Desolazione
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- Jacopo Berti
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Desolazione
Stamattina la città si è svegliata perplessa: non è cosa di tutti i giorni, da noi, aprire gli occhi e scoprirsi sprofondati in una coltre biancastra. Di solito, la bora - che riesce a confondere gabbiani e ombrelli in voli disperati e speranzose rincorse - ha gioco facile contro la nebbia.
Oggi no. Calma piatta. È già l'ora del secondo caffé, in Città Vecchia, e la commessa del negozio di scarpe non vede la sua tazzina mentre le viene portata con un sorriso dal bar di fronte.
La gente cammina piano, non si vede, non si saluta, non si parla. Tutto tace. Per questo ho un brusco soprassalto quando odo, a pochi passi da me, un secco, imperioso ordine.
«SPARISCI!»
In questo modo un armadio in divisa da sfilata, con due commilitoni al seguito, apostrofa un mendicante di colore. Forse ha avuto l'audacia di abbandonare il suo angolo, per farsi scorgere. Forse ha urtato il militare.
«No, non puoi stare qui. Sparisci!». Sul volto un sogghigno da cattivo da film, accompagnato da un volgare, ottuso disprezzo per l’uomo che ha davanti.
Mi fermo improvvisamente, come se avessi annusato quel suono di campanelli che accompagna le cose sacre. Il mendicante, in effetti, sparisce. Scoppia come una bolla di sapone. Improvvisamente non esiste più. L’appendi-mostrine annuisce compiaciuto. Più che il terrore può l'indignazione. Mi avvicino puntandogli l'indice: «Ma cosa ha fatto? Come ha potuto?»
«Ma sparisci anche tu!» mi intima, guardandomi negli occhi e accompagnando le parole con un gesto della mano. E mi ritrovo a spartire la condizione di non-esistenza assieme al mendicante, ai due liocorni, alla città di Laputa, al flying spaghetti monster e ai libri inventati di Borges. Da lì, come da un loggione, ci godiamo lo spettacolo, ma già sappiamo come andrà a finire.
Lì sotto, il riempi-vestito-inamidato si guarda intorno e intravede altri mendicanti. C’è un signore sulla sessantina che suona la chitarra e intona a stento le note più acute di Knockin' on Heaven's Door. Dopo tanto bussare, finalmente gli viene aperto - «Sparisci!» - ed eccolo qui con la sua chitarra e la sua panchina. Gli si avvicina il capitano Nemo e comincia ad accompagnarlo coll’organo. Ne viene una specie di musica da chiesa e il flying spaghetti monster non apprezza.
Nel frattempo, il militare ha imparato a far sparire le cose senza dire sparisci, limitandosi al ghigno e all’occhiataccia rancorosa. Il nostro cosmo extramondano si riempie di mendicanti, di ambulanti, di anziani, di donne non troppo piacenti, di signori che offrono in silenzio mestoli scolpiti con maestria nel legno. Le venature del legno sono le strade della città mentre si svuotano di bancarelle che vendono stoffe, vestiti, salumi, libri. Di negozi che vendono libri. Ed ecco comparire i ragazzi accampati in piazza della Borsa con le loro tende, che sorridono e ringraziano se rimandi indietro la palla sfuggita ai loro palleggi.
Sempre più infervorato, respirando con affanno, l’uomo guarda tutt'intorno con gli occhi sbarrati. Cominciano a passare da questa parte i professori della facoltà di lettere, habitué di quella zona, i preti della curia, il sindaco, gli assessori e i rappresentanti di ogni forza politica. Sembra che restino solo le belle donne e le forze dell’ordine a popolare quel rione. Non che sia rimasto poi molto da popolare, visto che ogni casa con un po’ di intonaco cascante, ogni muro con una scritta, ogni pavimentazione marezzata di chewing gum, viene epurata e passa da questa parte. Tutto ciò che non piace al novello demiurgo scompare dal suo orizzonte, e il suo orizzonte diventa sempre più vasto.
Ormai ci sono più cose di qua che di là. Si respira aria di festa: i docenti universitari si sono fiondati sui libri di Borges. I decostruttivisti li riducono a brandelli e i filologi si divertono a sistemarli, incerti se anche nel caso di libri inventati si possa desumere la volontà dell’autore. I preti della curia cantano a squarcia gola - assieme a Nemo e al vecchio chitarrista - l’inno al santo patrono. I politici di professione decidono di fare le primarie e vengono stracciati da Re Utopo. Intanto tutt’intorno si accampano di gitto alberi e case, il castello, la basilica, il mare e le montagne.
