, non abbiamo visto il dominus, non sappiamo cosa gli ha ordinato.
«Avanti, ragazzo. Non posso muovermi adesso. Mi serve il colore del legno e della terra.»
Deve andare al plurale. "I colori del legno e della terra", altrimenti sembra che sia un unico colore, oppure che l'uomo gli abbia chiesto una tinta e poi della terra a caso.
In equilibrio sulle sulle tavole di legno raggiungo l’uomo in mezzo all’atrio.
Ripetizione di "sulle"
Una chioma di vetro verde cresce dal disegno in carbone tracciato sul sottile strato di intonaco.
Questa frase è stata un enigma. Ci ho messo un po' a capire che stanno componendo un mosaico, e anche così non sono sicuro di cosa immaginarmi.
Mi indica con un movimento secco del polso un punto dove appoggio il mio carico.
"dove appoggiare"
Ha il naso diritto e gli occhi scuri. Una grossa ruga gli solca la fronte
"Ha il naso diritto, gli occhi scuri e una grossa ruga che gli solca la fronte"
Elenio vuole solo le tessere più piccole.
Devo pensare che Elenio sia il mosaicista, lo stesso mosaicista che prima il PDV chiamava semplicemente "L'uomo", questo è un problema. Non si dovrebbe mai attribuire più di un epiteto per personaggio, ed Elenio non si è neppure presentato, quindi non capiamo che si tratta dello stesso uomo.
Due giorni senza pavimenti da sfregare o vergate: il mosaico più bello che esista.
Suppongo che il mosaico li abbia impegnati per quel lasso di tempo, ma io avrei preferito che la cosa fosse più chiara. Per esempio l'informazione poteva essere comunicata a inizio paragrafo.
Ma la grossa ruga gli attraversa la fronte ancora più profonda, vuole una risposta vera.
È la fronte a essere più profonda o la ruga? E la ruga dovrebbe suggerire che Elenio è in attesa di una risposta?
***
Questi asterischi per cosa sono? Non è la prima volta che chiudi una scena e ne inizi un'altra. Allora perché li usi solo qui?
La torcia illumina l’atrio della piccola villa. La spada nella destra avanzo con passi laterali.
Chi è che tiene la torcia, il PDV? La frase successiva invece andrebbe riscritta: "Avanzo con passi laterali, la spada nella mano destra", perché scritta in quel modo, oltre a essere brutta da leggere, non fa capire fino all'ultimo chi stia impugnando la spada.
Se ho capito bene, quest'ultimo paragrafo ha un cambio di PDV. Che di per sé ci sta, il problema è che abbiamo gli stessi errori visti in precedenza: non è ben chiaro cosa stia succedendo. Il tema è sicuramente centrato, intuisco le intenzioni di trattarlo in maniera originale, purtroppo però il risultato finale non è dei migliori. Ti auguro comunque buona fortuna per la gara, e che la prossima volta vada meglio.
METTI LE RADICI!
► Mostra testo
Ciao Antonio. Vedo che scegli lo stile del Raccontato, e vedo dai commenti che sei anche convinto della tua decisione. Il Raccontato ha i suoi punti di forza, perché se non altro puoi trasmettere in modo semplice e immediato le informazioni sul contesto (e questo non è da sottovalutare, dato che nei racconti di MC trovo spesso brani molto difficili da interpretare), ma di contro sacrifica la potenza della scrittura immersiva, che richiede l'uso del Mostrato e la sommersione nel PDV. Per questo motivo parti svantaggiato, ed è un peccato, perché ci sarebbero moltissimi dettagli che potresti comunicare usandolo correttamente, e miglioreresti in maniera significativa il tuo testo. Detto questo, il racconto è "particolare". Ok per l'aderenza al tema, ho sentito però poco i personaggi e proprio per la mancanza dell'immedesimazione non sei riuscito a trasmettermi ciò che il tuo personaggio provava.
IL QUANTISTOLOGO
► Mostra testo
Ciao Dario, con il tuo racconto sono stato costretto a consultare anche i commenti degli altri, e concordo in pieno col parere generale: la prima parte del racconto non è male (anche se ti contesto i dialoghi subito prima dello stacco, che reputo abbastanza ingenui), mentre il prosieguo è davvero confusionario e non so bene cosa immaginarmi. Ci sono tanti dialoghi ma non "vedo" chi li pronuncia e non capisco di cosa si tratti. L'aderenza al tema io non l'ho colta, anche se in effetti c'era, quindi può darsi che si sia trattata di una mia mancanza.
