Il collare - Morozzi edition
- maria rosaria
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Il collare - Morozzi edition
IL COLLARE di M.R. Del Ciello
L’autogrill sull’autostrada era il luogo stabilito per l'appuntamento.
Si dovevano vedere lì, sotto l’insegna fluorescente, gialla e blu, che recitava “A cake for a break”.
Alle dieci di sera. L’ora giusta per non incontrare troppa gente, per non dare nell’occhio.
Mario si presentò puntuale, con la valigetta piena di banconote e la paura che le cose non andassero come dovevano.
Gli altri, infatti, ancora non si vedevano. Dovevano restituire il cagnolino della contessa Zeimann, rapito la settimana precedente, ed erano in ritardo.
Faceva freddo, l’aria gelida si condensava in buffe nuvolette di respiro attorno ai volti delle poche persone che passavano da quelle parti.
Cominciarono, ad un tratto, a cadere lievi gocce di pioggia, lente e sparpagliate sulle teste e sulle cose, senza rumore, quasi per caso, come se non volessero farsi notare neanche loro.
La mano di Mario stringeva la valigetta. Era quasi congelata, ma lui non riusciva e non voleva mollare la presa.
C'erano centomila euro lì dentro. Il valore che la contessa aveva acconsentito a pagare pur di riavere la bestiola tra le sue braccia.
Mario era certo che la donna avrebbe sborsato anche di più per quel cane, se solo glielo avessero chiesto, e questo lo faceva incazzare. Sì, lo ammetteva. Invidiava profondamente quell'animale.
Per un momento aveva anche pensato Al diavolo tutto: la contessa, il cagnolino, il lavoro!
La contessa. Una grande snob, raggrinzita dal tempo e dalla cattiveria. Sapeva solo dare ordini e lamentarsi del lavoro della servitù.
Il barboncino, un ammasso di peli, pettinati e profumati tutti i giorni, che aveva la fortuna di non doversi piegare come lui alle imposizioni del datore di lavoro. Aveva cibo e alloggio assicurati: gli bastava scodinzolare un po’, abbaiare in segno di festa e la contessa avrebbe dato la vita per lui.
Se rinasco voglio essere un barboncino, si era detto più volte.
Il lavoro, poi. Ma dove lo avrebbe trovato, a cinquant’anni suonati, un impiego ben retribuito e, tutto sommato, poco faticoso come quello che la contessa gli offriva? Un autista non ha molto da fare, di rado qualche piccola commissione fuori città, ma nel complesso non doveva far altro che aspettare l'ordine, non frequente, di portare la Zeimann da qualche parte. In fondo gli stava bene, anche se era costretto a dire sempre di sì e fare la pecorella.
Ora c’era questa rogna del tutto inaspettata, è vero, ma se la sarebbe cavata. Non conveniva certo fare alzate di testa per poi ritrovarsi in brache di tela.
Cacciò via dalla mente i pensieri audaci e si concentrò sulla situazione.
La pioggia, sempre più fitta, lo costrinse a ripararsi dentro l’autogrill; si sedette a un tavolo vicino la finestra, in modo da controllare l’esterno. Ordinò un bicchiere di chinotto e si accese una sigaretta. Un odore di patatine e carne bruciata impregnava il locale.
Proprio mentre scolava l'ultimo sorso, udì una frenata e scorse, sbirciando dalla vetrata accanto alla quale si era seduto, un'auto di grossa cilindrata fermarsi davanti all’ingresso. Un uomo scese dal posto di guida, aprì un ombrello e, girando attorno all'auto, offrì riparo alla donna che usciva dal lato del passeggero. La donna teneva in mano un borsone e con l'altra si stringeva al braccio dell'uomo. Entrambi fecero ingresso.
Mario ripensò a quando, alcuni giorni prima, aveva portato Fuffy al giardino, lo aveva slegato per farlo correre un po’ e quello era sparito dietro i cespugli. Lo aveva cercato, Dio solo sa quanto, ma non era riuscito a trovarlo.
E quando l'aveva detto alla contessa, quella vecchia arpia l'aveva umiliato, insultato, l'aveva anche minacciato di decurtargli parte della busta paga e addirittura di licenziarlo se il cagnolino non fosse tornato a casa.