Dall’altra parte l’uomo in divisa gira su sé stesso con le braccia alzate; impone la sua idea di ordine in un unico ferale urlo. Di qua vediamo apparire le nuvole, il cielo e una dopo l’altra le sfere celesti. Fino ad ora eravamo rischiarati soltanto dalle lampadine atomiche dei romanzi di fantascienza, ma ora ecco arrivare il sole. Ormai è come un carnevale di musiche e di colori. Essere passati da questa parte ci ha resi tutti euforici e anche i più egoisti - che prima non capivano di essere tutti sulla stessa barca – empatizzano con gli altri e godono della comune condizione.
In quello che una volta era l'universo, è sceso ormai il buio più profondo. L’uomo non vede più niente. Meglio non rischiare, pensa, e fa sparire tutto a prescindere. Ora si libra nel nulla. Vicino allo zero assoluto, il suo cuore è ormai un blocco di ghiaccio che si indurisce sempre di più, in risposta alle ondate di desolazione. Da questa parte lo guardiamo tutti con pietà. Alcuni piangono per lui. Un vecchio prete (escatologo, vengo poi a sapere) ridacchia compiaciuto, indica il cuore congelato, un luogo preciso al suo interno, come se ci fosse qualcosa di recondito, un punto di luce fremente. «Ecco. Ecco. State a vedere. State a vedere...».
--------------------
Nota
Credo sia d'obbligo un saluto perché è la prima volta che pubblico qualcosa su minuticontati. Ho scelto uno pseudonimo perché lo uso spesso, non per nascondere la mia identità. Mi chiamo Jacopo Berti e ho tanti racconti "nel cassetto". Ho preso uno di quelli che reputo più riusciti, anche perché è tra i pochissimi su cui ho già più volte passato la lima. Applauditelo o fatelo a pezzi, sarò contento comunque.
Oggi no. Calma piatta. È già l'ora del secondo caffé, in Città Vecchia, e la commessa del negozio di scarpe non vede la sua tazzina mentre le viene portata con un sorriso dal bar di fronte.
La gente cammina piano, non si vede, non si saluta, non si parla. Tutto tace. Per questo ho un brusco soprassalto quando odo, a pochi passi da me, un secco, imperioso ordine.
«SPARISCI!»
In questo modo un armadio in divisa da sfilata, con due commilitoni al seguito, apostrofa un mendicante di colore. Forse ha avuto l'audacia di abbandonare il suo angolo, per farsi scorgere. Forse ha urtato il militare.
«No, non puoi stare qui. Sparisci!». Sul volto un sogghigno da cattivo da film, accompagnato da un volgare, ottuso disprezzo per l’uomo che ha davanti.
Mi fermo improvvisamente, come se avessi annusato quel suono di campanelli che accompagna le cose sacre. Il mendicante, in effetti, sparisce. Scoppia come una bolla di sapone. Improvvisamente non esiste più. L’appendi-mostrine annuisce compiaciuto. Più che il terrore può l'indignazione. Mi avvicino puntandogli l'indice: «Ma cosa ha fatto? Come ha potuto?»
«Ma sparisci anche tu!» mi intima, guardandomi negli occhi e accompagnando le parole con un gesto della mano. E mi ritrovo a spartire la condizione di non-esistenza assieme al mendicante, ai due liocorni, alla città di Laputa, al flying spaghetti monster e ai libri inventati di Borges. Da lì, come da un loggione, ci godiamo lo spettacolo, ma già sappiamo come andrà a finire.
Lì sotto, il riempi-vestito-inamidato si guarda intorno e intravede altri mendicanti. C’è un signore sulla sessantina che suona la chitarra e intona a stento le note più acute di Knockin' on Heaven's Door. Dopo tanto bussare, finalmente gli viene aperto - «Sparisci!» - ed eccolo qui con la sua chitarra e la sua panchina. Gli si avvicina il capitano Nemo e comincia ad accompagnarlo coll’organo. Ne viene una specie di musica da chiesa e il flying spaghetti monster non apprezza.
