BENVENUTI ALLA LIVIO GAMBARINI EDITION, LA SECONDA DELL'OTTAVA ERA DI MINUTI CONTATI, LA 146° ALL TIME!
Questo è il gruppo INFERNO della LIVIO GAMBARINI EDITION con LIVIO GAMBARINI nelle vesti di Guest Star.
Gli autori del gruppo INFERNO dovranno commentare e classificare i racconti del gruppo OTTONE VISCONTI.
I racconti di questo gruppo verranno commentati e classificati dagli autori del gruppo SANGUE SUL GIGLIO.
Questo è un gruppo da DIECI racconti e saranno i primi TRE ad avere diritto alla pubblicazione immediata sul sito e a entrare tra i finalisti che verranno valutati da LIVIO GAMBARINI. Altri racconti ritenuti meritevoli da me, l'Antico, verranno a loro volta ammessi alla vetrina del sito, ma non alla finale. Ricordo che per decidere quanti finalisti ogni gruppo debba emettere cerco sempre di rimanere in un rapporto di uno ogni tre approsimandolo all'occorrenza per eccesso.
Per la composizione dei gruppi ho tenuto conto del seguente metodo: per primi ho assegnato ai raggruppamenti coloro in possesso di punti RANK D'ERA, a seguire ho assegnato ai raggruppamenti coloro in possesso del RANK DELLA SETTIMA ERA (il primo nel gruppo A, il secondo nel gruppo B, il terzo nel gruppo C, il quarto nel gruppo A e così via), coloro che non hanno ottenuto punti nel corso dell'Era in corso e della SETTIMA sono stati assegnati a seguire (primo a postare gruppo X, secondo a postare gruppo Y, terzo a postare gruppo BETA, quarto a postare gruppo X e così via). Importante accorgimento: in quest'Era il gruppo con il Leader della classifica non potrà mai essere quello con più racconti, motivo per cui quando ci sarà un numero diverso di racconti per gruppo, come in questa edizione, gli ultimi racconti verranno assegnati saltandolo.
E ora vediamo i racconti ammessi nel gruppo INFERNO:
Cocytos, di Agostino Langellotti, ore 00.28, 4217 caratteri Distrazioni, di Davide Di Tullio, ore 01.00, 3480 caratteri Voragine, di Dario Cinti, ore 00.51, 4234 caratteri Purificazione, di Alexandra Fischer, ore 22.06, 4075 caratteri Perdizione, di Filippo Mammoli, ore 22.54, 4076 caratteri Come stai?, di Giulio Marchese, ore 00.01, 4223 caratteri Geremia, di Ilaria Masini, ore 23.34, 3495 caratteri Ultima corsa, di Filippo Santaniello, ore 00.07, 4137 caratteri Memorie dal passato, di Alessandro Randone, ore 00.43, 4202 caratteri Il pellegrino, di Francesco Battaglia, ore 00.55, 4193 caratteri
Avete tempo fino alle 23.59 di giovedì 29 OTTOBRE per commentare i racconti del gruppo OTTONE VISCONTI. Le vostre classifiche corredate dai commenti andranno postate direttamente sul loro gruppo. Per i ritardatari ci sarà un'ora di tempo in più per postare le classifiche e i commenti, quindi fino alle 00.59 del 30 OTTOBRE, ma si prenderanno un malus pari alla metà del numero di autori inseriti nel gruppo approssimato per difetto. Vi avverto che sarò fiscale e non concederò un solo secondo in più. Vi ricordo che le vostre classifiche dovranno essere complete dal primo all'ultimo. Una volta postate tutte le vostre classifiche, posterò la mia e stilerò quella finale dei raggruppamenti. NB: avete DIECI giorni per commentare e classificare i racconti del gruppo OTTONE VISCONTI e so bene che sono tanti. Ricordatevi però che Minuti Contati, oltre che una gara, è primariamente un'occasione di confronto. Utilizzate il tempo anche per leggere e commentare gli altri racconti in gara e se la guardate in quest'ottica, ve lo assicuro, DIECI giorni sono anche troppo pochi. E ancora: date diritto di replica, tornate a vedere se hanno risposto ai vostri commenti, argomentate, difendete le vostre tesi e cedete quando vi convinceranno dell'opposto. Questa è la vostra palestra, dateci dentro.
Eventuali vostre pigrizie nei confronti dei commenti ai racconti (che devono avere un limite minimo di 300 caratteri ognuno) verranno penalizzate in questo modo: – 0 punti malus per chi commenta TUTTI i racconti assegnati al suo gruppo con il corretto numero minimo di caratteri. – 13 punti malus per chi commenta tutti i racconti assegnati al suo gruppo, ma senza il numero minimo di caratteri. – ELIMINAZIONE per chi non commenta anche solo un racconto di quelli assegnati al suo gruppo.
Vi ricordo che i racconti non possono essere più modificati. Se avete dubbi su come compilare le classifiche, rivolgetevi a me. Potete commentare i vari racconti nei singoli thread per discutere con gli autori, ma la classifica corredata dai commenti deve obbligatoriamente essere postata nel gruppo OTTONE VISCONTI. Altra nota importante: evitate di rispondere qui ai commenti ai vostri lavori, ma fatelo esclusivamente sui vostri tread.
E infine: una volta postate e da me controllate, le classifiche non possono più essere modificate a meno di mia specifica richiesta in seguito a vostre dimenticanze. L'eventuale modifica non verrà contabilizzata nel conteggio finale e sarà passibile di malus pari a SETTE punti.
Cocytos. Ciao Agostino, piacere di leggerti. L’inferno c’è, ma secondo me il racconto ha poca attinenza col tema della gara: il protagonista va all’inferno, però lo fa per sua scelta e non c’è nessuno che ce lo manda. Inoltre trovo il racconto un pochino banale, la droga che ti porta all’inferno fa molto Hellraiser (in Hellraiser il cubo viene anche comprato in Medio Oriente, vedi il tuo effendi). Il finale mi ha un pochino deluso: se la radice porta all’inferno per l’eternità, non basterebbe suicidarsi? Lo stile compensa le mancanze precedenti e ricalca le regole del show don’t tell: lo trovo ben reso, i piccoli dettagli sono vividi e in genere trovo un peccato che l’idea di base del racconto non sia all’altezza di questa narrazione. Mi è piaciuta molto la descrizione della radice: una sorta di mandragola infernale. Trovo i due segmenti scritti uno in prima e uno in terza persona una buona idea per esprimere più angoscia e attesa, però l’arma è a doppio taglio e si perde un po’ di fluidità. Forse era meglio mettere tutto in prima persona, ma qui sto cercando il pelo nell’uovo.
Distrazioni. Ciao Davide, piacere di leggerti. Idea originale, tema rispettato. I paragrafi scanditi dalle ore incalzano il ritmo che comunque è già ben reso e dà proprio l’idea di un tempo che sta per scadere. La narrazione segue le regole dello show don’t tell, i dettagli sono vividi ma avrei qualche correzione su alcune azioni (vedi dopo) che secondo me hanno qualche difetto. Peccato per qualche ripetizione e qualche refuso di troppo. Si tratta comunque di errori comprensibili visto il tipo di gara cui stiamo partecipando.
Voragine. Ciao Dario, piacere di leggerti. Per quanto il tema sia rispettato e il racconto sfrutti una buona idea, la narrazione risente di un po’ di errori che ne rendono difficile la fruizione. C’è qualche piccolo refuso che rende difficile la lettura (errori perdonabili) e qualche inutile complicazione nel descrivere le scene (errori più gravi). Si vede che stai cercando di usare lo show don’t tell, e a tratti il tutto funziona bene, ma ci sarebbe bisogno di semplificare e correggere qualche scena. Peccato, ripeto, perché l’idea mi piaceva.
Purificazione Piacere di leggere ancora un tuo lavoro, Alexandra. Tema rispettato. Narrazione interamente in raccontato. Temo di aver dovuto leggere il racconto diverse volte per riuscire a figurarmi le scene, ma ancora non sono riuscito a capire la trama; non si capisce bene chi siano i personaggi, che rapporto abbiano, chi siano le divinità marine cui alludono e non si capisce da chi o cosa sia generato il conflitto. Indichi diversi particolari ma non li spieghi bene (ancora non capisco a cosa servano i tatuaggi). Sebbene alcune idee siano carine (le lumache da battaglia, la guerra subacquea, e comunque l’ambientazione fantasy, che trovo interessante), dovresti puntare a snellire la tua narrazione in modo da facilitare la lettura. Le tue frasi sono molto lunghe, con diverse subordinate e cambi di soggetto: forse potresti spezzarle in più periodi in modo da aiutare il lettore a figurarsi scene separate. Anche i dialoghi hanno qualche difetto, non si riesce a seguirli bene e non si ha l’impressione che i personaggi conversino con successo. Peccato. Credo che se sviluppata meglio l’idea avrebbe portato a un buon racconto, ma ho l’impressione che tu abbia voluto condensare in poco spazio un intero mondo fantastico. Forse se avessi avuto più tempo avresti potuto mostrare meglio la tua ambientazione.
Perdizione Ciao Filippo, piacere di leggerti. Racconto molto drammatico e scritto usando lo stile del “raccontato”, Cercherei di rendere la narrazione più immersiva per esaltare il conflitto interiore della protagonista. La lettura prosegue senza troppi intoppi, anche se spostando qualche virgola si potrebbe rendere il tutto più fluido. Altra cosa che aiuterebbe sarebbe togliere degli aggettivi: ne usi almeno due alla volta e questo appesantisce molto la lettura. Non c’è una vera e propria trama, è uno spaccato tragico della vita di una donna con marito violento, e sinceramente non ci vedo qualcosa di veramente originale. Manca un atto di catarsi che completi la storia, magari lei che si ribella in qualche modo e (perché no) gli urla “Vai all’Inferno!” piantandogli un coltello nella schiena.
Come stai? Ciao Giulio, piacere di leggerti. Il racconto è scritto con stile immersivo, si legge in modo scorrevole ma ci sono alcune cose che non funzionano bene. La trama sinceramente non mi ha colpito più di tanto, non si capisce se il personaggio sia veramente ipocondriaco o se i suoi bisogni siano reali. La prima parte si sofferma molto sull’ordine della casa (senza apparente scopo) e sul fatto che il personaggio non trovi le chiavi. La seconda parte mostra il protagonista parlare con la dottoressa, ma la scena precedente parla di un appuntamento saltato (e non si capisce che è un altro), quindi la prima scena non si collega alla seconda. In definitiva correggerei questo appuntamento annullato che mi ha creato molta confusione e collegherei le due scene magari parlando di un ritardo mostruoso, ma specificando che si tratta dello stesso appuntamento cui si fa riferimento in seguito.
Geremia Ciao Ilaria, piacere di leggerti. Il tema della gara a mio avviso non è stato centrato, ma un pochino eluso. C’è un personaggio che va al bar “Inferno”, ma manca tutta la parte relativa all’esclamazione. Lo stile è quello del raccontato, c’è qualche digressione di troppo (all’inizio quando viene dato l’elenco di tutte le pietanze che vengono servite al bar) e manca un conflitto iniziale che susciti curiosità nel lettore.
Ultima corsa. Ciao Filippo e piacere di leggerti. Il racconto ha un ritmo incalzante e serrato, l’idea è buona e originale. Ci sono dei punti di domanda: non ho ben capito se anche il vecchio è un fantasma (il suo muoversi istantaneamente e le dita ossute), mentre è abbastanza chiaro che è lui lo stupratore. Lo stile è quello di un monologo raccontato e si riconosce da quelle volte in cui il protagonista si rivolge direttamente al lettore, ma dato che il racconto è segmentato in varie scene separate, queste piccole intrusioni non allentano l’attenzione.
Memorie dal passato Ciao Alessandro, piacere di leggerti. Purtroppo non colgo riferimenti al tema della gara, a parte il debole “inferno della fabbrica”. Il racconto offre molti spunti di miglioramento nella punteggiatura, nella narrazione e in qualche scena che non è ben resa. Lo stile è un po’ acerbo, un raccontato con troppe digressioni e scene poco coerenti. La protagonista si muove e agisce in modi un po’ strani, specie nel finale.
Il Pellegrino. Ciao Francesco, piacere di leggerti. Trovo il tuo racconto molto evocativo, un affresco ben delineato nella prima parte e nella seconda un’evoluzione che esce un po’ dai binari canonici della Divina Commedia. Lo stile è molto ermetico e segue le regole del raccontato. Trovo alcune frasi un po’ troppo lunghe e avrei separato più i paragrafi, ma penso che il tutto sia un effetto voluto, da fermo immagine. Sebbene la narrazione sia un pochino troppo lenta per i miei gusti, ho apprezzato le immagini fortemente simboliche e l’idea di questa forza di volontà tale da far impallidire anche i giganti. Purtroppo non credo di essere riuscito a cogliere tutti i simbolismi, a partire dall’aquila che rappresenta Virgilio. Penso che comunque sia un lavoro molto particolare, forse nemmeno un racconto ma una specie di visione. Secondo me manca un po’ di aderenza al tema della gara: sì c’è l’Inferno e il viaggio all’Inferno, ma nessuno lancia l’esclamazione.
La mia Classifica: 1) Ultima corsa 2) Distrazioni 3) Cocytos 4) Voragine 5) Il Pellegrino 6) Come stai? 7) Perdizione 8) Purificazione 9) Geremia 10) Memorie dal Passato
Ciao a tutti. Si potesse avrei messo qualche parimerito, ma tant’è… Se qualcuno avesse desiderio di confronto o chiarimento, ditelo pure. Non scambiate il mio essere lapidario con l’essere scostante. Mi dispiace se urto qualcuno, ma l’alternativa è la menzogna.
Classifica: 1) Distrazioni 2) Cocytos 3) Voragine 4) Come stai? 5) Ultima corsa 6) Perdizione 7) Geremia 8) Il Pellegrino 9) Memorie dal Passato 10) Purificazione
Cocytos
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Ciao Agostino. La storia di un tizio che, senza motivo apparente, è assuefatto agli effetti delle droghe comuni (tutte?) e decide di provarne una che ti fa andare all’Inferno. E ci va. Se ci avessi messo qualche elemento psicologico o etico sarebbe stato più interessante. Tipo “la curiosità uccise il gatto”, per intenderci. Così rimane un episodio bizzarro ma insensato. Carina l’ambientazione storica, impreziosisce. Ho apprezzato l’uso del corsivo per delineare una differente linea temporale, anche perché il testo è breve. Ci sono parti che non funzionano. La frase “Inciampo in una radice (aveva la forma di una mano? L’ho sentita afferrarmi la caviglia mentre scivolavo?) e cado.” Le parentesi sono dei pugni in faccia allo scorrimento e la doppia domanda risulta assurda, specie messa lì. Brutto quel mentre che spiega a me lettore, a posteriori), quando lui si è sentito afferrare. Anche l’aggiunta del “e cado” dopo le domande retoriche, quando la curiosità verso quello che accade era già scemata, non funziona bene. Capisco le tue intenzioni, ma la resa non è buona. Il resto della prosa non mi dispiace (si vede l’esperienza), anche se sei ancora legato al tell (sei vecchio, Agostino!) Faccio un esempio: “La bottega è piccola e le mensole sulle pareti sono ricolme di ogni genere di oggetto bizzarro (sarebbe più funzionale citarne anche solo due o tre che entrano nel campo visivo di Elliot, per dare modo al lettore di immaginare da solo che tipo di bottega è. Così sei tu che glielo dici). Elliot ne studia alcuni (anche questo è vago e non mostra dettagli concreti), poi (questo poi è da onnisciente che domina il tempo sulla scena. Indica un narrato a posteriori e non un “qui e ora” percepito) si rivolge al negoziante.” Prima ancora c’era: “Davanti a me, la luna illumina le lapidi di sepolcri in rovina.” Davanti a me è tell perché lo dice per il lettore. Se descrive la luna è ovvio che la stia guardando e, se non dici che si volta, penso che guardi avanti a sé. Lapidi di sepolcri in rovina è vago e buttato lì. Lui si ritrova di fronte a ruderi e cita una manciata di sepolcri in rovina. Sarebbe più funzionale mostrare cosa vede e come lo vede.
Ho notato che sta montando un po’ di insofferenza riguardo alle regole della scrittura moderna e, in questi casi, faccio sempre la figura del talebano. Ma non si tratta di un mio feticismo, il fatto è che il raccontato annoia. Ultima cosa: il titolo. Non lo capisco e non serve il testo. È una bazzeccola, il più delle volte è solo un’etichetta per trovare il racconto nella lista, ma può anche essere usato per fornire qualcosa prima della lettura. Alla prossima!
Distrazioni
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Ciao Davide. Io non avrei cominciato con “mi scuote le budella” perché mi suona finto. Parlando di un cattivo odore non ti direi mai “Uno schifo, guarda. Mi scuoteva le budella”. Detto questo, il tuo è uno dei pochi racconti che mi ha condotto fino alla fine alla prima lettura svagata. Segno che la lettura è scorrevole e incuriosisce. La scansione temporale a titoletto mi ha fatto un po’ storcere il naso, ma alla fine funziona e in un racconto così breve non crea problemi. Hai caratterizzato bene il capo, a mio parare. Connotazioni forti, quasi esagerate, passano un messaggio molto chiaro. Il rischio di cadere nel cliché o nel poco verosimile è dietro l’angolo, ma non mi ha fatto quest’effetto. L’ambientazione è ben resa e il messaggio finale è limpido. Un buon racconto, anche se l’idea non è delle più spumeggianti che hai avuto. Alla prossima!
