IL VUOTO
- Shanghai Kid
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IL VUOTO
IL VUOTO
Quando mi decisi per la corda, non avevo altro pensiero.
Era un pomeriggio come tanti e i ragazzi mi aspettavano in saletta. Ci vedevamo lì, ogni giorno, dopo la scuola.
Non mi preoccupai di avvisare nessuno, non sarebbe cambiato niente. Non pensai nemmeno per un istante a Marco, Luca e Pino, che mi aspettavano per strimpellare il nostro solito repertorio punk. Avrebbero trovato un nuovo bassista. Nessuno è indispensabile, rimpiazzarmi sarebbe stato facile.
Pensai alla mamma, questo sì. E a Federico, che da poco aveva imparato ad andare in bicicletta. Presi carta e penna e lasciai loro due righe:
Non sentitevi in colpa, non avreste potuto fare niente.
Fede, la mia bici ora è tua: cresci bene e sii felice.
Vi amo ancora, ma non basta.
Carlo
Non lo rilessi. Pensavo solo alla corda. Tenevo stretto il mio proposito come la cosa più preziosa.
Scesi nel garage sotto casa, sapevo che il nonno aveva lasciato lì tutti i suoi arnesi. L’avevo vista poco tempo prima, la corda. Entrai e chiusi la porta.
Mentre facevo il nodo, sentivo quel vuoto che mi abitava da mesi attraversarmi tutto. Avrei voluto piangere, quello forse mi avrebbe distratto. Sarebbe stato il segno che c’era ancora qualcosa da salvare. Ma non piansi. C’era solo quel senso di vuoto che si espandeva dalla testa in ogni cellula del mio corpo e la corda era lì: la soluzione.
La legai ad una trave di poco distanziata dal soffitto. Mi ero documentato su come fare, quando mi ero deciso per la corda. Spostai nel punto giusto lo sgabello che il nonno usava quando si metteva al suo tavolo da lavoro. Da quando era morto, le cose erano peggiorate: lui era sempre stato il mio punto di riferimento e la sua assenza aveva nutrito quel nulla che già sentivo crescere dentro di me, prendendosi il gusto di ogni cosa.
Salii sullo sgabello e infilai la testa nel cappio. Non diedi il tempo a nessun pensiero di ostacolare il mio intento e, con un veloce movimento del piede, lo spostai lontano. Cadde.
Il vuoto si prese piano piano anche lo spazio dell’aria nella mia gola. Sbattevo le gambe convulsamente. Era orrendo, ma sarebbe finalmente finito tutto.
“Carlo!”. La voce di Pino mi arrivò ovattata. Era nel cortile davanti al garage. “Carlo, ma è possibile che bisogna venirti a prendere a casa? Come facciamo a suonare senza il bassista?”. Le sue parole mi raggiungevano lente, dilatate.
Poi una luce abbacinante mi arrivò come una sberla in faccia, seguita dal rumore della porta del garage che si apriva. “Carlo, ma che cazzo fai? Carlo!”. Pino urlava come non lo avevo mai sentito.
La mia testa era pesante come un sacco di cemento quando sentii il mio corpo alleggerirsi e i miei piedi poggiare sulle magre spalle di Pino. “Aiuto! Qualcuno mi aiuti!”. Pino gridava, piangeva e, tremando, mi teneva i piedi ben saldi sulle sue spalle. Mi sentivo mancare, quando un’immagine, come in un sogno, si fece largo nella mia mente, forse anche a causa del nome del mio amico (il cervello, talvolta, fa brutti scherzi!): un albero si innalzava nel mio garage. Io ero la chioma mollemente abbandonata su Pino, un tronco esile, malfermo, ma con i piedi infilati nelle sue Converse rosse sbrindellate, radici aggrappate al centro della Terra, contro il furore del mio vuoto.
“Aiutateci! Qualcuno ci aiuti!”. Continuava a urlare, interrotto dai singhiozzi. “Poi me la paghi, razza di idiota!”. Questo mi disse, stringendomi i piedi con entrambe le mani. “Non si lasciano così, gli amici!”. Fu questa l’ultima frase che gli sentii dire prima di perdere i sensi. Le lacrime mi scivolavano lente sulle guance.