Nel frattempo, il militare ha imparato a far sparire le cose senza dire sparisci, limitandosi al ghigno e all’occhiataccia rancorosa. Il nostro cosmo extramondano si riempie di mendicanti, di ambulanti, di anziani, di donne non troppo piacenti, di signori che offrono in silenzio mestoli scolpiti con maestria nel legno. Le venature del legno sono le strade della città mentre si svuotano di bancarelle che vendono stoffe, vestiti, salumi, libri. Di negozi che vendono libri. Ed ecco comparire i ragazzi accampati in piazza della Borsa con le loro tende, che sorridono e ringraziano se rimandi indietro la palla sfuggita ai loro palleggi.
Sempre più infervorato, respirando con affanno, l’uomo guarda tutt'intorno con gli occhi sbarrati. Cominciano a passare da questa parte i professori della facoltà di lettere, habitué di quella zona, i preti della curia, il sindaco, gli assessori e i rappresentanti di ogni forza politica. Sembra che restino solo le belle donne e le forze dell’ordine a popolare quel rione. Non che sia rimasto poi molto da popolare, visto che ogni casa con un po’ di intonaco cascante, ogni muro con una scritta, ogni pavimentazione marezzata di chewing gum, viene epurata e passa da questa parte. Tutto ciò che non piace al novello demiurgo scompare dal suo orizzonte, e il suo orizzonte diventa sempre più vasto.
Ormai ci sono più cose di qua che di là. Si respira aria di festa: i docenti universitari si sono fiondati sui libri di Borges. I decostruttivisti li riducono a brandelli e i filologi si divertono a sistemarli, incerti se anche nel caso di libri inventati si possa desumere la volontà dell’autore. I preti della curia cantano a squarcia gola - assieme a Nemo e al vecchio chitarrista - l’inno al santo patrono. I politici di professione decidono di fare le primarie e vengono stracciati da Re Utopo. Intanto tutt’intorno si accampano di gitto alberi e case, il castello, la basilica, il mare e le montagne.
Dall’altra parte l’uomo in divisa gira su sé stesso con le braccia alzate; impone la sua idea di ordine in un unico ferale urlo. Di qua vediamo apparire le nuvole, il cielo e una dopo l’altra le sfere celesti. Fino ad ora eravamo rischiarati soltanto dalle lampadine atomiche dei romanzi di fantascienza, ma ora ecco arrivare il sole. Ormai è come un carnevale di musiche e di colori. Essere passati da questa parte ci ha resi tutti euforici e anche i più egoisti - che prima non capivano di essere tutti sulla stessa barca – empatizzano con gli altri e godono della comune condizione.
In quello che una volta era l'universo, è sceso ormai il buio più profondo. L’uomo non vede più niente. Meglio non rischiare, pensa, e fa sparire tutto a prescindere. Ora si libra nel nulla. Vicino allo zero assoluto, il suo cuore è ormai un blocco di ghiaccio che si indurisce sempre di più, in risposta alle ondate di desolazione. Da questa parte lo guardiamo tutti con pietà. Alcuni piangono per lui. Un vecchio prete (escatologo, vengo poi a sapere) ridacchia compiaciuto, indica il cuore congelato, un luogo preciso al suo interno, come se ci fosse qualcosa di recondito, un punto di luce fremente. «Ecco. Ecco. State a vedere. State a vedere...».
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Nota
Credo sia d'obbligo un saluto perché è la prima volta che pubblico qualcosa su minuticontati. Ho scelto uno pseudonimo perché lo uso spesso, non per nascondere la mia identità. Mi chiamo Jacopo Berti e ho tanti racconti "nel cassetto". Ho preso uno di quelli che reputo più riusciti, anche perché è tra i pochissimi su cui ho già più volte passato la lima. Applauditelo o fatelo a pezzi, sarò contento comunque.
Ultima modifica di Jacopo Berti il mercoledì 18 novembre 2015, 16:12, modificato 5 volte in totale.
«Se avessimo anche una Fantastica, come una Logica, sarebbe scoperta l'arte di inventare» (Novalis, Frammenti)
Re: Desolazione
Racconto molto interessante che dividerei in due parti. La prima non funziona, la seconda è invece notevole. Comincamo con l'incipit.
