Gutta cavat lapidem di Bruce Lagogrigio
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Gutta cavat lapidem di Bruce Lagogrigio
Gutta cavat lapidem di Bruce Lagogrigio
Lo so, non ti piace parlare. Non ti è mai piaciuto. Neppure adesso, neppure qui. In questa chiesa. E allora sarò io a farlo.
Che eri un taciturno l’ho capito dalla prima volta che ci siamo incontrati. Eri ancora un ragazzino che andava in colonia al mare, nei mitici anni sessanta. Ero piccola anch’io. Tu eri abbronzato, moro, belloccio, sdraiato sulla sabbia rovente, con una gamba alzata, sfregiata dai tentacoli di una medusa. Guardavi il mare senza emettere un lamento, con il viso fermo e impenetrabile, ma io ci vedevo dentro qualcosa. Una crepa, piccola e nascosta. Ho aspettato. Conosco il silenzio. So come funziona: prima ti si incolla addosso, poi ti avvolge, fino a diventare la sola cosa che rimane.
Ricordo la prima volta che invece ti sei accorto di me. Stavamo tornando insieme da quell’estate a Cesenatico. Lo stesso treno verso la stessa città. Mi osservavi di nascosto nel riflesso del finestrino, ma hai sempre fatto finta di non vedermi. Tu eri così. Sei così.
Ti sei deciso a parlarmi solo quando Licia ti ha mollato.
Eri solo un ragazzo, ma la cosa ti aveva bruciato nel profondo.
"Non qui", dicevi. E mi scacciavi con la mano.
Hai sempre cercato di allontanarmi, come si fa con un ospite indesiderato, ma io ho continuato a insistere, perché sapevo ti saresti arreso. Arreso a me.
Appena compiuti trent'anni, la situazione è peggiorata. Ci eravamo persi per un po’. Io avevo continuato la mia vita monotona e tu ti eri sposato. Poi, improvvisamente, mentre ti lavavi le mani nel bagno del Derby Club mi hai chiamato. E io, come una scema, sono corsa subito da te. Non mi dicesti molto, però capii quel che era successo. Lei non c’era più, ma al posto di aprirti e sfogarti, ti chiudesti ancora più in te stesso.
È stato allora che mi sono accorta di quanto stessi soffrendo. Eppure, anche quella volta, mi hai mandato via. Mi hai solo promesso che non avresti pianto e avresti tirato avanti. Ce l’avresti fatta da solo, come sempre.
Almeno avevo capito una cosa: ogni volta che il dolore ti toccava, tu venivi un po’ di più verso di me. Mi bastava attendere. E così ho fatto.
Non so come sei riuscito a vivere per tanto tempo in quel modo. Tutto ciò che ti circondava si fermava a un passo dalla tua pelle e si spegneva. Da allora ti sei trascinato stancamente per il mondo senza vederlo davvero. Sei diventato un uomo-pietra che è stato in mille paesi senza mai trovare una vera dimora. Chissà cosa cercavi davvero.
Fu dopo quella famosa cena al Moonshine con i tuoi colleghi che mi accompagnasti per la prima volta nella tua nuova casa a Cologno Monzese. Mi avevi accettato finalmente.
Ti sentivo svegliarti nel cuore della notte. Bere un sorso d’acqua e rimetterti a letto. Io aspettavo. Neanche allora mi facesti felice, ma sapevo che non potevi scappare. Ogni volta che stringevi le mascelle, ogni volta che facevi finta di niente, percepivo la battaglia dentro te.
Quanto ti costava fare finta che non fossi lì? Ma io non ero venuta in quella casa per farti del male. Ero venuta per liberarti.
Non hai mai pensato che lasciandomi andare ti saresti sentito meglio? Sarebbe stato solo un attimo, e poi saresti tornato a respirare, a essere tu.
Ma no, hai preferito restare così, imprigionato nella tua fortezza.
Solo che ormai la fortezza è crollata e tu non puoi più farci nulla.
Ora, davanti al suo sorriso, a tutte queste persone, al prete che non sopporti, puoi farlo.
Ti sei deciso, vero? Cosa aspetti?
Lo sai che sarà meglio. Lo sai che non puoi più farcela da solo. Hai bisogno di me, anche se non vuoi ammetterlo. Ho atteso tanto, troppo nel tuo dolore. Togli la tua corazza di pietra e gettala per terra. Hai paura, confessalo per una volta, ma non sarà peggio di questo. Non potrà mai essere peggio di questa prigione in cui ci siamo rinchiusi insieme per così tanto. Io e te, da soli, contro tutto il mondo.
Liberami.
Mi sbagliavo, non era dolore che ti ci voleva, ma gioia.
E allora piangi.
Lasciami correre sul tuo viso per quel che sono: una calda lacrima di dolore e
amore.
Lo so, non ti piace parlare. Non ti è mai piaciuto. Neppure adesso, neppure qui. In questa chiesa. E allora sarò io a farlo.
Che eri un taciturno l’ho capito dalla prima volta che ci siamo incontrati. Eri ancora un ragazzino che andava in colonia al mare, nei mitici anni sessanta. Ero piccola anch’io. Tu eri abbronzato, moro, belloccio, sdraiato sulla sabbia rovente, con una gamba alzata, sfregiata dai tentacoli di una medusa. Guardavi il mare senza emettere un lamento, con il viso fermo e impenetrabile, ma io ci vedevo dentro qualcosa. Una crepa, piccola e nascosta. Ho aspettato. Conosco il silenzio. So come funziona: prima ti si incolla addosso, poi ti avvolge, fino a diventare la sola cosa che rimane.
Ricordo la prima volta che invece ti sei accorto di me. Stavamo tornando insieme da quell’estate a Cesenatico. Lo stesso treno verso la stessa città. Mi osservavi di nascosto nel riflesso del finestrino, ma hai sempre fatto finta di non vedermi. Tu eri così. Sei così.
Ti sei deciso a parlarmi solo quando Licia ti ha mollato.
Eri solo un ragazzo, ma la cosa ti aveva bruciato nel profondo.
"Non qui", dicevi. E mi scacciavi con la mano.