ROBERTA
► Mostra testo
Ciao Andrea, ho trovato il tuo brano un po' altalenante. Ha dei momenti di grande interesse e altri che avrei preferito fossero curati meglio.
Vediamo qualche spezzone più nel dettaglio:
Era una di quelle notti che vanno avanti senza un perché. Sì, era una notte del genere, fino a che nel Lochness Pub entrò una donna con i capelli scuri e con un tubino nero che le strizzava i fianchi. Eppure non dava l’idea di una poco di buono. Cioè, poteva darla a un maschio che avesse ancora delle cartucce da sparare, non a me che riuscivo a tirarmi una sega non più di due volte al mese, e solo con l’aiuto di youporn. Insomma questa tipa entrò e tutti gli uomini del locale rischiarono lo strappo della carotide per voltarsi a guardarla. Lei li ignorò e ticchettando sui suoi tacchi venne a sedersi proprio vicino a me. Io ero l’uomo più brutto del paese, e forse questa cosa influì.
Queste prime righe sono ok per quanto riguarda la costruzione del contesto, però è un Raccontato. Avrei preferito vedere la scena attraverso il PDV e momento per momento.
Parlammo giusto del più e del meno, ma quel che contava era l’impressione che lei mi dava. Non era solo bella, era anche la ragazza più bella che avessi mai visto. E aveva scelto me, questo era quanto. Dopo il terzo giro di birra la baciai, e lei mi lasciò fare.
Subito dopo ci mostri il dialogo di Giacomo e Roberta, che è focalizzato proprio sulla bellezza di lei, quindi oltre a essere in Raccontato, è inutile.
Si mise a frugare nella borsetta, tirò fuori una spilla da balia e se la infilò nel naso, da parte a parte. Scoppiò a ridere. “Mi trovi bella, adesso?” Con uno scatto le sfilai lo spillone. “Gesù, non fare mai più una cosa del genere.” Le tamponai il sangue con un tovagliolo.
Scena particolare e interessante, che mostra la stravaganza di Roberta, ma c'è un problema: Giacomo interviene per tamponarle il sangue, però noi non abbiamo visto che lei perdeva sangue. Avresti dovuto inserire una frase che mostrasse quel dettaglio PRIMA dell'intervento di lui.
Uscimmo dal pub e ce ne andammo su da me.
Qui voglio proprio essere pignolo. So bene che si dice così e che quindi non dovrebbe essere un errore, però "su da me" scritto in quel modo mi comunica che Giacomo viveva a due passi dal locale, al punto che escono e sono già da lui. Se è davvero così, nessun problema, altrimenti sarebbe stato utile una frase che indicasse che hanno percorso un tratto di strada e che magari nel mentre hanno continuato a chiacchierare.
Scattai a sedere sul letto e aggrappai le mani alla gola: mi mancava l’aria. “Ti riporto a casa, Roberta” riuscii a dire. Non mi voltai a guardarla. Lei uscì dal letto e si rivestì. Il suo corpo e i suoi occhi non luccicavano più. “Vado da sola, non c’è bisogno che ti scomodi.” “Aspetta.” “Addio.” Se ne andò. Io rimasi a letto e guardai fuori dalla finestra: la notte andava avanti.
Non sono sicuro di aver capito cosa sia successo qui. Perché le mani alla gola, e perché lei se ne va?
“Si è tagliata le vene con una spilla da balia. L’hanno trovata poco fa in mezzo alla strada.” “Con una spilla da balia?” fissai la porta d’entrata del pub. Sentivo che da un momento all’altro lei dovesse entrare da quella porta. “La conoscevi bene?” “Io…” un rigurgito mi risalii su per la giugulare. “Io non l’avevo mai vista fino a stasera.” “Una brutta storia, Giacomo.”
E perché lei si è uccisa? Forse l'ha turbata quando le ha detto che "non ha messo radici", ma avrei preferito maggiore chiarezza.
Il tema comunque va bene. In un primo momento mi era sembrato che fosse un po' forzato, ma rileggendolo noto che tutto quadra. A questo punto non mi resta che augurarti buona gara.