Poi, quando i rapitori si erano fatti vivi, al telefono, la contessa era stata categorica. Mario avrebbe dovuto effettuare lo scambio.
E lui, adesso, era immobile sulla sedia, una mano sulla valigetta in bella vista sul tavolo.
L’uomo e la donna si avvicinarono e poggiarono il borsone accanto alla valigetta.
"Fuffy è qui dentro", fece la donna senza togliere la mano dal trasportino.
Mario sbirciò dentro e vide un ammasso di peli bianchi e grigi.
"Questo è il denaro", rispose lui allungando la valigetta.
La mano di Mario continuava a essere congelata e stretta, questa volta, sul manico del trasportino.
La donna aprì la valigetta mentre l'uomo lo teneva d'occhio con un'espressione poco rassicurante.
"Tutto okay", confermò la donna rivolta al compagno. E sparirono in un attimo oltre l'ingresso dell'autogrill. Nella sera piovigginosa.
Mario, ancora stordito, uscì a sua volta e si diresse verso l'auto. Una volta dentro, respirò profondamente e si lasciò andare sul sedile, aspettando di scaricare del tutto l'adrenalina accumulata fino ad allora.
Si accese una sigaretta e aprì lo sportello del trasportino. Fu allora che si accorse dell’errore.
Quello non era il cane della contessa. Gli somigliava molto, tanto, ma non lo aveva aggredito come faceva sempre Fuffy quando lo vedeva. Mario ebbe un attimo di esitazione. Prese la bestiola in braccio e quello si accoccolò sul suo grembo. Era più magro, forse affamato e tanto bisognoso di coccole. No, decisamente non era Fuffy. Chissà, pensò Mario, se la contessa se ne sarebbe accorta. Questo qui, ora sulle sue gambe, invece, aveva più l’aria di un barboncino sperduto e abbandonato. A Mario fece tenerezza e fu quasi contento di quell'equivoco. I rapitori dovevano aver scambiato un barboncino qualunque per il cagnolino della contessa. Chissà che fine aveva fatto quello vero. Forse era stato veramente un errore dei rapitori e Fuffy ora era chissà dove, libero ma sotto la pioggia. Oppure era stato rapito ma, visto il caratterino dell’animale, quelli l’avevano ucciso e poi sostituito con uno simile. Chissà. Ad ogni modo, pensò Mario, aveva avuto la sorte che meritava, bestiaccia antipatica e snob. Come la padrona.
Aprì il cruscotto dell’auto e recuperò il collare. Il regalo della contessa che Mario aveva dimenticato l'ultima volta di mettere a Fuffy. Glielo sistemò. Ecco, ora era perfetto.
La contessa non si sarebbe accorta di nulla.
E Fuffy sarebbe tornato di nuovo a casa.
L’autogrill sull’autostrada era il luogo stabilito per l'appuntamento.
Si dovevano vedere lì, sotto l’insegna fluorescente, gialla e blu, che recitava “A cake for a break”.
Alle dieci di sera. L’ora giusta per non incontrare troppa gente, per non dare nell’occhio.
Mario si presentò puntuale, con la valigetta piena di banconote e la paura che le cose non andassero come dovevano.
Gli altri, infatti, ancora non si vedevano. Dovevano restituire il cagnolino della contessa Zeimann, rapito la settimana precedente, ed erano in ritardo.
Faceva freddo, l’aria gelida si condensava in buffe nuvolette di respiro attorno ai volti delle poche persone che passavano da quelle parti.
Cominciarono, ad un tratto, a cadere lievi gocce di pioggia, lente e sparpagliate sulle teste e sulle cose, senza rumore, quasi per caso, come se non volessero farsi notare neanche loro.
La mano di Mario stringeva la valigetta. Era quasi congelata, ma lui non riusciva e non voleva mollare la presa.
C'erano centomila euro lì dentro. Il valore che la contessa aveva acconsentito a pagare pur di riavere la bestiola tra le sue braccia.
Mario era certo che la donna avrebbe sborsato anche di più per quel cane, se solo glielo avessero chiesto, e questo lo faceva incazzare. Sì, lo ammetteva. Invidiava profondamente quell'animale.