Mattinata tergestina.
Attenzione, perché l’incipit è molto importante, anzi, è fondamentale per agganciare il lettore. Il tuo inizio mi spiazza perché non capisco un termine (tergestina). Da valutare.
Sto camminando per Città Vecchia, con la testa umidiccia di pioggia leggera.
Meno aggettivi si usano nella narrazione, meglio è. Perché puntualizzare che la pioggia è leggera? Ha la testa umida di pioggia. Tanto basta.
«Tu non puoi stare qui! Sparisci!» – sul volto un sogghigno da cattivo
Dopo il dialogo, ci va la maiuscola perché è un periodo nuovo.
Come dicevo in precedenza, l'incipit e le prime battute di un racconto (o di un romanzo), sono essenziali. Il tuo incipit e i paragrafi successivi, secondo me non rendono merito a ciò che segue.
C'è un punto preciso nel racconto in cui la trama prendono il volo che è questo: "Il riempi-vestito-inamidato si guarda intorno e intravede altri mendicanti. C’è un signore sulla sessantina che suona la chitarra e intona a stento le note più acute di Knockin' on Heaven's Door". Da questa parte in poi le descrizioni sono fantastiche, le descrizioni dei personaggi, dei lughi e delle azioni, sono veramente pregevoli.
Ciò che prima non era chiaro, adesso prende forma. L'impressione che ho avuto è che il testo sia stato scritto in due tempi.
Il mio consiglio è di rivedere la prima parte cercando di ritrovare la magia che invece troviamo nella seconda. Comincerei a tagliare ciò che non serve, anche interi paragrafi, volendo. Per esempio non mi piace moltissimo il passaggio in cui lui si sdoppia e vede una parte di sé che si allontana con sguardo riprovevole. Sono divagazioni.
Ti faccio un esempio banale: "Cammino per la città vecchia con la testa umida di pioggia quando qualcuno grida: SPARISCI!"
Non sarà un incipit fantastico, ma di sicuro il lettore si incuriosisce. Chi è il tizio che ha gridato "Sparisci?". A questo punto gli devi una spiegazione e qui parte lo zoom sulla scena: "Un armadio in divisa da sfilata, con due commilitoni al seguito, si è avvicinato ad un mendicante di colore. "
Spero di esserti stata utile, hai un bel potenziale su cui lavorare, devi solo imparare a tagliare il superfluo. Bravissimo :)
Mattinata tergestina.
Attenzione, perché l’incipit è molto importante, anzi, è fondamentale per agganciare il lettore. Il tuo inizio mi spiazza perché non capisco un termine (tergestina). Da valutare.
Sto camminando per Città Vecchia, con la testa umidiccia di pioggia leggera.
Meno aggettivi si usano nella narrazione, meglio è. Perché puntualizzare che la pioggia è leggera? Ha la testa umida di pioggia. Tanto basta.
«Tu non puoi stare qui! Sparisci!» – sul volto un sogghigno da cattivo
Dopo il dialogo, ci va la maiuscola perché è un periodo nuovo.
Come dicevo in precedenza, l'incipit e le prime battute di un racconto (o di un romanzo), sono essenziali. Il tuo incipit e i paragrafi successivi, secondo me non rendono merito a ciò che segue.
C'è un punto preciso nel racconto in cui la trama prendono il volo che è questo: "Il riempi-vestito-inamidato si guarda intorno e intravede altri mendicanti. C’è un signore sulla sessantina che suona la chitarra e intona a stento le note più acute di Knockin' on Heaven's Door". Da questa parte in poi le descrizioni sono fantastiche, le descrizioni dei personaggi, dei lughi e delle azioni, sono veramente pregevoli.
Ciò che prima non era chiaro, adesso prende forma. L'impressione che ho avuto è che il testo sia stato scritto in due tempi.
Il mio consiglio è di rivedere la prima parte cercando di ritrovare la magia che invece troviamo nella seconda. Comincerei a tagliare ciò che non serve, anche interi paragrafi, volendo. Per esempio non mi piace moltissimo il passaggio in cui lui si sdoppia e vede una parte di sé che si allontana con sguardo riprovevole. Sono divagazioni.
Ti faccio un esempio banale: "Cammino per la città vecchia con la testa umida di pioggia quando qualcuno grida: SPARISCI!"