Voragine
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Ciao Dario. L’idea di un papa cattivo che apre una voragine sull’inferno che genera scompiglio sociale e globale mi è piaciuta (inoltre chissà cos’ha combinato, visto che non è successo coi precedenti). Mi pare che anche la tua scrittura sia migliore del solito, anche se si notano ancora diverse sbavature e goffaggini sparse (che, come d’accordo, non ti segnalo) oltre a una certa simpatia per formulazioni barocche poco amiche del lettore. Ma considerando l’insieme noto un miglioramento. La trama funzionava fino al finale che hai buttato un po’ via: la guardia svizzera che interviene per bloccare i cattivi propositi del papa rovina le aspettative che avevi creato. Insomma, chiusa poco soddisfacente, confrontata col resto del testo. Alla prossima!
Purificazione
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Ciao Alexandra. Mi trovo in forte imbarazzo, ma ho deciso di parlare chiaro. Apprezzo sempre la tua gentilezza nei commenti, ma devo “aggredirti”. Mi dispiace, ma non si capisce nulla. Buio totale. Più che fantasy qui siamo di fronte a un guazzabuglio di elementi senza una consecutio logica apparente. È tutto raccontato, non c’è coerenza col PDV e il linguaggio ricercato rallenta la lettura, ma è niente confrontato con l’oscurità della vicenda. Il lettore non capisce chi sono i personaggi, che rapporto c’è tra loro, quali i loro i trascorsi, da dove spuntano certi elementi, nulla. E, purtroppo, devo ammettere che succede spesso coi tuoi testi (anche se questo più di tutti, forse). Non solo, ma tendi a ripetere sempre i medesimi errori. Non ne so il motivo e ti lascio alle tue considerazioni. Se scrivi solo per farti leggere, naturalmente, tutti i consigli e i feedback possono essere superflui, ma non voglio dare giudizi sulle tue intenzioni, perché non le conosco, ma a scambiare cortesie false non ci guadagna nessuno. Perdona la brutalità. Alla prossima!
Perdizione
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Ciao Filippo. Una donna bigotta vittima di violenza domestica si rende conto di vivere all’inferno. Metafora? Realtà? Questo non è chiaro, ma va bene, tanto potrebbe essere la stessa cosa. Alla povera Anna riaffiorano ricordi dolorosi rimossi da tempo. Qui, secondo me, c’è la falla del racconto. Un evento casuale, ma molto comune, risveglia la coscienza della donna. Il fatto che sia così comune mi fa storcere il naso: potrebbe aver avuto mille altre occasioni in precedenza e, questo episodio, non dà l’impressione di essere il primo possibile. Per il resto hai condotto il testo in modo molto tell e un po’ goffo. Ti faccio un esempio: «… ti vedano ridotta in questo stato» le disse urlando (urlò Tizio. Che senso ha dire “disse urlando”?) mentre si avvicinava a lei (avvicinandosi sarebbe meglio, ma in realtà il dettaglio di lui che le va incontro non è utile alla scena e allunga un periodo già lunghissimo). Si fermò a tre centimetri (indicazione troppo precisa, ha un effetto straniante) dal suo volto terrorizzato (chi vede questo volto terrorizzato? Il narratore onnisciente). A gambe divaricate, con la mano destra alzata e l'indice minaccioso (descrivi una posa che vorrebbe essere spaventosa, ma mi risulta ridicola. Brutto anche l’indice minaccioso: non dovresti dirlo, si dovrebbe capire. Non l’indice, naturalmente, ma l’atteggiamento che è quello che interessa), aggiunse poi dondolando la testa (altro dettaglio ridicolo: dondola la testa. In più questo “aggiunse poi” è superfluo oltre a dare ancora un senso di onniscienza perché anticipa quello che avverrà – predizione, appunto - cosa che non può accadere in un mostrato “qui e ora”): «E sarà meglio per te che le cena sia pronta entro le otto. Altrimenti...» (questa battuta sembra quella dell’orco di una favola, anche per quel “altrimenti” sospeso. Ha un effetto irrealistico che, vista la drammaticità della vicenda, mina la sospensione d’incredulità, mi allontana emotivamente dal testo rendendomelo meno interessante e quindi più noioso) Anna si voltò e uscì di corsa (meglio “corse fuori” è più immediato). Non aveva bisogno di ascoltare la fine della frase per sapere cosa le sarebbe toccato in sorte qualora avesse osato anticipare il suo rientro a casa (periodo lunghissimo, appesantito da parole come “in sorte” e “qualora”. Inoltre tell e inutile, perché come non aveva bisogno di finire di ascoltare lei, non abbiamo bisogno di saperlo noi. È già molto chiaro e risulta infodump). Lei che esce correndo fa un po’ cartone animato. In generale ho l’impressione che in certe immagini tu abbia un po’ ecceduto arrivando a un effetto parodistico che non mi sembra voluto. Alla prossima!
Come stai?
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Ciao Giulio. Tema sfiorato, secondo me, ma pazienza. Hai usato la tecnica del mostrato, ma in alcuni punti l’hai sfruttata in modo non ottimale. Ti faccio qualche esempio: “Giro la maniglia” questo è un dettaglio strano perché è insolito che si palesi al PDV come movimento, a meno che non sia, chessò, appiccicosa o ci sia un grumo di dentifricio, uno apre e esce. Non è il dettaglio migliore da usare. “il tavolo del soggiorno è in ordine” stessa cosa. Perché lui guarda il tavolo del soggiorno e pensa che sia in ordine? Ok, è un maniaco del pulito, ma visto che esce dal bagno e guarda il tavolo senza una motivazione specifica, mi fa pensare che sia mattino e che gli sia solo capitato davanti il tavolo. Anche perché, se fosse un maniaco del pulito avrebbe controllato anche altre cose, magari proprio lucidando la maniglia, ecc. Quindi è bizzarro che noti il tavolo senza un motivo. Visto che poi cerca le cartelle cliniche, potresti inserire il fraseggio interiore dicendo “Ora, dove sono le cartelle cliniche?” per poi passare a notare qualche dettaglio ambientale. Considera poi che, con questa tecnica, descrivere per il lettore un ambiente famigliare al personaggio è una vera pigna nel culo. Devi sempre avere un motivo specifico per far percepire qualcosa al portatore di PDV. Per dire “ci passo il dito sopra: nessuna traccia di polvere” sembra proprio un dettaglio futile che inserisci solo per entrare in soggiorno. L’unico dettaglio davvero utile a te in questa scena sono le cartelle, dovresti usare solo quelle o, meglio, cominciare il racconto da un luogo più utile alla narrazione. “Le cartellette sono disposte all’altra estremità, le raggiungo e cerco la più recente.” Anche questa frase ha un effetto artificiale, perché il PDV parla troppo nel dettaglio di cose futili. Altra estremità, le raggiungo, come fossero a dieci metri. Se tu fossi piegato sul tavolo per raccogliere qualcosa, la tua coscienza non farebbe questo tipo di considerazioni. Sarebbe più “Mi chino sul tavolo, raccolgo il plico di cartelle e mi butto sul divano. La più recente… eccola.” “Dovrebbe avere il logo dell’ospedale Cervello.” Una considerazione strategica: sicuramente dalle tue parti c’è l’ospedale Cervello, ma io non lo conosco e un nome così si fa notare tantissimo. Non usarlo. Stessa cosa per la dottoressa Agata Cristofori. Agata Crist… Davvero non pensi ad Agata Cristie? Cioè, si fanno notare troppo e, visto hai la libertà di scegliere, potresti usare nomi più neutri o meglio caratterizzanti. (ricordi la puntata dove Homer cambia il nome in “Max Power”?) Il racconto è chiaro nelle sue intenzioni e questo non è facile usando il mostrato. Ho avuto qualche tentennamento sul discorso delle due dottoresse e una è psicologa, ma poca roba, La chiusa ha poco mordente, ma, vista la natura del contest, è un peccato veniale. Con così tanto telldimmerda il tuo sforzo è prezioso! Continua così! Alla prossima!
Geremia
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Ciao Ilaria. Parti subito con un narratore onnisciente che preannuncia il fatto che il testo sarà pesante da leggere indipendentemente dalla bellezza della trama. Tutta la prima parte dove racconti diversi dettagli minori sul signor Geremia, sul bar della zona e sulle abitudini di vendita, non è interessante né utile. Visti i pochi caratteri sarebbe strategicamente vantaggioso sfruttarli per costruire una vicenda più interessante (che poi diventa la cosa ottimale in tutte le situazioni). Qui la trama è un uomo che, geloso dell’impiegata che gli portava più clienti e infuriato per il suo presunto tradimento, decide di dare fuoco al locale avversario. Di per sé non si tratta di una trovata molto stimolante, ma il problema è, a mio avviso, sempre la conduzione. Per esempio, in un racconto così, molta differenza la farebbe se mostrassi meglio il rapporto tra Geremia e Carmela. Cioè, lui fa incendiare l’altro locale, ok, ma così è meramente un fatto di cronaca a cui non siamo sensibili. Diverso è se mostri la vicenda umana facendo cogliere le conseguenze della cosa. Diventa significativo nell’esperienza del lettore. Questo solo per darti un’idea sulla formulazione in generale. Lo stile sarebbe adatto a un testo per bambini, dove il narratore onnisciente che va avanti e indietro sulla linea temporale della narrazione e qua e là nello spazio, ha presa sui giovani lettori. Per un testo rivolto a un pubblico adulto, invece, non risulta efficace. Ti faccio un esempio: “Alcuni dicevano però che il reale cambiamento lo avesse portato Carmela, la cameriera neo-assunta che serviva ai tavoli da qualche settimana.” Questo “Alcuni” è vago e non avvicina alla vicenda. Dà un’informazione sterile di scarso interesse. “La cameriera neo-assunta che serviva ai tavoli da qualche settimana” ci racconta, a cose fatte, un elemento che percepisco con grande distanza e, quindi, distacco. Questo è un modo di scrivere molto vecchio che tende a non fare molta presa e a rendere la lettura lenta e pesante. Lo sforzo necessario per dare al lettore motivo di proseguire nella lettura è sempre grande, ma con questa tecnica è immenso. Alla prossima!
Ultima corsa
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Ciao Filippo. Il tuo racconto vorrebbe essere una classica ghost story, ma soffre di alcuni aspetti poco convincenti che rovinano la credibilità della vicenda e, quindi, l’effetto finale. Provo a elencarli: - la ragazza si fa condurre abitualmente alla ex discoteca da tipo 40 anni, ma tra i tassisti questa cosa non si sa; - L’uomo col cane, questo inquietante passante, all’improvviso è in auto ed è uno scheletro (?). è quindi di natura ultraterrena, ma non è chiaro chi sia, né che cosa voglia o perché si manifesti al tassista al di là dell’esigenza dell’autore di spiegare al lettore che succede. Ho pensato che sia l’assassino, viste le cose che dice, ma non dà senso al resto; - La ragazza va alla discoteca più volte nella stessa sera facendosi accompagnare da taxi diversi. Strano e, inoltre, reitera la prima domanda: davvero non lo sanno i tassisti? Veniamo a considerazioni tecniche. La suddivisione delle parti con l’asterisco non la trovo utile, soprattutto perché non c’è un vero stacco temporale.
Lo stile è molto tell e, talvolta, certe reazioni della tipa sono un po’ stranianti:
“Durante il tragitto metto un po’ di musica. “Non hai qualcosa di più recente?” mi fulmina lei” L’espressione “durante il tragitto” è superflua e ottiene un effetto di narratore onnisciente perché esce dalla vicenda e fa un cappello generico. Lei chiede musica più recente, e ok, ma poi dire che “lo fulmina” mi pare davvero eccessivo e strano. Perché dovrebbe addirittura fulminarlo? Certo, potrebbe essere una tipa particolarmente problematica, ma nel testo non emerge prima, quindi questa cosa risulta ingiustificata e ottiene un effetto straniante.
“Blue Monday dei New Order ti sembra recente?” Mi guarda come se volesse strangolarmi. Stesso discorso di prima.
“Guido fino a Garbatella dove chiedo aiuto al navigatore che mi è del tutto inutile.” Anche questo è un esempio di frase in tell che sembra sorvolare sulla vicenda come se nemmeno all’autore interessasse mostrarla al lettore. L’effetto è ancora di distacco e un lettore distaccato è un lettore annoiato.
Apro gli occhi quando sento bussare sul finestrino. Non sarà mica un poliziotto? Vaglielo a spiegare che ho accompagnato una cliente che mi ha chiesto di attenderla fino alle due in cambio del doppio del costo della corsa. (questo è un pensiero troppo lungo da formulare mentre lui si chiede se non sia un poliziotto. Mi aspetto che controlli subito) Per fortuna è solo un vecchio col cane al guinzaglio. (non ho cani, ma davvero la gente va in giro col cane alle 2:00 di notte? Non gli pare strano questo vecchio nel boschetto attorno alla discoteca?) Abbasso il finestrino. “Tutto bene?” mi fa. “Non è un bel posto dove fermarsi a riposare.” Gli dico che sono un tassista. Sto aspettando che la cliente esca dall’Inferno. (Il dialogo indiretto è la cosa più tell che puoi fare. Ha un effetto di prosa molto vecchia e non porta alcun beneficio al testo) Il vecchio tace, sorride. (non serve specificare che tace. Se non parla, tace.) “Qual è il problema?” chiedo. (anche questo “chiedo” è superfluo, la situazione è chiara) “Nessuno. Solo mi sa che dovrai aspettare parecchio.” “Perché? Ha detto massimo alle due, mancano dieci minuti. Dovrebbe uscire a mom...” (poco convincente. Perché sente il bisogno di spiegare a uno sconosciuto i dettagli del suo mestiere? Qui è l’autore che costruisce per arrivare alla sorpresa, solo che è troppo palese lo sforzo) Mi muoiono le parole di bocca nel momento in cui rivolgo lo sguardo al locale. (sarebbe più corretto dire “verso il locale” visto che non c’è un locale) Non c’è nessun locale. O meglio. (qui non ci va il punto fermo. Però questo “O meglio” è come se lui ammettesse di aver mentito al lettore o, comunque, di aver fatto un resoconto erroneo. Esce completamente dalla pagina e afferma che il tutto è finzione.) La struttura è al suo posto, ma è fatiscente (e allora perché ha detto che non c’è il locale? Lui lo riconosce ma è fatiscente. Doveva dire subito questo).
Spero d’averti dato qualche spunto. Alla prossima!
Memorie dal passato
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Ciao Alessandro. La signora Ileana scopre che un uomo che si credeva scomparso è, in realtà, rimasto vittima di un incidente anni addietro. Visto che non c’è nessun collegamento personale con la protagonista, anche qui abbiamo un fatto di cronaca che non coinvolge il lettore restando quindi un episodio privo di interesse. Lo stile è decisamente acerbo e pieno di elementi problematici. Provo a riportartene alcuni a titolo d’esempio. “Il cane non rispose e si mise a correre.” Non mi aspetto che il cane risponda al richiamo della padrona, quindi questa specificazione risuona forte. Sto leggendo il testo di qualcuno che cercava un effetto e non è riuscito a ottenerlo. Questo compare nella mia testa e parto prevenuto sul testo faticando così a farmi coinvolgere dalla vicenda.
“La signora Ileana, un’anziana vedova che, da appassionata di storia romana, lo aveva chiamato così dopo averlo trovato, ancora cucciolo, con la coda mozzata, si godeva quel giro, tra i luoghi della sua giovinezza, ricordandosi di quando camminava per quelle vie ancora ricche di vita.” “Questo è un unico periodo pieno di subordinate e incisi, troppo lungo, pesante e strazeppo di infodump, oltre che onnisciente. Insomma, una frase terribile. Inoltre, secondo me, alcuni dettagli come la passione di Ileana per la storia, sono del tutto superflui. Insomma, il testo è scritto molto male e l’idea non è sufficientemente interessante per meritare la lettura. Per lo stile non è un problema: s’impara, si migliora. Ci passiamo tutti. Per la trama anche: in questo contest capita che non si riesca ad avere una buona idea o che non si riesca a declinarla nel modo ideale. È andata così, pazienza. Non prendertela. Alla prossima!
Il Pellegrino
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Ciao Francesco. Sai che io non sono un amante di questo tipo di scrittura. Sono convinto che tu sia tra quelli che amano la poesia, ma come testo narrativo questo tuo non fa un buon servizio al lettore. Io conosco Dante e le vicende della Commedia, ma non tanto bene da afferrare tutti i tuoi rimandi. Sembri non fare sconti al lettore: se non capisce, ciccia. Posto che tu puoi avere i tuoi personali obiettivi, non penso che sia l’obiettivo finale della narrativa. Io leggo un testo, fatico a seguirlo e non riesco a capirlo. Intendo che lo sforzo di impreziosire la prosa con espressioni meramente estetiche, penso che gratifichi più te che il lettore. In definitiva non ho capito quasi niente del tuo racconto e mi ha annoiato subito. So che sai scrivere molto bene e che hai anche idee molto buone, ma questo racconto non mi è piaciuto. Alla prossima!
CLASSIFICA Dunque, ho voluto premiare in particolare l’impegno di Dario Cinti e Giulio Marchese: i loro testi mi sono piaciuti. Va aggiunto che ho notato, in un solo anno che li seguo, un costante miglioramento dello stile. Questo di solito avviene quando si affianca lo studio della tecnica all’esperienza sul campo.