Oggi non ricordo nemmeno come arrivai a decidermi per la corda.
L’ombra di quel vuoto non mi ha mai lasciato, ma ogni volta che si riaffaccia ripenso alle Converse rosse sbrindellate di Pino, il mio amico, che non valevano due lire, ma alle quali devo tutto.
Quando mi decisi per la corda, non avevo altro pensiero.
Era un pomeriggio come tanti e i ragazzi mi aspettavano in saletta. Ci vedevamo lì, ogni giorno, dopo la scuola.
Non mi preoccupai di avvisare nessuno, non sarebbe cambiato niente. Non pensai nemmeno per un istante a Marco, Luca e Pino, che mi aspettavano per strimpellare il nostro solito repertorio punk. Avrebbero trovato un nuovo bassista. Nessuno è indispensabile, rimpiazzarmi sarebbe stato facile.
Pensai alla mamma, questo sì. E a Federico, che da poco aveva imparato ad andare in bicicletta. Presi carta e penna e lasciai loro due righe:
Non sentitevi in colpa, non avreste potuto fare niente.
Fede, la mia bici ora è tua: cresci bene e sii felice.
Vi amo ancora, ma non basta.
Carlo
Non lo rilessi. Pensavo solo alla corda. Tenevo stretto il mio proposito come la cosa più preziosa.
Scesi nel garage sotto casa, sapevo che il nonno aveva lasciato lì tutti i suoi arnesi. L’avevo vista poco tempo prima, la corda. Entrai e chiusi la porta.
Mentre facevo il nodo, sentivo quel vuoto che mi abitava da mesi attraversarmi tutto. Avrei voluto piangere, quello forse mi avrebbe distratto. Sarebbe stato il segno che c’era ancora qualcosa da salvare. Ma non piansi. C’era solo quel senso di vuoto che si espandeva dalla testa in ogni cellula del mio corpo e la corda era lì: la soluzione.
La legai ad una trave di poco distanziata dal soffitto. Mi ero documentato su come fare, quando mi ero deciso per la corda. Spostai nel punto giusto lo sgabello che il nonno usava quando si metteva al suo tavolo da lavoro. Da quando era morto, le cose erano peggiorate: lui era sempre stato il mio punto di riferimento e la sua assenza aveva nutrito quel nulla che già sentivo crescere dentro di me, prendendosi il gusto di ogni cosa.
Salii sullo sgabello e infilai la testa nel cappio. Non diedi il tempo a nessun pensiero di ostacolare il mio intento e, con un veloce movimento del piede, lo spostai lontano. Cadde.
Il vuoto si prese piano piano anche lo spazio dell’aria nella mia gola. Sbattevo le gambe convulsamente. Era orrendo, ma sarebbe finalmente finito tutto.
“Carlo!”. La voce di Pino mi arrivò ovattata. Era nel cortile davanti al garage. “Carlo, ma è possibile che bisogna venirti a prendere a casa? Come facciamo a suonare senza il bassista?”. Le sue parole mi raggiungevano lente, dilatate.
Poi una luce abbacinante mi arrivò come una sberla in faccia, seguita dal rumore della porta del garage che si apriva. “Carlo, ma che cazzo fai? Carlo!”. Pino urlava come non lo avevo mai sentito.
La mia testa era pesante come un sacco di cemento quando sentii il mio corpo alleggerirsi e i miei piedi poggiare sulle magre spalle di Pino. “Aiuto! Qualcuno mi aiuti!”. Pino gridava, piangeva e, tremando, mi teneva i piedi ben saldi sulle sue spalle. Mi sentivo mancare, quando un’immagine, come in un sogno, si fece largo nella mia mente, forse anche a causa del nome del mio amico (il cervello, talvolta, fa brutti scherzi!): un albero si innalzava nel mio garage. Io ero la chioma mollemente abbandonata su Pino, un tronco esile, malfermo, ma con i piedi infilati nelle sue Converse rosse sbrindellate, radici aggrappate al centro della Terra, contro il furore del mio vuoto.