Per un momento aveva anche pensato Al diavolo tutto: la contessa, il cagnolino, il lavoro!
La contessa. Una grande snob, raggrinzita dal tempo e dalla cattiveria. Sapeva solo dare ordini e lamentarsi del lavoro della servitù.
Il barboncino, un ammasso di peli, pettinati e profumati tutti i giorni, che aveva la fortuna di non doversi piegare come lui alle imposizioni del datore di lavoro. Aveva cibo e alloggio assicurati: gli bastava scodinzolare un po’, abbaiare in segno di festa e la contessa avrebbe dato la vita per lui.
Se rinasco voglio essere un barboncino, si era detto più volte.
Il lavoro, poi. Ma dove lo avrebbe trovato, a cinquant’anni suonati, un impiego ben retribuito e, tutto sommato, poco faticoso come quello che la contessa gli offriva? Un autista non ha molto da fare, di rado qualche piccola commissione fuori città, ma nel complesso non doveva far altro che aspettare l'ordine, non frequente, di portare la Zeimann da qualche parte. In fondo gli stava bene, anche se era costretto a dire sempre di sì e fare la pecorella.
Ora c’era questa rogna del tutto inaspettata, è vero, ma se la sarebbe cavata. Non conveniva certo fare alzate di testa per poi ritrovarsi in brache di tela.
Cacciò via dalla mente i pensieri audaci e si concentrò sulla situazione.
La pioggia, sempre più fitta, lo costrinse a ripararsi dentro l’autogrill; si sedette a un tavolo vicino la finestra, in modo da controllare l’esterno. Ordinò un bicchiere di chinotto e si accese una sigaretta. Un odore di patatine e carne bruciata impregnava il locale.
Proprio mentre scolava l'ultimo sorso, udì una frenata e scorse, sbirciando dalla vetrata accanto alla quale si era seduto, un'auto di grossa cilindrata fermarsi davanti all’ingresso. Un uomo scese dal posto di guida, aprì un ombrello e, girando attorno all'auto, offrì riparo alla donna che usciva dal lato del passeggero. La donna teneva in mano un borsone e con l'altra si stringeva al braccio dell'uomo. Entrambi fecero ingresso.
Mario ripensò a quando, alcuni giorni prima, aveva portato Fuffy al giardino, lo aveva slegato per farlo correre un po’ e quello era sparito dietro i cespugli. Lo aveva cercato, Dio solo sa quanto, ma non era riuscito a trovarlo.
E quando l'aveva detto alla contessa, quella vecchia arpia l'aveva umiliato, insultato, l'aveva anche minacciato di decurtargli parte della busta paga e addirittura di licenziarlo se il cagnolino non fosse tornato a casa.
Poi, quando i rapitori si erano fatti vivi, al telefono, la contessa era stata categorica. Mario avrebbe dovuto effettuare lo scambio.
E lui, adesso, era immobile sulla sedia, una mano sulla valigetta in bella vista sul tavolo.
L’uomo e la donna si avvicinarono e poggiarono il borsone accanto alla valigetta.
"Fuffy è qui dentro", fece la donna senza togliere la mano dal trasportino.
Mario sbirciò dentro e vide un ammasso di peli bianchi e grigi.
"Questo è il denaro", rispose lui allungando la valigetta.
La mano di Mario continuava a essere congelata e stretta, questa volta, sul manico del trasportino.
La donna aprì la valigetta mentre l'uomo lo teneva d'occhio con un'espressione poco rassicurante.
"Tutto okay", confermò la donna rivolta al compagno. E sparirono in un attimo oltre l'ingresso dell'autogrill. Nella sera piovigginosa.
Mario, ancora stordito, uscì a sua volta e si diresse verso l'auto. Una volta dentro, respirò profondamente e si lasciò andare sul sedile, aspettando di scaricare del tutto l'adrenalina accumulata fino ad allora.
Si accese una sigaretta e aprì lo sportello del trasportino. Fu allora che si accorse dell’errore.
