SOSIO EDITION - La discarica - di M.R. Del Ciello
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- maria rosaria
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SOSIO EDITION - La discarica - di M.R. Del Ciello
LA DISCARICA di M.R. Del Ciello
— Fai la giravolta, falla un’altra volta! —le manine stringono le mie e la bimba gira in tondo facendomi ruotare su me stessa. Una, due, tre, tante volte, fino a che non perdo i sensi e mi piego prima sulle ginocchia, poi cado lunga per terra.
— Alzati mamma! Facciamolo ancora… — incita la bambina, continuando a volteggiare nella sala.
Poi, d’improvviso, si blocca. Il cigolìo di una chiave che gira nella serratura di casa e lei corre incontro al padre, gli getta le braccia al collo e comincia a sbaciucchiarselo.
— La mia principessa ha fatto stancare anche oggi la mamma?
La piccola Anna, di appena otto anni, lancia uno sguardo carico d’odio verso la mia sagoma distesa sul pavimento e sentenzia:
— Stancare quella? È solo una stupida vecchia. Quand’è che la cambiamo?
Da un po’ in casa non si parla d’altro: rottamare la mamma. In molti lo hanno fatto e assicurano di essersi trovati molto bene.
Sapevo che prima o poi sarebbe accaduto. Mi daranno via in cambio di qualche mamma più efficiente e, in un certo modo, sto cercando di prepararmi al distacco.
Da quando il nostro universo è stato dominato, siamo merce al loro servizio. La nostra natura arrendevole e priva di connotazioni egoistiche ha permesso la loro vittoria e ora queste creature sono i nostri padroni. Padrone: una parola che non avevo mai sentito prima. Una netta superiorità rispetto a noi caratterizza queste creature: li abbiamo visti maneggiare armi per conquistare i nostri territori. E quando hanno smesso di usare le armi hanno cominciato a parlarci in uno strano modo che ci ha lasciato completamente indifesi. Certo, il mio pianeta mi è mancato all’inizio. Ma la nostra specie sa adattarsi facilmente e l’armonia in cui vivevo era oramai solo un ricordo lontano.
Il grande giorno è arrivato. Alla fine ci sono riusciti.
Mi hanno portato in quest’ospedale con la scusa di rimettermi in sesto. Hanno rinunciato alla “rottamazione” e preferito la “riparazione”. Mi piace pensare, com’è consuetudine del nostro pensare positivo, che la scelta sia stata dettata da una sorta di affezione a me. Che preferiscano tenermi con loro, anziché sostituirmi con un modello nuovo e più efficiente, perché in fondo mi vogliono bene. Ma ho imparato da loro a vedere oltre le mie fantasie. La “riparazione” è una scelta che costa meno e questo deve essere il motivo.
Nel corso degli interventi per rimettermi in sesto, qualcosa non deve essere andata per il verso giusto perché mi trovo ancora qui e invece sarei già dovuta essere a casa.
Li sento parlottare, mio marito con quel tipo calvo e panciuto che non fa che asciugarsi il sudore sulla fronte.
— Ci dispiace molto che l’intervento non sia riuscito. Possiamo comunque darle un esemplare nuovo e trattenere il suo. — dice l’uomo.
— Ma quanto mi verrà? — sento chiedere mio marito.
— Non molto, stia tranquillo. Le valuteremo bene il suo esemplare. Anche se malridotto ha organi funzionanti alla perfezione. Li abbiamo testati.
— Ancora non mi capacito di quanto sia durata poco…— mio marito si volta verso il mio corpo immobile sul letto e leggo nei suoi occhi solo disprezzo.
— Succede spesso, sa? — risponde l’altro, quasi a volerlo consolare. — Scommetto che veniva dall’Universo delle Terre Vicine. Costano meno ma come vede…
— Be’, in effetti… Però mi avevano garantito che fosse praticamente come quelle del nostro.
Il venditore abbozza un sorrisetto. — Capisco, capisco. Se mi segue in ufficio possiamo concludere l’affare.
Avrei preferito che mi sostituissero le parti danneggiate in modo da poter tornare a vivere con quelli che comunque sono i miei cari. Acquisiti, ma sempre i miei cari. Invece mi hanno infilato qualcosa alla base del collo. Ho sentito come una piccola puntura, poi nulla. E tutto è diventato buio. Quando ho riaperto gli occhi ho provato ad alzarmi ma ogni movimento era impossibile.
Ora sono qui, immobilizzata in questo letto, al servizio di quanti avranno bisogno di qualche organo da sostituire: un fegato, un rene, un pancreas. Così mi ha spiegato la vicina di letto, anche lei dell’Universo delle Terre vicine, solo di un altro pianeta.
Sempre la vicina di letto ha parlato di una discarica, poco lontana da qui, dove vanno a finire tutte quelle come noi alla fine del “ciclo di riutilizzo”, come viene chiamato.
Chiudo gli occhi di nuovo, stavolta per mia volontà. Un calore mai provato prima mi assale e mi prende alla testa. La chiamano rabbia qui; nel mio Universo era un sentimento sconosciuto.
Insieme alla rabbia sento uscire dagli occhi dell’acqua.
Anche questo per me è una cosa nuova: le chiamano lacrime.
— Fai la giravolta, falla un’altra volta! —le manine stringono le mie e la bimba gira in tondo facendomi ruotare su me stessa. Una, due, tre, tante volte, fino a che non perdo i sensi e mi piego prima sulle ginocchia, poi cado lunga per terra.