Hai sempre cercato di allontanarmi, come si fa con un ospite indesiderato, ma io ho continuato a insistere, perché sapevo ti saresti arreso. Arreso a me.
Appena compiuti trent'anni, la situazione è peggiorata. Ci eravamo persi per un po’. Io avevo continuato la mia vita monotona e tu ti eri sposato. Poi, improvvisamente, mentre ti lavavi le mani nel bagno del Derby Club mi hai chiamato. E io, come una scema, sono corsa subito da te. Non mi dicesti molto, però capii quel che era successo. Lei non c’era più, ma al posto di aprirti e sfogarti, ti chiudesti ancora più in te stesso.
È stato allora che mi sono accorta di quanto stessi soffrendo. Eppure, anche quella volta, mi hai mandato via. Mi hai solo promesso che non avresti pianto e avresti tirato avanti. Ce l’avresti fatta da solo, come sempre.
Almeno avevo capito una cosa: ogni volta che il dolore ti toccava, tu venivi un po’ di più verso di me. Mi bastava attendere. E così ho fatto.
Non so come sei riuscito a vivere per tanto tempo in quel modo. Tutto ciò che ti circondava si fermava a un passo dalla tua pelle e si spegneva. Da allora ti sei trascinato stancamente per il mondo senza vederlo davvero. Sei diventato un uomo-pietra che è stato in mille paesi senza mai trovare una vera dimora. Chissà cosa cercavi davvero.
Fu dopo quella famosa cena al Moonshine con i tuoi colleghi che mi accompagnasti per la prima volta nella tua nuova casa a Cologno Monzese. Mi avevi accettato finalmente.
Ti sentivo svegliarti nel cuore della notte. Bere un sorso d’acqua e rimetterti a letto. Io aspettavo. Neanche allora mi facesti felice, ma sapevo che non potevi scappare. Ogni volta che stringevi le mascelle, ogni volta che facevi finta di niente, percepivo la battaglia dentro te.
Quanto ti costava fare finta che non fossi lì? Ma io non ero venuta in quella casa per farti del male. Ero venuta per liberarti.
Non hai mai pensato che lasciandomi andare ti saresti sentito meglio? Sarebbe stato solo un attimo, e poi saresti tornato a respirare, a essere tu.
Ma no, hai preferito restare così, imprigionato nella tua fortezza.
Solo che ormai la fortezza è crollata e tu non puoi più farci nulla.
Ora, davanti al suo sorriso, a tutte queste persone, al prete che non sopporti, puoi farlo.
Ti sei deciso, vero? Cosa aspetti?
Lo sai che sarà meglio. Lo sai che non puoi più farcela da solo. Hai bisogno di me, anche se non vuoi ammetterlo. Ho atteso tanto, troppo nel tuo dolore. Togli la tua corazza di pietra e gettala per terra. Hai paura, confessalo per una volta, ma non sarà peggio di questo. Non potrà mai essere peggio di questa prigione in cui ci siamo rinchiusi insieme per così tanto. Io e te, da soli, contro tutto il mondo.
Liberami.
Mi sbagliavo, non era dolore che ti ci voleva, ma gioia.
E allora piangi.
Lasciami correre sul tuo viso per quel che sono: una calda lacrima di dolore e
amore.
L'uomo prudente, con una frase elegante, si cava fuori da ogni garbuglio, e sa usar la lingua con la leggerezza di una piuma. Umberto Eco
Re: Gutta cavat lapidem di Bruce Lagogrigio
Ciao Bruce! Tutto ok con i parametri, buona BEPPE RONCARI EDITION!
- BruceLagogrigio
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Re: Gutta cavat lapidem di Bruce Lagogrigio
antico ha scritto:Ciao Bruce! Tutto ok con i parametri, buona BEPPE RONCARI EDITION!
Grazie Antico!
L'uomo prudente, con una frase elegante, si cava fuori da ogni garbuglio, e sa usar la lingua con la leggerezza di una piuma. Umberto Eco
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Re: Gutta cavat lapidem di Bruce Lagogrigio
Ciao Bruce, è un piacere rileggerti.
Il tuo è un racconto all’apparenza semplice, credo invece che sia stata dura scriverlo ( scriverlo bene intendo)
Non ci sono i nomi dei protagonisti, ciò nonostante nessun dettaglio visivo è lasciato al caso, cosa che rende veramente piacevole la lettura.
L’unica cosa che non mi ha convinto è il tuo modo di interpretare il tema del contest, il tuo racconto parla di due caratteri molti diversi che lottana nella vita con obbiettivi diversi che poi andranno conciliandosi.
Non c’è un punto di vista particolare, anche se c’è da dire che questa volta il tema era piuttosto ambiguo.
Comunque sia ottima prova.
Il tuo è un racconto all’apparenza semplice, credo invece che sia stata dura scriverlo ( scriverlo bene intendo)
Non ci sono i nomi dei protagonisti, ciò nonostante nessun dettaglio visivo è lasciato al caso, cosa che rende veramente piacevole la lettura.
L’unica cosa che non mi ha convinto è il tuo modo di interpretare il tema del contest, il tuo racconto parla di due caratteri molti diversi che lottana nella vita con obbiettivi diversi che poi andranno conciliandosi.
Non c’è un punto di vista particolare, anche se c’è da dire che questa volta il tema era piuttosto ambiguo.
Comunque sia ottima prova.
- Signor_Darcy
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Re: Gutta cavat lapidem di Bruce Lagogrigio
Ciao Bruce.
Racconto molto… raccontato, in cui la voce narrante elenca una lunga sequenza di fatti, momenti e date, dal suo punto di vista, con i suoi commenti a corollario.
A lungo, fino a una rilettura, ho pensato che la voce narrante fosse quella della morte; ma ovviamente non tornava il particolare del riflesso nel finestrino del treno.
Alla seconda lettura dell’ultima frase le cose cominciano a tornare (è scritto, nero su grigino, ma non c’ero arrivato subito, pensavo fosse una figura retorica. A volte pensiamo troppo.)