Editor e consulente freelance per scrittori. Formazione in scrittura creativa e sceneggiatura presso agenziaduca.it di Marco Carrara.
Buonasera a tutti. Come capitato nei pochi altri contest a cui ho partecipato, anche stavolta mi trovo molto in imbarazzo nel ruolo di "giudice", che purtroppo non mi calza granché a pennello. Le regole però sono queste e spero che i miei commenti siano stati chiari e utili.
1- Chi Resta
► Mostra testo
Ciao Luca e piacere di incrociare il tuo racconto. Hai uno stile pulito e molto immersivo, si vede che hai studiato (o stai studiando) e questo mette il racconto in buona luce. C'è qualche piccola sbavatura qua e la, principalmente nei dialoghi, ma nulla di serio. L'unica cosa che mi ha stonato, come hanno fatto notare altri, è che il giovane protagonista racconta la vicenda con un linguaggio decisamente troppo aulico e ricercato. Inoltre avrei reso la descrizione dell'ambiente molto più "sbruffona" e superficiale, proprio come farebbe un adolescente medio, specie se in preda a crisi emotive.
Nel complesso il tuo racconto è comunque riuscitissimo, sia nel tema che nella forma. Ottimo lavoro!
2- Radici di Marmo, Chioma di Vetro
► Mostra testo
Ciao Debora.
Da amante di storia romana ho notato molto la cura e la preparazione che hai sull'argomento. Quando hai descritto la realizzazione del mosaico io mi sentivo lì presente ad osservarne i tasselli.
Hai uno stile di scrittura molto asciutto, con periodi brevi, cosa che apprezzo molto. Il modo in cui hai approcciato il tema secondo me è molto originale e, come detto prima, accompagnato da una descrizione veramente evocativa, bravissima.
Purtroppo temo tu abbia messo troppa carne al fuoco, al punto che una prima lettura non è bastata a comprendere cosa stava accadendo. Inoltre avrei evitato di usare (o menzionare) così tanti personaggi in un testo tanto breve.
Ad ogni modo, la potenzialità per un racconto magnifico c'è tutta e mi auguro tu possa rimetterci mano in futuro.
Come direbbero i nostri amici romani: Ad Maiora!
3- I Superstiti
► Mostra testo
Ciao Silvia.
Hai centrato a doppio filo il tema del contest e questa è una cosa che ho gradito molto. C'è molto sentimento e anche molta dolcezza nei dialoghi dei tuoi personaggi. Forse sono un po' tanti, con troppi nomi, ma è una fissa mia che non amo troppa gente nei racconti così brevi :) Ad ogni modo ho trovato solo un po' rugginoso l'inizio, non mi scorreva in maniera fluida. Da metà in poi hai recuperato molto bene e il finale mi ha anche saputo emozionare.
Davvero un buon lavoro, a presto!
4- Radici in Ombra
► Mostra testo
Ciao Soraia, piacere di leggerti.
L'intento del tuo brano, o meglio, l'idea che sta dietro al tuo brano è molto carina. Temo pero andrebbe rimaneggiata un po' meglio. Ottimo il colpo di scena, ma non con le premesse che hai fatto. Ho passato almeno tre quarti del racconto a immaginare una bisca clandestina di mafiosi o killer a pagamento. Il bar e i nomi italiani sono veramente troppo fuorvianti. Avrei tenuto i nomi un po' più neutrali, esempio scemo: Anziché usare un nome italiano lo potevi chiamare "il Guercio" o "Lo Zoppo" o qualche nomignolo di questo genere. In questo modo sarebbe stato meno straniante scoprire che si trattavano di mostri e non di sicari della Camorra, per dire.
Il tema comunque lo hai acchiappato e la prosa, pur con qualche sbavatura fa il suo lavoro pulito. Prova a lavorarci ancora su questa idea, non abbandonarla perché è interessante e merita altro tempo ed energie.
A presto.
5- Doppiogioco
► Mostra testo
Ciao Valerio.
Il tuo racconto gode di ottime descrizioni ambientali e sensoriali, anche la voce narrante è veramente azzeccata. Temo ti abbia castrato molto la brevità a cui il contest costringe, perché avendo così poche parole a disposizione tutta la prima metà del tuo racconto mi è sembrata un po' fine a sé stessa. Di contro, mi fossi ritrovato con quel pezzo di brano all'interno di un racconto lungo o addirittura un romanzo, non mi avrebbe stonato per niente. Anche perché, ripeto, è scritto molto bene.