— Alzati mamma! Facciamolo ancora… — incita la bambina, continuando a volteggiare nella sala.
Poi, d’improvviso, si blocca. Il cigolìo di una chiave che gira nella serratura di casa e lei corre incontro al padre, gli getta le braccia al collo e comincia a sbaciucchiarselo.
— La mia principessa ha fatto stancare anche oggi la mamma?
La piccola Anna, di appena otto anni, lancia uno sguardo carico d’odio verso la mia sagoma distesa sul pavimento e sentenzia:
— Stancare quella? È solo una stupida vecchia. Quand’è che la cambiamo?
Da un po’ in casa non si parla d’altro: rottamare la mamma. In molti lo hanno fatto e assicurano di essersi trovati molto bene.
Sapevo che prima o poi sarebbe accaduto. Mi daranno via in cambio di qualche mamma più efficiente e, in un certo modo, sto cercando di prepararmi al distacco.
Da quando il nostro universo è stato dominato, siamo merce al loro servizio. La nostra natura arrendevole e priva di connotazioni egoistiche ha permesso la loro vittoria e ora queste creature sono i nostri padroni. Padrone: una parola che non avevo mai sentito prima. Una netta superiorità rispetto a noi caratterizza queste creature: li abbiamo visti maneggiare armi per conquistare i nostri territori. E quando hanno smesso di usare le armi hanno cominciato a parlarci in uno strano modo che ci ha lasciato completamente indifesi. Certo, il mio pianeta mi è mancato all’inizio. Ma la nostra specie sa adattarsi facilmente e l’armonia in cui vivevo era oramai solo un ricordo lontano.
Il grande giorno è arrivato. Alla fine ci sono riusciti.
Mi hanno portato in quest’ospedale con la scusa di rimettermi in sesto. Hanno rinunciato alla “rottamazione” e preferito la “riparazione”. Mi piace pensare, com’è consuetudine del nostro pensare positivo, che la scelta sia stata dettata da una sorta di affezione a me. Che preferiscano tenermi con loro, anziché sostituirmi con un modello nuovo e più efficiente, perché in fondo mi vogliono bene. Ma ho imparato da loro a vedere oltre le mie fantasie. La “riparazione” è una scelta che costa meno e questo deve essere il motivo.
Nel corso degli interventi per rimettermi in sesto, qualcosa non deve essere andata per il verso giusto perché mi trovo ancora qui e invece sarei già dovuta essere a casa.
Li sento parlottare, mio marito con quel tipo calvo e panciuto che non fa che asciugarsi il sudore sulla fronte.
— Ci dispiace molto che l’intervento non sia riuscito. Possiamo comunque darle un esemplare nuovo e trattenere il suo. — dice l’uomo.
— Ma quanto mi verrà? — sento chiedere mio marito.
— Non molto, stia tranquillo. Le valuteremo bene il suo esemplare. Anche se malridotto ha organi funzionanti alla perfezione. Li abbiamo testati.
— Ancora non mi capacito di quanto sia durata poco…— mio marito si volta verso il mio corpo immobile sul letto e leggo nei suoi occhi solo disprezzo.
— Succede spesso, sa? — risponde l’altro, quasi a volerlo consolare. — Scommetto che veniva dall’Universo delle Terre Vicine. Costano meno ma come vede…
— Be’, in effetti… Però mi avevano garantito che fosse praticamente come quelle del nostro.
Il venditore abbozza un sorrisetto. — Capisco, capisco. Se mi segue in ufficio possiamo concludere l’affare.
Avrei preferito che mi sostituissero le parti danneggiate in modo da poter tornare a vivere con quelli che comunque sono i miei cari. Acquisiti, ma sempre i miei cari. Invece mi hanno infilato qualcosa alla base del collo. Ho sentito come una piccola puntura, poi nulla. E tutto è diventato buio. Quando ho riaperto gli occhi ho provato ad alzarmi ma ogni movimento era impossibile.
Ora sono qui, immobilizzata in questo letto, al servizio di quanti avranno bisogno di qualche organo da sostituire: un fegato, un rene, un pancreas. Così mi ha spiegato la vicina di letto, anche lei dell’Universo delle Terre vicine, solo di un altro pianeta.
Sempre la vicina di letto ha parlato di una discarica, poco lontana da qui, dove vanno a finire tutte quelle come noi alla fine del “ciclo di riutilizzo”, come viene chiamato.
Chiudo gli occhi di nuovo, stavolta per mia volontà. Un calore mai provato prima mi assale e mi prende alla testa. La chiamano rabbia qui; nel mio Universo era un sentimento sconosciuto.
Insieme alla rabbia sento uscire dagli occhi dell’acqua.
Anche questo per me è una cosa nuova: le chiamano lacrime.
Maria Rosaria
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Ciao Maria Rosaria,
Sicuramente il racconto riesce a creare una buona empatia nei confronti della protagonista (amplificata dai modo disprezzanti e sardonici della figlia e da quelli concreti da parte del padre). Interessante anche il fatto che i padroni abbiano difeso la loro conquista, perpetrata attraverso le armi, semplicemente con l'uso della parola.
Sulla parte tecnica. Con quelli che comunque sono i miei cari è una struttura un po' pesante. Suppongo che nel dialogo tra il padre e il venditore tu volessi scrivere "Ma quanto mi verrà a costare?". "Valuteremo bene il suo esemplare," in luogo di "Le valuteremo bene il suo esemplare".
