Un palazzo freddo - di Luigi De Meo
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Un palazzo freddo - di Luigi De Meo
"Che ci trovano..." Se lo chiedeva spesso da quando era arrivato. Roma non gli piaceva, Torino era più piccola, più bella. Ed era casa sua, la sua città. Lì tutto lo salutavano quando passava per strada, si toglievano il cappello per lui. Nella Città Eterna solo i suoi compaesani gli mostravano il giusto rispetto.
Aprì la finestra del grande salone facendo entrare il freddo di Ottobre. "Tutta colpa tua, vecchiaccio." borbottò all'indirizzo del palazzo al di là del fiume. In linea d'aria era lontano ma per lui era vicino, mortalmente vicino, tanto che vedeva quelle mura marroni e antiche come se lui e il padrone di casa fossero dirimpettai. "Il vecchio padrone di casa. Sei tu il padrone adesso." si corresse portando un sigaro alla bocca e cavando un cerino dalla tasca dell'uniforme. Si guardò per un attimo attorno, era solo, e accese il cerino contro uno degli stucchi dell'imposta, con disprezzo. Riuscì a tirare un paio di boccate prima di scoppiare a ridere da solo al pensiero che era il primo padrone di casa a fumare lì dentro. I vecchi proprietari, compreso il vecchiaccio suo vicino di casa, erano troppo buoni, troppo puri per cedere ad un vizio del genere. Come se non avessero mai fatto una schifezza o un peccato mortale lì dentro.
"Ipocriti..." mormorò allontanandosi dalla finestra. "Ipocriti!" sbottò ad alta voce facendo rimbombare l'alto soffitto. Assassini, avvelenatori, despoti apostrofava il vecchiaccio e quelli come lui mentre l'eco delle sue parole si spegneva. L'eco, quel palazzo era pieno di echi, visto che gli ultimi regali dell'uomo al di là del fiume era stato portarsi via metà dei mobili, riempire tutto lo stabile di stranieri che avevano dovuto cacciare con la forza e bloccare tutte le serrature. "Si è mai visto uno come me prendere possesso della propria residenza preceduto da un fabbro che spacca tutte le porte. Perdio, che ci trovano in questa città, che ci trovano!" borbottò gettando il sigaro in terra con rabbia. Lui, il maledetto vecchio che abitava di fronte, presto gli avrebbe mandato i suoi amici a blandirlo, a spiarlo e a rendergli la vita impossibile. Tutti pezzi grossi: duchi, principi, cardinali. "Tutti salami." ringhiò con un sorriso. "Li conosci e quello sono, dei pezzettini di salame insaccati nei loro titoli."
Un leggero bussare lo strappò ai suoi pensieri, senza attendere risposta due uomini aprirono la porta ed entrarono portando un fascio di documenti. "Vostra Maestà, abbiamo i risultati del plebiscito di Roma e Lazio..." Sella sembrava più eccitato del solito mentre illustrava la vittoria elettorale al primo Re d'Italia, ma Vittorio Emanuele ascoltava solo a metà. Era tornato alla finestra e guardava il Palazzo Apostolico e il Cupolone. Se ne fosse andato almeno alla malora in esilio il Papa, pensò rabbuiandosi, invece era rimasto per fargli dispetto. Per rendergli la vita a Roma impossibile, a lui e ai suoi figli, ci scommetteva tutto quello che aveva.
"Stia zitto!" interruppe le lodi e i complimenti del ministro Sella. "Non mi resta altro che tirarmi un colpo di pistola; per il resto della mia vita non ci sarà niente più da prendere."
Gli restava solo il Quirinale, un regno e il più scomodo dei dirimpettai: Papa Pio IX.
Aprì la finestra del grande salone facendo entrare il freddo di Ottobre. "Tutta colpa tua, vecchiaccio." borbottò all'indirizzo del palazzo al di là del fiume. In linea d'aria era lontano ma per lui era vicino, mortalmente vicino, tanto che vedeva quelle mura marroni e antiche come se lui e il padrone di casa fossero dirimpettai. "Il vecchio padrone di casa. Sei tu il padrone adesso." si corresse portando un sigaro alla bocca e cavando un cerino dalla tasca dell'uniforme. Si guardò per un attimo attorno, era solo, e accese il cerino contro uno degli stucchi dell'imposta, con disprezzo. Riuscì a tirare un paio di boccate prima di scoppiare a ridere da solo al pensiero che era il primo padrone di casa a fumare lì dentro. I vecchi proprietari, compreso il vecchiaccio suo vicino di casa, erano troppo buoni, troppo puri per cedere ad un vizio del genere. Come se non avessero mai fatto una schifezza o un peccato mortale lì dentro.