Non sarà un incipit fantastico, ma di sicuro il lettore si incuriosisce. Chi è il tizio che ha gridato "Sparisci?". A questo punto gli devi una spiegazione e qui parte lo zoom sulla scena: "Un armadio in divisa da sfilata, con due commilitoni al seguito, si è avvicinato ad un mendicante di colore. "
Spero di esserti stata utile, hai un bel potenziale su cui lavorare, devi solo imparare a tagliare il superfluo. Bravissimo :)
Uno scrittore è un mondo intrappolato in una persona (Victor Hugo)
- Jacopo Berti
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Re: Desolazione
Grazie per il commento!
Non so come si usi, ma mi sembra più semplice raccoglierne più d'uno prima di modificare qualcosa.
L'incipit in effetti è ingenuo: è molto "geolocalizzato": quasi solo i triestini sanno che tergestino è sinonimo di triestino. Sicuramente il primo paragrafo va sistemato, hai ragione, ed è importante farlo bene perché è il biglietto da visita per il racconto.
Invece al terzo paragrafo tengo molto, perché mi piace un po' di autoironia e un po' di metanarrativa. Se c'è qualcosa sulla forma o sullo stile si può correggere, ma quei contenuti li voglio nel racconto. Secondo me, poi, divagare è una cosa bella ;)
E grazie infinite per i complimenti sulla seconda parte!
Non so come si usi, ma mi sembra più semplice raccoglierne più d'uno prima di modificare qualcosa.
L'incipit in effetti è ingenuo: è molto "geolocalizzato": quasi solo i triestini sanno che tergestino è sinonimo di triestino. Sicuramente il primo paragrafo va sistemato, hai ragione, ed è importante farlo bene perché è il biglietto da visita per il racconto.
Invece al terzo paragrafo tengo molto, perché mi piace un po' di autoironia e un po' di metanarrativa. Se c'è qualcosa sulla forma o sullo stile si può correggere, ma quei contenuti li voglio nel racconto. Secondo me, poi, divagare è una cosa bella ;)
E grazie infinite per i complimenti sulla seconda parte!
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Re: Desolazione
Trovo il tuo racconto originalissimo. Ci sono molte immagini fresche (il militare imponi ordine è ben reso, descritto come un armadio inamidato) e anche quella del mendicante con la passione per Bob Dylan. L'ordine Sparisci conferisce un carattere magico all'atmosfera. I rimandi colti non mancano, Borges, il Capitano Nemo. E anche al decostruzionismo. Bella anche la descrizione della città decadente (mura sporche di chewing gum). Hai reso bene l'atmosfera, è evocativo. Forse, come unico appunto, avrei messo un po' più di conflitto fra il protagonista e il militare, anche solo con la domanda: e tu, non sparisci? Bello, comunque, il finale, con il sacerdote che da una speranza.
Re: Desolazione
In cima al primo post è stato inserito un sondaggio.
Continuate a richiedere la grazia come sempre, ma fatelo anche da lì.Vale lo stesso se credete che il racconto andrebbe revisionato.
Per qualsiasi dubbio evocatemi.
Continuate a richiedere la grazia come sempre, ma fatelo anche da lì.Vale lo stesso se credete che il racconto andrebbe revisionato.
Per qualsiasi dubbio evocatemi.
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Re: Desolazione
Ciao Jacopo e benvenuto su MinutiContati.
Ripeto in parte quello che ti è già stato detto da Angela: il tuo racconto fa fatica a partire, anche se poi diventa davvero molto bello. Il primo paragrafo è senz'altro da rimaneggiare. In particolare, toglierei il riferimento alla biblioteca trovata chiusa (è un'informazione che distrae soltanto) e proverei forse a rendere tutto più descrittivo, magari cominciare a creare un'atmosfera un po' sospesa in cui si inserisca bene l'elemento surreale che arriva in seguito. Rifletterei anche sul paragrafo dello sdoppiamento: come hai detto anche tu, è un vezzo metanarrativo, e personalmente sono dell'idea che i vezzi o si riescono ad armonizzare alla perfezione con il resto del racconto o è meglio eliminarli (capisco benissimo quanto dispiaccia fare un taglio di questo tipo, ma l'armonia del racconto ne giova sempre).