“Aiutateci! Qualcuno ci aiuti!”. Continuava a urlare, interrotto dai singhiozzi. “Poi me la paghi, razza di idiota!”. Questo mi disse, stringendomi i piedi con entrambe le mani. “Non si lasciano così, gli amici!”. Fu questa l’ultima frase che gli sentii dire prima di perdere i sensi. Le lacrime mi scivolavano lente sulle guance.
Oggi non ricordo nemmeno come arrivai a decidermi per la corda.
L’ombra di quel vuoto non mi ha mai lasciato, ma ogni volta che si riaffaccia ripenso alle Converse rosse sbrindellate di Pino, il mio amico, che non valevano due lire, ma alle quali devo tutto.
Re: IL VUOTO
Mi accorgo ora che non avevo fatto invio risposta dopo il controllo di questo racconto. Tutto ok e quindi buona GIORGIA D'AVERSA EDITION, Elisa!
- Signor_Darcy
- Messaggi: 356
Re: IL VUOTO
Ciao Elisa.
Racconto bello, sentito, credibile nel limite del letterario.
Bello come si appoggi su due oggetti, la corda e le converse, simboli di due momenti ben diversi nella vita di Carlo. Credibile anche come quella di “salvarsi” non sia stata una scelta volontaria, ma imposta.
Ecco, tornando alla corda, forse il concetto lo reiteri un paio di volte di troppo e giunti a quel “la corda era lì: la soluzione” la cosa quasi viene a noia. Le converse sono dosate molto meglio.
La nota dolente, fino a un certo punto almeno, è l’aderenza al tema, che pare un po’ forzata – la questione Pino/pino, insomma. Anche a messa in scena lo trovo il punto debole del racconto, una sorta di minispot quando guardi un video su youtube, non so se rendo l’idea.
Vero è che ti ha dato l’aggancio – immagino – per la questione di cui sopra, le scarpe che diventano radici, e che hai saputo sfruttarlo bene.
Racconto bello, sentito, credibile nel limite del letterario.
Bello come si appoggi su due oggetti, la corda e le converse, simboli di due momenti ben diversi nella vita di Carlo. Credibile anche come quella di “salvarsi” non sia stata una scelta volontaria, ma imposta.
Ecco, tornando alla corda, forse il concetto lo reiteri un paio di volte di troppo e giunti a quel “la corda era lì: la soluzione” la cosa quasi viene a noia. Le converse sono dosate molto meglio.
La nota dolente, fino a un certo punto almeno, è l’aderenza al tema, che pare un po’ forzata – la questione Pino/pino, insomma. Anche a messa in scena lo trovo il punto debole del racconto, una sorta di minispot quando guardi un video su youtube, non so se rendo l’idea.
Vero è che ti ha dato l’aggancio – immagino – per la questione di cui sopra, le scarpe che diventano radici, e che hai saputo sfruttarlo bene.
- BloodyWolf95
- Messaggi: 26
Re: IL VUOTO
Ciao!
Il tema secondo me non è stato centrato al massimo, ma nel contesto ci sta.
Lo scritto è strutturato molto bene, la scrittura cattura e la vicenda di per sé narra di un malessere interiore difficile da estirpare del tutto.
Ho riscontrato l’uso eccessivo della parola “corda” e posso capire il rimarcare dall’oggetto, ma l’hai fatto fin troppo, andando a distruggere il simbolismo del tutto. Oltre a ciò ho trovato una d eufonica di troppo e basta.
Gradevole il fatto che il protagonista ritrovi il motivo di vivere la sua vita grazie alla simbologia dell’albero, ottimo lavoro!
Il tema secondo me non è stato centrato al massimo, ma nel contesto ci sta.
Lo scritto è strutturato molto bene, la scrittura cattura e la vicenda di per sé narra di un malessere interiore difficile da estirpare del tutto.
Ho riscontrato l’uso eccessivo della parola “corda” e posso capire il rimarcare dall’oggetto, ma l’hai fatto fin troppo, andando a distruggere il simbolismo del tutto. Oltre a ciò ho trovato una d eufonica di troppo e basta.
Gradevole il fatto che il protagonista ritrovi il motivo di vivere la sua vita grazie alla simbologia dell’albero, ottimo lavoro!