"Ipocriti..." mormorò allontanandosi dalla finestra. "Ipocriti!" sbottò ad alta voce facendo rimbombare l'alto soffitto. Assassini, avvelenatori, despoti apostrofava il vecchiaccio e quelli come lui mentre l'eco delle sue parole si spegneva. L'eco, quel palazzo era pieno di echi, visto che gli ultimi regali dell'uomo al di là del fiume era stato portarsi via metà dei mobili, riempire tutto lo stabile di stranieri che avevano dovuto cacciare con la forza e bloccare tutte le serrature. "Si è mai visto uno come me prendere possesso della propria residenza preceduto da un fabbro che spacca tutte le porte. Perdio, che ci trovano in questa città, che ci trovano!" borbottò gettando il sigaro in terra con rabbia. Lui, il maledetto vecchio che abitava di fronte, presto gli avrebbe mandato i suoi amici a blandirlo, a spiarlo e a rendergli la vita impossibile. Tutti pezzi grossi: duchi, principi, cardinali. "Tutti salami." ringhiò con un sorriso. "Li conosci e quello sono, dei pezzettini di salame insaccati nei loro titoli."
Un leggero bussare lo strappò ai suoi pensieri, senza attendere risposta due uomini aprirono la porta ed entrarono portando un fascio di documenti. "Vostra Maestà, abbiamo i risultati del plebiscito di Roma e Lazio..." Sella sembrava più eccitato del solito mentre illustrava la vittoria elettorale al primo Re d'Italia, ma Vittorio Emanuele ascoltava solo a metà. Era tornato alla finestra e guardava il Palazzo Apostolico e il Cupolone. Se ne fosse andato almeno alla malora in esilio il Papa, pensò rabbuiandosi, invece era rimasto per fargli dispetto. Per rendergli la vita a Roma impossibile, a lui e ai suoi figli, ci scommetteva tutto quello che aveva.
"Stia zitto!" interruppe le lodi e i complimenti del ministro Sella. "Non mi resta altro che tirarmi un colpo di pistola; per il resto della mia vita non ci sarà niente più da prendere."
Gli restava solo il Quirinale, un regno e il più scomodo dei dirimpettai: Papa Pio IX.
Re: Un palazzo freddo - di Luigi De Meo
Ciao Luigi! Bello rivederti nell'Arena! Tutto ok con caratteri e tempo, divertiti in questa SIGNOR DISTRUGGERE EDITION!
- Laura Cazzari
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Re: Un palazzo freddo - di Luigi De Meo
Ciao Luigi, hai dato un’interpretazione tutta tua al concetto di vicino di casa andando a “scomodare” (in senso buono) re e papi. Sicuramente un racconto con una trama fuori dal comune. Tuttavia, ho trovato la tua scrittura troppo fitta e caotica. Ho avuto difficoltà a seguirti per quasi tutto il tempo, dovendo spesso tornare indietro e rileggere le parti che non ero riuscita a capire dopo la prima lettura. L’idea era buona, ma avresti dovuto alleggerire più il tutto. Se ci rilavorassi un attimo sono sicura che verrebbe fuori un bel racconto.
Laura Cazzari
- diego.martelli
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Re: Un palazzo freddo - di Luigi De Meo
Un palazzo freddo, di Luigi De Meo
La storia è chiara e centra il tema, ma l'esposizione ha un ritmo strano che a tratti vira verso il flusso di coscienza. Qualcosa nel dialogo interiore del protagonista non mi convince, o forse non mi sembra quello adatto a Vittorio Emanuele, per tono, composizione e registro: ad esempio quel "vecchiaccio" insistito in qualche maniera mi ha confuso e portato lontano dalla storia raccontata, rendendomene ostica la convinzione. A causa di tutto ciò mi sono un po' perso, senza riuscire ad appassionarmi al dramma interiore del protagonista.
La storia è chiara e centra il tema, ma l'esposizione ha un ritmo strano che a tratti vira verso il flusso di coscienza. Qualcosa nel dialogo interiore del protagonista non mi convince, o forse non mi sembra quello adatto a Vittorio Emanuele, per tono, composizione e registro: ad esempio quel "vecchiaccio" insistito in qualche maniera mi ha confuso e portato lontano dalla storia raccontata, rendendomene ostica la convinzione. A causa di tutto ciò mi sono un po' perso, senza riuscire ad appassionarmi al dramma interiore del protagonista.