Quello non era il cane della contessa. Gli somigliava molto, tanto, ma non lo aveva aggredito come faceva sempre Fuffy quando lo vedeva. Mario ebbe un attimo di esitazione. Prese la bestiola in braccio e quello si accoccolò sul suo grembo. Era più magro, forse affamato e tanto bisognoso di coccole. No, decisamente non era Fuffy. Chissà, pensò Mario, se la contessa se ne sarebbe accorta. Questo qui, ora sulle sue gambe, invece, aveva più l’aria di un barboncino sperduto e abbandonato. A Mario fece tenerezza e fu quasi contento di quell'equivoco. I rapitori dovevano aver scambiato un barboncino qualunque per il cagnolino della contessa. Chissà che fine aveva fatto quello vero. Forse era stato veramente un errore dei rapitori e Fuffy ora era chissà dove, libero ma sotto la pioggia. Oppure era stato rapito ma, visto il caratterino dell’animale, quelli l’avevano ucciso e poi sostituito con uno simile. Chissà. Ad ogni modo, pensò Mario, aveva avuto la sorte che meritava, bestiaccia antipatica e snob. Come la padrona.
Aprì il cruscotto dell’auto e recuperò il collare. Il regalo della contessa che Mario aveva dimenticato l'ultima volta di mettere a Fuffy. Glielo sistemò. Ecco, ora era perfetto.
La contessa non si sarebbe accorta di nulla.
E Fuffy sarebbe tornato di nuovo a casa.
Ultima modifica di maria rosaria il lunedì 23 luglio 2018, 11:37, modificato 10 volte in totale.
Maria Rosaria
- maria rosaria
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Re: Il collare - Morozzi edition
Ciao a tutti.
Dopo una lunga assenza riprendo la mia attività sul Laboratorio.
Questo che ho messo è un racconto che proviene dalla Morozzi Edition e che alcuni del forum avevano già commentato.
Ho cercato di far tesoro di quei consigli per riscriverlo e migliorarlo.
Aspetto i vostri suggerimenti per farne qualcosa di buono. :) :)
E ora vado a leggermi un po' di vostre cose qui, sul Tavolo di lavoro.
Caio ciao
Dopo una lunga assenza riprendo la mia attività sul Laboratorio.
Questo che ho messo è un racconto che proviene dalla Morozzi Edition e che alcuni del forum avevano già commentato.
Ho cercato di far tesoro di quei consigli per riscriverlo e migliorarlo.
Aspetto i vostri suggerimenti per farne qualcosa di buono. :) :)
E ora vado a leggermi un po' di vostre cose qui, sul Tavolo di lavoro.
Caio ciao
Maria Rosaria
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Re: Il collare - Morozzi edition
Il racconto scorre bene: sembra di essere lì, all’incontro fra l’autista e i rapitori di cani.
La contessa Zeidmann si fa un po’ odiare e un po’ compatire (tutta la sua vita è Fuffy? Un po’ poco, malgrado sia un barboncino molto simile a lei). L’autista, invece, è simpatico. Il fatto che ricicli il cane sbagliato usando il collare dimenticato ha un che di commovente: nonostante le angherie, è pur rimasto un brav’uomo.
Attenzione a: centomila euro c’erano lì dentro.
Riscriverei: lì dentro c’erano centomila euro.
Un autista non ha molto da fare: riscriverei come autista non aveva molto da fare.
Qualche volta qualche piccola commissione (manca la virgola dopo volta)
La contessa Zeidmann si fa un po’ odiare e un po’ compatire (tutta la sua vita è Fuffy? Un po’ poco, malgrado sia un barboncino molto simile a lei). L’autista, invece, è simpatico. Il fatto che ricicli il cane sbagliato usando il collare dimenticato ha un che di commovente: nonostante le angherie, è pur rimasto un brav’uomo.
Attenzione a: centomila euro c’erano lì dentro.
Riscriverei: lì dentro c’erano centomila euro.
Un autista non ha molto da fare: riscriverei come autista non aveva molto da fare.
Qualche volta qualche piccola commissione (manca la virgola dopo volta)
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Re: Il collare - Morozzi edition
Ciao Maria Rosaria! Il tuo racconto mi ha convinto. Ben scritto e coinvolgente. Mi sembrava di vedere una scena di un film mentre leggevo il testo e , questo, non fa che dire che il lavoro sia venuto bene!