Avrei lasciato il finale solo con la rabbia, le lacrime mi sembrano superflue e affettate.
Sicuramente il racconto riesce a creare una buona empatia nei confronti della protagonista (amplificata dai modo disprezzanti e sardonici della figlia e da quelli concreti da parte del padre). Interessante anche il fatto che i padroni abbiano difeso la loro conquista, perpetrata attraverso le armi, semplicemente con l'uso della parola.
Sulla parte tecnica. Con quelli che comunque sono i miei cari è una struttura un po' pesante. Suppongo che nel dialogo tra il padre e il venditore tu volessi scrivere "Ma quanto mi verrà a costare?". "Valuteremo bene il suo esemplare," in luogo di "Le valuteremo bene il suo esemplare".
Avrei lasciato il finale solo con la rabbia, le lacrime mi sembrano superflue e affettate.
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- Messaggi: 2992
Ciao Maria Rosaria Del Ciello,
il tuo racconto è molto originale. Si tratta di una SF che rielabora Simak e Ray Bradbury. Mi piace l'idea della mamma da rottamare, da una nota inquietante al racconto e colpisce il lettore nel profondo. Il cinismo del mondo che descrivi parte già dal personaggio della bambina (viziatissima). L'atteggiamento della madre è straziante, accetta il proprio destino e continua ad amare la figlia comunque e ad avere nostalgia della famiglia al completo (per quanto il marito sia un vero pezzo d'acciaio, l'ha trattata come un'auto usata da far riparare in fretta e furia). Ho notato questo per tutto il racconto. Non c'è astio in lei (nel finale, rabbia e lacrime, sì, ma verso la spietatezza del mondo che ha imposto quelle regole, mai verso la famiglia che pure l'ha "riciclata" come insieme di parti di ricambio). Bravissima.
Attenta a: quanto mi verrà? (metterei i tre puntini di sospensione).
Chiedo la grazia per Maria Rosaria Del Ciello
il tuo racconto è molto originale. Si tratta di una SF che rielabora Simak e Ray Bradbury. Mi piace l'idea della mamma da rottamare, da una nota inquietante al racconto e colpisce il lettore nel profondo. Il cinismo del mondo che descrivi parte già dal personaggio della bambina (viziatissima). L'atteggiamento della madre è straziante, accetta il proprio destino e continua ad amare la figlia comunque e ad avere nostalgia della famiglia al completo (per quanto il marito sia un vero pezzo d'acciaio, l'ha trattata come un'auto usata da far riparare in fretta e furia). Ho notato questo per tutto il racconto. Non c'è astio in lei (nel finale, rabbia e lacrime, sì, ma verso la spietatezza del mondo che ha imposto quelle regole, mai verso la famiglia che pure l'ha "riciclata" come insieme di parti di ricambio). Bravissima.
Attenta a: quanto mi verrà? (metterei i tre puntini di sospensione).
Chiedo la grazia per Maria Rosaria Del Ciello
Racconto delicato e tragico scritto con grande sensibilità. La trama è originale e la lettura scorrevole. Dall'incipit non si intuisce nulla, come è giusto che sia, poi la realtà ci riporta con i piedi per terra in un universo cinico dove conta esclusivamente la produttività e dove i sentimenti sono di troppo.
La parte che ho apprezzato maggiormente è il finale che hai saputo rendere così vivo e doloroso.
Ti segnalo qualche appunto in caso di revisione. La considero comunque un ottima prova che merita certamente la vetrina :)
Il cigolìo
Se avessi usato il correttore di word non ti sarebbe sfuggito il “cigolio”.
pensare positivo, che la scelta sia stata dettata da una sorta di affezione a me.
Taglierei “a me” perché puntualizza qualcosa che è già chiaro.
Li sento parlottare, mio marito con quel tipo calvo e panciuto che non fa che asciugarsi il sudore sulla fronte.
Qui sposterei la virgola dopo “marito”.
Anche questo per me è una cosa nuova: le chiamano lacrime.
Al posto dei due punti un bel punto fermo. Sicuramente più incisivo per questo bel finale.
La parte che ho apprezzato maggiormente è il finale che hai saputo rendere così vivo e doloroso.
Ti segnalo qualche appunto in caso di revisione. La considero comunque un ottima prova che merita certamente la vetrina :)
Il cigolìo
Se avessi usato il correttore di word non ti sarebbe sfuggito il “cigolio”.
pensare positivo, che la scelta sia stata dettata da una sorta di affezione a me.
Taglierei “a me” perché puntualizza qualcosa che è già chiaro.
Li sento parlottare, mio marito con quel tipo calvo e panciuto che non fa che asciugarsi il sudore sulla fronte.
Qui sposterei la virgola dopo “marito”.
Anche questo per me è una cosa nuova: le chiamano lacrime.
Al posto dei due punti un bel punto fermo. Sicuramente più incisivo per questo bel finale.
Uno scrittore è un mondo intrappolato in una persona (Victor Hugo)
- Linda De Santi
- Messaggi: 497
Ciao Maria Rosaria! Noto con piacere che, rispetto alla prima versione, il tuo racconto è migliorato molto. Nella prima fase del contest eravamo nello stesso gruppo e una delle cose che ti avevo segnalato era che la frase finale suonava un po' strana, mentre ora è tutto molto più naturale e ben gestito, per cui brava.