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Re: Un palazzo freddo - di Luigi De Meo
diego.martelli ha scritto:Un palazzo freddo, di Luigi De Meo
La storia è chiara e centra il tema, ma l'esposizione ha un ritmo strano che a tratti vira verso il flusso di coscienza. Qualcosa nel dialogo interiore del protagonista non mi convince, o forse non mi sembra quello adatto a Vittorio Emanuele, per tono, composizione e registro: ad esempio quel "vecchiaccio" insistito in qualche maniera mi ha confuso e portato lontano dalla storia raccontata, rendendomene ostica la convinzione. A causa di tutto ciò mi sono un po' perso, senza riuscire ad appassionarmi al dramma interiore del protagonista.
VIttorio Emanuele era solito chiamare "Vecchiaccio" il Papa, quando voleva essere gentile. Parliamo di un Re che dichiarò a chi lo criticava sull'impresa dei Mille e la caduta dei Borbone. "I popoli hanno il diritto di mandare i loro Re a farsi fottere." :D
- diego.martelli
- Messaggi: 133
Re: Un palazzo freddo - di Luigi De Meo
Pardon, mi era ignoto si esprimesse così.
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- Messaggi: 53
Re: Un palazzo freddo - di Luigi De Meo
diego.martelli ha scritto:Pardon, mi era ignoto si esprimesse così.
Vai tra, quanti danni ha fatto il sussidiario con la storia del "Re Galantuomo" :P
Re: Un palazzo freddo - di Luigi De Meo
Ciao Luigi,
il tema è rispettato. L’ho letto come lo sfogo supponente di un re bisbetico, per questa ragione avrei preferito fosse in prima persona. Mi aspetterei che un reale a quei tempi parlasse in modo più pomposo, in linea con la sua arroganza.
Il tuo racconto mi ha fatto riflettere riguardo il gradimento di un racconto il cui personaggio è spocchioso e antipatico. Penso che con una storia del genere l'autore debba compensare l'antipatia del personaggio con la bravura stilistica che qui non spicca particolarmente.
Alla prossima!
il tema è rispettato. L’ho letto come lo sfogo supponente di un re bisbetico, per questa ragione avrei preferito fosse in prima persona. Mi aspetterei che un reale a quei tempi parlasse in modo più pomposo, in linea con la sua arroganza.
Il tuo racconto mi ha fatto riflettere riguardo il gradimento di un racconto il cui personaggio è spocchioso e antipatico. Penso che con una storia del genere l'autore debba compensare l'antipatia del personaggio con la bravura stilistica che qui non spicca particolarmente.
Alla prossima!
Re: Un palazzo freddo - di Luigi De Meo
UN PALAZZO FREDDO
Ciao, allora parto dalle cose positive, ossia il tema e l’originalità che ho molto apprezzato.
Lo stile l’ho trovato un po’ confuso, non tanto come tecnica ma proprio nella capacità di riuscire a farsi seguire. L’aver scelto di intersecare gli eventi ai pensieri non è facilissimo da gestire secondo me.
La nota meno lieta è il finale.
Aver rivelato i nomi dei personaggi uno dopo l’altro tutti in fondo mi sembra quasi uno spiegone, io avrei dichiarato subito di chi stavamo parlando, avresti aiutato il lettore a entrare nel clima ma è un mio punto di vista ovviamente. Non ci sarebbe stato l’effetto sorpresa, vero, ma in questo caso mi chiedo se era davvero necessario e se ha aggiunto qualcosa al racconto.
Ciao, allora parto dalle cose positive, ossia il tema e l’originalità che ho molto apprezzato.
Lo stile l’ho trovato un po’ confuso, non tanto come tecnica ma proprio nella capacità di riuscire a farsi seguire. L’aver scelto di intersecare gli eventi ai pensieri non è facilissimo da gestire secondo me.
La nota meno lieta è il finale.
Aver rivelato i nomi dei personaggi uno dopo l’altro tutti in fondo mi sembra quasi uno spiegone, io avrei dichiarato subito di chi stavamo parlando, avresti aiutato il lettore a entrare nel clima ma è un mio punto di vista ovviamente. Non ci sarebbe stato l’effetto sorpresa, vero, ma in questo caso mi chiedo se era davvero necessario e se ha aggiunto qualcosa al racconto.
- emiliano.maramonte
- Messaggi: 165
Re: Un palazzo freddo - di Luigi De Meo
Ciao Luigi! Bentrovato e piacere di leggerti!