- Shanghai Kid
- Messaggi: 433
Re: IL VUOTO
Buongiorno ragazzi, rispondo a entrambi perché mi avete fatto gli stessi appunti, più o meno. Per quanto riguarda la questione della ripetizione di "corda" avete ragione. Mi mangio le mani a pensare che in una revisione l'avevo tolta un paio di volte. Mi ha colpito di più invece la critica sull'aderenza al tema che io avevo inteso in un modo più metaforico (le radici dell'amicizia, dei legami, che poi sono le nostre radici) e ho provato a renderlo con l'immagine di questi due ragazzi e delle converse ancorate al pavimento. Mi spiace non sia arrivato quanto desideravo! Grazie per le vostre preziose critiche.
A rileggerci
A rileggerci
- Signor_Darcy
- Messaggi: 356
Re: IL VUOTO
Shanghai Kid ha scritto:Buongiorno ragazzi, rispondo a entrambi perché mi avete fatto gli stessi appunti, più o meno. Per quanto riguarda la questione della ripetizione di "corda" avete ragione. Mi mangio le mani a pensare che in una revisione l'avevo tolta un paio di volte. Mi ha colpito di più invece la critica sull'aderenza al tema che io avevo inteso in un modo più metaforico (le radici dell'amicizia, dei legami, che poi sono le nostre radici) e ho provato a renderlo con l'immagine di questi due ragazzi e delle converse ancorate al pavimento. Mi spiace non sia arrivato quanto desideravo! Grazie per le vostre preziose critiche.
A rileggerci
Be', ma i commenti servono anche a questo, specie prima di definire la classifica. Probabilmente la questione pino/Pino paradossalmente ha un po' affossato il vero collegamento al tema, che ora che l'hai fatto notare può emergere meglio.
- Emiliano Maramonte
- Messaggi: 1241
- Contatta:
Re: IL VUOTO
Ciao Elisa, bentrovata anche in questa Edition!
Il tuo racconto mi è piaciuto. Il suicidio è uno di quei temi, diciamo così, universali che, anche se declinati in mille modi diversi, hanno sempre efficacia. L'unico inconveniente (che poi tecnicamente non è un inconveniente) è che se il personaggio narra in prima persona una vicenda, si presume che non sia morto nel tentativo di suicidarsi. Però, ripeto, va bene così.
Dicevo: la storia mi è piaciuta ed è abbastanza profonda da turbare abbastanza chi legge. Il salvataggio finale dell'amico ha una buona incidenza sul climax. A essere sincero, il tema lo avevo intuito, laddove avevi provato a costruire un parallelo amicizia/albero, con le radici associate ai piedi. Notevole la capacità di focalizzarti sui piccoli dettagli rivelatori. Per me il tema è preso.
Mi associo a chi ha trovato fastidiosa la ripetizione della parola "corda", ma a MC può succedere.
Buona gara!
Emiliano.
Il tuo racconto mi è piaciuto. Il suicidio è uno di quei temi, diciamo così, universali che, anche se declinati in mille modi diversi, hanno sempre efficacia. L'unico inconveniente (che poi tecnicamente non è un inconveniente) è che se il personaggio narra in prima persona una vicenda, si presume che non sia morto nel tentativo di suicidarsi. Però, ripeto, va bene così.
Dicevo: la storia mi è piaciuta ed è abbastanza profonda da turbare abbastanza chi legge. Il salvataggio finale dell'amico ha una buona incidenza sul climax. A essere sincero, il tema lo avevo intuito, laddove avevi provato a costruire un parallelo amicizia/albero, con le radici associate ai piedi. Notevole la capacità di focalizzarti sui piccoli dettagli rivelatori. Per me il tema è preso.
Mi associo a chi ha trovato fastidiosa la ripetizione della parola "corda", ma a MC può succedere.
Buona gara!
Emiliano.
- MatteoMantoani
- Messaggi: 1216
Re: IL VUOTO
Ciao Elisa,
nulla da dire. Non so come arrivare ai trecento caratteri richiesti per riempire questo commento.
Conflitto interiore ben reso, stile molto buono e con la tua classica firma che ormai riconosco, la metafora dell'albero che può sì essere considerata come un tema un po' preso di striscio (ma chissenefrega) e una bella riflessione sull'importanza dell'amicizia.