Mi sfugge solo il carattere di quello che sta succedendo in chiesa, ma suppongo sia un dettaglio. Non è un funerale, suppongo, altrimenti non avrebbe senso la questione della gioia, della temporanea vittoria sulla depressione.
Va be’, poco male.
Stilisticamente ho apprezzato alcuni singoli momenti, quelli meno raccontati (stridono molto prima il capoverso sulla casa di Cologno Monzese e la “famosa” – famosa perché? – cena al Moonshine e poi quello dopo, molto migliore, sulla notte, il sorso d’acuqa, le mascelle strette.
Attenzione alle rese verbali: “Non so come sei riuscito a vivere” vorrebbe il congiuntivo. Trattandosi di un racconto pacato ci sarebbe tutto il tempo per usarlo correttamente.
Dovrò leggere gli altri racconti per farmi un’idea più chiara sul tuo, insomma.
Racconto molto… raccontato, in cui la voce narrante elenca una lunga sequenza di fatti, momenti e date, dal suo punto di vista, con i suoi commenti a corollario.
A lungo, fino a una rilettura, ho pensato che la voce narrante fosse quella della morte; ma ovviamente non tornava il particolare del riflesso nel finestrino del treno.
Alla seconda lettura dell’ultima frase le cose cominciano a tornare (è scritto, nero su grigino, ma non c’ero arrivato subito, pensavo fosse una figura retorica. A volte pensiamo troppo.)
Mi sfugge solo il carattere di quello che sta succedendo in chiesa, ma suppongo sia un dettaglio. Non è un funerale, suppongo, altrimenti non avrebbe senso la questione della gioia, della temporanea vittoria sulla depressione.
Va be’, poco male.
Stilisticamente ho apprezzato alcuni singoli momenti, quelli meno raccontati (stridono molto prima il capoverso sulla casa di Cologno Monzese e la “famosa” – famosa perché? – cena al Moonshine e poi quello dopo, molto migliore, sulla notte, il sorso d’acuqa, le mascelle strette.
Attenzione alle rese verbali: “Non so come sei riuscito a vivere” vorrebbe il congiuntivo. Trattandosi di un racconto pacato ci sarebbe tutto il tempo per usarlo correttamente.
Dovrò leggere gli altri racconti per farmi un’idea più chiara sul tuo, insomma.
- BruceLagogrigio
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Re: Gutta cavat lapidem di Bruce Lagogrigio
Giovanni P ha scritto:Ciao Bruce, è un piacere rileggerti.
Il tuo è un racconto all’apparenza semplice, credo invece che sia stata dura scriverlo ( scriverlo bene intendo)
Non ci sono i nomi dei protagonisti, ciò nonostante nessun dettaglio visivo è lasciato al caso, cosa che rende veramente piacevole la lettura.
L’unica cosa che non mi ha convinto è il tuo modo di interpretare il tema del contest, il tuo racconto parla di due caratteri molti diversi che lottana nella vita con obbiettivi diversi che poi andranno conciliandosi.
Non c’è un punto di vista particolare, anche se c’è da dire che questa volta il tema era piuttosto ambiguo.
Comunque sia ottima prova.
Ciao Giovanni, ammetto che è stato il racconto più difficile da quando sono su MC, ma era da un po' che volevo provare questo stile raccontato, narrando una storia sospesa e intimistica (con uno stile più "femminile" rispetto al mio e ispirandomi alle scrittrici di Minuti Contati e non solo). Per cui sono molto curioso di vedere come verrà giudicato. Il punto di vista "abbastanza particolare" è citata esplicitamente nell'ultima riga della storia ;). E non è una persona.
Alla prossima!
L'uomo prudente, con una frase elegante, si cava fuori da ogni garbuglio, e sa usar la lingua con la leggerezza di una piuma. Umberto Eco
- BruceLagogrigio
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Re: Gutta cavat lapidem di Bruce Lagogrigio
Giovanni P ha scritto:Aspetta, è la lacrima?
Esatto!
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Re: Gutta cavat lapidem di Bruce Lagogrigio
Hai guadagnato moooolti punti. Scusami, ma non avevo capito.
- BruceLagogrigio
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Re: Gutta cavat lapidem di Bruce Lagogrigio
Signor_Darcy ha scritto:Ciao Bruce.
Racconto molto… raccontato, in cui la voce narrante elenca una lunga sequenza di fatti, momenti e date, dal suo punto di vista, con i suoi commenti a corollario.
A lungo, fino a una rilettura, ho pensato che la voce narrante fosse quella della morte; ma ovviamente non tornava il particolare del riflesso nel finestrino del treno.
Alla seconda lettura dell’ultima frase le cose cominciano a tornare (è scritto, nero su grigino, ma non c’ero arrivato subito, pensavo fosse una figura retorica. A volte pensiamo troppo.)
Mi sfugge solo il carattere di quello che sta succedendo in chiesa, ma suppongo sia un dettaglio. Non è un funerale, suppongo, altrimenti non avrebbe senso la questione della gioia, della temporanea vittoria sulla depressione.
Va be’, poco male.
Stilisticamente ho apprezzato alcuni singoli momenti, quelli meno raccontati (stridono molto prima il capoverso sulla casa di Cologno Monzese e la “famosa” – famosa perché? – cena al Moonshine e poi quello dopo, molto migliore, sulla notte, il sorso d’acuqa, le mascelle strette.
Attenzione alle rese verbali: “Non so come sei riuscito a vivere” vorrebbe il congiuntivo. Trattandosi di un racconto pacato ci sarebbe tutto il tempo per usarlo correttamente.
Dovrò leggere gli altri racconti per farmi un’idea più chiara sul tuo, insomma.
Buongiorno Mr Darcy, come dicevo a Giovanni non è propriamente il mio stile il raccontato (sono più per lo show don't tell) , però avevo letto recentemente un libro che usava questa forma in cui il protagonista racconta la propria storia alla figlia, giustificando di fatto lo stile raccontato ma dando comunque un punto di vista focalizzato.
Per il tempo verbale mi scuso, ho fatto talmente tante modifiche che potrebbe esserci qualche refuso.