1 Distrazioni, di Davide Di Tullio 2 Voragine, di Dario Cinti 3 Cocytos, di Agostino Langellotti 4 Come stai?, di Giulio Marchese 5 Ultima corsa, di Filippo Santaniello 6 Perdizione, di Filippo Mammoli 7 Geremia, di Ilaria Masini 8 Il pellegrino, di Francesco Battaglia 9 Memorie dal passato, di Alessandro Randone 10 Purificazione, di Alexandra Fischer
Distrazioni, di Davide di Tullio
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Buonasera Di Tullio, sono il primo a commentare e non capita mai. Noto che ormai sei virato sul pulp, e chi ti ferma più. Il pezzo scorre bene, lo stile è pulito e la trama lineare. Senza particolari scossoni, ma riesci ad alzare pian piano la tensione per arrivare al finale. Avrei scelto un'altra modalità rispetto al paragrafo titolato con l'ora? Magari un riferimento a lui che guarda l'orologio a muro, al polso, e riporta mentalmente. Nel complesso una buona prova. Occhio che ci sono un bel po' di refusi: una volta te li avrei fatto notare uno per uno, poi un bel giorno ho capito che la vita è una, carpe diem e sticazzi. Quindi va bene così, anche perché se non sbaglio eri in ritardo sparato.
Cocytos, di Agostino Langellotti
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Ciao Agostino, bella ambientazione, riesci sempre a creare contesti affascinanti. Per quanto riguarda il "già visto" che ho letto nei commenti precedenti: non mi è dispiaciuto, mi ha dato l'impronta di un genere che mantiene certi archetipi e che i lettori spesso sperano di ritrovare.
Per lo stile: OK, abbiamo approfondito a più riprese la necessità di lavorare sui verbi percettivi (sento un canto, vedo una folla, vede una sorta, sembrano rischiarate, allora capisco) quindi non mi dilungo. Come posso essere utile? Vediamo se qualcuno ti ha già fatto notare la frase:
"Al suo interno vede una sorta di radice sanguigna, distesa su un raso nero. Il suo odore è pungente e il giovane ha la sgradevole sensazione che i suoi nodi lo facciano assomigliare a un feto deforme."
Uhmm OK, solo Giorgia. Bene, provo a dare uno spunto cercando di rimanere nello stile: "Elliott storce il naso, l'odore è pungente. Un feto deforme? No, è una radice. Una radice distesa su raso nero." Vedi / senti / percepisci come ti suona...
Ultima corsa, di Filippo Santaniello
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Ciao Filippo, bellissimo incipit, con mordente. Poche battute asciutte, hai reso bene contesto noir e personaggi. Insomma, tutto bene fino alla scena con il vecchietto. Lì il pezzo era al climax, la temperatura era alta ma secondo me c’è stato un uso errato degli accorgimenti stilistici. La lettura si è appesantita. Frasi più lunghe, aumento delle subordinate, dialoghi più artefatti rispetto a quelli iniziali. Probabilmente la necessità di spiegare cosa stava succedendo. Insomma, hai pestato sul freno nel momento in cui c’era da accelerare, per restare in tema. Il finale, invece, torna in pista con il mood iniziale. Bene, peccato per quel passaggio.
Voragine, di Dario Cinti
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Ciao Dario, un'idea originale in uno stile che stai migliorando. Mi è capitato spesso di doverti commentare e quindi la progressione salta all'occhio.
Vorrei segnalarti qualche passaggio che ha a che vedere con la struttura del testo: in realtà il mio, più che un ragionamento sul giusto/sbagliato, è più un invito a rifletterci, e mi farebbe piacere sapere cosa ne pensi. E ti spiego perché: sull'argomento sto sbattendo il muso proprio in questo periodo, me l'hanno fatto notare in consulenza e quindi per me sono nervi scoperti.
L'argomento è questo: quando andare a capo e quando no? Ti do i quattro punti che ho notato nel testo.: “Non devi rispondergli.” / Oh Signore, gli ho dato del lei. La forza dell’abitudine è una brutta bestia. / «Così mi piaci, figliolo.» / “Difendi il papa a costo della vita.”
Sul terzo (dialogo) sono abbastanza sicuro che non occorreva andare a capo. Il primo e quarto, forse. Il secondo, brancolo nel buio.
Perdizione, di Filippo Mammoli
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Ciao Filippo, racconto drammatico sull’inferno personale della protagonista, quindi tema OK. Lo stile purtroppo azzoppa il ritmo del testo: vorrei concentrarmi su un aspetto in particolare. Ti faccio notare dei passaggi in cui l’uso di subordinate rallenta l’immediatezza della lettura.
Da cattolica fervente, Anna sapeva che la perfezione non era di questo mondo e che la vera felicità sarebbe arrivata solo una volta abbandonato il suo corpo, che negli anni aveva imparato a disprezzare.
Si domandava spesso se le porte del paradiso le si sarebbero spalancate, visto che non riusciva a essere una buona moglie per l'uomo che Dio le aveva assegnato.
Appena servita, pagò il conto e si voltò di scatto per uscire andando a urtare con il sacchetto un ragazzo che stava entrando in quel momento.
Consiglio di provare a sciogliere questi treni di subordinate, e vedere l’effetto che fa.
Il pellegrino, di Francesco Battaglia
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Ciao Francesco, la lettura del tuo testo è stata difficoltosa, e penso che fosse proprio il tuo scopo. Ma andiamo con ordine: la prima cosa che il lettore si trova davanti è un muro di parole con un solo a-capo (ma niente salto paragrafo) al centro. Con questo tipo di impaginazione, l’effetto provocato è di far leggere il racconto in un solo respiro. Sono convinto che anche questo fosse il tuo intento.
Nelle prime due frasi, introduci ben quattro personaggi (il pellegrino, Nembrod, Anteo e Briareo); due di questi personaggi hanno nomi assonanti.
Lo stile: aulico, con periodi lunghi, aggettivi che precedono soggetto o complemento oggetto, ripetizioni volute come se fosse un rapsodo a narrarli (mostro d’uomo / uomo-mostro; picchiata all’Inferno / All’Inferno quell’uomo ecc.).
Insomma, è un testo lirico che rema in direzione contraria al tempo, nega e rifugge qualsiasi regola contemporanea di narratologia. Era questo il tuo obiettivo? Dare al lettore moderno uno spaccato di come si scriveva secoli fa? In caso, l’obiettivo è centrato. Nulla da dire al riguardo, l’importante è esserne coscienti.
Geremia, di Ilaria Masini
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Ciao Ilaria, il racconto fila anche abbastanza liscio. Nonostante la visione da esterno, che fa empatizzare meno, comunque riesci a tenere il ritmo. Certo, c’è un bell’infodump in:
I suoi clienti erano diventati talmente tanti da potergli permettere di prendere in affitto l’intero piano terra dello stabile grande, quello chiuso da anni che dava sulla piazza centrale. Per accontentare un po’ tutti, e a tutte le ore, la proposta del bar era quella classica: cornetti, cappuccini, gelati confezionati, panini al prosciutto, toast. In estate c’era la granita al caffè e da poco anche il caffè shakerato alla nocciola, vera novità dell’anno.
Ma tutto sommato chiuderei un occhio, il tono sembra tra lo scherzoso e l’ironico: quindi l’onniscente potrebbe starci. Man mano che si arriva allo sviluppo del dramma, però, qualcosa si incrina. Non abbiamo empatizzato col personaggio, e quindi l’atto estremo viene sentito meno dal lettore. Il problema grosso comunque è sul finale: la chiusura dovrebbe dare il colpo decisivo. E invece non sono riuscito a contestualizzare l’ultima frase. Un bel mistero.
Purificazione, di Alexandra Fischer
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Ciao Alexandra, niente, non ci siamo. Ho l'impressione che in MC ti diamo continui suggerimenti, e che i suggerimenti scivolino via. E mi sembra che ci sia un bel lavoro da parte di tutti per alzare pian piano l'asticella. Il problema è che non solo non vedo un miglioramento nei testi: sembra quasi che tu stia tornando indietro. A questo giro, non ci ho capito niente. Ma nulla, proprio.
Hai progettato la scena? Ti sei presa quei trenta minuti che ti avevo suggerito l'edizione scorsa? Ho i miei dubbi, hai consegnato alle 22.06. Per carità, sei liberissima di non seguire i consigli, sia chiaro. Però allora a questo giro mi limito a un "non ci ho capito niente". Nulla di più.
Come stai? di Giulio Marchese
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ciao Giulio, insomma mi sembra che gli altri ti abbiano detto già tutto. Sintetizzo senza entrare nei particolari, specie perché Nesler c'ha un appeal quando scrive che levati. Dunque: mostrato e scrittura immersiva. Molto bene, passi da gigante rispetto ai lavori precedenti. Concordo sul fatto che non tutti i dettagli sono efficaci e funzionali alla storia, e bisogna esercitarsi sul valorizzare quelli giusti (e lasciare intendere gli altri). L'utilizzo del pensato ("dov'è il fascicolo?") aiuta a rompere il treno di frase punto frase punto.
Io ero uno di quelli che sapeva cos'era il Cervello durante la lettura: mi sono comunque fermato per pensarci, ciò avvalora la tesi degli stimati colleghi. Evitando nomi strani, la stranezza scompare e così anche l'autore che ce l'ha messa (e noi vogliamo arrivare lì, giusto?).
Comunque bene, un lavoro scritto bene. Studiare dà i suoi frutti. a presto! andrea
nb. in tutto questo, il "pericolosamente" della lancetta stona. c'era un altro avverbio che avrei tolto, ma questo è prioritario
Memorie dal passato, di Alessandro Randone
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Ciao Alessandro e benvenuto nell'Arena: penso tu sia all'inizio di un percorso di studio che si preannuncia entusiasmante. Ci sarà un sacco da studiare e questo è assolutamente positivo. Se mi dicessero "sei arrivato" comincerei a preoccuparmi seriamente. OK: hai notato i due avverbi in "-mente" che ho appena usato? Bene, toglili e rileggi: come suona ora? Ecco, appunto. E questo è solo il primo passo. Triggerato? Bene.
Vado spedito:
“Il cane non rispose e si mise a correre. La signora Ileana, un’anziana vedova che, da appassionata di storia romana, lo aveva chiamato così dopo averlo trovato, ancora cucciolo, con la coda mozzata, si godeva quel giro, tra i luoghi della sua giovinezza, ricordandosi di quando camminava per quelle vie ancora ricche di vita.”
Treno di subordinate. Scioglile tutte e vedi che effetto fa.
Dovette seguirlo fino all’imbocco di una rampa di scale, dove l’attendeva.
Leggi ad alta voce.: senti l'assonanza "Dovette / dove" ? Perfetto.
Col tempo aveva appreso che Ettore Nerozzi, proprietario e fondatore di una fiorente e apprezzata realtà di provincia, era sparito all’improvviso, senza lasciare traccia di sé. I parenti non avevano voluto saperne di riaprire, nonostante le pressioni dei sindacati.
Hai gestito la parte più intrigante come INFODUMP. Quindi oltre a essere inefficace, è pure quella che il lettore salta a piè pari. Studia cos'è l'INFODUMP, impara a evitarlo.
1) Distrazioni, di Davide Di Tullio 2) Come stai?, di Giulio Marchese 3) Voragine, di Dario Cinti 4) Cocytos, di Agostino Langellotti 5) Ultima corsa, di Filippo Santaniello 6) Perdizione, di Filippo Mammoli 7) Il pellegrino, di Francesco Battaglia 8) Purificazione, di Alexandra Fischer 9) Geremia, di Ilaria Masini 10) Memorie dal passato, di Alessandro Randone
In questa classifica non ho tenuto in considerazione i progressi degli autori. Alcuni di voi li conosco da troppo poco, altri per niente. Ho premiato il mostrato rispetto al raccontato, cosa che intendo fare anche in futuro, per incentivare a questo stile narrativo. Per i racconti che hanno mancato queste mie aspettative, per prima cosa ho guardato alla storia: doveva piacermi. In questi ci sono tanti parametri che concorrono. Alla fine ho bilanciato il tutto e stilato questa classifica. Sotto un brevissimo commento generale, e nello spoil un estratto del mio commento nel topic dedicato. Poche parole per giudizi netti: per quanto ovvio che si tratti del mio parere, il mio intento è quello di fornire spunti di miglioramento più utili dei semplici incoraggiamenti.
Distrazioni
Ben scritto, storia senza sbavature. Sarebbe servito più approfondimento del lato umano e personale.
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Il mio personalissimo giudizio è che questo è un testo migliorabile perché di base ben fatto, e quindi ci si può lavorare. A differenza di altri che invece andrebbero riscritti completamente, pur mantenendo l’idea. La scansione oraria è artificiosa ed estraniante: scrivi un’opera così immersiva e rovini l’effetto con questi stacchi. L’attacco iniziale non mi fa capire dove ci troviamo. In questo il secondo paragrafo funziona meglio, per cui li integrerei. Il capo reparto sadico l’ho trovato stereotipato, e dunque poco convincente. Risente di due problemi: offese e angherie. Le offese di per sé ci starebbero, sono solo troppe: ricorrervi così tanto senza approfondire il resto sembrano un modo “facile” ma goffo di renderlo antipatico al lettore. Le angherie sono eccessivamente gratuite. Credo che con una parvenza di motivazione risulterebbe ugualmente sadico, ma più odioso e realistico. La macina ha bisogno di qualche dettaglio in più. Innanzitutto non so se il termine macina è corretto: mi ha fatto pensare a quella di un mulino, mentre qui si tratterebbe di un tritacarne. Meriterebbe una nota il fatto che, aperto il portello, non scatta un interruttore di sicurezza che ne blocchi il movimento. Scena finale. Provo a immaginarmela, ma l’unica spiegazione che riesco a darmi è che ruoti su se stesso, e non mi sembra granché plausibile. Dovrebbe finirci di nuca, insomma di testa. Ma in realtà credo che non sarebbe successo neanche questo. Il protagonista ha già deciso di ucciderlo, per cui perché aspettare che si giri? Per strappargli il manicotto dalle mani, a che pro? Il momento ideale è proprio mentre armeggia con l’idropulitrice e gli dà le spalle. È una scena molto forte, e capisco se c’è del pudore nel non voler andare nei dettagli. Però così si sorvola troppo. Mi sa che te la devi immaginare ben bene, ti tocca… e poi trasmettere alcune cose al lettore. La battuta di Carlos mi sembra poco attinente nella drammaticità della situazione; messa per la traccia. A questo punto sarebbe stato più immediato un letterale “Va’ all’inferno!” urlato dal protagonista mentre spinge il capo.
Come stai?
Buon livello di scrittura; una storia senza particolari guizzi, ma bella l’immersione nella mente malata del protagonista.
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Mostrato, immersivo. Bene! Sul tema del va'all’inferno! ci trovo solo la seconda parte, lui c’è già. Sembra una situazione statica, mentre sarebbe stata necessaria una discesa. Ma l’inferno personale dell’ipocondriaco è un’idea che mi è piaciuta molto, solo avrei voluto che il racconto si spingesse più in profondità. Sacrificando cosa? La prima parte. È un po’ lunga, ma fa il suo nel delineare il protagonista (alla fine non ho avuto dubbi che fosse realmente ipocondriaco): avrei tagliato su qualche dettaglio meno funzionale (es. specificare che indossa la giacca). Di per sé sono piccole finezze, ma lo scopo sarebbe marcare di più le idiosincrasie. Ho trovato un po’ di artificiosità nelle interazioni scritte e gestuali. La dottoressa che subito sbatte i pugni sul tavolo mi è sembrata un’altra cosa eccessiva. Sbatte i pugni, e poi le nocche si sbiancano… Insomma prima si incazza poi si innervosisce poi prova a ragionarci. . A te torna? In più credo che sarebbe stato meglio far sì differenziare i due medici, bastava che uno fosse un dottore e l’altra una dottoressa, per evitare un po’ di confusione in cui sono incappato anche io. All’inizio avevo pensato: “allora c’è poi andato alla visita?” e poi era un altro medico. Ho trovato un filo di tell in “ospedale” Cervello. Chiaro il lettore deve capire, però, cambiamo nome.
Voragine
Buon livello di scrittura, con alcuni piccoli inciampi. Bella idea, buona storia che il finale non riesce a concludere adeguatamente.
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Di Voragine mi piace l'idea di base e la trama; eccezion fatta del finale, da cui mi aspettavo qualcosa di più, la risoluzione finale non mi è piaciuta molto. Bello che non si capisca subito che il prigioniero sia un ex-Papa, anche se all'inizio qualche dettaglio è troppo vago per il lettore quando non lo sarebbe per la voce narrante. Es. per lui non è un "uomo", sa benissimo chi è. Al posto della parte in discorso indiretto con le accuse avrei fatto uno stacco temporale, oppure i pensieri del protagonista con le accuse in sottofondo, che lui non ascolta realmente. Così invece dà l'idea dello scrittore che vuol tagliare via la scena. Non mi è chiaro perché non gli debba parlare. In una seconda stesura sacrificherei quelle parti per un finale più corposo e significativo.
Cocytos
Dettagli curati, buona scrittura ma con alcune scelte stilistiche che non hanno funzionato. Idea interessante ma trama incerta nella sua evoluzione.
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Brutte le parentesi nella prima parte. Mi è piaciuta l’ambientazione, e come sono condotti i dialoghi. Per questo, anche se meno fantasiosa, ho apprezzato in particolar modo la parte centrale. Note stilistiche a parte, ma appunto quello sono già state evidenziate. I dettagli ci sono, ben vividi, ma mi sfugge la direzione in cui va la storia. In sostanza la droga lo porta più vicino all’Inferno… possiamo dire, a una comprensione dello stesso? Però non mi sembra che questa droga, su cui è imperniata la storia, aggiunga qualitativamente qualcosa di più all’esperienza di Elliot. In base alle premesse che si sviluppano a metà del racconto, mi aspettavo qualcosa di più… o a livello di visione, o di evento reale. Non è importante. Però questa discesa all’inferno meritava ancora qualche passo… la droga doveva stupire, ma possiamo dire che se fossi stato Elliot, avrei chiesto un rimborso…
Ultima corsa
Bella idea e struttura circolare, la trama non è solida in tutti i punti ma comunque buona. Il difetto principale sta nello stile che non permette un’adeguata immersione.