Piccolo consiglio: per permettere alla storia di mantenere un ritmo acceso, taglierei un po' (sfoltirei) la parte tra "La contessa. Una grande snob..." e "Cacciò via dalla mente..." Poi ripartirei tranquillamente da "La pioggia sempre più fitta..." fino alla fine. Per il resto mi sembra una storia divertente. Non partecipai a quell'Edizione (ero ancora all'oscuro di MC :) ) ma non ho dubbi sul:
chiedere la grazia al dottore per un suo parere!
Piccolo consiglio: per permettere alla storia di mantenere un ritmo acceso, taglierei un po' (sfoltirei) la parte tra "La contessa. Una grande snob..." e "Cacciò via dalla mente..." Poi ripartirei tranquillamente da "La pioggia sempre più fitta..." fino alla fine. Per il resto mi sembra una storia divertente. Non partecipai a quell'Edizione (ero ancora all'oscuro di MC :) ) ma non ho dubbi sul:
chiedere la grazia al dottore per un suo parere!
- maria rosaria
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Re: Il collare - Morozzi edition
maria rosaria ha scritto:IL COLLARE di M.R. Del Ciello
L’autogrill sull’autostrada era il luogo stabilito per l'appuntamento.
Si dovevano vedere lì, sotto l’insegna fluorescente, gialla e blu, che recitava “A cake for a break”.
Alle dieci di sera. L’ora giusta per non incontrare troppa gente, per non dare nell’occhio.
Mario si presentò puntuale, con la valigetta piena di banconote e la paura che le cose non andassero come dovevano.
Gli altri, infatti, ancora non si vedevano. Dovevano restituire il cagnolino della contessa Zeimann, rapito la settimana precedente, ed erano un po' in ritardo.
Faceva freddo, l’aria gelida si condensava in buffe nuvolette di respiro attorno ai volti delle poche persone che passavano da quelle parti.
Cominciarono, ad un tratto, a cadere lievi gocce di pioggia, lente e sparpagliate sulle teste e sulle cose, senza rumore, quasi per caso, come se non volessero farsi notare neanche loro.
La mano di Mario stringeva la valigetta. Era quasi congelata, ma lui non riusciva e non voleva mollare la presa.
C'erano centomila euro lì dentro. Il valore della bestiola che la contessa aveva acconsentito a pagare pur di riaverla tra le sue braccia.
Mario era certo che la donna avrebbe sborsato anche di più per quel cane se solo glielo avessero chiesto e questo lo faceva incazzare. Sì, lo ammetteva. Invidiava profondamente quell'animale.
Per un momento aveva pensato “al diavolo tutto, la contessa, il cagnolino, il lavoro”.
La contessa. Una grande snob, raggrinzita dal tempo e dalla cattiveria. Sapeva solo dare ordini e lamentarsi del lavoro della servitù. Il barboncino, un ammasso di peli, pettinati e profumati tutti i giorni che aveva la fortuna di non dover piegarsi come lui alle imposizioni del datore di lavoro. Aveva cibo e alloggio assicurati, gli bastava scodinzolare un po’, abbaiare in segno di festa e la contessa avrebbe dato la vita per lui.
Se rinasco voglio essere un barboncino, si era detto più volte.
Il lavoro, poi. Ma dove lo avrebbe trovato, a cinquant’anni suonati, un impiego ben retribuito e, tutto sommato, poco faticoso come quello che la contessa gli offriva? Un autista non ha molto da fare, di rado qualche piccola commissione fuori città, ma nel complesso non doveva far altro che aspettare l'ordine, non frequente, di portare la Zeimann da qualche parte. In fondo gli stava bene anche se era costretto a dire sempre di sì e fare la pecorella.
Ora c’era questa rogna del tutto inaspettata, è vero, ma se la sarebbe cavata. Non conveniva di certo fare alzate di testa per poi ritrovarsi in brache di tela.
Cacciò via dalla mente i pensieri audaci e si concentrò sulla situazione.
La pioggia sempre più fitta lo costrinse a ripararsi dentro l’autogrill; si sedette a un tavolo vicino la finestra in modo da controllare l’esterno. Ordinò un bicchiere di chinotto e si accese una sigaretta. Un odore di patatine e carne bruciata impregnava il locale.