Purtroppo non mi hai convinto molto sulla attinenza al tema proposto, l'ho trovato forzatino e preso molto alla lontana. Un peccato, secondo me.
Ad ogni modo la lettura è stata molto scorrevole e l'immaginarmi una ambientazione fantasy sporca, forse Vittoriana (alla Bloodborne, se conosci il videogioco) mi ha reso piacevole l'esperienza.
Spero di rileggerti ancora. A presto!
6- "Metti le Radici"
► Mostra testo
Ciao Antonio
Ho appena finito di leggere un altro racconto che utilizza una metafora matematica per collegarsi al tema del Contest, ma il tuo mi è sembrato ancor più convincente a riguardo devo dire. Mi piace l'atmosfera onirica e bizzarra, forse un po' alla David Lynch se vogliamo. Hai utilizzato una forma che ricorda molto la scrittura di un diario, scelta che gradisco meno ma che posso comprendere. Si tratta solo di gusto personale per quanto mi riguarda.
Purtroppo non mi è rimasto granché finito il racconto. Non ho capito molto bene perché inserirci l'amplesso con la bidella grassa, mi è sembrato un po' fine a sé stesso e senza motivazioni apparenti. Se volevi inserire una sorta di simbologia o metafora di qualche concetto, purtroppo non mi è arrivato. Magari è un limite mio. Mi è sembrato solo strano e basta.
Sono curioso di leggere altri tuoi racconti in futuro. A presto e buon contest.
7- Il Quantistologo
► Mostra testo
Ciao Dario,
Parto dalla cosa che più mi è piaciuta del tuo racconto: l'originalità con cui ti sei adeguato al tema. Veramente un tocco di classe l'uso delle radici quadrate, ottimo. Ho capito nel complesso che dovrebbe trattarsi di un racconto di fantascienza, ma non mi si è formata nella mente una chiara immagine di cosa stesse accadendo nel dettaglio. Qual'é il problema della figlia? In cosa consiste la figura del Quantistologo? Apprezzo il non aver fatto spiegoni per evitare infodump, ma mi è sembrato comunque un po' troppo fumoso.
Nel complesso qualche inciampo qua e là a livello di prosa ma comunque molto godibile.
A presto e buon contest.
8- La Nuova Fiamma
► Mostra testo
Ciao Roberto, piacere di leggerti.
Il tema lo hai preso, la trama non gode di particolare originalità ma fa comunque il suo dovere, non è necessariamente un male insomma. Anche lo stile è accessibile e ben fatto, per quanto temo tu abbia calcato un po' troppo la mano sui dialoghi, che sono scritti bene ma sono forse un po' troppi nell'economia del racconto.
Il finale, mi dispiace, ma ho fatto una gran fatica a comprenderlo. Non riesco a capire se volevi comunicare qualche messaggio simbolico o che, ma purtroppo non è riuscito ad arrivarmi.
Spero di leggerti ancora, buon contest
9- Roberta
► Mostra testo
Ciao Andrea,
Passerò sopra le discussioni Bukowskiane, non entro nel merito ed è già stato deciso da Antico e i colleghi commentatori come procedere in tal senso.
Per quanto riguarda il resto, la voce narrante non mi è dispiaciuta. Mi è sembrato il racconto di un losco figuro al bar, davanti ad un sigaro e un bicchiere di whiskey, condito da atmosfere noir alla Sin City (come già menzionato da qualcuno).
Il tema lo trovo incastrato veramente a fatica, e la frase:
“Neanche tu hai messo radici.”
mi è sembrata veramente una forzatura, tanto per rimarcare il tema del contest ma mi è sembrato non ci credessi molto neanche tu.
Confido in nuovi racconti noir nel futuro, magari con una voce più personale. A presto!
"In un mondo che ci obbliga all'eccellenza, fare schifo è un gesto rivoluzionario."