Il Moonshine è famosa per loro, nel senso che la lacrima e il protagonista sanno di cosa stanno parlando e credo possa dare un senso di intimità al lettore (però effettivamente potrebbe invece estraniarlo) mmm bel dubbio.
Invece nella chiesa credo che ognuno possa vederci quello che meglio preferisce, (funerale o matrimonio) anche se quel sorriso usi addice più ad un nuovo matrimonio. Grazie per gli ottimi spunti. Alla prossima!
L'uomo prudente, con una frase elegante, si cava fuori da ogni garbuglio, e sa usar la lingua con la leggerezza di una piuma. Umberto Eco
- Stefano Scudeler
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Re: Gutta cavat lapidem di Bruce Lagogrigio
Ciao Bruce!
Mi ci sono volute più letture per poter scrivere un commento che avesse una qualche (spero) utilità.
La prima mi aveva lasciato abbastanza freddo. Nel senso che il twist (sul quale non so se avevi puntato molto, forse no) non mi aveva colpito. Allora ho riletto il racconto e ho cercato di capire come mai, visto che era scritto bene.
Credo che sia perché ci sono delle frasi che non sono semine o indizi che uno deve interpretare correttamente per arrivare alla conclusione giusta.
Provo a spiegarmi. All'inizio ero incerto sul POV che avevi scelto.Nel primo blocco sembrava potesse essere una persona o un animale ma potenzialmente anche altro (e quindi tutto bene). Quando nel secondo blocco hai scritto "Ti sei deciso a parlarmi" e poi "ho continuato a insistere", la mia indecisione ha virato totalmente verso un essere animato (umano, animale, umanoide...)
Quindi ho pensato che, visto che non sei uno alle prime armi, il POV fosse una entità strana e fantastica (insolita) ma comunque in grado di compiere azioni.
E quando ho collegato il titolo alle ultime frasi, ci sono rimasto un po' male.
Poi l'ho riletto una terza e una quarta volta e sono arrivato alla conclusione che lo scopo del racconto non era tanto sorprendere con la rivelazione finale del POV, quanto far provare delle emozioni.
E quello eri riuscito a farlo.
Riletto sotto questa luce, ho apprezzato molto di più il racconto. Quindi ho pensato: e se non avesse scritto esplicitamente chi era il POV? Non sarebbe stato ancora meglio? Lasciare che il lettore si arrovellasse e fosse costretto a fare il collegamento con il titolo?
Io te la butto lì, perché anche nel mio racconto alla fine ho rivelato chi era il punto di vista, ma se non lo avessi fatto avrei lasciato troppa libertà di interpretazione.
Per me sarebbe di grandissima utilità se mi dicessi cosa ne pensi.
Concludo e mi scuso per la lunghezza del commento: ottimo lavoro che mi sarebbe piaciuto ancora di più senza quel paio di frasette fuorvianti e la non esplicitazione finale.
Mi ci sono volute più letture per poter scrivere un commento che avesse una qualche (spero) utilità.
La prima mi aveva lasciato abbastanza freddo. Nel senso che il twist (sul quale non so se avevi puntato molto, forse no) non mi aveva colpito. Allora ho riletto il racconto e ho cercato di capire come mai, visto che era scritto bene.
Credo che sia perché ci sono delle frasi che non sono semine o indizi che uno deve interpretare correttamente per arrivare alla conclusione giusta.
Provo a spiegarmi. All'inizio ero incerto sul POV che avevi scelto.Nel primo blocco sembrava potesse essere una persona o un animale ma potenzialmente anche altro (e quindi tutto bene). Quando nel secondo blocco hai scritto "Ti sei deciso a parlarmi" e poi "ho continuato a insistere", la mia indecisione ha virato totalmente verso un essere animato (umano, animale, umanoide...)
Quindi ho pensato che, visto che non sei uno alle prime armi, il POV fosse una entità strana e fantastica (insolita) ma comunque in grado di compiere azioni.
E quando ho collegato il titolo alle ultime frasi, ci sono rimasto un po' male.
Poi l'ho riletto una terza e una quarta volta e sono arrivato alla conclusione che lo scopo del racconto non era tanto sorprendere con la rivelazione finale del POV, quanto far provare delle emozioni.
E quello eri riuscito a farlo.
Riletto sotto questa luce, ho apprezzato molto di più il racconto. Quindi ho pensato: e se non avesse scritto esplicitamente chi era il POV? Non sarebbe stato ancora meglio? Lasciare che il lettore si arrovellasse e fosse costretto a fare il collegamento con il titolo?
Io te la butto lì, perché anche nel mio racconto alla fine ho rivelato chi era il punto di vista, ma se non lo avessi fatto avrei lasciato troppa libertà di interpretazione.
Per me sarebbe di grandissima utilità se mi dicessi cosa ne pensi.
Concludo e mi scuso per la lunghezza del commento: ottimo lavoro che mi sarebbe piaciuto ancora di più senza quel paio di frasette fuorvianti e la non esplicitazione finale.
- Bescottina
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Re: Gutta cavat lapidem di Bruce Lagogrigio
Ciao Bruce,
è la prima volta che commento un tuo racconto, quindi piacere di leggerti.
Innanzitutto complimenti per lo stile. Ammetto che sono molto più per lo show, che per il tell, ma tu hai usato la seconda persona, che è particolarmente astiosa da usare bene (e per me ci sei riuscito). Se avessi usato troppo show, sarebbe risultato straniante e un po’ innaturale. Trovo tu li abbia dosati bene.
La carica emotiva c’è tutta, è molto intimo e aderente al tema, ma ho trovato che, rispetto al resto del racconto, alcune parti siano state un po’ stranianti.
“Lo stesso treno verso la stessa città” e “Io avevo continuato la mia vita monotona” sembrano semine infilate per confondere il lettore sulla natura del portatore di POV, per dargli a intendere che abbia una vita separata da quella dell’uomo.
Avrei evitato “famosa” in riferimento alla cena e la specifica di Cologno Monzese, perché in un discorso a tu per tu tra due “persone” – passami il termine – che si conoscono bene, suona molto da “as you know bob”, a beneficio del lettore, e credo che dove fosse la casa nuova sia un’informazione che ai fini del racconto non serve.