L'unica cosa su cui interverrei è questa frase:
"Avrei preferito che mi sostituissero le parti danneggiate in modo da poter tornare a vivere con quelli che comunque sono i miei cari."
E' ovvio che lei avrebbe preferito questo piuttosto che essere usata come riserva di organi, la modificherei con un "Credevo che mi avrebbero sostituito le parti danneggiate" o qualcosa di simile :)
Per il resto, per me è il racconto è ottimo, per cui chiedo la grazia per Maria Rosaria.
L'unica cosa su cui interverrei è questa frase:
"Avrei preferito che mi sostituissero le parti danneggiate in modo da poter tornare a vivere con quelli che comunque sono i miei cari."
E' ovvio che lei avrebbe preferito questo piuttosto che essere usata come riserva di organi, la modificherei con un "Credevo che mi avrebbero sostituito le parti danneggiate" o qualcosa di simile :)
Per il resto, per me è il racconto è ottimo, per cui chiedo la grazia per Maria Rosaria.
- maria rosaria
- Messaggi: 687
Ciao a tutti e grazie!
Grazie dei commenti, delle critiche che ho appuntato per correggere il racconto.
Però... però è successo che mentre lo rileggevo mi sono venute in mente delle modifiche che riguardano la struttura temporale della storia.
Per ora mi limito a ripostare il brano con le modifiche suggerite dagli amici del forum.
LA DISCARICA
di M.R. Del Ciello
— Fai la giravolta, falla un’altra volta! —le manine stringono le mie e la bimba gira in tondo facendomi ruotare su me stessa. Una, due, tre, tante volte, fino a che non perdo i sensi e mi piego prima sulle ginocchia, poi cado lunga per terra.
— Alzati mamma! Facciamolo ancora… — incita la bambina, continuando a volteggiare nella sala.
Poi, d’improvviso, si blocca. Il cigolio di una chiave che gira nella serratura di casa e lei corre incontro al padre, gli getta le braccia al collo e comincia a sbaciucchiarselo.
— La mia principessa ha fatto stancare anche oggi la mamma?
La piccola Anna, di appena otto anni, lancia uno sguardo carico d’odio verso la mia sagoma distesa sul pavimento e sentenzia:
— Stancare quella? È solo una stupida vecchia. Quand’è che la cambiamo?
Da un po’ in casa non si parla d’altro: rottamare la mamma. In molti lo hanno fatto e assicurano di essersi trovati molto bene.
Sapevo che prima o poi sarebbe accaduto. Mi daranno via in cambio di qualche mamma più efficiente e, in un certo modo, sto cercando di prepararmi al distacco.
Da quando il nostro universo è stato dominato, siamo merce al loro servizio. La nostra natura arrendevole e priva di connotazioni egoistiche ha permesso la loro vittoria e ora queste creature sono i nostri padroni. Padrone: una parola che non avevo mai sentito prima. Una netta superiorità rispetto a noi caratterizza queste creature: li abbiamo visti maneggiare armi per conquistare i nostri territori. E quando hanno smesso di usare le armi hanno cominciato a parlarci in uno strano modo che ci ha lasciato completamente indifesi. Certo, il mio pianeta mi è mancato all’inizio. Ma la nostra specie sa adattarsi facilmente e l’armonia in cui vivevo era oramai solo un ricordo lontano.
Il grande giorno è arrivato. Alla fine ci sono riusciti.
Mi hanno portato in quest’ospedale con la scusa di rimettermi in sesto. Hanno rinunciato alla “rottamazione” e preferito la “riparazione”. Mi piace pensare, com’è consuetudine del nostro pensare positivo, che la scelta sia stata dettata da una sorta di affezione. Che preferiscano tenermi con loro, anziché sostituirmi con un modello nuovo e più efficiente, perché in fondo mi vogliono bene. Ma ho imparato da loro a vedere oltre le mie fantasie. La “riparazione” è una scelta che costa meno e questo deve essere il motivo.
Nel corso degli interventi per rimettermi in sesto, qualcosa non deve essere andata per il verso giusto perché mi trovo ancora qui e invece sarei già dovuta essere a casa.
Li sento parlottare, mio marito con quel tipo calvo e panciuto che non fa che asciugarsi il sudore sulla fronte.
— Ci dispiace molto che l’intervento non sia riuscito. Possiamo comunque darle un esemplare nuovo e trattenere il suo. — dice l’uomo.
— Ma quanto mi verrà a costare...? — sento chiedere mio marito.
— Non molto, stia tranquillo. Valuteremo bene il suo esemplare. Anche se malridotto ha organi funzionanti alla perfezione. Li abbiamo testati.
— Ancora non mi capacito di quanto sia durata poco…— mio marito si volta verso il mio corpo immobile sul letto e leggo nei suoi occhi solo disprezzo.
— Succede spesso, sa? — risponde l’altro, quasi a volerlo consolare. — Scommetto che veniva dall’Universo delle Terre Vicine. Costano meno ma come vede…
— Be’, in effetti… Però mi avevano garantito che fosse praticamente come quelle del nostro.
Il venditore abbozza un sorrisetto. — Capisco, capisco. Se mi segue in ufficio possiamo concludere l’affare.
Avrei preferito che sostituissero le parti danneggiate in modo da poter tornare presto a casa.