La seconda parte invece mi è piaciuta molto, i pochi elementi e situazioni con cui hai descritto il mondo delle cose che non esistono e il suo progressivo assorbimento dell'intera realtà sono molto efficaci. Mi è piaciuta in particolare l'immagine dei libri immaginari di Borges e degli accademici che arrivano a studiarli. Forse si sarebbe potuta approfondire un po' di più la personalità e l'evoluzione del militare che fa sparire le cose (me lo sono immaginato sempre più disperato e psicotico nel suo bisogno di ordine e perfezione), ma è una mancanza che non si sente troppo.
Ripeto in parte quello che ti è già stato detto da Angela: il tuo racconto fa fatica a partire, anche se poi diventa davvero molto bello. Il primo paragrafo è senz'altro da rimaneggiare. In particolare, toglierei il riferimento alla biblioteca trovata chiusa (è un'informazione che distrae soltanto) e proverei forse a rendere tutto più descrittivo, magari cominciare a creare un'atmosfera un po' sospesa in cui si inserisca bene l'elemento surreale che arriva in seguito. Rifletterei anche sul paragrafo dello sdoppiamento: come hai detto anche tu, è un vezzo metanarrativo, e personalmente sono dell'idea che i vezzi o si riescono ad armonizzare alla perfezione con il resto del racconto o è meglio eliminarli (capisco benissimo quanto dispiaccia fare un taglio di questo tipo, ma l'armonia del racconto ne giova sempre).
La seconda parte invece mi è piaciuta molto, i pochi elementi e situazioni con cui hai descritto il mondo delle cose che non esistono e il suo progressivo assorbimento dell'intera realtà sono molto efficaci. Mi è piaciuta in particolare l'immagine dei libri immaginari di Borges e degli accademici che arrivano a studiarli. Forse si sarebbe potuta approfondire un po' di più la personalità e l'evoluzione del militare che fa sparire le cose (me lo sono immaginato sempre più disperato e psicotico nel suo bisogno di ordine e perfezione), ma è una mancanza che non si sente troppo.
- Jacopo Berti
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Re: Desolazione
Grazie intanto anche a Viviana e ad Alexandra per i commenti e i complimenti.
Seguendo le indicazioni di tutte e tre, ho riscritto l'incipit e il primo paragrafo, cercando di "renderlo utile" e introdurre così sin da subito, seppur in tono minore, l'atmosfera di eccezionalità che accompagnerà tutto il racconto; e trovando anche lo spunto per un incontro più concreto tra il mendicante e il militare e poi tra quest'ultimo e il narratore. Spero che così vada meglio. A me piace di più.
Poi ho tolto il paragrafo "metanarrativo". È difficile accettare che per me significhi qualcosa ma che per altri sia uno stacco superfluo, ma cercando di vederlo come "lettore" riconosco che avete ragione.
Ho fatto qualche lieve modifica per caratterizzare il militare.
Seguendo le indicazioni di tutte e tre, ho riscritto l'incipit e il primo paragrafo, cercando di "renderlo utile" e introdurre così sin da subito, seppur in tono minore, l'atmosfera di eccezionalità che accompagnerà tutto il racconto; e trovando anche lo spunto per un incontro più concreto tra il mendicante e il militare e poi tra quest'ultimo e il narratore. Spero che così vada meglio. A me piace di più.
Poi ho tolto il paragrafo "metanarrativo". È difficile accettare che per me significhi qualcosa ma che per altri sia uno stacco superfluo, ma cercando di vederlo come "lettore" riconosco che avete ragione.
Ho fatto qualche lieve modifica per caratterizzare il militare.
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Re: Desolazione
Ciao!
Il tuo racconto mi è piaciuto, l'ho trovato originale e abbastanza misterioso da voler capire come va a finire. Mi piace il ritmo che dai alla storia e il fatto che non cadi mai in un metafore scontate o immagini stucchevoli.
Perciò chiedo la GRAZIA!
Per quanto riguarda le critiche ho solo due appunti:
e la commessa del negozio di scarpe non vede la sua tazzina mentre arriva con un sorriso dal bar di fronte.
Toglierei sorriso perché rende meno scorrevole la frase e mi pare abbia poco senso. Mi immagino questa donna di prima mattina, che sta lavorando anche se è l'ora della colazione, tutto intorno è bianco e lei sorride. Stona un pochino.