Il finale è straniante rispetto al resto, come se avessi voluto infilare a forza la dichiarazione dell’identità del portatore di POV. Se ti fossi fermato a “Lasciami correre sul tuo viso”, per me sarebbe stata una chiusa perfetta.
In generale ottimo racconto, davvero. Complimenti è stato un piacere leggerti.
è la prima volta che commento un tuo racconto, quindi piacere di leggerti.
Innanzitutto complimenti per lo stile. Ammetto che sono molto più per lo show, che per il tell, ma tu hai usato la seconda persona, che è particolarmente astiosa da usare bene (e per me ci sei riuscito). Se avessi usato troppo show, sarebbe risultato straniante e un po’ innaturale. Trovo tu li abbia dosati bene.
La carica emotiva c’è tutta, è molto intimo e aderente al tema, ma ho trovato che, rispetto al resto del racconto, alcune parti siano state un po’ stranianti.
“Lo stesso treno verso la stessa città” e “Io avevo continuato la mia vita monotona” sembrano semine infilate per confondere il lettore sulla natura del portatore di POV, per dargli a intendere che abbia una vita separata da quella dell’uomo.
Avrei evitato “famosa” in riferimento alla cena e la specifica di Cologno Monzese, perché in un discorso a tu per tu tra due “persone” – passami il termine – che si conoscono bene, suona molto da “as you know bob”, a beneficio del lettore, e credo che dove fosse la casa nuova sia un’informazione che ai fini del racconto non serve.
Il finale è straniante rispetto al resto, come se avessi voluto infilare a forza la dichiarazione dell’identità del portatore di POV. Se ti fossi fermato a “Lasciami correre sul tuo viso”, per me sarebbe stata una chiusa perfetta.
In generale ottimo racconto, davvero. Complimenti è stato un piacere leggerti.
- BruceLagogrigio
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Re: Gutta cavat lapidem di Bruce Lagogrigio
Stefano Scudeler ha scritto:Ciao Bruce!
Mi ci sono volute più letture per poter scrivere un commento che avesse una qualche (spero) utilità.
La prima mi aveva lasciato abbastanza freddo. Nel senso che il twist (sul quale non so se avevi puntato molto, forse no) non mi aveva colpito. Allora ho riletto il racconto e ho cercato di capire come mai, visto che era scritto bene.
Credo che sia perché ci sono delle frasi che non sono semine o indizi che uno deve interpretare correttamente per arrivare alla conclusione giusta.
Provo a spiegarmi. All'inizio ero incerto sul POV che avevi scelto.Nel primo blocco sembrava potesse essere una persona o un animale ma potenzialmente anche altro (e quindi tutto bene). Quando nel secondo blocco hai scritto "Ti sei deciso a parlarmi" e poi "ho continuato a insistere", la mia indecisione ha virato totalmente verso un essere animato (umano, animale, umanoide...)
Quindi ho pensato che, visto che non sei uno alle prime armi, il POV fosse una entità strana e fantastica (insolita) ma comunque in grado di compiere azioni.
E quando ho collegato il titolo alle ultime frasi, ci sono rimasto un po' male.
Poi l'ho riletto una terza e una quarta volta e sono arrivato alla conclusione che lo scopo del racconto non era tanto sorprendere con la rivelazione finale del POV, quanto far provare delle emozioni.
E quello eri riuscito a farlo.
Riletto sotto questa luce, ho apprezzato molto di più il racconto. Quindi ho pensato: e se non avesse scritto esplicitamente chi era il POV? Non sarebbe stato ancora meglio? Lasciare che il lettore si arrovellasse e fosse costretto a fare il collegamento con il titolo?
Io te la butto lì, perché anche nel mio racconto alla fine ho rivelato chi era il punto di vista, ma se non lo avessi fatto avrei lasciato troppa libertà di interpretazione.
Per me sarebbe di grandissima utilità se mi dicessi cosa ne pensi.
Concludo e mi scuso per la lunghezza del commento: ottimo lavoro che mi sarebbe piaciuto ancora di più senza quel paio di frasette fuorvianti e la non esplicitazione finale.
Ciao Stefano grazie per il lungo commento ne avevo bisogno anche io.
Questa volta ho voluto veramente sperimentare cercando di rendere il "tell" in qualche modo "show", e sì a conti fatti emozionare il più possibile il lettore. Tutto il racconto verte su quello come hai intuito.
Il mio dubbio più grande è che appunto che non sapendo fin dall'inizio chi sia il POV il lettore non ha modo di immedesimarsi e quindi potrebbe rimanere un po' estraniato. Penso vada necessariamente riletto due volte per essere apprezzato. Poi naturalmente va anche a gusti.
Per quelle frasette forvianti in realtà c'è una ragione. Perché nella mia idea il POV non è semplicemente la lacrima, ma la tristezza, la depressione e il dolore che il protagonista per un certo punto della vita vede quasi come un'entità con cui parlarci e confrontarsi (non so se mi spiego), anche se poi la materializzazione finale è la lacrima che scorre sul vivo, lasciandolo forse per sempre. Come se fosse una liberazione.
Sul fatto se palesare o meno il POV: per la mia esperienza su MC ti dico che è sempre meglio farlo, lasciare troppo troppo in sospeso piace a molti meno lettori, la maggior parte preferisce avere tutto perfettamente chiaro. Per me è sempre una lotta visto che mi piace sempre lasciare un po' di mistero e un po' di "indefinito".
Ti ringrazio molto Stefano mi hai permesso di ragionare su molte cose. Alla prossima!
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- BruceLagogrigio
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Re: Gutta cavat lapidem di Bruce Lagogrigio
Bescottina ha scritto:Ciao Bruce,
è la prima volta che commento un tuo racconto, quindi piacere di leggerti.
Innanzitutto complimenti per lo stile. Ammetto che sono molto più per lo show, che per il tell, ma tu hai usato la seconda persona, che è particolarmente astiosa da usare bene (e per me ci sei riuscito). Se avessi usato troppo show, sarebbe risultato straniante e un po’ innaturale. Trovo tu li abbia dosati bene.