Invece mi hanno infilato qualcosa alla base del collo. Ho sentito come una piccola puntura, poi nulla. E tutto è diventato buio. Quando ho riaperto gli occhi ho provato ad alzarmi ma ogni movimento era impossibile.
Ora sono qui, immobilizzata in questo letto, al servizio di quanti avranno bisogno di qualche organo da sostituire: un fegato, un rene, un pancreas. Così mi ha spiegato la vicina di letto, anche lei dell’Universo delle Terre vicine, solo di un altro pianeta.
Sempre la vicina di letto ha parlato di una discarica, poco lontana da qui, dove vanno a finire tutte quelle come noi alla fine del “ciclo di riutilizzo”, come viene chiamato.
Chiudo gli occhi di nuovo, stavolta per mia volontà. Un calore mai provato prima mi assale e mi prende alla testa. La chiamano rabbia qui; nel mio Universo era un sentimento sconosciuto.
Insieme alla rabbia sento uscire dagli occhi dell’acqua.
Anche questo per me è una cosa nuova. Le chiamano lacrime.
Grazie dei commenti, delle critiche che ho appuntato per correggere il racconto.
Però... però è successo che mentre lo rileggevo mi sono venute in mente delle modifiche che riguardano la struttura temporale della storia.
Per ora mi limito a ripostare il brano con le modifiche suggerite dagli amici del forum.
LA DISCARICA
di M.R. Del Ciello
— Fai la giravolta, falla un’altra volta! —le manine stringono le mie e la bimba gira in tondo facendomi ruotare su me stessa. Una, due, tre, tante volte, fino a che non perdo i sensi e mi piego prima sulle ginocchia, poi cado lunga per terra.
— Alzati mamma! Facciamolo ancora… — incita la bambina, continuando a volteggiare nella sala.
Poi, d’improvviso, si blocca. Il cigolio di una chiave che gira nella serratura di casa e lei corre incontro al padre, gli getta le braccia al collo e comincia a sbaciucchiarselo.
— La mia principessa ha fatto stancare anche oggi la mamma?
La piccola Anna, di appena otto anni, lancia uno sguardo carico d’odio verso la mia sagoma distesa sul pavimento e sentenzia:
— Stancare quella? È solo una stupida vecchia. Quand’è che la cambiamo?
Da un po’ in casa non si parla d’altro: rottamare la mamma. In molti lo hanno fatto e assicurano di essersi trovati molto bene.
Sapevo che prima o poi sarebbe accaduto. Mi daranno via in cambio di qualche mamma più efficiente e, in un certo modo, sto cercando di prepararmi al distacco.
Da quando il nostro universo è stato dominato, siamo merce al loro servizio. La nostra natura arrendevole e priva di connotazioni egoistiche ha permesso la loro vittoria e ora queste creature sono i nostri padroni. Padrone: una parola che non avevo mai sentito prima. Una netta superiorità rispetto a noi caratterizza queste creature: li abbiamo visti maneggiare armi per conquistare i nostri territori. E quando hanno smesso di usare le armi hanno cominciato a parlarci in uno strano modo che ci ha lasciato completamente indifesi. Certo, il mio pianeta mi è mancato all’inizio. Ma la nostra specie sa adattarsi facilmente e l’armonia in cui vivevo era oramai solo un ricordo lontano.
Il grande giorno è arrivato. Alla fine ci sono riusciti.
Mi hanno portato in quest’ospedale con la scusa di rimettermi in sesto. Hanno rinunciato alla “rottamazione” e preferito la “riparazione”. Mi piace pensare, com’è consuetudine del nostro pensare positivo, che la scelta sia stata dettata da una sorta di affezione. Che preferiscano tenermi con loro, anziché sostituirmi con un modello nuovo e più efficiente, perché in fondo mi vogliono bene. Ma ho imparato da loro a vedere oltre le mie fantasie. La “riparazione” è una scelta che costa meno e questo deve essere il motivo.
Nel corso degli interventi per rimettermi in sesto, qualcosa non deve essere andata per il verso giusto perché mi trovo ancora qui e invece sarei già dovuta essere a casa.
Li sento parlottare, mio marito con quel tipo calvo e panciuto che non fa che asciugarsi il sudore sulla fronte.
— Ci dispiace molto che l’intervento non sia riuscito. Possiamo comunque darle un esemplare nuovo e trattenere il suo. — dice l’uomo.
— Ma quanto mi verrà a costare...? — sento chiedere mio marito.
— Non molto, stia tranquillo. Valuteremo bene il suo esemplare. Anche se malridotto ha organi funzionanti alla perfezione. Li abbiamo testati.
— Ancora non mi capacito di quanto sia durata poco…— mio marito si volta verso il mio corpo immobile sul letto e leggo nei suoi occhi solo disprezzo.
— Succede spesso, sa? — risponde l’altro, quasi a volerlo consolare. — Scommetto che veniva dall’Universo delle Terre Vicine. Costano meno ma come vede…
— Be’, in effetti… Però mi avevano garantito che fosse praticamente come quelle del nostro.
Il venditore abbozza un sorrisetto. — Capisco, capisco. Se mi segue in ufficio possiamo concludere l’affare.
Avrei preferito che sostituissero le parti danneggiate in modo da poter tornare presto a casa.
Invece mi hanno infilato qualcosa alla base del collo. Ho sentito come una piccola puntura, poi nulla. E tutto è diventato buio. Quando ho riaperto gli occhi ho provato ad alzarmi ma ogni movimento era impossibile.