1) Metti le radici!, di Antonio Pilato Ohibò, mi hai proprio spiazzato, in positivo con retrogusto amaro. Non condivido solo la doppia presentazione del personaggio della bidella perché mi è parsa una forzatura davvero poco funzionale, ma per il resto ho un solo, importante, appunto da farti e consiste nella partenza forse troppo lenta della vicenda: la scen fondante è quella delle lezioni e ci metti due paragrafi per arrivarci, l'avrei introdotta già nel secondo. In generale, tieni bene il controllo dell'atmosfera e del tono generale e la devianza di fondo si costituisce come interessante esca per l'attenzione del lettore. Condivido con Matteo la vicinanza a SPECCHIO NELLO SPECCHIO di Ende, sembra in tutto e per tutto un pezzo che potrebbe uscire da lì, ed è un complimento. Che dire, sento di potermi spingere al pollice quasi su, il tuo migliore racconto (o quanto meno quello che più ho apprezzato) da quando scrivi su MC. 2) Chi resta, di Luca Fagiolo Racconto molto ben organizzato e condotto che mi è giusto sembrato un pelo distaccato nel momento del ricongiungimento finale, apparsomi affrettato per come avevi settato lo stato d'animo del protagonista fino a quel punto. In più, non ci arriva il dolore della nonna, vero trait d'union che avrebbe giustificato il reincontrarsi dei due. Insomma: bello, ma c'è da lavorare sulle "sfumature di svolta", che mi sembri, non solo qui, dare a volte un pochetto troppo scontate per quello che poi è il loro effetto sui tuoi testi, unico tuo vero punto debole a mio parere. Occhio anche ad alcune cavolate tipo lui che si mette le cuffie e poi apre le finestre e nota "Nessun rumore di traffico, solo il fruscio del vento tra i fiori", che udito pazzesco! Concludendo: per me un pollice tendente verso il positivo in modo brillante che non può che salire con un approfondimento delle sfumature funzionali che ti ho sottolineato. 3) Radici di marmo, chioma di vetro, di Debora Dolci Un racconto dal grande grado di difficoltà che inciampa su un finale che avrebbe avuto bisogno di più spazio per esprimere tutte le sue potenzialità in modo più funzionale al contesto generale. Forse una maggiore semplificazione di alcuni passaggi della prima parte ti avrebbe permesso di guadagnare più spazio utile, ma ritengo che questi siano inconvenienti che possono assolutamente capitare e che tu abbia già fatto molto. Ottima la declinazione del tema e molto buona tutta la prima parte, manca il sentimento e il pathos nella chiusa. Per me un pollice tendente verso il positivo in modo solido, ma non brillante. 4) I Superstiti, di Silvia Casabianca Tu hai davvero delle potenzialità notevoli e qui si percepiscono, al netto di una difficoltà abbastanza importante che ho avuto nell'entrare nel racconto. Forse troppi personaggi e non è subito chiara la figura di padre di Gael, trovo inutile il morso di serpente perché poco movimentata la scena e rallenta la lettura, ancora ora mi sto chiedendo chi sia il personaggio dell'inda e anche questo mi ha rallentato parecchio, questi i punti critici fondamentali. Detto questo, faticosa la prima lettura, ma molto buona la seconda quando ormai si sono capite alcune logiche interne, ma l'obbiettivo e quello di non fare rileggere e quindi smussare dove possibile. Ottimo l'inserimento del tema. Pessimo il finale, di nuovo con quell'inda. Concludendo, per me un pollice tendente verso il positivo in modo solido, molto vicino a quello di Dolci, ma gli finisce appena dietro proprio per il malus prima lettura. 5) Doppiogioco, di Valerio Covaia Parto dall'interessante discussione con Matteo e vorrei sottolineare che l'originalità dell'idea non è il nostro focus perché un'idea davvero originale ormai non credo esista più, ma l'originalità nell'approccio, nel come raccontare, nel metterci la nostra sensibilità nell'intreccio, ecco, questo esiste ed è quello che dobbiamo tutti cercare. Ma veniamo al racconto e devo dire che sei riuscito a mantenere delle sllide atmosfere, dall'inizio alla fine, però ti sei concentrato quasi ed esclusivamente sull'aspetto estetico e manca il gioco del gatto con il topo, che sarebbe stato perfetto per questo intreccio. Un buon dialogo ritmato tra le parti, un continuo batti e ribatti durante il quale si palleggiavano il potere del confronto, un avvicinarci al climax assaporando il dubbio di quello che potrebbe accadere (a proposito, titolo pessimo e antifunzionale), tutti elementi che mi sembrano mancare. Il controllo c'è, l'estetica anche, gioca di più con i tuoi protagonisti e fai uscire dal loro relazionarsi la storia e non da un movimento lineare da A a B. Detto questo, per me un pollice un pollice tendente verso il positivo, molto simile al racconto di Soraia, ma che gli si piazza davanti per un'impostazione di fondo più determinata e un contesto maggiormente convincente. 