...
Il riempi-vestito-inamidato si guarda intorno e intravede altri mendicanti. C’è un signore sulla sessantina...
Finisci la frase di prima dicendo che "vi godete lo spettacolo". Tuttavia questo pezzo l'ho trovato di difficile comprensione, il punto di vista sembra completamente spostato. Tu porti i lettori dall'altra parte, e poi li catapulti di nuovo giù. Continuando la lettura è chiaro, ma il discorso l'avrei introdotto in modo diverso, per esempio: non mi resta che mettermi comodo e vedere cosa fa il riempi vestito... oppure "ed ecco che il riempi vestito", o "da qui vediamo".
Il tuo racconto mi è piaciuto, l'ho trovato originale e abbastanza misterioso da voler capire come va a finire. Mi piace il ritmo che dai alla storia e il fatto che non cadi mai in un metafore scontate o immagini stucchevoli.
Perciò chiedo la GRAZIA!
Per quanto riguarda le critiche ho solo due appunti:
e la commessa del negozio di scarpe non vede la sua tazzina mentre arriva con un sorriso dal bar di fronte.
Toglierei sorriso perché rende meno scorrevole la frase e mi pare abbia poco senso. Mi immagino questa donna di prima mattina, che sta lavorando anche se è l'ora della colazione, tutto intorno è bianco e lei sorride. Stona un pochino.
...
Il riempi-vestito-inamidato si guarda intorno e intravede altri mendicanti. C’è un signore sulla sessantina...
Finisci la frase di prima dicendo che "vi godete lo spettacolo". Tuttavia questo pezzo l'ho trovato di difficile comprensione, il punto di vista sembra completamente spostato. Tu porti i lettori dall'altra parte, e poi li catapulti di nuovo giù. Continuando la lettura è chiaro, ma il discorso l'avrei introdotto in modo diverso, per esempio: non mi resta che mettermi comodo e vedere cosa fa il riempi vestito... oppure "ed ecco che il riempi vestito", o "da qui vediamo".
- angelo.frascella
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Re: Desolazione
Ciao Jacopo e benvenuto!
Ho trovato il tuo racconto davvero bello, brillante, surreale, ironico e divertente. Anche lo stile mi è piaciuto molto: pieno di immagini che arricchiscono il testo e non appesantiscono mai la lettura.
Belle anche le citazioni che inserisci (i libri di Borges, Nemo, le lampade atomiche dei film di fantascienza...)
Inoltre il tuo racconto riesce a rendere evidenti concetti e idee che, espressi in altro modo, suonerebbero vuoti e retorici
L'unico elemento che non sono sicuro di aver colto è il finale e, dopo la bella rincorsa verso la meta, forse è l'unico punto che cercherei di migliorare.
Dunque: CHIEDO LA GRAZIA
Ho trovato il tuo racconto davvero bello, brillante, surreale, ironico e divertente. Anche lo stile mi è piaciuto molto: pieno di immagini che arricchiscono il testo e non appesantiscono mai la lettura.
Belle anche le citazioni che inserisci (i libri di Borges, Nemo, le lampade atomiche dei film di fantascienza...)
Inoltre il tuo racconto riesce a rendere evidenti concetti e idee che, espressi in altro modo, suonerebbero vuoti e retorici
L'unico elemento che non sono sicuro di aver colto è il finale e, dopo la bella rincorsa verso la meta, forse è l'unico punto che cercherei di migliorare.
Dunque: CHIEDO LA GRAZIA
- Jacopo Berti
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Re: Desolazione
Sabrina e Angelo, vi ringrazio per i commenti positivi e per la grazia.
Riguardo alla prima osservazione di Sabrina: il costrutto è un po' libero. La tazzina arriva con il sorriso di chi, dal bar di fronte, porta il caffè alla commessa. Il soggetto di "arriva" è il caffè. Lo cambio con "le viene portato" che è più comprensibile.
Riguardo alla seconda: utile, grazie. Credo di aver migliorato la comprensibilità e le immagini, scrivendo così: Da lì, come da un loggione, ci godiamo lo spettacolo, ma già sappiamo come andrà a finire. // Lì sotto, il riempi-vestito-inamidato si guarda intorno e intravede altri mendicanti.