Ora sono qui, immobilizzata in questo letto, al servizio di quanti avranno bisogno di qualche organo da sostituire: un fegato, un rene, un pancreas. Così mi ha spiegato la vicina di letto, anche lei dell’Universo delle Terre vicine, solo di un altro pianeta.
Sempre la vicina di letto ha parlato di una discarica, poco lontana da qui, dove vanno a finire tutte quelle come noi alla fine del “ciclo di riutilizzo”, come viene chiamato.
Chiudo gli occhi di nuovo, stavolta per mia volontà. Un calore mai provato prima mi assale e mi prende alla testa. La chiamano rabbia qui; nel mio Universo era un sentimento sconosciuto.
Insieme alla rabbia sento uscire dagli occhi dell’acqua.
Anche questo per me è una cosa nuova. Le chiamano lacrime.
Maria Rosaria
Questo racconto mi crea svariati problemi a livello di commento. Scritto bene, si legge bene, l'idea è ottima, ma manca quel quid che la giustifichi e la contestualizzi al meglio. E occhio che non intendo l'inserire degli spiegoni perché poi il rischio è di cadere nell'infodump e infatti rispetto alla versione che ha partecipato alla Sosio Edition questa è molto più dumposa, cosa che non è bene. Però ti stai avvicinando, stai chiarendoti le dinamiche sottese alla vicenda e questo è bene. Il processo è questo: chiarisci tutto nella tua testa, poi lavori per sottrazione nel racconto. Mi spiego: non devi spiegare, ma mettere il lettore nella condizione di immaginare quello che c'è dietro.
Ps: e continuaci a lavorare perché qui c'è un'idea davvero vincente, magari rifletti sull'aumentare anche la critica sociale. La fantascienza è un mezzo per parlare di noi stessi, non dimenticarlo mai. La buona fantascienza è quella che parla di noi utilizzando mostri e, appunto, altri universi. :)
Ps: e continuaci a lavorare perché qui c'è un'idea davvero vincente, magari rifletti sull'aumentare anche la critica sociale. La fantascienza è un mezzo per parlare di noi stessi, non dimenticarlo mai. La buona fantascienza è quella che parla di noi utilizzando mostri e, appunto, altri universi. :)
- maria rosaria
- Messaggi: 687
Grazie Peter7413.
Questa versione è più dumposa di quella della Sosio Edition perché ho dovuto inserire l'elemento "altro universo" che, in base alle critiche ricevute, mancava in quella versione.
Sono contenta che l'idea ti piaccia, anche se in 5000 battute non credo sarò in grado di contestualizzare meglio la trama.
Ci penso su, comunque, e faccio tesoro di tutti i suggerimenti ricevuti per provare a fare qualcosa di meglio.
A presto
Questa versione è più dumposa di quella della Sosio Edition perché ho dovuto inserire l'elemento "altro universo" che, in base alle critiche ricevute, mancava in quella versione.
Sono contenta che l'idea ti piaccia, anche se in 5000 battute non credo sarò in grado di contestualizzare meglio la trama.
Ci penso su, comunque, e faccio tesoro di tutti i suggerimenti ricevuti per provare a fare qualcosa di meglio.
A presto
Maria Rosaria
- maria rosaria
- Messaggi: 687
Eccomi... e scusa il ritardo, ma il racconto l'ho smembrato e poi riaccorpato e mi ha richiesto un po' di tempo e parecchie riletture.
Chissà se questa nuova versione piacerà.
A voi e a Spartaco l'ardua sentenza...
LA DISCARICA – di M.R. Del Ciello
— Ci dispiace molto che l’intervento non sia riuscito. Possiamo comunque darle un esemplare nuovo e trattenere il suo.
L’uomo grasso parla senza guardare l’altro negli occhi, continuando a fissare lo schermo del cellulare che ha in mano. Gocce di sudore gli imperlano la fronte.
— Ma quanto mi verrà? —chiede l’altro.
— Non molto, stia tranquillo. Valuteremo bene il suo esemplare. Anche se malridotto ha organi funzionanti alla perfezione. Li abbiamo testati. Le donne degli altri Universi hanno un’ossatura debole ma i singoli organi difficilmente si danneggiano in modo grave.
— Ancora non mi capacito di quanto sia durata poco…— e l’uomo si volta verso il mio corpo immobile. Leggo nei suoi occhi solo disprezzo.
— Succede spesso, sa? — risponde l’altro, quasi a volerlo consolare. — Quelle come la sua, proveniente dall’Universo delle Terre Vicine, sono esemplari deboli e remissivi. Per questo siamo riusciti a dominarli senza grosse difficoltà, — e mentre lo dice strizza un occhio — però, come le dicevo, la loro struttura ossea è debole, hanno una durata complessiva abbastanza breve e per questo costano meno.
— Be’, in effetti… Però mi avevano garantito che fosse praticamente come quelle più costose.
Il venditore abbozza un sorrisetto. — Capisco, capisco. Se mi segue in ufficio possiamo concludere l’affare.
Continuano a parlottare, mio marito con quel tipo calvo e panciuto che non fa che asciugarsi il sudore sulla fronte, poi li vedo chiudere la porta della stanza alle loro spalle.
Rimango in compagnia di una donna, nel letto accanto al mio. E comincio a ricordare qualcosa.