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a storia mi è piaciuta, dall'inizio alla fine: sia l'idea che come l'hai condotta. Per questo cercherò di essere puntiglioso su alcuni dettagli perché penso ti permetterebbero di migliorarla. Trovo un uso eccessivo degli a capo, che mi ha reso la lettura meno fluida di quanto sarebbe potuto essere. Noto che negli inizi periodi tendi a mettere delle parti con un raccontato veloce. Se all'inizio lo trovo accettabile, durante la narrazione mi sospendono l'immersione. come una telecamera che si allontana e si avvicina di continuo, ricordandomi che non sono veramente dentro agli eventi. Analogamente non mi piace quando la voce narrante si rivolge a me lettore. Come nota di trama mi sarebbe piaciuto sentire un po' più di paura sul finale del dialogo col vecchio, che invece scema senza che si palesi veramente una minaccia o senza particolari stravolgimenti. A questo punto la parte della presentazione finale stempera il tutto inutilmente, secondo me. Finale che conclude in modo notevole una storia intrigante, con un tocco di brivido che ho apprezzato, e che anzi mi ha fatto desiderare di averne di più, a quel punto.
Perdizione
Idea che gioca facile sull’emotività, ma ha funzionato. Ci sono alcuni tentativi di dettagliare le scene, ma nel complesso troppo raccontato.
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il tuo racconto mi ha colpito, e credo che il mio commento sarà più utile se scendo in qualche dettaglio. Hai scelto un tema "facile": una donna che viene picchiata dal marito, fino ad aver perso un figlio per le botte prese. Ok, empatia ed emozioni a carrettate. Il "lettore di cuore" che è in me lo hai catturato, non sorprendentemente, con pochi sforzi. In tutto questo, il "raccontare" la vicenda ammazza l'immersione. Naturalmente è difficile passare tante cose nelle azioni e nei pensieri della protagonista, però ritengo ne valga la pena. Anche la mentalità della protagonista è ben delineata, però affiora solo a tratti. L'inizio è difficoltoso: in generale credo sia meglio non partire con una battuta di dialogo, perdipiù se detta da un altro personaggio che non sia il punto di vista. Dà un senso di spaesamento.
Il pellegrino
Stile evocativo, ma un esercizio estetico fine a se stesso che trasmette poco al lettore; questi rimane fuori dalla storia, che infine neppure è chiara. Rispetto ad altri racconti si nota però la scelta netta dell’autore e il controllo che egli mantiene dell’opera.
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Mi è piaciuto lo stile evocativo, personale, che in generale riesci a rendere ricco anche con frasi lunghe, senza farlo risultare pesante o poco comprensibile. Non mi è arrivato è la storia, quel che in pratica succede e perché. Sono rimasto fuori dalla storia ad ammirarne il quadro d'insieme ma senza recepirne il messaggio: e non ha contribuito il passaggio in tre punti di vista differenti, che ha un effetto estraniante che eviterei in opere così brevi.
Purificazione
La fantasia straborda da tutte le parti, tra ambientazione e dettagli: al punto che la storia rompe le briglie e va per i fatti suoi, lasciandosi dietro i lettori e, temo, anche l’autrice. Alla fine resta un mondo ricco di luoghi e di personaggi che lo popolano, ma confuso.
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Tanti dettagli e tanta fantasia. Mi sono perso, ma piacevolmente, nei nomi (NB: una volta Holdrya è chiamata Holdyra) e negli scenari che hai evocato. Ahimé mi sono anche perso nella storia, al punto da non aver capito bene cosa succede nel finale. Suppongo ci sia uno stravolgimento, ma aldilà che la vera Holdrya è altrove, mentre la falsa è lo spirito, non ho capito bene cosa è successo e come. Avrei preferito il punto di vista immersivo in un personaggio. Restare esterna ti permette qualche "spiegazione" al lettore che però, di mio gusto, non apprezzo. Ci sono dettagli (come i tatuaggi o quel che sono) che forse dovrebbero fornire degli indizi, ma a me hanno solo generato maggior confusione.
Geremia
Una storia che ha mancato di emozionarmi, sia nella trama che nello stile. L’idea di base è concreta, solida, reale… così come il protagonista: ma non sono stati sviluppati fino a renderli accattivanti.
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Il signor Geremia è un personaggio la cui negatività emerge man mano e questo mi piace. Con buona fede potrei dire che questa è una discesa all'inferno, più che l'evento in sè. Però il fatto che sia tutto raccontato non mi fa entrare appieno in questa sua involuzione. Avrei inoltre visto bene un maggior coinvolgimento anche sulla sfera emotiva. La storia getta i semi di qualcosa tra Geremia e Carmela, ma rimane lì. Alla fine la motivazione della -chiamiamola così- sottrazione della cameriera, non l'ho percepita come sufficientemente forte. A meno che non ci fosse stato quel coinvolgimento emotivo che non ho visto: magari non le voleva per nulla bene, ma gli piaceva che la gente pensasse che fosse la sua amante... e ora invece lo vede come un cornuto! È solo un esempio, per dire che ci sarebbe stato bene un maggior approfondimento della mente del protagonista: e come dicevo, mostrando tutto dalla sua testa, senza raccontare esternamente.
Memorie dal passato
Uno stile decisamente raccontato lascia sempre fuori da una storia che alla fine non c’è, con un evento conclusivo che non lascia molto né alla protagonista né al lettore. Lodevole il tentativo di tirare fuori un senso di mistero partendo da elementi molto vicini al normale vissuto.
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Della storia ho apprezzato il tentativo di mettere insieme una trama coerente e con basi reali. Aleggia un senso di mistero che man mano si concretizza. Manca però un vero conflitto e la tensione non si risolve ma si dissipa. Ha trovato questo cadavere però la cosa finisce lì. L'opera è tutta raccontata senza immersione nel punto di vista del personaggio, per cui il lettore ne rimane fuori e questo lo distacca comunque dagli eventi. Nel complesso il racconto beneficerebbe nell'essere raccontato, ok in terza persona passata, ma direttamente dal punto di vista della signora Ileana.
Mi spiace se qualche frase farà male, ma una carineria detta tanto per non avere noie avrebbe fatto più danni, vedetela così. Chi invece ha apprezzato le mie legnate e ne vuole altre con la convinzione che facciano bene, i miei complimenti, e mi contatti pure (sono nel gruppo FB di Minuti Contati).
Classifica: 1. Distrazioni, di Davide Di Tullio 2. Come stai?, di Giulio Marchese 3. Ultima corsa, di Filippo Santaniello 4. Voragine, di Dario Cinti 5. Cocytos, di Agostino Langellotti 6. Geremia, di Ilaria Masini 7. Il pellegrino, di Alessandro Randone 8. Perdizione, di Filippo Mammoli 9. Memorie dal passato 10. Purificazione, di Alexandra Fischer
Commenti: Cocytos
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Ciao Agostino! Testo in tema ma a mio avviso un po' troppo piatto nella lunga parte centrale dedicata al dialogo: so che il tuo intento era di contestualizzare quanto hai scritto in corsivo, però non mi ha catturata e ho perso un po' l'attenzione rispetto alle prime righe. Ho comunque apprezzato la scelta stilistica di dividere il testo tra prima e terza persona, rende il racconto più interessante nella sua forma. Sicuramente i due spezzoni in prima persona sono più vividi e sensoriali, avrei preferito un testo tutto su questa lunghezza d'onda per apprezzarlo di più. Il finale invece a me non è dispiaciuto, ho apprezzato il fatto che il protagonista si mandi da solo al proprio 'Inferno personale.
Alcune accortezze. Sono così vicini che quasi posso sentirne l’odore. Eviterei formule vaghe come il "quasi", che annacquano la prosa e non forniscono nessuna informazione aggiuntiva al testo. A parte un paio di avverbi in -mente e indicazioni temporali il racconto è nel complesso mostrato bene e in presa diretta.
Il suo odore è pungente e il giovane ha la sgradevole sensazione che i suoi nodi lo facciano assomigliare a un feto deforme. Questa frase, a differenza del resto della parte del centrale, sa proprio di narratore esterno e stona con il contesto.
Allora capisco che il negoziante aveva ragione. C’era ancora una cosa che non avevo provato dell’Inferno. Quest'ultima parte del testo invece non sembra più narrata in un qui e ora, ma più distaccata anche per la scelta del verbi al passato: inoltre se sei in prima persona non è necessario specificare con "allora capisco", bastava un "il negoziante aveva ragione".
Distrazioni
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Ciao Davide, leggerti è stato un vero piacere! Le pulci pulciosissime te le ha già fatte il carissimo Mauro, quindi come ogni volta che mi trovo a commentare dopo di lui mi tocca evitare di ripetermi e finisco per sembrare buona :D
Anyway, il racconto è decisamente scorrevole e la prima lettura è andata giù liscia... anche se nella parte finale ho dovuto soffermarmi con più attenzione sulla descrizione perché non ero riuscita a mettere del tutto a fuoco il macchinario in questione. Rientro anche io nel partito del "forse era meglio evitare la scansione oraria così netta ed esterna al punto di vista", anche perché nel complesso tutto il racconto è molto ben focalizzato sul protagonista e l'orario distacca parecchio. C'è a chi piace e a chi meno, penso!
Poi, il capo gratuitamente crudele è caratterizzato in modo piuttosto stereotipato, ripetendo anche per due volte la parola "secondino". Certo, è solo un pretesto per la deliziosa chiusa pulp (ho apprezzato molto) del racconto, ma si poteva dare di più in tal senso! Nel testo fornisci molto bene la descrizione delle azioni, ma avrei preferito qualche pensiero in più da parte del protagonista. Comunque una bella prova!
Voragine
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Ciao Dario, piacere di leggerti! Allora, sicuramente gestire uno scenario apocalittico e distopico in così pochi caratteri non è affatto semplice: tuo merito è quello di aver reso sin da subito comprensibile al lettore (almeno, per me è stato così) il contesto in cui si svolgono le vicende. Poi a livello personale devo dire che apprezzo molto le storie in cui l'elemento ecclesiastico è un po' parodizzato e rielaborato, quindi sul tema con me hai azzeccato. Mi è piaciuta la tua scelta di osare, però ovviamente questo ti ha portato a dover riassumere molto in alcuni punti, inserire mini spiegoni di raccontato...
Andiamo un po' più nel dettaglio.
Attento alle frasi in cui inserisci avverbi temporali e inverti la consecutio temporum delle azioni: L’uomo solleva la bocca dal suo fiero pasto quando sente il rumore dei miei stivali sul pavimento. Prima sente il rumore degli stivali e DOPO solleva la bocca, quindi dovrebbe essere invertito l'ordine.
Piazza San Pietro mi circonda, sormontata dal cielo rosso flagellato da nuvole purpuree che da mesi non cessano di velare la Città Eterna. Ogni volta mi stupisco di come la frattura sia ampia: si è mangiata l’intero spazio ellittico ed arriva a lambire colonne e pilastri. Questo l'esempio più palese. È chiaro che hai dovuto condensare di molto le informazioni necessarie alla comprensione dell'ambientazione, ma non posso fare a meno di pensare che forse avresti potuto rendere in maniera migliore questi elementi narrativi senza fare uso di raccontato.
Sulla mia colonna vertebrale ci si potrebbe fare sci d’acqua, il naso mi prude. Ci ho messo un pochino prima a capire la metafora, poi mi sono soffermata sul nesso logico tra il sudore e il naso che prude... senza trovarlo!
Quando vedo Maria Maddalena sbattere i pugni sul tavolo, alzarsi dal trono ed affrontare i primi gradini, percepisco nel petto una sensazione di pericolo: l'ex papa ha in mente qualcosa. Oltre al "quando", direi che avresti potuto rendere molto meglio di così la sensazione di pericolo. Il verbo "percepire" è vuoto e non comunica meglio, qui la prima persona può venirti in aiuto per tirare fuori ciò che il pov sente come fonte di guai (magari un'espressione dell'ex papa...) :D
La lancia vola, la vedo farsi sempre più sottile Idem come sopra, basta descrivere il moto di allontanamento dell'arma senza usare i verbi di percezione visiva.
Purificazione
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Ciao Alexandra!
Perdonami, sarò un po' brutale anche io: ho riletto i vari pezzi del racconto, ma senza capire cosa stesse accadendo. Oltretutto il finale mi ha confusa ancor di più. Se posso aggiungere, temo che il tema sia poco centrato: per quel che mi riguarda la battuta finale è un po' vaga rispetto all'Inferno, è solo un'imprecazione di contorno...
Per quanto concerne le incomprensioni e le questioni stilistiche, Mentis ha già provveduto a sottolinearti gli aspetti che ritengo più problematici nel testo, quindi non mi ripeterò. Aggiungo solo che, oltre all'incomprensione generale del testo, il tono che hai scelto per la narrazione è parecchio artefatto e rende i dialoghi finti e la storia fin troppo distante per il lettore: usare termini per nulla comuni come "vizza" finisce per rompere l'immersione narrativa. Ci sono tanti, troppi elementi che meritavano sicuramente più spazio rispetto ai pochi caratteri a nostra disposizione.
Perdizione
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Ciao Filippo!
Come hanno giustamente detto gli altri, le vicende che hai scelto di raccontare sono molto drammatiche e ahimè sempre attuali... Scegliere un tema del genere è giusto per continuare a sensibilizzare, ma rischia di stufare se il lettore lo inizia a percepire come un argomento abusato.
In questo caso io purtroppo non sono riuscita ad apprezzare la scelta perché non ho trovato nel racconto nulla di diverso dai molti altri testi sull'abuso che ho letto. La scelta di operare una narrazione tutta raccontata di certo non mi ha facilitato l'immersione, che dovrebbe essere più semplice per me in quanto donna. Forse una narrazione incentrata unicamente sulla perdita del bambino e più mostrata sarebbe stata più efficace e avrebbe drammatizzato meglio.
Ti segnalo, oltre a quello che giustamente hanno evidenziato i commentatori arrivati prima di me, un elemento miglioravile: le disse urlando mentre si avvicinava a lei. Si fermò a tre centimetri dal suo volto terrorizzato. A gambe divaricate, con la mano destra alzata e l'indice minaccioso, aggiunse poi dondolando la testa
Usi tanti gerundi e subordinate temporali che indicano delle azioni che si svolgono contemporaneamente: appesantiscono i periodi e rendono confusa l'azione che svolge il personaggio. Come ti è già stato suggerito, cerca di alleggerire le frasi.
Come stai?
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Ciao Giulio, piacere di leggerti. Io come sempre finisco per essere la ritardataria del gruppo e arrivo quando gli altri hanno già detto le cose più interessanti. Per quel che mi riguarda, uno stile in un buon mostrato che non potrà che arricchirsi di dettagli più puntuali con l'esperienza, come gli altri ti hanno già fatto notare.
Sicuramente il testo è immersivo e fa capire subito il disagio psicologico del protagonista, ma per quel che mi riguarda la prima parte è un po' troppo lunga e si perde in dettagli ed elementi secondari che annoiano un po'. Certo, in questo l'immersività del testo aiuta a rendere il tutto molto scorrevole.
Il tema viene rievocato più che altro dall'imprecazione del protagonista e, come ti ha già detto qualcuno, si tratta più che altro dell'Inferno terreno della sua mente: non lo so, forse questo aspetto poteva essere sviluppato meglio.
Voglio segnalarti una cosa che non mi pare ti sia ancora stata detta.
La dottoressa tira a sé la cartelletta, «e questa?» Appoggio i polpastrelli sulla scrivania, «settimana scorsa lei non c’era, quindi ho parlato del mio problema con il sostituto e mi ha fatto la ricetta per un controllo.» Sfoglia il contenuto della cartella, alza gli occhi e mi fissa da sopra gli occhiali, «il mio sostituto le fatto la ricetta per fare… una colonscopia?» Sul soffitto c’è dell’umido «era l’unico esame che non avevo ancora fatto.» Sospiro, «la mia condizione è invalidante, i sintomi sono abbastanza univoci, ho letto su internet—»
Ho preso questo pezzo di dialogo come esempio: tendi a usare la virgola al posto del punto dove dovrebbe esserci una frase conclusa (e di conseguenza la maiuscola a inizio frase nelle caporali). Quindi dovrebbe essere, ad esempio: La dottoressa tira a sé la cartelletta. «E questa?» Appoggio i polpastrelli sulla scrivania. «Settimana scorsa lei non c’era, quindi ho parlato del mio problema con il sostituto e mi ha fatto la ricetta per un controllo.»
Geremia
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Ciao Ilaria!
Mi assoccio a quanto già detto: purtroppo la lunga sequela di informazioni fornite dal narratore onnisciente non mi ha aiutato nel far fluire con scioltezza la lettura del testo, che mi è risultato un po' pesante. Il rischio del raccontato è proprio questo: rimanendo distaccati dagli eventi narrati e non mostrandoli in presa diretta si finisce per distaccare il lettore, con risultati diversi a seconda della sensibilità del singolo. Io purtroppo fatico ad apprezzare i racconti con il narratore fin troppo presente perché mi sembra di cercare di seguire ciò che accade dietro una parete.
Poi, anche secondo me il tema non è centratissimo. Devi farlo bruciare, non deve riaprire più.” “Che cosa, dove devo andare?” “All’Inferno. Quello dove fanno i drink a due euro.”
È un aggancio un po' flebile all'Inferno che ci era stato richiesto, ma a parte questo ci ho messo un po' a comprendere la frase di Geremia. Anche io ho dovuto rileggere un paio di volte per capire cosa intendesse...
Bruciava tutto. Bruciava il bidone della carta, bruciava la porta, bruciava anche l’insegna sul davanti: “Andremo all’Inferno, ma almeno lasciateci liberi di peccare”.