Dunque: dopo un avvio stentato relativo a (noiose) considerazioni sulla diversità tra Torino e Roma, e a una prosa non proprio sorvegliata, il racconto decolla, con una narrazione che desta il giusto interesse. Narrazione che, purtroppo però, non è supportata da un'altrettanto buona chiarezza e linearità. Peccato, perché con una scrittura più attenta, poteva venire fuori un buon testo. A me non è dispiaciuta la rivelazione finale dei personaggi storici, secondo me hai fatto bene, magari non tutti buttati lì in un colpo solo, ma per me non è sconveniente. Ho apprezzato il tentativo di discostarsi dal solito tema dei vicini violenti con venature horror o similari e in questo hai dato prova di aver comunque centrato la richiesta del Signor Distruggere.
Nel complesso, però, il racconto non mi ha entusiasmato.
In bocca al lupo!
Dunque: dopo un avvio stentato relativo a (noiose) considerazioni sulla diversità tra Torino e Roma, e a una prosa non proprio sorvegliata, il racconto decolla, con una narrazione che desta il giusto interesse. Narrazione che, purtroppo però, non è supportata da un'altrettanto buona chiarezza e linearità. Peccato, perché con una scrittura più attenta, poteva venire fuori un buon testo. A me non è dispiaciuta la rivelazione finale dei personaggi storici, secondo me hai fatto bene, magari non tutti buttati lì in un colpo solo, ma per me non è sconveniente. Ho apprezzato il tentativo di discostarsi dal solito tema dei vicini violenti con venature horror o similari e in questo hai dato prova di aver comunque centrato la richiesta del Signor Distruggere.
Nel complesso, però, il racconto non mi ha entusiasmato.
In bocca al lupo!
- Gabriele Dolzadelli
- Messaggi: 374
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Re: Un palazzo freddo - di Luigi De Meo
Ciao Luigi.
Il tuo è di sicuro un testo di spessore e per poterlo scrivere devi avere una certa preparazione, che hai ben dimostrato.
Lo stile è piacevole, anche se non è possibile per il lettore immaginarsi la scena, così com'è descritta, a una prima lettura.
Infatti, avendo giustamente svelato solo alla fine chi sono i protagonisti e qual è la situazione, ci si trova a farsi un'idea sbagliata che non implica solo un'interpretazione della circostanza ma di tutta l'ambientazione. Io, per esempio, ho letto fino a metà convinto che fossimo ai giorni nostri, pensando quindi ai personaggi vestiti con abiti odierni, quando invece non è così. Ci vuole una seconda lettura, dopo aver trovato la chiave, per poter capire ogni cosa e gustarselo. Questo avviene, mi è piaciuto, ma avrei preferito che questo sapore arrivasse già al primo passaggio.
La storia nel complesso, comunque, è molto buona, anche se più che descrivere una situazione storica non porta a tensione narrativa e questo può influire sulle emozioni di chi legge. A rileggerci!
Il tuo è di sicuro un testo di spessore e per poterlo scrivere devi avere una certa preparazione, che hai ben dimostrato.
Lo stile è piacevole, anche se non è possibile per il lettore immaginarsi la scena, così com'è descritta, a una prima lettura.
Infatti, avendo giustamente svelato solo alla fine chi sono i protagonisti e qual è la situazione, ci si trova a farsi un'idea sbagliata che non implica solo un'interpretazione della circostanza ma di tutta l'ambientazione. Io, per esempio, ho letto fino a metà convinto che fossimo ai giorni nostri, pensando quindi ai personaggi vestiti con abiti odierni, quando invece non è così. Ci vuole una seconda lettura, dopo aver trovato la chiave, per poter capire ogni cosa e gustarselo. Questo avviene, mi è piaciuto, ma avrei preferito che questo sapore arrivasse già al primo passaggio.
La storia nel complesso, comunque, è molto buona, anche se più che descrivere una situazione storica non porta a tensione narrativa e questo può influire sulle emozioni di chi legge. A rileggerci!
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Re: Un palazzo freddo - di Luigi De Meo
A me è piaciuto. Che il protagonista non fosse una persona comune l’ho capito da quando hai scritto che era in uniforme. Certo ho dovuto aspettare le battute finali per capire con chi avevo a che fare davvero, ma anche questo l’ho gradito. Lo stile non mi è dispiaciuto ma sono alle prime armi e perciò, su questo, sospenderei il giudizio.
- wladimiro.borchi
- Messaggi: 396
Re: Un palazzo freddo - di Luigi De Meo
Ciao Luigi, piacere di conoscerTi.
L'idea non è affatto male e il racconto coglie nel segno.
Mi permetto di suggerirti uno studio più approfondito del tuo stile.
Il racconto pullula di aggettivi e avverbi inutili che rallentano incredibilmente la lettura. Alcune locuzioni sono faticose e nulla aggiungono alla vicenda.