La carica emotiva c’è tutta, è molto intimo e aderente al tema, ma ho trovato che, rispetto al resto del racconto, alcune parti siano state un po’ stranianti.
“Lo stesso treno verso la stessa città” e “Io avevo continuato la mia vita monotona” sembrano semine infilate per confondere il lettore sulla natura del portatore di POV, per dargli a intendere che abbia una vita separata da quella dell’uomo.
Avrei evitato “famosa” in riferimento alla cena e la specifica di Cologno Monzese, perché in un discorso a tu per tu tra due “persone” – passami il termine – che si conoscono bene, suona molto da “as you know bob”, a beneficio del lettore, e credo che dove fosse la casa nuova sia un’informazione che ai fini del racconto non serve.
Il finale è straniante rispetto al resto, come se avessi voluto infilare a forza la dichiarazione dell’identità del portatore di POV. Se ti fossi fermato a “Lasciami correre sul tuo viso”, per me sarebbe stata una chiusa perfetta.
In generale ottimo racconto, davvero. Complimenti è stato un piacere leggerti.
Ciao Barbara, grazie per il commento, ti rifaccio un po' alla risposta che ho dato prima a Stefano.
Sulla vita monotona ti do ragione nel senso che è probabilmente anche troppo personificata (anche se ho dato una risposta anche alla questione personificazione).
Sull' "As you know" mi trovo meno d'accordo. Ci sto ormai molto attento. Penso che proprio dicendo quella "famosa cena" fa affluire un certa intimità nel senso che loro sanno bene di cosa stanno parlando.
Anche specificare la casa di Cologno è inteso che: "fra le tante case che hai cambiato è stata quella di Cologno dove mi sono sentita più vicino a te". E adesso che l'ho riscritto capisco che avrebbe filato molto meglio Cologno e basta.
Sul finale sono d'accordissimo con te (e in prima stesura era il finale che avevo scelto), ma credo sarebbe risultato a molti troppo vago. Non sono abituato a tutta questa attenzione nella lettura dei miei scritti!
Detto questo ti ringrazio ancora. Buona Edition!
L'uomo prudente, con una frase elegante, si cava fuori da ogni garbuglio, e sa usar la lingua con la leggerezza di una piuma. Umberto Eco
- BruceLagogrigio
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Re: Gutta cavat lapidem di Bruce Lagogrigio
Scrivo questo commento più per un me stesso del futuro che per i commentatori.
Nel rispondere ai vari commenti ho fatto diversi ragionamenti su questo racconto. Nelle quattro ore in cui si scrive qui su MC si è molto attenti alla forma, allo stile, agli errori, ai caratteri, alla trama, all’idea generale, al finale, ma non si ha magari il tempo di ragionare sul significato intrinseco del racconto stesso.
Ho avuto una sorta di rivelazione post-datata quando Barbara mi ha detto che avevo in scritto in seconda persona. Io ero inconsciamente convinto fosse in prima. Nel senso che era la lacrima, la tristezza a parlare dal suo punto di vista. Ma effettivamente lei si rivolge direttamente al protagonista della storia che usando la seconda persona è come se fosse chi sta leggendo in quel momento. E allora il lettore in cosa si immedesima? nella lacrima o nel protagonista? Ma è chiaro nel protagonista!
Infatti è il protagonista che compie il suo percorso da uomo freddo e triste a gioioso fino alle lacrime nel finale.
Quando Stefano ha detto che l’obiettivo del racconto era far provare emozioni ecco: la lacrima che cerca di emozionare il protagonista uomo-pietra proprio come lo scrittore cerca di emozionare il lettore.
Alla luce di questo ragionamento avrei dovuto rimanere più generalista sui luoghi e su qualche riferimento (togliere Cesenatico e lasciare un mare non specifico, la nuova casa di Cologno Monzese poteva essere solo un trasferimenti, la cena dei colleghi solo una cena). Eliminando questi dettagli troppo specifici, il racconto avrebbe ancora di più lasciato modo al lettore di interpretare la tristezza e la trasformazione in maniera personale, facilitando un’empatia ancora più profonda.
Nel rispondere ai vari commenti ho fatto diversi ragionamenti su questo racconto. Nelle quattro ore in cui si scrive qui su MC si è molto attenti alla forma, allo stile, agli errori, ai caratteri, alla trama, all’idea generale, al finale, ma non si ha magari il tempo di ragionare sul significato intrinseco del racconto stesso.
Ho avuto una sorta di rivelazione post-datata quando Barbara mi ha detto che avevo in scritto in seconda persona. Io ero inconsciamente convinto fosse in prima. Nel senso che era la lacrima, la tristezza a parlare dal suo punto di vista. Ma effettivamente lei si rivolge direttamente al protagonista della storia che usando la seconda persona è come se fosse chi sta leggendo in quel momento. E allora il lettore in cosa si immedesima? nella lacrima o nel protagonista? Ma è chiaro nel protagonista!
Infatti è il protagonista che compie il suo percorso da uomo freddo e triste a gioioso fino alle lacrime nel finale.
Quando Stefano ha detto che l’obiettivo del racconto era far provare emozioni ecco: la lacrima che cerca di emozionare il protagonista uomo-pietra proprio come lo scrittore cerca di emozionare il lettore.
Alla luce di questo ragionamento avrei dovuto rimanere più generalista sui luoghi e su qualche riferimento (togliere Cesenatico e lasciare un mare non specifico, la nuova casa di Cologno Monzese poteva essere solo un trasferimenti, la cena dei colleghi solo una cena). Eliminando questi dettagli troppo specifici, il racconto avrebbe ancora di più lasciato modo al lettore di interpretare la tristezza e la trasformazione in maniera personale, facilitando un’empatia ancora più profonda.
L'uomo prudente, con una frase elegante, si cava fuori da ogni garbuglio, e sa usar la lingua con la leggerezza di una piuma. Umberto Eco
Re: Gutta cavat lapidem di Bruce Lagogrigio
GUTTA CAVAT LAPIDEM di Bruce Lagogrigio
Ciao Bruce. Ho trovato veramente bello e intenso il tuo racconto. Alla seconda lettura, dopo aver scoperto chi fosse a raccontare, l'ho apprezzato molto di più. Mi viene da pensare che con qualche indizio un po' più esplicito nella prima parte il tutto si possa comprendere meglio e, di conseguenza, apprezzare più a fondo. Hai scritto molto bene, con uno stile curato, semplice ma elegante. Complimenti.