Anche qui con l'ultima frase ho avuto dei problemi di comprensione: per come l'hai scritto sembrerebbe l'insegna del locale, ma mi pare piuttosto inusuale. È una frase che pronuncia Geremia? Non sarebbe molto chiaro il significato anche in tal caso.
Ultima corsa
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Ciao Filippo! Che dire, senza considerare troppo gli aspetti tecnici devo ammettere che il tuo testo mi ha intrattenuta molto bene: si è fatto leggere, è scorrevole, mi ha dato quel brividino tattico delle ghost story e dunque ho apprezzato. Sarà che non sono solita leggere racconti di questo genere, ma il twist horror che hai dato mi è piaciuto e non me lo aspettavo! Forse avrei preferito che calcassi un po' la mano sotto questo punto di vista, perché tutta la tensione accumulata d'un tratto s'è sciolta con un nulla di fatto.
Nonostante ci siano delle imprecisioni nello stile per quanto riguarda la scelta di un racconto molto "tell", ammetto che la cosa non mi ha dato troppo fastidio. Sarà che la voce del protagonista è molto presente: lo riesci a caratterizzare bene, i suoi pensieri sono netti e molto vividi. Questo mi è piaciuto parecchio, un po' meno quanto ti è già stato segnalato e che poteva sicuramente migliorare il testo.
Giusto per rompere le scatole, attento a qualche refuso: Quando torna guardarmi sorride piegando così tanto gli angoli della bocca che diventano aguzzi come quelli della luna. Manca una a in "torna a guardarmi".
Memorie dal passato
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Ciao Alessandro! Purtroppo, oltre ad alcuni evidenti problemi presenti nel testo, non sono riuscita a trovare grande attinenza al tema della sfida. Ho letto a fatica, un po' per le frasi troppo lunghe e un po' per la mancanza di un conflitto all'interno del racconto: non ero spinta a proseguire nella lettura. Mi tocca aggiungere che purtroppo lo spiegone centrale su Ettore Nerozzi rende del tutto prevedibile la chiusa, togliendo quella che immagino volesse essere la sorpresa finale.
Il cane non rispose e si mise a correre. Questa frase sin dall'inizio del racconto mi ha lasciata perplessa, perché ovviamente i cani non parlano.
La signora Ileana, un’anziana vedova che, da appassionata di storia romana, lo aveva chiamato così dopo averlo trovato, ancora cucciolo, con la coda mozzata, si godeva quel giro, tra i luoghi della sua giovinezza, ricordandosi di quando camminava per quelle vie ancora ricche di vita. Quel giorno si era diretta nei dintorni del quartiere industriale, luogo ideale in cui sciogliere il cane dal guinzaglio, poiché calmo e non frequentato da persone, né da auto. Decisamente troppe subordinate: così le frasi sono appesantite e si rischia di perdere il filo del discorso.
– Scevola, avanti, fai il bravo, vieni qui, è tardi e fa buio, su! Stesso discorso per questa battuta di dialogo: è irrealistico che una persona nella vita reale dica una frase così lunga senza pause.
Emise uno strillo muto e di nuovo stava per andarsene ma ancora una volta la sensazione di calma la trattenne. Oltre allo strillo muto che ti è già stato indicato, non suona molto bene inserire nella stessa frase "di nuovo" e "ancora una volta": rende la frase ridondante oltre che poco scorrevole. Personalmente viste le azioni dell'anziana signora e il suo desiderio di tornarsene a casa mi sembra anche fin troppo azzardata questa calma improvvisa e il desiderio di esplorare un luogo che le stava cadendo a pezzi sotto i piedi.
Il pellegrino
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Ciao Francesco! La prima cosa che mi ha creato difficoltà nella lettura è stato il muro di testo a cui mi sono trovata di fronte: una valanga di parole di questo tipo, soprattutto se si sceglie di utilizzare come nel tuo caso frasi piuttosto impegnative e auliche, può scoraggiare il lettore. Mi è piaciuta l'atmosfera che sei riuscito a evocare, quel sentore di luogo infernale misto alla Divina Commedia... però si tratta di un testo che, per scelte lessicali e stilistiche, risulta un po' ostico e pesantuccio. Sicuramente si sei impegnato per inserire molti riferimenti affascinanti all'opera dantesca e all'Inferno che però io, per ignoranza personale, non sono riuscita a cogliere del tutto. Insomma, una prova interessante per alcune scelte ma che ho trovato faticosa da digerire nella lettura.
1) Distrazioni 2) Ultima Corsa 3) Come stai? 4) Cocytos 5) Il pellegrino 6) Voragine 7) Perdizione 8) Geremia 9) Purificazione 10) Memorie dal passato
Distrazioni
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Ciao Davide, devo dire che...ho fatto fatica a trovare qualcosa che non mi ha convinto: il tuo racconto si lascia leggere bene, con dettagli vividi e una buona gestione dei dialoghi.
In “e spinge avanti in dietro un braccio secco e livido” forse volevi scrivere “e indietro”, e per un attimo ho avuto il dubbio che il povero Carlos stesse agitando un braccio non suo. Probabilmente avrei tagliato l’”olio di gomito” nella frase successiva.
Tutto il resto è sicuramente frutto dell’ora tarda e della fretta: alle ore 3:30 “Carlos pigia il il tasto “, mentre più tardi il capo li manda “A lavoro!”. Verso la fine c’è un “la macchia non funziona”.
A livello di trama, direi che hai centrato al 100% il tema: sia il mattatoio che la fine dell’antipatico secondino richiamano alla grande l’idea di inferno!
Ultima Corsa
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Ciao Filippo, il tuo racconto mi è piaciuto molto, sia per la trama che (e soprattutto) per la chiave di lettura. Povera Maria, un destino davvero tragico quello di andare all’inferno per l’eternità!
Ecco qualche appunto:
- Alcune frasi sono un po' troppo lunghe. Penso ad esempio a: “Per questo, quando la vedo avvicinarsi al taxi, le apro subito lo sportello senza darle il tempo di scegliere se salire sul mio o su quello di Ernesto che mi manda a cagare con la sigaretta tra le labbra. “ “ Guido fino a Garbatella dove chiedo aiuto al navigatore che mi è del tutto inutile.”
- Discorso indiretto: “Gli dico che sono un tassista. Sto aspettando che la cliente esca dall’Inferno.” Qui un discorso diretto avrebbe reso il dialogo più interessante.
- Scheletro o spettro? “Il cane che ha in braccio gli lecca le dita scheletriche “ Mi sarei aspettato più un “spettrali”. Anzi, probabilmente avrei eliminato il cane dalla narrazione e avrei “mostrato” un raggio lunare attraversare la figura semitrasparente del vecchio.
- Metafora: “gli angoli della bocca che diventano aguzzi come quelli della luna. “ Metafora un po’ complicata. Sarà che sono stanco, ma non riesco proprio a visualizzare il ghigno malefico dello spettro.
- Il finale: arrivati a questo punto, un finale più oscuro avrebbe reso il racconto ancora più potente.
Come stai?
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Ciao Giulio, più che dell’andare all’inferno il tuo racconto parla di un vivere l’inferno. Ciò nonostante, il tema risulta pienamente centrato nella parte in cui metti in scena la reazione di rifiuto tipica di chi non vuole riconoscere di avere un problema.
A livello di testo, andrei a limare via qualcosa per aumentare l’immersione. Ad esempio, queste frasi:
“Lo stomaco emette un gracidio, l’addome si contrae. Metto le mani sulla pancia e comincio a massaggiarla” “Colpisco le tasche dei jeans con i palmi. Tocco il telefono, ma non le chiavi. “
Le avrei rese tipo così:
“Lo stomaco gracida. L’addome si contrae. Massaggio il ventre con entrambe le mani.” “Tasto le tasche dei jeans. Il telefono c’è, le chiavi no.”
Perché la lancetta è “pericolosamente in bilico”? Avrei preferito qualcosa tipo: “la lancetta lunga sta galoppando verso il 3”.
Nel complesso direi che ci siamo, anche se forse selezionerei meglio i dettagli da mostrare, sostituendo qualcuno dei gesti banali che il protagonista compie con qualcosa che sia più funzionale a mettere in mostra il suo difetto. Ad esempio, che quando afferra le chiavi avverte un tremolio alla mano o che la lancetta dell’orologio gli appare appannata.
Cocytos
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Ciao Agostino, mi è piaciuta l’alternanza tra prima e terza persona per distinguere il trip dalla realtà, anche se forse avrei asciugato la parte iniziale per aumentare la suspance. Per quanto riguarda la parte tra parentesi, avrei cercato di inserire quei dettagli in maniera organica nel testo, senza interromperlo. Sulla parte centrale non ho molto da dire, mi è piaciuta. Nel finale, c’è il raccontato che fa capolino qui e là, rendendo il tutto meno vivido. Bella la chiusura, così come ho apprezzato la tua chiave di lettura del tema.
Il pellegrino
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Ciao Francesco, vista la guest star e il tema, ci avrei giurato che qualcuno sarebbe finito con lo scrivere un racconto a tema Divina Commedia. :) Non vederla come una critica, anzi. Mi ha fatto piacere, perché la tua è una scelta che comporta l’accettazione consapevole di un numero elevato di difficoltà. Manca l’esortazione ad andare all’inferno, vero. Ma dato lo sforzo profuso, è un piccolo difetto che passa in secondo piano.
Parlando del testo, sembra di leggere un racconto d’altri tempi. Se da un punto di vista estetico questo può essere apprezzato da certi, è innegabile che la lettura risenta del numero elevato di aggettivi, della terminologia ricercata e dei periodi molto lunghi e ricchi di incisi.
Da come hai costruito il testo, è evidente che questo sia uno stile che ti piace o che per lo meno hai voluto ricreare in questa sede, con l’intento di rievocare un certo tipo di immaginario poetico. Tuttavia, mi rimane la curiosità di come si sarebbe potuta sviluppare la tua idea se scritta con uno stile più moderno. spoil]
Voragine [spoil]Ciao Dario, ho molto apprezzato la tua interpretazione del tema: oltre ad esserci qualcuno che va all’inferno, è l’inferno stesso che si prepara ad inghiottirci tutti.
Passando al testo, una costruzione delle frasi più snella avrebbe potuto dare ulteriore slancio al tuo racconto. Ad esempio, al posto di:
“Piazza San Pietro mi circonda, sormontata dal cielo rosso flagellato da nuvole purpuree che da mesi non cessano di velare la Città Eterna. “
Avrei scritto qualcosa tipo:
“Piazza San Pietro mi circonda, sovrastata da un cielo cremisi. Sono mesi che queste maledette nuvole color sangue avvolgono la Città Eterna.”
Inoltre, avrei rielaborato le percezioni (ad esempio “latrati che le ho sentito emettere”, “mi cade l’occhio sui muscoli tesi delle braccia”) sostituendole con il dettaglio stesso. Ad esempio qualcosa tipo:
“l’eco dei suoi latrati arrivava fino al refettorio” “I muscoli delle braccia guizzano mentre si stringe in vita la fascia di seta.”
Ultima cosa, non mi ha convinto molto il registro verbale del Papa. Mi sarei aspettato un tono più formale, sia nella prima che (e soprattutto) nella seconda parte. Un qualcosa alla Palpatine, per intenderci. :)
Perdizione
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Ciao Filippo, racconto molto drammatico su un tema attuale e particolarmente sentito. L’inferno c’è e si sente, nella storia della protagonista ancor più che nell’esortazione del finale.
Parlando del testo, frasi più brevi avrebbero non solo migliorato la scorrevolezza del racconto, ma anche reso più forte l’orrore che volevi trasmettere.
Il dialogo all’inizio mi ha un po’ spiazzato, perché è lungo e non si capisce chi sta parlando fino alla seconda riga. In una situazione come questa, avrei cercato di drammatizzare un po’ di più, spezzettando il discorso dell’uomo e arricchendolo con qualche beat.
Chiudo con una domanda: parlando di un’esperienza interiore molto forte, non sarebbe stato meglio strutturare il racconto in prima persona?
Geremia
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Ciao Ilaria, anche se il tuo racconto non centra appieno il tema, apprezzo l’originalità della tua chiave di lettura. Ci sono alcuni elementi che andrebbero rivisti per aumentare l’immersione.
In buona parte del primo paragrafo non vedo movimento. Solo una descrizione lunga e costosa in termini di caratteri. Cercherei di cambiare il raccontato con uno stile più mostrato, tagliando tutto ciò che non è necessario e sostituendolo con i soli elementi essenziali che ti servono per costruire una storia più interessante.
“il paese appariva ancora più desolato e deserto di prima” Cerca di evitare le coppie di aggettivi. Meglio utilizzare un solo aggettivo per volta: quello più preciso.
“Dopo un paio di settimane, un amico gli raccontò di aver visto…” In questa frase, sia il “dopo un paio di settimane” che il discorso indiretto “un amico gli raccontò” sanno molto di riassunto fatto a posteriori e rendono palese la presenza di un narratore, rovinando l’immersione. Stesso discorso per il “Poi” che introduce il capitolo successivo.
Per quanto riguarda il dialogo finale, avrei apprezzato maggiormente una sua drammatizzazione, contestualizzando le battute con l’uso di beat. Con una maggiore "presenza" degli attori, interazione tra Geremia e Dardan, avrebbe avuto una forza maggiore.
Purificazione
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Ciao Alexandra, il tuo racconto mi ha fatto venire in mente l'ambientazione di Dark Souls, un famoso action rpg. Non perché ci sia qualcosa in comune a livello di storia, ma per il fatto che nel tuo testo, come in quel videogioco, si intuiscono elementi molto interessanti/drammatici che però non riescono ad arrivare a destinazione.
Se fossi in te, più che su trame lineari, cercherei di lavorare sulla tecnica. Le idee che si intuiscono dalla lettura del tuo testo sono originali, ma vengono penalizzate da frasi lunghe e troppo raccontato. Con una scrittura più immersiva avrebbero un impatto e una chiarezza ben diverse.
Se desideri migliorare in tale senso, ci sono diverse risorse in rete (alcune delle quali 100% gratuite) che ti possono aiutare a dare alle tue storie tutta la chiarezza e la vitalità che si meritano.
Memorie dal Passato
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Ciao Alessandro, onestamente non trovo il tuo racconto molto collegato con il tema della serata.
Detto ciò, la storia che hai pensato viene penalizzata da frasi estremamente lunghe e piene di incisi. Ti suggerisco di lavorare su frasi più brevi, ma anche di puntare su dettagli più realistici e termini più precisi: scritto interamente in raccontato, il tuo testo fatica a coinvolgere il lettore.
Ti faccio qualche esempio “al volo” di alcuni passaggi che non mi hanno convinto:
“Provò a chiamarlo per qualche minuto “: “per qualche minuto” può essere due, dieci o anche trentasette minuti. Fa una bella differenza, no? Più che dare un’indicazione più o meno precisa dei minuti, cercherei di dare un’idea del tempo che passa mostrando la signora mentre si aggira e fa cose nell’antico complesso industriale , chiamando di tanto in tanto il cagnolino.
“come preso da improvvisa eccitazione “: taglierei, non aggiunge molto.
“a una cinquantina di metri di distanza“: è davvero necessario specificare la distanza? Oltretutto il “di distanza” si poteva tagliare.
“dove presumibilmente si era diretto “: anche questa parte appesantisce il testo senza aggiungere nulla: la taglierei.
“vide un centinaio di telai industriali abbandonati “: discorso simile per quello dei cinquanta metri. Come farà la signora, al buio, a vedere cento telai? Avrei scritto qualcosa tipo: “Una fila di telai industriali impolverati si perdeva nell’oscurità”
“e la scritta “Tessuti Nerozzi” su alcune pareti. “: “su alcune pareti” è troppo generico. Per conquistare il lettore devi aiutarlo a visualizzare meglio la scena, con dettagli più vividi. Ad esempio: “Una scritta scolorita si leggeva a malapena sulla parete incrostata e macchiata dalle infiltrazioni: ‘Tessuti Nerozzi’. “
Il finale è molto brusco, speravo in un indizio che aiutasse a capire meglio chi aveva ucciso l'uomo (o perché). Vista l'ora dell'ultima modifica, però, posso capire il motivo! :)
Mi scuso per il ritardo con cui sto rispondendo, purtroppo ho avuto seri problemi ed è già un miracolo che sia riuscito a trovare il tempo oggi prima che scadesse il tempo. Se la classifica vi scontenta chiedo scusa, non è mia intenzione offendere nessuno, soprattutto perché arrivato a un certo punto è stato veramente difficile per me decidere l'ordine. Ce ne sono alcuni che avrei volentieri messo parimerito.
Ciao Agostino, l'intuizione alla fine del racconto, il fatto che il concetto di eternità è ciò che distingue le nostre esperienza "infernali" sulla Terra dal verso Inferno, è molto valido e interessante, forse avrei preferito addirittura che fosse il tema centrale del racconto e non il "cliffhanger". Sulle parentesi ti hanno già detto che vanno evitate, per di più essendo la narrazione in quel punto in prima persona sono inutili perché ogni cosa che scriverai sarà comunque un pensiero, un'azione o una percezione del personaggio. L'inizio è un po' caotico, non ci sono abbastanza dettagli da farti capire cosa sta succedendo:
Mi volto. Occhi cremisi e zanne affilate. Sono così vicini che quasi posso sentirne l’odore.