Angelo, è un senso di attesa che può voler dire più cose. Mi piace lasciare in sospeso: io ho pensato a una cosa in particolare, e chi ha commentato prima di te ha pensato ad altro, e mi piace questa variabilità.
Riguardo alla prima osservazione di Sabrina: il costrutto è un po' libero. La tazzina arriva con il sorriso di chi, dal bar di fronte, porta il caffè alla commessa. Il soggetto di "arriva" è il caffè. Lo cambio con "le viene portato" che è più comprensibile.
Riguardo alla seconda: utile, grazie. Credo di aver migliorato la comprensibilità e le immagini, scrivendo così: Da lì, come da un loggione, ci godiamo lo spettacolo, ma già sappiamo come andrà a finire. // Lì sotto, il riempi-vestito-inamidato si guarda intorno e intravede altri mendicanti.
Angelo, è un senso di attesa che può voler dire più cose. Mi piace lasciare in sospeso: io ho pensato a una cosa in particolare, e chi ha commentato prima di te ha pensato ad altro, e mi piace questa variabilità.
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Re: Desolazione
Decisamente meglio della prima versione (che comunque era già buona). A voler cercare ancora il pelo nell'uovo, l'inciso sulla bora all'inizio è forse un po' troppo lungo, spendi tante parole per descrivere una situazione in contrapposizione a quella del racconto e rischi di creare un momento di confusione nel lettore. Personalmente, toglierei del tutto l'inciso (credo che abbiamo tutti un'idea di come siano le giornate di bora, compreso chi come me non è mai stato a Trieste), oppure lascerei solo l'ultima caratterizzazione su ombrelli e gabbiani (immagine molto bella) evitando le prima due.
In ogni caso, CHIEDO LA GRAZIA.
In ogni caso, CHIEDO LA GRAZIA.
- Jacopo Berti
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Re: Desolazione
Grazie, Viviana, dell'ulteriore commento e apprezzamento. Ho seguito il tuo consiglio e, se non ce ne sono altri, visto che le mie tre richieste di grazie le ho, ci provo:
SFIDO SPARTACO
SFIDO SPARTACO
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Re: Desolazione
Sfida accolta, nei prossimi giorni valuterò se il tuo racconto merita la vetrina.
Re: Desolazione
Eccomi subito da te.
Partiamo dal presupposto che apprezzo il coraggio e il tuo racconto finirà in vetrina solo per questo visto che sfora rispetto al limite di battute imposte. Sei nuovo da queste parti, quindi chiuderò un occhio, ma la prossima volta fai più attenzione.
La storia mi è piaciuta, anche se nella prima parte hai usato un linguaggio troppo forbito rispetto alla seconda.
Quindi benvenuto tra gli autori di Minuti Contati, il racconto sarà in vetrina nel giro di qualche giorno.
Partiamo dal presupposto che apprezzo il coraggio e il tuo racconto finirà in vetrina solo per questo visto che sfora rispetto al limite di battute imposte. Sei nuovo da queste parti, quindi chiuderò un occhio, ma la prossima volta fai più attenzione.
La storia mi è piaciuta, anche se nella prima parte hai usato un linguaggio troppo forbito rispetto alla seconda.
Quindi benvenuto tra gli autori di Minuti Contati, il racconto sarà in vetrina nel giro di qualche giorno.
- Jacopo Berti
- Messaggi: 441
Re: Desolazione
Grazie, prode Spartaco, per la veloce valutazione e il responso positivo!
In effetti, ho fatto un po' di confusione col numero di caratteri, tenendo per buono il 7000, che avevo visto nel regolamento dell'Arena (come massimo possibile per un contest).
Oltre a chi ha commentato contribuendo a sistemare alcune cose, ringrazio in particolare chi ha suggerito tagli, perché in origine c'erano più di 6000 caratteri...
In effetti, ho fatto un po' di confusione col numero di caratteri, tenendo per buono il 7000, che avevo visto nel regolamento dell'Arena (come massimo possibile per un contest).
Oltre a chi ha commentato contribuendo a sistemare alcune cose, ringrazio in particolare chi ha suggerito tagli, perché in origine c'erano più di 6000 caratteri...
«Se avessimo anche una Fantastica, come una Logica, sarebbe scoperta l'arte di inventare» (Novalis, Frammenti)
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