6) Radici in ombra, di Soraia Patrizi Confermo l'impressione sul tuo stile e sulle tue potenzialità: davvero ottime. Però questo racconto non mi è piaciuto e credo che il motivo stia in una certa ingenuità di fondo che ci ho ritrovato, ma che smusserai con il tempo, questo è assolutamente sicuro. Cerco di definire meglio il mio pensiero: ci porti bene dentro questo mondo e sembra di stare in una realtà tipo BEASTARS, quindi ci sta alla grande. Quello che non funziona sono tutti i punti di svolta e i topici: alla fine non ci dai info interessanti sul suo rapporto con Paolo, non ci spieghi i suoi tentativi di abbattere la problematica Lumino e ce lo normalizzi in un banale "Alla fine sono dovuto scappare", ma, cosa più grave, ci dai una chiusa tra le più normali (perché cosa doveva fare il bimbo?) che però ci suggerisci che possa mettere in difficoltà il Babau (ma cribbio, un semplice padre che va a controllare sotto il letto?). Insomma, non lo impiastricci, non lavori sulla psicologia, sui trucchi del mestiere, sull'arricchire di dettagli (tipo quello dell'orsetto custode) questo mondo che, invece, avrebbe proprio dovuto dipingersi di mille colori. Il tema c'è, ovviamente. Concludendo, per me un pollice tendente verso il positivo, ma senza guizzi di sorta. Compito per le prossime edizioni: vai più a fondo nelle tue storie senza accontentarti mai. 7) Roberta, di Andrea Spinelli Piacevole da leggere, ma si percepisce il suo non essere autonomo. Cerco di spiegarmi: ho sempre notato una netta discrepanza di pulizia e forza, su MC, tra racconti nati unicamente in quella serata e altri usciti da rielaborazioni varie (come questo, alla fine, è). La risultante è, costantemente, una minore forza del testo, a prescindere da quelle che sono le sue origini, quasi come se fosse palese la sua "non freschezza". Detto questo, anche il tema qui appare infilato a forza e assolutamente non fondante il racconto: c'è, ma è debole. Concludendo: un pollice tendente verso il positivo in modo solido, ma poco fresco (sì, questo è un tipo di pollice che non avevo mai usato) :) 8) La nuova fiamma, di Roberto Bartoletti Fino alla parte finale mi era piaciuto parecchio perché riusciva a gestire una storia in evoluzione e lo faceva in modo ordinato, senza strafare, ma neppure senza strafalciare, se mi permetti il neologismo. Poi la chiusa non chiusa che è arrivata come una martellata sulle mie aspettative andando a sfasciare tutto quell'ordine che avevi tenuto fino a quel momento. Cavolo, un finale devastante per il racconto, lasciamelo dire. Il fatto è che non chiudi nulla e anzi cambi tono senza dare elementi sufficienti al lettore per interagire con il tutto e chiudere il discorso. Un gran peccato, ma ancora più grande è la curiosità di leggerti su un testo chiuso meglio. Allo stato direi un pollice tendente verso il positivo al pelo che si piazza davanti al racconto per parivotato Cinti soprattutto per quanto di buono aveva fatto vedere fino alla chiusa. 9) Il Quantistologo, di Dario Cinti Mi è poco arrivato questo tuo racconto, Dario. Piuttosto ingenua la prima parte con affermazioni tipo "ma visto che lei è il capo dell’ONU" che non ritengo tue, nel senso di, appunto, troppo leggere per il contesto generale che ci proponi. E allora credo che Ferrero non ha torto nel sottolinearti che non c'è un tono chiaro e questo, probabilmente, ha mandato in cortocircuito il risultato complessivo con una prova sì attenta alla tecnica, ma troppo concentrata su di essa, al punto di perdere il tuo quid, la tua voce. Molto arguto l'utilizzo del tema. Per me un pollice tendente verso il positivo, ma un po' al pelo.