Qui ad esempio: dove sono gli occhi e le zanne? Sono lupi in una foresta, leoni in una savana, qualcos'altro? Io ad esempio mi sono immaginato le anime di Alucard in Hellsing quando libera i sigilli. La seconda parte poi sarebbe totalmente da rivedere: prima di tutto il "quasi" che non ci sta: un odore o lo senti (anche poco) o non lo senti; seconda cosa che odore sente? Occhi e zanne affilate non hanno un odore (o almeno, non un odore che io possa facilmente associare a degli occhi o a dei denti), quindi suppongo sia l'odore delle bestie, però messa così, senza neanche sapere che bestie sono, non so cosa immaginarmi. Ci sono anche vari riferimenti temporali che andrebbero tolti per una narrazione più scorrevole (es: "Quando riesco nuovamente ad alzarmi in piedi", "Quando ritorna", "poi si rivolge al negoziante.") Devo dire che lo stacco tra prima e terza persona mi ha lasciato un pochino stordito, ma credo che l'effetto sia dovuto più che altro al fatto che non avevi abbastanza caratteri a disposizione per renderlo adeguatamente, è probabile che senza queste limitazioni avresti saputo renderlo molto meglio. Spero di esserti stato utile, buona gara!
Distrazioni
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Ciao Davide un racconto ben scritto a livello emotivo, si sente la frustrazione del protagonista per le condizioni di lavoro e l'odio per il capo tiranno (forse un po' stereotipato come ti ha già detto qualcuno, ma comunque efficace). Le ore scritte per esplicito potevano essere evitate, ma personalmente non le ho trovate particolarmente fastidiose. Se questo non fosse un racconto breve e ogni paragrafo fosse un capitolo l'ora scritta così all'inizio sarebbe stata percepita in modo più mite probabilmente, mentre a intervalli di poche righe possono in effetti risultare pesanti. Ti hanno già fatto l'elenco dei refusi quindi soprassiedo. Ho trovato interessante il modo in cui aumenti gradualmente la tensione all'interno delle scene fino a rendere persino giustificabile agli occhi del lettore un truce omicidio. Non è cosa da poco. L'unico appunto serio che mi viene da farti è riguardo la descrizione degli ambienti un po' spoglia, ho fatto fatica a capire certi avvenimenti (e mi unisco a Ivan nel dirti che, complice anche il tema della gara, ho passato 20 secondi a credere che Carlos agitasse un braccio mozzato di qualcuno prima di capire cosa stava realmente accadendo). Buona gara!
Voragine
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Ciao Dario Devo dire che l'ambientazione mi è piaciuta, anche se purtroppo non c'erano i caratteri per approfondirla come avrebbe meritato. Sull'alabarda elettrica, i droni e il resto mi sento di farti un appunto: fino a quel momento l'ambientazione sembrava contemporanea, forse persino un po' più indietro nel tempo (protagonista in armatura, un'alabarda come arma), mentre alla fine stravolgi tutto. L'alabarda è elettrica e va accesa, cosa che liquidi in due parole senza dare un contesto, quindi è impossibile immaginarsi qualsiasi cosa, e la piazza diventa improvvisamente piena di droni-telecamera, tanto che l'alabarda in volo deve "farsi largo", un'espressione che cozza molto con l'idea di un'arma in volo. Insomma avrei cercato di rendere fin da subito l'idea che l'ambientazione tendeva più alla scienza che al fantasy (soprattutto dopo che mi descrivi così accuratamente l'inferno). Un altro appunto a livello di trama e ambientazione è che suona un po' "strano" che diano a un condannato a morte come "ultimo pasto" due donne. Cioè, ci può stare per l'ambientazione se la definisci bene, ma se poi mi fai vedere che sono in Vaticano e che stanno cercando di rimediare ai suoi errori che hanno scatenato l'inferno è un po' il contrario del messaggio che stai cercando di far passare. Nel complesso comunque sia l'idea che lo stile mi son piaciuti (non mi dilungo su quest'ultimo punto, ho visto che ti hanno già vivisezionato e non ti potrei dire niente di più utile di quanto è stato già scritto quindi risparmio il tuo tempo). Forse in una forma più estesa (romanzo breve? Racconto lungo?) sarebbe stato molto più interessante da leggere, temo che il formato della gara abbia penalizzato parecchio un'idea altrimenti molto interessante.
Purificazione
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Ciao Alexandra, purtroppo devo dare ragione a quelli che hanno commentato prima di me dicendo che non si capisce molto di questo racconto, ma forse posso darti una mano nel capire il perché. La mia opinione è che tu abbia mostrato "la parte sbagliata dell'iceberg". Conoscerai immagino il principio dell'iceberg: ciò che traspare dal tuo libro è solo la punta di tutta la preparazione che c'è dietro. Il lavoro di uno scrittore non solo scrivere una storia, ma creare tutto il mondo in cui essa è ambientata e mostrare i punti determinati per permettere al lettore di capire quel mondo senza dovergli spiegare ogni singolo dettaglio. Ecco, la punta dell'icerberg è ciò che lo scrittore deve selezionare per poter buttare il lettore dentro il suo mondo. Tu hai fatto l'opposto: hai capovolgo l'iceberg mostrando tutto il mondo che hai preparato per la storia, ma senza mostrare davvero la storia, che era la parte più importante (e l'unica da mostrare davvero). In pratica nel tuo racconto si vedono due personaggi che il lettore non conosce che parlano di cose di cui il lettore non può in nessun modo capire nulla. È una scena che potrebbe stare nel mezzo -o alla fine- di un romanzo fantasy, ma non come inizio, perché manca proprio il "chi fa cosa". Spero di averti aiutato a fare chiarezza.
Perdizione
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Ciao Filippo, l'inizio del racconto mi ha lasciato un po' perplesso per la sua impostazione. Parte con il classico "uomo alpha cattivo" che minaccia la compagna, ma poi c'è questo pezzo:
con la mano destra alzata e l'indice minaccioso, aggiunse poi dondolando la testa: «E sarà meglio per te che le cena sia pronta entro le otto. Altrimenti...»
che me lo ha reso troppo stereotipo e ha perso tutta la sua forza l'impatto. Un po' per il parlare con la testa che dondola, che dicendo quelle parole lo fa apparire un po' come un cartone animato, un po' per la minaccia sospesa "Altrimenti..." che mi ha rafforzato quell'idea di "minaccia non esplicita perché siamo in un pubblico di minorenni". Il che cozza anche con il "Adesso levati dalle palle" che è letteralmente la prima frase del racconto. Un altro punto che mi ha estraniato un po' è questo:
Sebbene fosse una tiepida giornata di metà settembre, Anna indossava una gonna che la copriva fino alle caviglie e una maglietta a collo alto e maniche lunghe. Un cappello di paglia le fasciava la testa e un foulard di seta era avvolto intorno al collo. Tutti in paese sapevano, ma nessuno doveva vedere.
Qui mostri come si è vestita per coprire i segni delle violenze, ma lo fai "raccontandolo" in un momento in cui avresti potuto tranquillamente mostrarlo: lei è appena uscita ed è preoccupata che non le vedano i lividi, quindi delle piccole e rapide azioni di controllo sarebbero state più che normali. Ad esempio: si aggiustò la gonna lunga in modo che le coprisse le caviglie; si sistemò il foulard per non lasciare scoperto neanche un lembo di pelle... (n.d.a.: sono esempi terribili scritti sul momento senza ragionare sullo stile, è solo per darti un'idea di come avresti potuto trasformare una descrizione statica in una sequenza di azioni che rimarrebbero maggiormente impresse nel lettore.) Riguardo il realismo, sono andato un po' a cozzare con la scena in cui rimane svenuta a terra senza che nessuno facesse nulla. Non ci hai dato un contesto tale da pensare che ci fossero motivi validi per lasciare una donna morente a terra, il che oltre a essere reato di omissione di soccorso è pure disumano; e proprio perché lei non voleva che gli altri vedessero le sue ferite si può supporre che all'esterno qualcuno di un po' più umano ci sia. La mia impressione è che tu abbia puntato a mettere più tragedia possibile a discapito del realismo; avresti potuto inserire un passante che le dava una mano, facendole "assaporare" la gentilezza, cosa che le avrebbe reso ancora più duro tornare alla sua vita infernale. Insomma, con un po' di realismo in più potevi renderlo ancora più tragico. Mi dispiace, ma anche se si sentono molto le buone intenzioni che ci sono dietro al racconto non sono riuscito ad apprezzarlo. Spero di esserti stato utile.
Come stai?
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Ciao Giulio, visto che il racconto è diviso in due parti ben distinte ne approfitto per commentare le due parti a livello di scrittura e scrivere alla fine il giudizio complessivo. Prima parte: come ti hanno detto è molto immersiva, ma un po' troppo lunga. Si capisce bene il profondo disagio che prova il personaggio e anche in parte il suo dolore, ma risulta un po' difficile empatizzare con lui. Fa un po' l'effetto della persona che si lamenta di qualsiasi cosa e se la prende con tutti. Parlando di scrittura:
My personal trainer non si smentisce mai: funziona.
Qui per dare il giusto ordine temporale dovresti invertire le due cose: "Funziona, my personal trainer non si smentisce mai.", altrimenti prima dai un pensiero e poi dai l'informazione sensoriale dalla quale è nato il pensiero; come se il personaggio pensasso "è vuoto" solo dopo scrivi che stava guardando un vasetto di vetro.
L’orologio a muro segna le dieci e qualcosa, la lancetta lunga è pericolosamente in bilico tra il due e il tre. La dottoressa mi aspetta per le dieci e mezza.
Qui, oltre alla stessa considerazione di prima, c'è un "pericolosamente" che stona. Già introducendo prima che la dottoressa lo sta aspettando sarebbe più comprensibile il perché di quel "pericolosamente", ma anche così sembra che la lancetta debba cadere da un momento all'altro. Se dici semplicemente che la lancetta è tra i due numeri, sapendo che la dottoressa lo aspetta, il lettore capisce da solo il messaggio. Poi dopo invece che "lunga" la lancetta è "grande", io dato il cambio di nome ho frainteso pensado che per "grande" tu intendessi "grossa", cioè quella corta e grossa delle ore (classicamente negli orologi la lancetta corta è più spessa di quella lunga), solo dopo ho capito che hai chiamato in due modi diversi la stessa lancetta.
Sul davanzale c’è anche un bigliettino da visita: Dottoressa Agata Cristofori. Ho dimenticato di disdire l’appuntamento. Cause di forza maggiore, capirà.
Non ho capito bene questo punto: lui deve andare da una "dottoressa" finora senza nome, quindi a uno viene da pensare che sia questa qui, però poi parla di disdire l'appuntamento. Non è chiaro, sembra che voglia disdire l'appuntamento delle dieci e mezza.
Un What’s app da Claudia
Il nome dell'applicazione è "WhatsApp", se proprio vuoi scriverlo così. Il nome viene dall'espressione "What's up", la forma "What's app" è proprio sbagliata. Niente te l'hanno già detto in venti. Seconda parte: qui c'è del conflitto serio, anche se un po' meno introspettivo nel punto di vista. Ad esempio quando la dottoressa sbatte i pugni sul tavolo non c'è reazione: si è spaventato? Si è arrabbiato? Avrei voluto vedere qualcosa.
Sul soffitto c’è dell’umido
Non mi è arrivata l'immagine che volevi trasmettere: intendevi che sul soffitto dell'ufficio della dottoressa ci sono macchie di umidità? Scritto in questo modo ho avuto un secondo di flash in cui mi sono immaginato un sacchetto biodegradabile dell'umido appeso al soffitto. So che è una cosa stupida ma devi impedire ai tuoi lettori di fare associazioni mentali del genere.
«Per favore!» la donna sbatte con violenza i pugni sui fogli che ha davanti, «Lei si è fatto infilare… perché lo ha letto su internet?»
Capisco la dottoressa esasperata dal paziente, ma neanche il dottor Cox reagisce così ai pazienti che sono appena entrati nel suo ufficio. Chi ha studiato per anni e anni per arrivare lì non può permettersi un atteggiamento così poco professionale. Complessivamente il modo in cui scrivi non è male, sai inserire gli elementi in modo vivido e descrivi bene gli ambienti, però a volte inverti l'ordine di ciò che mostri o ti perdi in alcuni dettagli a discapito di altri. Probabilmente con un po' più di tempo per preparare le scene prima di metterle nero su bianco avresti avuto un effetto più immersivo. Spero di esserti stato utile.
Geremia
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Ciao Ilaria, come ti hanno già detto il tuo racconto è molto raccontato e riassunto, ma come dici tu non hai ancora approcciato uno studio serio dell'argomento, quindi cercherò di essere il più chiaro possibile su cosa "non va" nel racconto in modo che tu possa iniziare il tuo percorso nel modo più consapevole e sereno possibile. Quello che viene chiamato "mostra, non raccontare", più famoso nella sua versione inglese "show, don't tell", è la base della scrittura immersiva ed è ciò a cui uno scrittore dovrebbe puntare per rendere i suoi lettori partecipi delle sue storie. Nel tuo racconto inizi subito con un lungo riassunto del paese, del bar, del suo proprietario e della sua cameriera. Tutte informazioni che vengono "lanciate" -permettimi l'espressione- addosso al lettore senza che egli veda effettivamente qualcosa in azione. Alla fine di tutto noi sappiamo solo che c'è una parsona che dirige un bar di paese e che nel bar c'è una cameriera, tutto il resto verrà dimenticato dal lettore immediatamente (ad esempio: quando ho fatto la seconda lettura io non mi ricordavo già più del fatto che ci fosse una lista di cornetti, panini etc presente all'inizio del racconto). Quello che hai fatto tu si chiama "raccontato" (tell). Il "mostrato" (show) invece è descrivere quello che fa un personaggio istante per istante, come fai, ad esempio, qui:
Dalla sua finestra il signor Geremia si godeva lo spettacolo, le fiamme divoravano la struttura, sprigionando una colonna di fumo che metteva in allerta il quartiere. Bruciava tutto. Bruciava il bidone della carta, bruciava la porta, bruciava anche l’insegna sul davanti: “Andremo all’Inferno, ma almeno lasciateci liberi di peccare”.
Questo è un ottimo esempio di "mostrato": io vedo il personaggio alla finestra, vedo le fiamme che si propagano nell'edificio, vedo la colonna di fumo. Quell "che metteva in allerta il quartiere" è migliorabile, ma già così mi posso a grandi linee immaginare le persone per strada che guardano la casa in fiamme. Il secondo pezzo, "Bruciava... bruciava... bruciava..." non è altro che lo sguardo del tuo personaggio che si sposta sul bidone della carta, sulla porta, sull'insegna, notando con piacere che era tutto in fiamme. Questo è esattamente come dovrebbe essere un racconto. Il tuo stile di scrittura è buono, si vede che non sei alle prime armi, con uno studio serio dell'argomento sono certo che puoi puntare parecchio in alto. Spero di esserti stato d'aiuto, in caso avessi bisogno di ulteriori chiarimenti chiedi pure.
Ultima corsa
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Ciao Filippo, bel racconto, anche se è una classica ghost story è ben strutturata e la prima persona ti fa immedesimare bene nel personaggio. Ti lascio un paio di cose che ho notato potresti migliorare. I salti temporali minimi li eviterei: dopo il primo salto credevo che la ragazza chiudesse la portiera per uscire, ovvero pensavo che tu avessi voluto saltare tutto il viaggio in auto (legittimo se non succede niente di rilevante), invece dopo ho capito che era salita. Così hai saltato pochi secondi che potevi descrivere, non hai avuto un guadagno effettivo e confondi il lettore. Idem per il salto dopo in cui passi da loro che sono in macchina da qualche parte a loro che sono sempre in macchina, sempre da qualche parte. Puoi togliere quell'asterisco e il testo scorre comunque.
Durante il tragitto metto un po’ di musica. “Non hai qualcosa di più recente?” mi fulmina lei. “Più recente dell’ultimo di Guè Pequeno?”
Questo pezzo ha un effetto estraniante, perché prima mi dici che è musica generica, quindi non so di preciso cosa immaginarmi, poi la ragazza dice che è roba vecchia e solo dopo due righe scopro che è Gué Pequeno, che è l'informazione fondamentale per capire lo scambio di battute. L'effetto sarebbe migliore se lo avessi scritto fin dalla prima riga, dopotutto il narratore punto di vista sa che canzone sta ascoltando, non ha senso tenerlo sul vago.
Resti tra noi, ma il fatto che ci sia gente che se ne sbatte dei decreti, mi provoca un sottile e sadico piacere.
Qui il personaggio sta parlando direttamente col lettore, che è una cosa da evitare possibilmente. Basta togliere "Resti tra noi, ma" e il resto funziona perfettamente.
“Perché? Ha detto massimo alle due, mancano dieci minuti. Dovrebbe uscire a mom...” Mi muoiono le parole di bocca nel momento in cui rivolgo lo sguardo al locale.
Qui problema analogo a prima: il personaggio vede qualcosa e smette di parlare in reazione a ciò che vede, ma il lettore non vede nulla fino alla riga dopo. Al posto di "Mi muoiono..." bastava scrivere "il locale è sparito." e il lettore capisce all'istante che il tizio ha smesso di parlare perché non c'è più il locale.
Lancio un grido di paura quando sento la voce dell’uomo alla mia destra. È seduto accanto a me.
Sempre lo stesso problema di prima, stai invertendo causa ed effetto. Prima la causa, poi l'effetto. Ho notato che quando lo fai inserisci sempre un avverbio temporale. Prova a non usarne, neanche uno. Togli i "quando", "poi", "mentre", "nel momento" e quando non avrai più modo di invertire l'ordine temporale degli eventi che descrivi vedrai che la tua unica possibilità sarà di descrivere ciò che succede istante per istante. Spero di esserti stato utile
Memorie dal passato
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Ciao Alessandro, Ho trovato interessante l'idea di fondo dell'anziana signora che fa la macabra scoperta, ma purtroppo devo dare ragione a chi ha commentato prima di me sull'esecuzione. Mancano alcuni aspetti fondamentali, come un coinvolgimento emotivo con il personaggio attraverso le sue azioni e non degli "spiegoni". Cerco di aiutarti su alcuni punti che ho trovato particolarmente critici.