Proprio mentre scolava l'ultimo sorso, udì una frenata e scorse, sbirciando dalla vetrata accanto alla quale si era seduto, un'auto di grossa cilindrata fermarsi davanti all’ingresso. Un uomo scese dal posto di guida, aprì un ombrello e, girando attorno all'auto, offrì riparo alla donna che usciva dal lato del passeggero. La donna teneva in mano un borsone e con l'altra si stringeva al braccio dell'uomo. Entrambi fecero ingresso.
Mario ripensò a quando, alcuni giorni prima, aveva portato Fuffy al giardino, lo aveva slegato per farlo correre un po’ e quello era sparito dietro i cespugli. Lo aveva cercato, Dio solo sa quanto, ma non era riuscito a trovarlo.
E quando l'aveva detto alla contessa, quella l'aveva umiliato, insultato, l'aveva anche minacciato di decurtargli parte della busta paga e addirittura di licenziarlo se il cagnolino non fosse tornato a casa.
Poi, quando i rapitori si erano fatti vivi, al telefono, la contessa era stata categorica. Mario avrebbe dovuto effettuare lo scambio.
Mario, ora, era immobile sulla sedia, una mano sulla valigetta in bella vista sul tavolo.
L’uomo e la donna si avvicinarono e poggiarono il borsone accanto alla valigetta.
- Fuffy è qui dentro – fece la donna senza togliere la mano dal trasportino.
Mario sbirciò dentro e vide un ammasso di peli bianchi e grigi.
- Questo è il denaro – rispose lui allungando la valigetta.
La mano di Mario continuava a essere congelata e stretta, questa volta, sul manico del trasportino.
La donna aprì la valigetta mentre l'uomo lo teneva d'occhio con un'espressione poco rassicurante.
- Tutto okay - fece la donna rivolta al compagno. E sparirono in un attimo oltre l'ingresso dell'autogrill. Nella sera piovigginosa.
Mario, ancora stordito, uscì a sua volta e si diresse verso l'auto. Una volta dentro, respirò profondamente e si lasciò andare sul sedile, aspettando di scaricare del tutto l'adrenalina accumulata fino ad allora.
Si accese una sigaretta e aprì lo sportello del trasportino. Fu allora che si accorse dell’errore.
Quello non era il cane della contessa. Gli somigliava molto, tanto, ma non lo aveva aggredito come faceva sempre Fuffy quando lo vedeva. Mario ebbe un attimo di esitazione. Prese la bestiola in braccio e quello si accoccolò tenera sul suo grembo. Era più magro, forse affamato e tanto bisognoso di coccole. No, decisamente non era Fuffy. Chissà, pensò Mario, se la contessa se ne sarebbe accorta. Questo qui, ora sulle sue gambe, invece, aveva più l’aria di un barboncino sperduto e abbandonato. A Mario fece tenerezza e fu quasi contento di quell'equivoco. I rapitori dovevano aver scambiato un barboncino qualunque per il cagnolino della contessa. Chissà che fine aveva fatto quello vero. Forse era stato veramente un errore dei rapitori e Fuffy ora era chissà dove, libero ma sotto la pioggia. Oppure era stato rapito ma, visto il caratterino dell’animale, quelli l’avevano ucciso e poi sostituito con uno simile. Chissà. Ad ogni modo, pensò Mario, aveva avuto la sorte che meritava, bestiaccia antipatica e snob. Come la padrona.
Aprì il cruscotto dell’auto e recuperò il collare. Il regalo della contessa che Mario aveva dimenticato l'ultima volta di mettere a Fuffy. Glielo sistemò. Ecco, ora era perfetto.
La contessa non si sarebbe accorta di nulla.
E Fuffy sarebbe tornato di nuovo a casa.
Maria Rosaria
- maria rosaria
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Re: Il collare - Morozzi edition
Ciao e grazie per i commenti ricevuti.
Ho fatto le correzioni suggerite.
Per errore ho ripostato di nuovo il racconto, anziché modificare l'originale.
Ho anche modificato alcune parti della scena all'interno dell'autogrill.