Un racconto che non dispiace ma che, meriterebbe di un editing accuratissimo per poter meritare la pubblicazione.
A rileggerci presto.
Wladimiro
L'idea non è affatto male e il racconto coglie nel segno.
Mi permetto di suggerirti uno studio più approfondito del tuo stile.
Il racconto pullula di aggettivi e avverbi inutili che rallentano incredibilmente la lettura. Alcune locuzioni sono faticose e nulla aggiungono alla vicenda.
Un racconto che non dispiace ma che, meriterebbe di un editing accuratissimo per poter meritare la pubblicazione.
A rileggerci presto.
Wladimiro
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Re: Un palazzo freddo - di Luigi De Meo
emiliano.maramonte ha scritto:Ciao Luigi! Bentrovato e piacere di leggerti!
Dunque: dopo un avvio stentato relativo a (noiose) considerazioni sulla diversità tra Torino e Roma, e a una prosa non proprio sorvegliata, il racconto decolla, con una narrazione che desta il giusto interesse. Narrazione che, purtroppo però, non è supportata da un'altrettanto buona chiarezza e linearità. Peccato, perché con una scrittura più attenta, poteva venire fuori un buon testo. A me non è dispiaciuta la rivelazione finale dei personaggi storici, secondo me hai fatto bene, magari non tutti buttati lì in un colpo solo, ma per me non è sconveniente. Ho apprezzato il tentativo di discostarsi dal solito tema dei vicini violenti con venature horror o similari e in questo hai dato prova di aver comunque centrato la richiesta del Signor Distruggere.
Nel complesso, però, il racconto non mi ha entusiasmato.
In bocca al lupo!
wladimiro.borchi ha scritto:Ciao Luigi, piacere di conoscerTi.
L'idea non è affatto male e il racconto coglie nel segno.
Mi permetto di suggerirti uno studio più approfondito del tuo stile.
Il racconto pullula di aggettivi e avverbi inutili che rallentano incredibilmente la lettura. Alcune locuzioni sono faticose e nulla aggiungono alla vicenda.
Un racconto che non dispiace ma che, meriterebbe di un editing accuratissimo per poter meritare la pubblicazione.
A rileggerci presto.
Wladimiro
rispondo ad entrambi: purtroppo mi sono accorto delle lacune del racconto solo rileggendolo a mente fredda il giorno dopo. La sera del contest ho scritto con una nausea fortissima e facendo spesso tappa in bagno, mi spiace che ne sia uscito qualcosa che nemmeno io reputo all'altezza.
Gennibo ha scritto:Ciao Luigi,
il tema è rispettato. L’ho letto come lo sfogo supponente di un re bisbetico, per questa ragione avrei preferito fosse in prima persona. Mi aspetterei che un reale a quei tempi parlasse in modo più pomposo, in linea con la sua arroganza.
Il tuo racconto mi ha fatto riflettere riguardo il gradimento di un racconto il cui personaggio è spocchioso e antipatico. Penso che con una storia del genere l'autore debba compensare l'antipatia del personaggio con la bravura stilistica che qui non spicca particolarmente.
Alla prossima!
Spiace contraddirti ma il primo Re dell'Italia unita era una persona che non sapeva l'italiano, ma solo il piemontese. Oltre ad essere rozzo, volgare, sgarbato e maleducato (parola di Napoleone III, di Cavour e di sua moglie) quindi mi sembrava assurdo dare un registro pomposo ad una persona del genere
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Re: Un palazzo freddo - di Luigi De Meo
Storia paradossale. Sembra di leggere le cupe memorie di un uomo fattosi da sé che prende il palazzo del padrone precedente (il vecchiaccio) ai giorni nostri (vedi lo sfratto degli stranieri) e nostalgico di Torino (quindi, tipico bugia nen, ossia piemontese abitudinario e conservatore; si capisce come sia spaesato a Roma). Invece, il tuo è un racconto storico (l’avvento del primo re d’Italia a Roma, con il papa Pio IX come dirimpettaio). Tema centrato magnificamente con tanto di plot twist.
Re: Un palazzo freddo - di Luigi De Meo
Un racconto che ha bisogno di revisione per poter rendere al meglio. Si empatizza poco con il protagonista (ma questo già lo sai) e se il lettore non conosce i personaggi ne riceve un ulteriore malus alla lettura. Il tutto si esplica in un gradimento inferiore a quello che il racconto merita, gradimento che può essere recuperato con una forma che richiede, appunto, una revisione accurata. Ottima l'interpretazione del tema. Per me un pollice ni che tende più verso il positivo.
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