Ciao Bruce. Ho trovato veramente bello e intenso il tuo racconto. Alla seconda lettura, dopo aver scoperto chi fosse a raccontare, l'ho apprezzato molto di più. Mi viene da pensare che con qualche indizio un po' più esplicito nella prima parte il tutto si possa comprendere meglio e, di conseguenza, apprezzare più a fondo. Hai scritto molto bene, con uno stile curato, semplice ma elegante. Complimenti.
- BruceLagogrigio
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Re: Gutta cavat lapidem di Bruce Lagogrigio
Thomas ha scritto:GUTTA CAVAT LAPIDEM di Bruce Lagogrigio
Ciao Bruce. Ho trovato veramente bello e intenso il tuo racconto. Alla seconda lettura, dopo aver scoperto chi fosse a raccontare, l'ho apprezzato molto di più. Mi viene da pensare che con qualche indizio un po' più esplicito nella prima parte il tutto si possa comprendere meglio e, di conseguenza, apprezzare più a fondo. Hai scritto molto bene, con uno stile curato, semplice ma elegante. Complimenti.
Ciao Thomas. Con la mente di poi avrei magari fatto meno intendere che si trattasse di una donna l'io narrante, è vero. Ti ringrazio molto per gli apprezzamenti. Alla prossima.
L'uomo prudente, con una frase elegante, si cava fuori da ogni garbuglio, e sa usar la lingua con la leggerezza di una piuma. Umberto Eco
- Luca Nesler
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Re: Gutta cavat lapidem di Bruce Lagogrigio
Ciao Bruce! Ci siamo solo incontrati nella mia veste di Inquisitore e ora, finalmente dopo tanto, eccomi nelle mie vesti "umane". Buona la presa emotiva e l'immedesimazione che hai ottenuto con la lacrima, sei stato attento e a mio parere hai fatto un buon lavoro. Il difetto maggiore di questa costruzione è la solita carenza di informazioni che non permette di entrare in connessione col racconto. Un richio enorme in questo contest e con questo tema: descivo dal pdv di qualcosa che non ti aspetti, e allora te lo tengo nascosto fino alla fine per soprendere. Solo che non è mai una sorpresa tanto incisiva e per tutto il racconto mancano elementi che mi incuriosiscano perché non colgo come quello che viene raccontato impatta sui personaggi. Tra i suoi consigli per scrivere racconti Vonnegut si rifersice proprio a questa tendenza quando dice di non cercare la suspance, ma di dare al lettore tutto ciò che serve per capire il racconto. Diciamo che questa carenza può funzionare, ma solo per la distanza di poche frasi. Oltre a questo la struttura del racconto a monologo tende ad appesantire la lettura con la monotonia di questa seconda persona che funziona, ma ha una tenuta breve, secondo me perché se non siamo di fronte a un libro game l'effetto è quello di ascoltare una conversazione non destinata a me o, peggio, sentire di non essere la persona descritta dalla voce narrante (e quindi mi scollego). Per questo la curiosità sarebbe fondamentale.
Quindi direi che hai ancora dimostrato la tua abilità stilistica, anche se il tipo di costruzione e la carenza informativa che hai provato a sperimentare non lo rendono uno dei tuoi lavori migliori.
Quindi direi che hai ancora dimostrato la tua abilità stilistica, anche se il tipo di costruzione e la carenza informativa che hai provato a sperimentare non lo rendono uno dei tuoi lavori migliori.
- AndreaCrevola
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Re: Gutta cavat lapidem di Bruce Lagogrigio
Ciao Bruce, piacere di averti letto. Perdonami se ho atteso l'ultimo giorno per i commenti.
Il tuo racconto mi piace, anche perché inconsueto nella forma e nello stile rispetto a quel che ho potuto leggere in questi mesi su MC. L'anno scorso provai a usare la seconda persona come te in un racconto, ma non piacque molto: non voglio paragonare quel lavoro a questo (che mi sembra comunque migliore) ma mi sembrò che i commentatori non fossero così predisposti a questa impostazione. Per me, nel tuo caso, è chiara la distinzione tra la voce narrante (la lacrima) e il protagonista (l'uomo imperturbabile) e - sinceramente - mi pare una buona scelta per dare un punto di vista differente sulla vita interiore del protagonista stesso. Il tema stesso poteva andare in questa direzione, del resto.
L'aspetto che meno mi ha convinto è il lungo rimuginare della voce narrante: nel racconto c'è poca azione, si racconta molto e si mostra poco, si è in un mondo un po' astratto senza riferimenti concreti al qui ed ora. Per esempio, a me non è parso chiaro perché ora la lacrima può scendere. Io mi sono immaginato che sia morto qualcuno... ma chi? Ok, può anche restare implicito... però mi viene a mancare il motivo per cui questa volta il conflitto tra protagonista e antagonista (il suo non volersi lasciare andare) si risolva.
Il tuo racconto mi piace, anche perché inconsueto nella forma e nello stile rispetto a quel che ho potuto leggere in questi mesi su MC. L'anno scorso provai a usare la seconda persona come te in un racconto, ma non piacque molto: non voglio paragonare quel lavoro a questo (che mi sembra comunque migliore) ma mi sembrò che i commentatori non fossero così predisposti a questa impostazione. Per me, nel tuo caso, è chiara la distinzione tra la voce narrante (la lacrima) e il protagonista (l'uomo imperturbabile) e - sinceramente - mi pare una buona scelta per dare un punto di vista differente sulla vita interiore del protagonista stesso. Il tema stesso poteva andare in questa direzione, del resto.