Aspetto altre osservazioni.
Ho fatto le correzioni suggerite.
Per errore ho ripostato di nuovo il racconto, anziché modificare l'originale.
Ho anche modificato alcune parti della scena all'interno dell'autogrill.
Aspetto altre osservazioni.
Maria Rosaria
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Re: Il collare - Morozzi edition
Ciao Maria Rosaria!
Sono ben lieta di leggerti di nuovo!
In verità non ho delle vere osservazioni da fare sul tuo racconto: trovo che sia ben scritto, scorrevole e personalmente non cambierei nulla (a parte forse il nome "Fuffy" che lo trovo un po' banale come nome per il cane di una contessa). Credo inoltre che sei riuscita a delineare bene la figura del protagonista, un cinquantenne costretto in un lavoro che odia ma che tutto sommato gli è comodo, diciamo così. Anche il fatto che non si preoccupa più di tanto del fatto che quello sia il vero cagnolino della contessa la dice lunga sulla sua "lealtà" verso il suo datore di lavoro.
Chiedo l'ammissione alla vetrina (se si dice ancora cosi).
A rileggerci!
Sono ben lieta di leggerti di nuovo!
In verità non ho delle vere osservazioni da fare sul tuo racconto: trovo che sia ben scritto, scorrevole e personalmente non cambierei nulla (a parte forse il nome "Fuffy" che lo trovo un po' banale come nome per il cane di una contessa). Credo inoltre che sei riuscita a delineare bene la figura del protagonista, un cinquantenne costretto in un lavoro che odia ma che tutto sommato gli è comodo, diciamo così. Anche il fatto che non si preoccupa più di tanto del fatto che quello sia il vero cagnolino della contessa la dice lunga sulla sua "lealtà" verso il suo datore di lavoro.
Chiedo l'ammissione alla vetrina (se si dice ancora cosi).
A rileggerci!
- Il Dottore
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Re: Il collare - Morozzi edition
ChiaradiLuna ha scritto:Chiedo l'ammissione alla vetrina (se si dice ancora cosi).
Va bene sia "chiedo l'ammissione alla vetrina" che il "chiedo la grazia" di Spartaco (volevo introdurre cose del tipo "chiedo la valutazione dei risultati dell'esperimento" o "l'accesso al Tardis" ma avrebbero introdotto troppa confusione :P)
Sono pronto a vivisezionare i vostri racconti... soffriranno, ma sarà per il vostro bene!
-
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Re: Il collare - Morozzi edition
Il Dottore ha scritto:
Va bene sia "chiedo l'ammissione alla vetrina" che il "chiedo la grazia" di Spartaco (volevo introdurre cose del tipo "chiedo la valutazione dei risultati dell'esperimento" o "l'accesso al Tardis" ma avrebbero introdotto troppa confusione :P)
La frase "l'accesso al Tardis" sarebbe degna di un vero Dottore! XD
Però hai ragione, meglio rimanere sul classico ^^
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Re: Il collare - Morozzi edition
Ciao Maria Rosaria, ti rileggo volentieri.
Complimenti. Hai perfezionato una storia già di per sé ottima.
Chiedo l'ammissione alla vetrina.
Complimenti. Hai perfezionato una storia già di per sé ottima.
Chiedo l'ammissione alla vetrina.
- maria rosaria
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Re: Il collare - Morozzi edition
Grazie Lorenzo, Chiara e Alexandra per le richieste di grazia.
^_^
^_^
Maria Rosaria
- roberto.masini
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Re: Il collare - Morozzi edition
Ciao, Maria Rosaria. Ritorno a leggere dopo un po' di tempo i racconti del laboratorio, incominciando dal tuo. Essendo trascorsi alcuni mesi, tutti i refusi sono stati rimossi. Io, personalmente farei ancora due modifiche:
1)Per un momento aveva ancora pensato:"Al diavolo tutto: la contessa, il cagnolino, il lavoro!"
2)pettinati e profumati tutti i giorni,(virgola)
3) Aveva cibo e alloggio assicurati:(due punti)
La suspense è ottima, funziona ma quello che più mi ha colpito è il finale: la rivincita dello schiavo sul padrone unita a un amore che neppure la contessa aveva verso il suo cane!