— Fai la giravolta, falla un’altra volta! —le manine di Anna stringono le mie e cominciamo a girare in tondo. Una, due, tre, tante volte, fino a che non perdo i sensi e mi piego prima sulle ginocchia, poi cado lunga per terra.
— Alzati mamma! Facciamolo ancora… — incita lei, continuando a volteggiare nella sala.
Poi, d’improvviso, si blocca. Il cigolio di una chiave che gira nella serratura di casa e lei corre incontro al padre, gli getta le braccia al collo e comincia a sbaciucchiarselo.
— La mia principessa ha fatto stancare anche oggi la mamma?
La piccola, otto anni appena, lancia uno sguardo carico d’odio verso la mia sagoma stesa sul pavimento e sentenzia:
— Stancare quella? È solo un rottame. Quand’è che la cambiamo?
Da un po’ in casa non si parla d’altro: rottamare la mamma. In molti l’hanno fatto e assicurano di essersi trovati bene. Prima o poi accadrà. Mi daranno via in cambio di qualche mamma più efficiente; pare che le nuove generazioni del mio Universo abbiano sviluppato una resistenza maggiore. Ma anche una nuova consapevolezza. Chissà cosa ne sarà di loro…
Alla fine ci sono riusciti.
Mi hanno portato in quest’ospedale con la scusa di rimettermi in sesto. Hanno rinunciato alla “rottamazione” e preferito la “riparazione”. All’inizio ero contenta perché questo significava che un po’ si erano affezionati a me e preferivano tenermi con loro, anziché sostituirmi con un modello nuovo e più efficiente. In fondo mi vogliono bene, mi piaceva pensarlo. Ma da questi terrestri ho imparato a vedere oltre le mie fantasie. La “riparazione” costa molto meno e questo deve essere stato il motivo reale della loro scelta.
Nel corso degli interventi per rimettermi in sesto, però, qualcosa non deve essere andata per il verso giusto perché mi trovo ancora qui e invece sarei già dovuta essere a casa.
Pensavo dovessero sostituirmi semplicemente le parti danneggiate, un intervento di routine dopo il quale sarei potuta tornare a vivere in famiglia. Acquisita, ma sempre la mia famiglia. Invece hanno smaneggiato un po’ nel torace, hanno richiuso tutto e ho sentito quelle persone in camice bianco parlare tra loro, senza riuscire a capire cosa stessero dicendo.
- Non ci torni a casa, stanne certa – ha sentenziato la donna stesa nel letto accanto al mio.
Un lieve dolore alla base del collo, come una puntura e tutto è diventato buio.
Quando ho riaperto gli occhi, ho scoperto di essere immobilizzata in questo letto.
A quanto pare ora non sono più al servizio di un compagno, di una famiglia, ma di quanti avranno bisogno di qualche organo da sostituire: un fegato, un rene, un pancreas. Così mi ha spiegato la vicina di letto, anche lei dell’Universo delle Terre vicine.
- Siamo una specie arrendevole e gli abbiamo permesso di diventare i nostri padroni. Questo è il risultato. – La donna accanto a me parla piano, con un filo di voce che tradisce però tutta l’amarezza delle sue parole.
Sempre lei ha parlato di una discarica, poco lontana da qui, dove vanno a finire tutte quelle come noi alla fine del “ciclo di riutilizzo”, come viene chiamato.
Chiudo gli occhi di nuovo, stavolta per mia volontà. Un calore, mai provato prima, mi assale e mi prende alla testa. La chiamano rabbia, qui. Nel mio Universo era un sentimento sconosciuto.
Insieme alla rabbia sento uscire dagli occhi dell’acqua.
Anche questa per me è una cosa nuova: le chiamano lacrime.
Chissà se questa nuova versione piacerà.
A voi e a Spartaco l'ardua sentenza...
LA DISCARICA – di M.R. Del Ciello
— Ci dispiace molto che l’intervento non sia riuscito. Possiamo comunque darle un esemplare nuovo e trattenere il suo.
L’uomo grasso parla senza guardare l’altro negli occhi, continuando a fissare lo schermo del cellulare che ha in mano. Gocce di sudore gli imperlano la fronte.
— Ma quanto mi verrà? —chiede l’altro.
— Non molto, stia tranquillo. Valuteremo bene il suo esemplare. Anche se malridotto ha organi funzionanti alla perfezione. Li abbiamo testati. Le donne degli altri Universi hanno un’ossatura debole ma i singoli organi difficilmente si danneggiano in modo grave.
— Ancora non mi capacito di quanto sia durata poco…— e l’uomo si volta verso il mio corpo immobile. Leggo nei suoi occhi solo disprezzo.
— Succede spesso, sa? — risponde l’altro, quasi a volerlo consolare. — Quelle come la sua, proveniente dall’Universo delle Terre Vicine, sono esemplari deboli e remissivi. Per questo siamo riusciti a dominarli senza grosse difficoltà, — e mentre lo dice strizza un occhio — però, come le dicevo, la loro struttura ossea è debole, hanno una durata complessiva abbastanza breve e per questo costano meno.
— Be’, in effetti… Però mi avevano garantito che fosse praticamente come quelle più costose.
Il venditore abbozza un sorrisetto. — Capisco, capisco. Se mi segue in ufficio possiamo concludere l’affare.