L'aspetto che meno mi ha convinto è il lungo rimuginare della voce narrante: nel racconto c'è poca azione, si racconta molto e si mostra poco, si è in un mondo un po' astratto senza riferimenti concreti al qui ed ora. Per esempio, a me non è parso chiaro perché ora la lacrima può scendere. Io mi sono immaginato che sia morto qualcuno... ma chi? Ok, può anche restare implicito... però mi viene a mancare il motivo per cui questa volta il conflitto tra protagonista e antagonista (il suo non volersi lasciare andare) si risolva.
- BruceLagogrigio
- Messaggi: 455
Re: Gutta cavat lapidem di Bruce Lagogrigio
AndreaCrevola ha scritto:Ciao Bruce, piacere di averti letto. Perdonami se ho atteso l'ultimo giorno per i commenti.
Il tuo racconto mi piace, anche perché inconsueto nella forma e nello stile rispetto a quel che ho potuto leggere in questi mesi su MC. L'anno scorso provai a usare la seconda persona come te in un racconto, ma non piacque molto: non voglio paragonare quel lavoro a questo (che mi sembra comunque migliore) ma mi sembrò che i commentatori non fossero così predisposti a questa impostazione. Per me, nel tuo caso, è chiara la distinzione tra la voce narrante (la lacrima) e il protagonista (l'uomo imperturbabile) e - sinceramente - mi pare una buona scelta per dare un punto di vista differente sulla vita interiore del protagonista stesso. Il tema stesso poteva andare in questa direzione, del resto.
L'aspetto che meno mi ha convinto è il lungo rimuginare della voce narrante: nel racconto c'è poca azione, si racconta molto e si mostra poco, si è in un mondo un po' astratto senza riferimenti concreti al qui ed ora. Per esempio, a me non è parso chiaro perché ora la lacrima può scendere. Io mi sono immaginato che sia morto qualcuno... ma chi? Ok, può anche restare implicito... però mi viene a mancare il motivo per cui questa volta il conflitto tra protagonista e antagonista (il suo non volersi lasciare andare) si risolva.
Ciao Andrea, grazie per il feedback,. anche io sono arrivato oggi con l'ultimo racconto.
Sì ho voluto sperimentare senza pensare alla classifica: ho scritto molto per me stesso.
Che racconto era il tuo? Mi piacerebbe recuperarlo, sto un po' studiando questa seconda persona.
Credo che anche io non avrò risultati entusiasmanti...
Per il finale e il conflitto non saprei. Forse è troppo aperto come dici, io ho un'idea precisa, ma mi piace il fatto che ogni lettore in quella chiesa abbia visto cose diverse. Chi un matrimonio, chi un funerale. Alla prossima.
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- AndreaCrevola
- Messaggi: 215
Re: Gutta cavat lapidem di Bruce Lagogrigio
Era il mio ultimo dell'anno scorso... quindi credo prima dell'estate. Si intitolava Idioteque. Andò malissimo :-)
- Taylor_Blackfyre
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Re: Gutta cavat lapidem di Bruce Lagogrigio
Ciao Bruce,
non ho niente contro il tell quando ben fatto, quindi a parte qualche passaggio che penso avresti sistemato in un racconto non a tempo trovo il tuo molto ben fatto. La seconda persona è sempre particolare da leggere, ma trovo che tu la abbia gestita bene. Il tema dell'edition è decisamente centrato. Penso sia un buon lavoro, complimenti.
Buona prosecuzione!
non ho niente contro il tell quando ben fatto, quindi a parte qualche passaggio che penso avresti sistemato in un racconto non a tempo trovo il tuo molto ben fatto. La seconda persona è sempre particolare da leggere, ma trovo che tu la abbia gestita bene. Il tema dell'edition è decisamente centrato. Penso sia un buon lavoro, complimenti.
Buona prosecuzione!
- BruceLagogrigio
- Messaggi: 455
Re: Gutta cavat lapidem di Bruce Lagogrigio
Luca Nesler ha scritto:Ciao Bruce! Ci siamo solo incontrati nella mia veste di Inquisitore e ora, finalmente dopo tanto, eccomi nelle mie vesti "umane". Buona la presa emotiva e l'immedesimazione che hai ottenuto con la lacrima, sei stato attento e a mio parere hai fatto un buon lavoro. Il difetto maggiore di questa costruzione è la solita carenza di informazioni che non permette di entrare in connessione col racconto. Un richio enorme in questo contest e con questo tema: descivo dal pdv di qualcosa che non ti aspetti, e allora te lo tengo nascosto fino alla fine per soprendere. Solo che non è mai una sorpresa tanto incisiva e per tutto il racconto mancano elementi che mi incuriosiscano perché non colgo come quello che viene raccontato impatta sui personaggi. Tra i suoi consigli per scrivere racconti Vonnegut si rifersice proprio a questa tendenza quando dice di non cercare la suspance, ma di dare al lettore tutto ciò che serve per capire il racconto. Diciamo che questa carenza può funzionare, ma solo per la distanza di poche frasi. Oltre a questo la struttura del racconto a monologo tende ad appesantire la lettura con la monotonia di questa seconda persona che funziona, ma ha una tenuta breve, secondo me perché se non siamo di fronte a un libro game l'effetto è quello di ascoltare una conversazione non destinata a me o, peggio, sentire di non essere la persona descritta dalla voce narrante (e quindi mi scollego). Per questo la curiosità sarebbe fondamentale.
Quindi direi che hai ancora dimostrato la tua abilità stilistica, anche se il tipo di costruzione e la carenza informativa che hai provato a sperimentare non lo rendono uno dei tuoi lavori migliori.
Ciao Luca, farò tesoro dei tuoi consigli come sempre. Il prossimo racconto cercherò di fare qualcosa di più trasparente possibile! Qui oltre a non dare certe info ho anche un po' ingannato il lettore (mea culpa).
Il Buon Vonnegout e il suo Mattatoio n.5 che bella follia!
Devo entrare nell'ottica che non ci deve per forza essere l'effetto sorpresa finale per rendere un racconto un buon racconto. Non facile, ma se ci riuscissi credo sarebbe un bello step nella mia scrittura.
Alla prossima, spero ancora in versione Umana!
L'uomo prudente, con una frase elegante, si cava fuori da ogni garbuglio, e sa usar la lingua con la leggerezza di una piuma. Umberto Eco
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