Non aspetterò che tu accetti i miei suggerimenti. Chiedo la grazia.
1)Per un momento aveva ancora pensato:"Al diavolo tutto: la contessa, il cagnolino, il lavoro!"
2)pettinati e profumati tutti i giorni,(virgola)
3) Aveva cibo e alloggio assicurati:(due punti)
La suspense è ottima, funziona ma quello che più mi ha colpito è il finale: la rivincita dello schiavo sul padrone unita a un amore che neppure la contessa aveva verso il suo cane!
Non aspetterò che tu accetti i miei suggerimenti. Chiedo la grazia.
- maria rosaria
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Re: Il collare - Morozzi edition
Grazie, Roberto.
Scusa il ritardo con cui rispondo.
Provvedo subito a correggere come da te segnalato.
A presto
Scusa il ritardo con cui rispondo.
Provvedo subito a correggere come da te segnalato.
A presto
Maria Rosaria
- maria rosaria
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Re: Il collare - Morozzi edition
Ciao a tutti.
Le richieste di Grazia mi sembra siano già tre; i miei commenti credo siano anche più di tre.
viewtopic.php?f=97&t=2549
viewtopic.php?f=97&t=2719&p=29370#p29370
viewtopic.php?f=97&t=2669
viewtopic.php?f=97&t=2677
viewtopic.php?f=97&t=2708
Vorrei provare a sfidare il Dottore
:-)
Le richieste di Grazia mi sembra siano già tre; i miei commenti credo siano anche più di tre.
viewtopic.php?f=97&t=2549
viewtopic.php?f=97&t=2719&p=29370#p29370
viewtopic.php?f=97&t=2669
viewtopic.php?f=97&t=2677
viewtopic.php?f=97&t=2708
Vorrei provare a sfidare il Dottore
:-)
Maria Rosaria
- Il Dottore
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Re: Il collare - Morozzi edition
Ciao, MR!
Scusa se mi era sfugita la tua richiesta.
Ti faccio sapere :D
Scusa se mi era sfugita la tua richiesta.
Ti faccio sapere :D
Sono pronto a vivisezionare i vostri racconti... soffriranno, ma sarà per il vostro bene!
- Il Dottore
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Re: Il collare - Morozzi edition
Ciao, M.R.
Racconto ottimo, che mi è piaciuto molto. Credevo che alla fine il maggiordomo optasse per una scelta stile Aristogatti e si tenesse i soldi per scappare via. Invece il finale mi ha sorpreso piacevolmente.
Senz'altro merita la Vetrina
Racconto ottimo, che mi è piaciuto molto. Credevo che alla fine il maggiordomo optasse per una scelta stile Aristogatti e si tenesse i soldi per scappare via. Invece il finale mi ha sorpreso piacevolmente.
Senz'altro merita la Vetrina
Sono pronto a vivisezionare i vostri racconti... soffriranno, ma sarà per il vostro bene!
- Il Dottore
- Messaggi: 478
Re: Il collare - Morozzi edition
Ciao, MR.
Per agevolare l'Antico nel passare il racconto in vetrina, mi servirebbe che trasformassi la punteggiatura dei dialoghi, dai trattini ai caporali.
Mi avvisi quando hai fatto?
Grazie
Per agevolare l'Antico nel passare il racconto in vetrina, mi servirebbe che trasformassi la punteggiatura dei dialoghi, dai trattini ai caporali.
Mi avvisi quando hai fatto?
Grazie
Sono pronto a vivisezionare i vostri racconti... soffriranno, ma sarà per il vostro bene!
- maria rosaria
- Messaggi: 687
Re: Il collare - Morozzi edition
Eccomi, Dottore.
Scusa ma ho visto solo ora il messaggio...
Modifiche effettuate, spero vada tutto bene.
Grazie
A presto
Scusa ma ho visto solo ora il messaggio...
Modifiche effettuate, spero vada tutto bene.
Grazie
A presto
Maria Rosaria
- Il Dottore
- Messaggi: 478
Re: Il collare - Morozzi edition
Grazie, MR!
Sono pronto a vivisezionare i vostri racconti... soffriranno, ma sarà per il vostro bene!
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