Continuano a parlottare, mio marito con quel tipo calvo e panciuto che non fa che asciugarsi il sudore sulla fronte, poi li vedo chiudere la porta della stanza alle loro spalle.
Rimango in compagnia di una donna, nel letto accanto al mio. E comincio a ricordare qualcosa.
— Fai la giravolta, falla un’altra volta! —le manine di Anna stringono le mie e cominciamo a girare in tondo. Una, due, tre, tante volte, fino a che non perdo i sensi e mi piego prima sulle ginocchia, poi cado lunga per terra.
— Alzati mamma! Facciamolo ancora… — incita lei, continuando a volteggiare nella sala.
Poi, d’improvviso, si blocca. Il cigolio di una chiave che gira nella serratura di casa e lei corre incontro al padre, gli getta le braccia al collo e comincia a sbaciucchiarselo.
— La mia principessa ha fatto stancare anche oggi la mamma?
La piccola, otto anni appena, lancia uno sguardo carico d’odio verso la mia sagoma stesa sul pavimento e sentenzia:
— Stancare quella? È solo un rottame. Quand’è che la cambiamo?
Da un po’ in casa non si parla d’altro: rottamare la mamma. In molti l’hanno fatto e assicurano di essersi trovati bene. Prima o poi accadrà. Mi daranno via in cambio di qualche mamma più efficiente; pare che le nuove generazioni del mio Universo abbiano sviluppato una resistenza maggiore. Ma anche una nuova consapevolezza. Chissà cosa ne sarà di loro…
Alla fine ci sono riusciti.
Mi hanno portato in quest’ospedale con la scusa di rimettermi in sesto. Hanno rinunciato alla “rottamazione” e preferito la “riparazione”. All’inizio ero contenta perché questo significava che un po’ si erano affezionati a me e preferivano tenermi con loro, anziché sostituirmi con un modello nuovo e più efficiente. In fondo mi vogliono bene, mi piaceva pensarlo. Ma da questi terrestri ho imparato a vedere oltre le mie fantasie. La “riparazione” costa molto meno e questo deve essere stato il motivo reale della loro scelta.
Nel corso degli interventi per rimettermi in sesto, però, qualcosa non deve essere andata per il verso giusto perché mi trovo ancora qui e invece sarei già dovuta essere a casa.
Pensavo dovessero sostituirmi semplicemente le parti danneggiate, un intervento di routine dopo il quale sarei potuta tornare a vivere in famiglia. Acquisita, ma sempre la mia famiglia. Invece hanno smaneggiato un po’ nel torace, hanno richiuso tutto e ho sentito quelle persone in camice bianco parlare tra loro, senza riuscire a capire cosa stessero dicendo.
- Non ci torni a casa, stanne certa – ha sentenziato la donna stesa nel letto accanto al mio.
Un lieve dolore alla base del collo, come una puntura e tutto è diventato buio.
Quando ho riaperto gli occhi, ho scoperto di essere immobilizzata in questo letto.
A quanto pare ora non sono più al servizio di un compagno, di una famiglia, ma di quanti avranno bisogno di qualche organo da sostituire: un fegato, un rene, un pancreas. Così mi ha spiegato la vicina di letto, anche lei dell’Universo delle Terre vicine.
- Siamo una specie arrendevole e gli abbiamo permesso di diventare i nostri padroni. Questo è il risultato. – La donna accanto a me parla piano, con un filo di voce che tradisce però tutta l’amarezza delle sue parole.
Sempre lei ha parlato di una discarica, poco lontana da qui, dove vanno a finire tutte quelle come noi alla fine del “ciclo di riutilizzo”, come viene chiamato.
Chiudo gli occhi di nuovo, stavolta per mia volontà. Un calore, mai provato prima, mi assale e mi prende alla testa. La chiamano rabbia, qui. Nel mio Universo era un sentimento sconosciuto.
Insieme alla rabbia sento uscire dagli occhi dell’acqua.
Anche questa per me è una cosa nuova: le chiamano lacrime.
Maria Rosaria
- alessandra.corra
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Ciao Maria Rosaria,
racconto molto ben scritto. Mi ha portato, per alcune associazioni, alla mente il libro di Ishiguro , Non lasciarmi. Ne avevano fatto anche una trasposizione cinematografica.
Ho letto tutte le versione e' l'ultima la preferisco rispetto le prime due.
Ho apprezzato soprattutto l'idea di descrivere un mondo dove si percepisce in modo angosciante la fragilita' e la debolezza della vita. La protagonista e' ben delineata, anche se un po' troppo arrendevole, forse avrei gradito maggiormente vederla arrabbiata anche verso la famiglia che non solo verso il sistema. Ma sono piccolezze.
Il racconto mi e' piaciuto.
CHIEDO LA GRAZIA
racconto molto ben scritto. Mi ha portato, per alcune associazioni, alla mente il libro di Ishiguro , Non lasciarmi. Ne avevano fatto anche una trasposizione cinematografica.
Ho letto tutte le versione e' l'ultima la preferisco rispetto le prime due.
Ho apprezzato soprattutto l'idea di descrivere un mondo dove si percepisce in modo angosciante la fragilita' e la debolezza della vita. La protagonista e' ben delineata, anche se un po' troppo arrendevole, forse avrei gradito maggiormente vederla arrabbiata anche verso la famiglia che non solo verso il sistema. Ma sono piccolezze.
Il racconto mi e' piaciuto.
CHIEDO LA GRAZIA
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