La signora Ileana, un’anziana vedova che, da appassionata di storia romana, lo aveva chiamato così dopo averlo trovato, ancora cucciolo, con la coda mozzata, si godeva quel giro, tra i luoghi della sua giovinezza, ricordandosi di quando camminava per quelle vie ancora ricche di vita.
Fai attenzione quando usi frasi così lunghe piene di subordinate e incisi, io sono arrivato a "si godeva quel giro" che non capivo più se il soggetto era la signora o il cane, ed ero solo a metà periodo. Vedo che questa frase ha causato la reazione di praticamente tutti quelli che sono venuti prima di me, quindi cerco di fare un passo in più e darti una possibile soluzione per aggiustarla. Rileggi la frase: la maggior parte delle informazioni non sono funzionali a questa scena né, in generale, al racconto. È importante che sia vedova? No, allora togli quell'inciso. È difficile capire che il cane si chiama così in onore a Muzio Scevola? Neanche, allora togli pure quell'inciso. È importante che lo abbia trovato quando era cucciolo? No, tanto ora non è un cucciolo quindi non ci interessa, puoi togliere anche quel pezzo. La coda mozzata è importante? Sì, ci serve per immaginarci il cane. Anche se non ne conosciamo la razza, ma è comunque un dettaglio visivo che se c'è dobbiamo avere. "La signora Ileana lo aveva chiamato così dopo averlo trovato con la coda mozzata." Molto più immediato e non contiene informazioni che il lettore si dimenticherà dopo altre due righe. Ho notato che in generale fai un larghissimo uso di virgole, molto spesso spezzando troppo la narrazione, soprattutto nei punti in cui questa dovrebbe essere veloce e immediata.
Non si fece prendere, abbaiò e corse in avanti, come preso da improvvisa eccitazione, giù per due rampe, senza fermarsi.
Può diventare per esempio: "Non si fece prendere, abbaiò e corse giù per due rampe senza fermarsi."
Si avvicinò al presunto scheletro ed ebbe conferma del suo timore.
Qui c'è un problema grosso: durante la "divagazione" su Nerozzi hai cercato di "rimanere" in un certo senso nel punto di vista affermando che quella divagazione fosse il flusso di pensieri del personaggio. Non è un modo molto elegante per dare le informazioni, probabilmente in prima persona sarebbe stato reso molto meglio quel passaggio, ma era accettabile. Qui mi stai catapultando fuori dal punto di vista. "Ebbe conferma del suo timore". Quale timore? Chi è il tizio? Cosa ha visto? Non sappiamo niente, lo scopriamo molte righe dopo, siamo completamente fuori da lei. Spero di esserti stato utile.
Il pellegrino
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Ciao Francesco, ci ho messo un po' a capire che era la discesa di Dante all'inferno da un altro punto di vista, ma quando l'ho capito mi ha fatto un'ottima impressione. Come ti hanno già fatto notare il fatto di non andare mai a capo (per quanto personalmente non mi piace parlare dell'impaginazione di un testo) può dare un brutto effetto, soprattutto se contrapposto alla divina commedia notoriamente in endecasillabi. Forse un po' troppo poetico per essere l'inferno, proprio il libro dei tre che è scritto in uno stile più vicino al volgare, ma questa è un'opinione soggettiva. Devo dire che si sentono moltissimo le emozioni del gigante in questo testo, mi è piaciuto perché è riuscito a trasportarmi mentalmente in quel luogo. Non ho capito invece il finale: da quel che ho capito è una "director's cut" della divina commedia (passami il termine umoristicamente parlando), ma il problema è che da quel punto in poi diventa tutto molto sfumato e incomprensibile. Forse perché è il gigante stesso che non riesce a capire cosa sta succedendo, ma ha comunque un effetto troppo estraniante. In generale comunque mi è piaciuto molto per le emozioni che è stato capace di trasmettere.
Buongiorno a tutti, è la mia prima classifica e ho cercato di essere quanto più obiettivo possibile. Ma per un paio di racconti ho premiato l'emozione che mi hanno suscitato.
Distrazione Ciao Davide. Lineare e preciso, a parte qualche refuso da poco (quasi tutti nascosti dal cervello). L'atmosfera si 'palpa' per davvero. I dettagli concreti si sposano bene al clima surreale. Ci avrei aggiunto giusto qualche rumore da stanzoni misteriosi e zone male illuminate per colpa dei neon. Il capo-reparto è un bastardo. Ma potrebbe avere le sue motivazioni per trattarli male... infatti alla prima occasione il protagonista lo macina! La divisione in orari pieni non disturba la lettura. Ma avrei trovato altri espedienti, magari riducendo gli intervalli di tempo. Se Carlos e il capo-reparto possono andare bene così, si poteva approfondire di più il protagonista per creare maggiore empatia. Ma è un racconto breve e bisogna andare al punto: si può assetare i dipendenti, ma guai a toccare Carlos!
Ultima corsa Ciao Filippo. Il racconto mi è piaciuto e l'ho digerito benissimo. Il tuo "Vai all'Inferno" è quello che mi è piaciuto più di tutti. Sarà che nelle mie zone c'era davvero un locale chiamato 'inferno' (come in ogni zona d'Italia, penso) che ora è diroccato, sarà che l'età delle discoteche è passata, ma non da tanto... Insomma, la tipa strozzata che prende il taxi è una bella trovata. Bella anche la scelta delle restrizioni che affliggono i taxi. Premesso questo, credo che il finale (da 'sadico piacere') potrebbe essere migliorato per dare incisività ancora maggiore. Ci sta che si addormenti, ma avrei voluto vederlo. Visto che il tipo fuori col cane (che poi diventa il tipo dentro col cane, a una prima lettura pensavo fossero in due!) e le riflessioni del protagonista servono a spiegare la storia, potevi farlo risvegliare da solo, di fronte al locale fatiscente, lasciando lui e noi lettori nel dubbio. E, eventualmente, far raccontare dal vecchio Ernesto nel finale qualche cosa della tipa strangolata. Però queste sono solo mie profane opinioni! E ribadisco che la lettura mi ha divertito.
Cocytos Ciao Agostino. Come hanno già scritto, si legge tutto d'un fiato e l'ambientazione ci sta. L'immagine delle lapidi e dei soldati che cantano e marciano a braccia tese mi è piaciuta. Il primo pezzo fatto di foreste e bestie può essere generico, ma le statue mutilate e l'abisso che aspetta i soldati è il suo inferno. Il titolo toglie parte della sorpresa. Se l'avessi chiamato "droghe" :-) la discesa all'inferno sarebbe stata meno prevedibile. C'è del raccontato, ma non sono abbastanza esperto per giudicare. Visto come scrivi, la parentesi dell'inizio potevi scioglierla nel testo senza problemi. Piccole opinioni personali: - Non sono convinto che un veterano parlerebbe in quel modo di Verdun. Forse da 'ho visto' a 'bombe' poteva essere tolto per dare verosimiglianza. - 'avanzo senza chiedermi il perché' e 'sono sicuro che una luce stia comparendo davanti a me' possono essere scritti meglio, ma sono sicuro che il tempo ha avuto la sua parte.
Voragine Ciao Dario. Lla donna papa e lo squarcio alla 'Dragon Age: Inquisition' aperto davanti a San Pietro mi sono piaciuti. Anche l'alabarda elettronica stile Star Wars! Mi è piaciuta la scelta di iniziare nella stanza dove il Papa sta esaudendo l'ultimo desiderio, ma avrei reso meno animalesco il rapporto a tre (ho dovuto leggere due volte per capire cosa stesse succedendo) e enfatizzato il rapporto tra il protagonista il vecchio Papa. Sullo stile di scrittura hanno già scritto gli altri. Il passaggio davanti a San Pietro è chiaro, meno il finale. il protagonista sospetta che l'ex- Papa abbia in mente qualcosa e lo fa fuori lanciando l'alabarda (che non è proprio un arma adatta al lancio, ma siamo nel futuro e magari ci sta)... Tra l'altro il tempo sembra rallentare. Se conosceva bene il Papa potevi seminare qualcosa mentre lo scortava in Piazza.
Come stai? Ciao Giulio. Lui è già all'Inferno! Soprattutto quel dolore/bruciore che lo accompagna nella narrazione si fa sentire. Un particolare che ho apprezzato, così come la scelta della malattia. Nel finale sono rimasto dubbioso su chi abbia ragione tra la dottoressa e il protagonista: essendo l'ipocondria così totalizzante e complessa, mi sarei aspettato più argomentazioni a favore del PdV! A parte alcuni passaggi in cui, come già detto da altri qua sopra, il mostrato si sofferma su cose che un essere umano non noterebbe, l'ho letto tutto d'un fiato. Ho solo dovuto riprenderlo un attimo per focalizzare meglio le due dottoresse (subito pensavo fosse la stessa). Azzeccata la scelta estrema della colonscopia!
Perdizione Ciao Filippo. è la prima volta che entro nell'Arena e non ho esperienza delle storie che vengono scritte/lette. Ma gli argomenti affrontati sono tosti. La scelta di scrivere di una protagonista bigotta, che accetta le cose solo perché è Dio a mandarle, può far perdere un po' di empatia. La mentalità media del lettore non credo veda come virtù l'accettare i torti per guadagnarsi le porte del Paradiso. Ad esempio: sopportare la violenza psicologica e fisica tutti i giorni per proteggere un eventuale figlio sino alla maggiore età, e nel mentre pianificare un' eventuale fuga, avrebbe un peso morale diverso e il lettore tiferebbe di più per la sua lotta. Non ho fatto fatica a leggerti, anzi. C'è molto raccontato, ma le frasi con tante subordinate non mi hanno creato particolari problemi. Il finale è tragico. Lei è stata sempre buona per arrivare in Paradiso, ma si accorge di essere all'Inferno. Un finale del genere (che io ho davvero apprezzato), poteva essere reso con maggiore vividezza e coerenza di dettagli. Il vedere un bambino che corre non basta per giustificare il riaffiorare di un ricordo così pesante, cancellato dalla mente da circuiti neuronali così complessi che nemmeno ore di psichiatria riescono a far affiorare. Tanto meno la rivelazione sulla sua vita 'infernale'. Nella vita tutto è possibile, ma in un racconto avrei calcato un po' di più.
Purificazione Ciao Alessandra. Sarò breve, perché le cose che non vanno le hanno già enfatizzate altri nei post precedenti. Anche io ho faticato a capire cosa stesse accadendo. Arrivato a metà sono ripartito da capo e poi ho riletto tutto... ma anche lì sono rimasto con dei buchi! Si sente il lavoro di ambientazione sottostante (che ho apprezzato), ma tutte quelle meccaniche fanno fatica ad arrivare in un testo così breve, schiacciando (consentimi il termine) la trama. Altro elemento che rende difficile la comprensione potrebbe essere l'alternarsi del 'lui' e del 'lei' piazzati quando ancora non ho avuto abbastanza tempo per immaginarmi i personaggi e capire i loro ruoli.
Pellegrino Ciao Francesco. Apprezzo molto i simboli e i significati allegorici nella scrittura, ma qua ce n'erano tanti che mi sono un po' perso. Tra l'altro per essere letto occorreva un substrato che non è da tutti, in particolare all'inizio dove ci sono ben tre nomi e un pellegrino. Ho dovuto rileggere una seconda volta scandendo parola per parola per non perdermi. Diverso il finale, dove il senso lirico e le figure diventano un po' più limpidi; qui la letture risente di più il cambio del PdV. La ricchezza di vocaboli e la costruzione delle frasi denota una abilità non comune. Invidio la tua ricercatezza e certe scelte coraggiose e azzeccate. Ma nella complessità deve essermi sfuggito il cuore della narrazione, e nel leggere, invece di scaldarmi sono rimasto alla stessa temperatura.
Geremia Ciao Ilaria. Concordo su quanto scritto dai colleghi qui sopra. Essendo un lettore che apprezza fin troppo le ambientazioni, non soffro granché il 'raccontato': ma tre capoversi sono tantini. Il tipo odia il concorrente non tanto perché gli ridurrà l'incasso, ma perché gli soffia la giovane cameriera. A tal punto che gli farà bruciare il locale! Essendo questo il messaggio, avrei speso qualche riga in più sull'allontanamento della ragazza dal suo bar, e sulla ricerca di Geremia, che, visto il finale, immagino frenetica e.. morbosa. Comunque la deriva psichiatrica del signor Geremia mi è piaciuta, aggravata da lucida premeditazione. Se Dante per una donna è sceso all'Inferno, perché Geremia non può bruciare un locale appena aperto?
Memorie dal Passato Ciao Alessandro. Ti hanno già preso abbastanza a mazzate, però in maniera costruttiva. Nei commenti qui sopra ci sono almeno 3-4 spunti che valgono oro per chi vuole migliorare lo stile, tra l'altro riportati da più autori, tutti con maggiore esperienza di noi. Dico noi perché anch'io leggo con avidità i commenti e i suggerimenti a testi altrui. Avendo letto il tuo brano con maggiore attenzione in previsione del commento, li ho apprezzati ancora di più. Togli tutte quelle virgole, soprattutto quelle che separano soggetto dal predicato e quelle che contengono incisi superflui. Niente risposte del cane; niente 'entusiasticamente'. Anzi, potevi farlo sfracellare in mezzo ai detriti nelle prime righe... Così, oltre a risolvere qualche problema stilistico, avresti dato una bella connotazione drammatica, un dolore che solo quella ricca vedova può provare di fronte agli ultimi gemiti di Scevola.
Eccomi. L'ultimo pulcino che si affretta a mettersi in fila con i fratelli.
I miei commenti arrivano in ritardo (ho sbagliato gruppo e ho dovuto concentrare tutti i giudizi in due giorni) e magari ho poco da aggiungere, ma cerco di giustificare la mia classifica. Voglio rendere un po' più espliciti i miei criteri di valutazione per la classifica finale, perché anch’essi potrebbe essere migliorati. (Siete liberi di venire ad insultare me e il mio metodo in privato, su Facebook ad esempio.) Per ogni criterio, ho assegnato una votazione da 1 a 10 e stilato la classifica finale sommando i punteggi, in modo da penalizzare un testo carente in un aspetto, mentre parecchio valido negli altri. Ho valutato anche il mio testo con un punteggio che mi piazzerebbe in un ipotetico settimo posto in questo gruppo.
Tema. Qualunque sia l’interpretazione della frase “vai all’inferno!”, ho giudicato quanto essa fosse centrale, premiando infine chi ha sfruttato più significati (ad esempio: viaggio fisico + esclamazione di rabbia, ma non solo). Trama. Ho considerato una combinazione di Situazione normale + conflitto + risoluzione, includendo un finale aperto, se ben gestito, l’ambientazione di sfondo comunicata con il “non detto” dei racconti brevi. Stile. Sono un umile servo del mostrato, ma in questo caso mi limito a valutare come lo stile riesca ad essere funzionale alla trama e all’obiettivo del racconto. Va da sé che la maggior parte dei racconti richiede un’immedesimazione, e quindi il mostrato sarà più efficace.
1 - Voragine, di Dario Cinti
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Tema. Sembra centrato. Qualcuno sta davvero andando all’inferno; anzi, viene costretto ad andare all’inferno con la stessa foga con cui si usa l’espressione. Quest’ultima, infine, è anche presente.
Trama. L’intera ambientazione è davvero particolare e mi ha tenuto incollato, malgrado lo stile a me avverso, perché volevo saperne sempre di più. Anche la storia è accattivante; non vengono specificate le azioni che hanno condotto l’ex papa a ritrovarsi lì, ma vengono invece accennate con un dialogo realistico. La curiosità di saperne di più c’è, ma è giusto che non siano state spiattellati nel testo a mo' di infodump. Peccato per l’accelerata finale, troppo sbrigativa che non rende giustizia alla storia.
Stile. Troppo ricercato per i miei gusti. Si sente l’influsso del raccontato (che avranno già fatto notare con numerosi esempi) e avrei scelto un narratore diverso, magari lo stesso papa, perché il PdV è troppo passivo.
In generale, una buona prova. L'ambientazione mi è rimasta impressa in mente e ciò significa che la storia mi ha lasciato qualcosa.
2 - Ultima corsa, di Filippo Santaniello
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Tema. Il “vai all’inferno” qui è una richiesta esplicita. Per quanto si riferisca al nome del locale, potrebbe anche riferirsi all’inferno che le vittime del killer hanno provato
Trama. L’idea di base è molto accattivante. Ho trovato un po’ confusionaria la scena centrale, con il vecchietto/fantasma/scheletro: chi è? Che ruolo ha? Perché gira in quelle zone un essere soprannaturale? Mi sembra di capire che, nel finale, la ragazza con il foulard rosso non sia il fantasma, ma un’altra vittima del killer.
Stile. Anche qui non entro molto nei dettagli, da bravo ultimo commentatore. Mi limito ad un “c’è troppo raccontato in questo racconto”, che rallenta la narrazione proprio lì dove necessita di sprint. Consiglio di usare delle brevi azioni per spezzare i dialoghi, e di rimuovere i “quanto”, i “mentre” e i discorsi indiretti. Ho trovato fastidioso anche il continuo andare a capo per separare ogni periodo.
In generale, mi è piaciuto parecchio come racconto, mi ha trascinato fino alla fine.
3 - Distrazioni, di Davide Di Tullio
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Tema. Viene prima espresso dai gesti del PdV e che dalle parole. Direi che è rispettato, con una conferma dovuta all’ultimo scambio di battute che, a proposito, avrei invertito. • «Chiama la sicurezza, il capo si è distratto ha avuto un brutto incidente.» • Carlos mi guarda e sorride. «Lo hai spedito all’inferno…»
Trama. Sembra che l’antagonista sia un capo un po’ troppo malvagio perché sì. La situazione è troppo calma, come se fosse una scena di vita quotidiana dei personaggi in cui deve ancora scattare quel qualcosa che genera la vera storia da narrare.
Stile. Ti leggo per la seconda volta e il tuo stile mi piace parecchio. Ai fini della gara, segnalo che al secondo paragrafo vi è una lunga serie di azioni che ho trovato ruvida da leggere. Credo sia difficile dosare virgole, punti e congiunzioni in questi casi. Magari potrebbero essere separati da qualche pensiero del PdV. Anche successivamente vi è una serie di frasi “azione & azione” che alla lunga sembra meccanica (ho spesso anche io questo problema, e pur notandolo non conosco una vera soluzione).
In generale, ottima prestazione. Non mi stupirei se arrivasse al podio.
4 - Come stai?, di Giulio Marchese
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Tema. Non lo sento presente, se non come generica espressione al termine del racconto ma qualsiasi altro “invito poco cortese” sarebbe stato equivalente. *Aggiunta: La rabbia che il personaggio prova verso tutti gli altri, che non credono al suo stare male, viene diluita un po' nei suoi modi di fare della prima scena che hanno spostato la mia attenzione verso possibili ossessioni maniacali; avrei preferito più spazio a questa azione dello scacciare gli altri proprio per far risaltare maggiormente il tema.
Trama. Un uomo (forse) ipocondriaco non riconosce di esserlo. Sarebbe un gran spunto per una storia a tema piscologico. Nella storia, però, il conflitto con la malattia non viene affrontato. Al termine della narrazione, il protagonista si ritrova al punto di partenza: lui sta male, ma nessuno gli crede.
Stile. Lo trovo molto simile al mio, vogliamo aderire entrambi al mostrato ma ci manca ancora tanta pratica. Alcuni dettagli sono superflui, come l’atto di girare la maniglia per uscire dalla porta, ma qualcun altro te l’ha già fatto notare. Altri, come il passare il dito sulla polvere, potrebbe indicare degli atteggiamenti maniacali, come un’ossessione per la pulizia, e li ho invece apprezzati. Si tratta di equilibrare i dettagli, dar loro una motivazione ed un ruolo all’interno della storia. La scrittura sembra comunque indirizzata ad uno stile chiaro e limpido.
Prestazione discreta, senza infamia e senza (particolari) lodi. A pari merito con Cocytos, di Agostino Langellotti. Ho invertito quarta e quinta posizione tante di quelle volte che alla fine mi sono arreso.
5 - Cocytos, di Agostino Langellotti
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Tema. Manca un po’ dell’energia di un “vai all’inferno!” vecchio stile, ma qualcuno va all’inferno e il tema è rispettato. La volontarietà del protagonista da una sfumatura di originalità.
Trama. Forse è la parte più mancante. Qualcuno vuole provare emozioni forti, e va all’inferno nella quale rimane incastrato. Manca un pizzico di conflitto, che forse non riesce ad emergere a causa delle solite restrizioni sul numero di caratteri. Bella l’idea dove la differenza tra l’inferno terrestre e quello vero è dato da un unico, grande fattore: l’eternità.
Stile. Buono stile, con poche tracce di raccontato e qualche esperimento (come le parentesi?). Consigliere di non usare le espressioni sensoriali (l’ho sentita afferrarmi…), le espressioni come “quasi” (…quasi posso sentirne l’odore? Lo sente o non lo sente?) e di accorciare i beat che separano due frasi dette dallo stesso personaggio. Altri due esempi che, a mio avviso, sanno di raccontato sono: • Sono sicuro che una luce stia comparendo compare davanti a me. (magari mostrando successivamente se il PdV si stava sbagliando) • Allora capisco cheil negoziante aveva ragione.(basta il pensiero diretto)
Una prestazione più che discreta nella tecnica, che deve lottare contro i gusti del singolo lettore. A pari merito con Come stai?, di Giulio Marchese. Ho invertito quarta e quinta posizione tante di quelle volte che alla fine mi sono arreso.
6 - Il pellegrino, di Francesco Battaglia
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Tema. Come in altri testi, c’è tanto inferno ma manca il vai che da energia, spinta, dinamismo. Tema mezzo centrato?
Trama. Un viaggio tra mondi ultraterreni danteschi, con un finale un po’ imprevisto. Purtroppo, sembra che ci sia più soffio stilistico che vera storia, con quel che accade visto la lontano e, a tratti, immotivato.
Stile. Un raccontato che, nei criteri dello stile, sembra essere ben fatto. Il lettore deve impegnarsi per comprendere l’effettiva storia o anche solo per leggere in maniera fluida, ma non significa che questo sia un difetto del testo. È necessario chiedersi il perché si scrive: raccontare una storia, trasmettere emozioni, trasmettere una morale, diffondere cultura o anche, come qualcuno ha detto, restituire soddisfazione allo stesso scrittore. Le regole del contest non richiedono di scrivere un racconto vendibile, ovvero nato per raccontare una storia nel migliore dei modi; quindi, considerando i criteri del raccontato a cui aderisce il racconto, e considerati gli altri scritti appartenenti alla stessa scelta stilistica, reputo la scrittura ottima.
Personalmente, ho trovato lo stile sull’orlo dell’incomprensibile, eppure estremamente elegante. A pari merito con i brani del quarto e quinto posto, ma ho deciso di posizionarlo al sesto per la difficoltà che ho avuto nella sua lettura.
7 - Geremia, di Ilaria Masini
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Tema. Qualcuno va all’Inferno, ma è un’esclamazione di rabbia? Un viaggio nell’inferno fisico? Percepisco un tema appena sfiorato dal racconto.
Trama. La rivalità fra Geremia e il proprietario dell’altro locale potrebbe essere solo l’inizio di uno scontro avvincente, ma per diversi motivi non viene approfondito. Particolare la motivazione del protagonista, che coinvolge in realtà la cameriera del locale, e la freddezza con cui si rivolge alla malavita per la sua vendetta.
Stile. A causa di un raccontato, forse usato senza specifica intenzione, il testo si perde in informazioni superflue (qualcuno avrà già detto infodump). La storia è fumosa, un po’ vaga e diluita soprattutto nella prima parte. Questa trama necessita di una scrittura più diretta e limpida, che riesca a includere più scene capaci di far entrare in empatia con il personaggio di Geremia e quindi comprendere le sue scelte. Sono sicuro che chi è arrivato prima di me sia riuscito a farti esempi pratici di un buon mostrato.
Ho notato che avevi ancora parecchi caratteri a disposizione. Come fai? La maggior parte di noi passa l'ultima parte del tempo a tagliare parti superflue!
8 - Perdizione, di Filippo Mammoli
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Tema. Per quanto metaforico, il tema dell’inferno è presente. Tuttavia, sento un distacco dal tema completo inteso come “vai all’inferno!”; dovrebbe essere un qualcosa di dinamico, che esprime rabbia e agitazione. C’è “inferno”, manca il “vai”.
Trama. Viene narrata la storia di una donna che si accorge, quasi per caso, di vivere una vita sbagliata. Tuttavia, questo momento arriva alla fine del racconto, tutto il resto è la descrizione della situazione standard che deve ancora essere smossa da ciò che genera poi l’effettiva storia. Un unico grande punto di partenza.
Stile. come molti avranno fatto notare, li stile raccontato rende difficile l’immedesimazione nel racconto. Due elementi in particolare hanno infastidito la mia lettura: • Il dialogo introduttivo, dove non è subito chiaro chi sia il PdV della narrazione e chi, invece, sta parlando in quel momento. • L’altissimo numero di gerundi. Anche nel raccontato, prova a tagliarne qualcuno soprattutto se le due azioni collegate dal gerundio non avvengono nello stesso tempo.
Purtroppo, ho trovato il racconto un po' piatto.
9 - Memorie dal passato, di Alessandro Randone
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Tema. Come in altri testi, c’è tanto inferno ma manca il vai che da energia, spinta, dinamismo. Tema mezzo centrato? (sì, ho fatto copia-incolla)
Trama. La storia principale è una semplice passeggiata con il cane e un successivo ritrovamento particolare. Anche qui, sembra appena l’inizio di una storia. Ciò che veramente dovrebbe avere spessore, la storia dell’imprenditore, viene accennata e rimane di sottofondo, lasciando la curiosità su ciò che potrebbe essere la parte interessante.
Stile. Non critico il raccontato perché tale, ma alcuni difetti nascono in automatico dallo stile. Alcune frasi sono lunghe e ricche di subordinate, con informazioni superflue poste al limite dell’infodump. Le digressioni fanno perdere il senso della narrazione, di cosa stia accadendo.
Non sto entrando in dettaglio, commento per ultimo e sono sicuro che molte cose siano già state evidenziate, ciò che (forse) posso aggiungere è che, insomma, sembra più una fiaba che un racconto.
10 - Purificazione, di Alexandra Fischer
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Non ricopio qua il commento. Mi dispiace ammettere di non aver capito nulla del brano anche con più letture e che, a causa del mio errore riguardo i gruppi, non ho avuto il tempo per analizzare meglio un lavoro magari ricco di potenziale. Opto per posizionare il racconto all'ultimo posto, ma sono pronto a cambiare questo mio modo di fare per le edizioni future.
1) Distrazioni, di Davide Di Tullio Un racconto che mi ha convinto e che senza tutti quei refusi sarebbe stato da pollice su, ma ce ne sono troppi e quindi pollice quasi su. Sulla divisione in orari, forse si poteva trovare qualcosa di meglio, ma già così va bene. Quello che colpisce e la forza della narrazione che ti tiene dentro fino alla fine. Vero, forse potevi lavorare di più sui protagonisti dando qualche info in più, ma poco incide. Ottimo lavoro. 2) Ultima corsa, di Filippo Santaniello Molto bello con due problematiche da risolvere per portarlo al pollice su: 1) determinare meglio la figura del vecchio perché sembra essere in vita, ma il fatto che si materializzi dentro la macchina fa pensare al contrario (comprese le "dita schelettriche") e 2) il finale proprio non va perche fa pensare a un qualcosa che si ripete spesso mentre invece dovrebbe essere solo una tantum altrimenti sarebbe già una storiella conosciuta dai tassisti. Per me un pollice tendente verso l'alto in modo assolutamente brillante. 3) Voragine, di Dario Cinti Idea molto valida e realizzazione attenta e ben controllata. Non sono convinto del finale perché questa guardia sembra prendersi una libertà eccessiva e, in quel momento, anche superflua. Forse il problema sta nell'interruzione del rapporto conflittuale con l'ex Papa, ben gestito nella prima parte, ma totalmente abbandonato nella seconda, almeno fino alla decisione di intervenire. Te ne allontani per spaziare sul contesto e ci sta, ma in tal modo perdi il focus e l'ex Papa diventa quasi una macchietta priva di spessore. Insomma, strategicamente un errore, a mio parere. Direi un pollice tendente verso l'alto in modo brillante. 4) Come stai?, di Giulio Marchese Uno stile decisamente in evoluzione, Giulio, mi è piaciuto. Ci sono però alcune criticità interne che vanno risolte per aiutare nella lettura: 1) non sapendo dell'esistenza di un ospedale di nome CERVELLO il mio primo istinto è stato di cercare un seignificato alla tua scelta e questo mi ha portato per un attimo a pensare a una scena non sense (o quanto meno un sogno), 2) la seconda dottoressa svia l'attenzione perché si pensa che lui stesso abbia dimenticato che stesse preparandosi per andare e questo unito al primo punto mi ha portanto a pensare a una malattia mentale (che poi è vero, ma non era quella la via attraverso cui volevi portarci, mi sa). Quindi occhio a metterti sempre nei panni del lettore per non complicargli la vita, a meno che non sia tu stesso a volergliela complicare. Altre due criticità: la dottoressa ha delle reazioni poco contestualizzate perché non si fai percepire la sua reale frustrazione con quel paziente e quindi nel farla comunque agire in quel modo ci imponi (al lettore) un qualcosa che non ci è giunto naturalmente. Infine, il tema non è preso in pieno come in altri casi perché lui è già all'inferno e il mandarci la dottoressa non lo rende fondante del racconto. Detto questo, il racconto mi è piaciuto, ma senza queste problematiche poteva ambire al pollice su e invece devo fermarmi al tendente verso l'alto in modo brillante e in classifica devo posizionarti dietro al pari votato racconto di Cinti a causa della questione legata al tema. 5) Cocytos, di Agostino Langellotti Un testo davvero solido scritto con estrema consapevolezza, ma forse con un'attenzione troppo concentrata sulla forma perché mi sembra che l'empatia con il protagonista sia piuttosto problematica. Molto buona la suddivisione in tre parti, ma, anche qui, estremamente fredda nel suo risultato finale. Elliot ci rimane sempre troppo lontano e questo porta, sulla chiusa, a non apprezzare appieno il tutto e il punto di arrivo che ti eri preposto. Non credo aiuti la terza persona della seconda parte, nonostante l'esperimento sia affascinante. Per me un pollice tendente verso l'alto, ma non in modo brillante. 6) Perdizione, di Filippo Mammoli Racconto scritto bene che si legge altrettanto bene. Arrivato alla fine, qualcosa non mi ha convinto e, dopo averci riflettuto, credo che il problema risieda nel fatto che la protagonista avrebbe dovuto essere più contrastata. Vero, ci racconti della socializzazione subita nel suo cerchio ristretto, ma l'evento scatenante del bambino avrebbe dovuto creare più subbuglio e invece ti limiti a farla svenire per poi tornare passivamente alla sua vita. Occhio, non sto dicendo che sarebbe servito un affrancamento dalle sue catene e anzi è giusto che il racconto finisca con lei immersa nel suo inferno, però credo che il focus qui sarebbe stato il mostrarci la sua tempesta interiore, il suo istinto di sopravvivenza che veniva sedato dagli obblighi inculcati. Il lettore avrebbe dovuto trovarsi a navigare per un mare in tempesta e invece nada, il viaggio è pacato come un attraversamento infinito di uno stige in secca. Per me un pollice tendete verso l'alto, ma non in modo brillante. In classifica finisci dietro al pari votato racconto di Angellotti proprio per questo contrasto troppo sedato rinvenibile nel tuo testo. 7) Memorie dal passato, di Alessandro Randone Devo dire che questo gruppo ha dei commentatori davvero straordinari. Passando al racconto, vero, si rimane distanti e si segue questa protagonista nella sua discesa verso l'inferno in cui è rimasto intrappolato il Nerozzi, lo si raggiunge e poi chiudi. Simpatico il tuo modo di tratteggiare il cane, ma alla fine manca un "perché" e il lettore si ritrova con una, pur piacevole, lettura un pelo fine a se stessa. E il tema risulta davvero poco chiaro. Direi un pollice ni tendente verso il positivo perché la lettura mi è stata piacevole. 8) Il pellegrino, di Francesco Battaglia Credo sia un racconto con un preciso target di lettori, piuttosto ristretto a dire il vero. Il muro di parole del primo, lungo, paragrafo, è troppo pesante, a mio parere. Si parte con estremo interesse, ma dopo qualche riga ci si scontra con questo non mollare mai e si comincia a sentire il bisogno di un maggior respiro. Tra i due paragrafi sarebbe servito, inoltre, un a capo, poi riparti con un altro muro forse ancora più ostico perché, ancora di più, richiesdi una conoscenza determinata al lettore. Di sicuro non sono io il target di questo racconto, ma allo stesso tempo rischia di allontanare i potenziali target, ovviamente sempre a mio parere. Mi fermo su un pollice ni ammettendo però la mia ignoranza. 9) Geremia, di Ilaria Masini La sensazione è che tu debba ancora imparare a gestire il tempo a Minuti Contati. Parti con una certa attenzione e un ritmo compassato, poi devi accelerare rischiando anche di omettere informazioni importanti (come il fatto che Carmela si fosse messa in malattia). Alla fine, per chiudere devi ancora più velocizzare ed ecco che la richiesta all'escutore e l'esecuzione stessa dell'incendio si risolve in un amen. Per fare funzionare la decisione di Geremia di intervenire in quel modo avresti dovuto dedicare più spazio al suo rapporto con la cameriera, ma questo ti avrebbe portato ad andare ancora più corta di caratteri. Insomma, la conclusione è che a essere sbagliata, prima di ogni altra cosa, è stata la strategia e che avresti dovuto approcciare il racconto in un altro modo perché la via da te scelta non era consona ai 4000 caratteri. Per la prossima volta t'invito a delineare una precisa scaletta di eventi prima di partire con la scrittura e di provare a visualizzartela nei 4000 caratteri. Ci sta? Bene, cominci a scrivere. Non ci sta? Bene, si trova una nuova via o si fanno degli aggiustamenti interni e la mia soluzione, in racconti brevi, è sempre quella di omettere tutta la strada che porta alla scena finale e di concentrare il racconto su quella per fare uscire, in corso di narrato, l'antefatto mediante una sapiente semina. Pollice ni a questo giro. 10) Purificazione, di Alexandra Fischer La tua immaginazione è sempre densa di colori e questo è un tuo tratto distintivo, però non posso non rilanciarti, una volta di più, il mio invito a prenderti più tempo e non scrivere di getto, ma solo dopo avere intessuto la storia nei suoi punti principali. Qui si capisce poco, è vero. E inoltre c'è anche un certo rallentamento dopo un buon inizio e questo sempre quando, dopo avere fatto assaggiare il contesto al lettore, affronti i primi potenziali punti di svolta. Come esercizio per il prossimo MC ti direi di fare così: passa le prime due ore solo a pensare alla storia, a disegnarla nelle sue linee principali, a montartela in testa e solo a quel punto inizia a scrivere. Che tanto sei veloce, non è un problema se parti con la scrittura verso le 23, no? Tornando a questo testo, per me un pollice ni molto stirato.