Maledizione, sono quei racconti che vorrei saper scrivere io.
nulla da dire. Non so come arrivare ai trecento caratteri richiesti per riempire questo commento.
Conflitto interiore ben reso, stile molto buono e con la tua classica firma che ormai riconosco, la metafora dell'albero che può sì essere considerata come un tema un po' preso di striscio (ma chissenefrega) e una bella riflessione sull'importanza dell'amicizia.
Maledizione, sono quei racconti che vorrei saper scrivere io.
- HandyManny_D
- Messaggi: 144
Re: IL VUOTO
Ciao Elisa,
Ammetto che il tuo racconto mi ha strappato l'anima. Bello, bello davvero! Anche il tema è, a mio avviso, completamente centrato; è semplice, ma non banale.
Questo Vuoto si sente tutto, è credibile, uno pensa di non avere più ancore, di non riuscire a sentire più niente. Non vale la pena di vivere, no? Poi arriva quell'amico che vede il dolore, assiste al gesto e contribuisce a trattenere il protagonista, a sostenerlo e ancorarlo di nuovo alla vita. I legami diventano radici che affondano nel terreno e ridonano le emozioni cancellate dalla depressione.
Ogni figura è messa nel punto giusto, al momento giusto. E a me non importa nemmeno della ripetizione della corda. Ho adorato tutto.
Buona Giorgia D'Aversa Edition!
Ci si legge in giro.
Ammetto che il tuo racconto mi ha strappato l'anima. Bello, bello davvero! Anche il tema è, a mio avviso, completamente centrato; è semplice, ma non banale.
Questo Vuoto si sente tutto, è credibile, uno pensa di non avere più ancore, di non riuscire a sentire più niente. Non vale la pena di vivere, no? Poi arriva quell'amico che vede il dolore, assiste al gesto e contribuisce a trattenere il protagonista, a sostenerlo e ancorarlo di nuovo alla vita. I legami diventano radici che affondano nel terreno e ridonano le emozioni cancellate dalla depressione.
Ogni figura è messa nel punto giusto, al momento giusto. E a me non importa nemmeno della ripetizione della corda. Ho adorato tutto.
Buona Giorgia D'Aversa Edition!
Ci si legge in giro.
- matt_heels
- Messaggi: 72
Re: IL VUOTO
Shanghai Kid ha scritto:IL VUOTO
Quando mi decisi per la corda, non avevo altro pensiero.
Era un pomeriggio come tanti e i ragazzi mi aspettavano in saletta. Ci vedevamo lì, ogni giorno, dopo la scuola.
Non mi preoccupai di avvisare nessuno, non sarebbe cambiato niente. Non pensai nemmeno per un istante a Marco, Luca e Pino, che mi aspettavano per strimpellare il nostro solito repertorio punk. Avrebbero trovato un nuovo bassista. Nessuno è indispensabile, rimpiazzarmi sarebbe stato facile.
Pensai alla mamma, questo sì. E a Federico, che da poco aveva imparato ad andare in bicicletta. Presi carta e penna e lasciai loro due righe:
Non sentitevi in colpa, non avreste potuto fare niente.
Fede, la mia bici ora è tua: cresci bene e sii felice.
Vi amo ancora, ma non basta.
Carlo
Non lo rilessi. Pensavo solo alla corda. Tenevo stretto il mio proposito come la cosa più preziosa.
Scesi nel garage sotto casa, sapevo che il nonno aveva lasciato lì tutti i suoi arnesi. L’avevo vista poco tempo prima, la corda. Entrai e chiusi la porta.
Mentre facevo il nodo, sentivo quel vuoto che mi abitava da mesi attraversarmi tutto. Avrei voluto piangere, quello forse mi avrebbe distratto. Sarebbe stato il segno che c’era ancora qualcosa da salvare. Ma non piansi. C’era solo quel senso di vuoto che si espandeva dalla testa in ogni cellula del mio corpo e la corda era lì: la soluzione.
La legai ad una trave di poco distanziata dal soffitto. Mi ero documentato su come fare, quando mi ero deciso per la corda. Spostai nel punto giusto lo sgabello che il nonno usava quando si metteva al suo tavolo da lavoro. Da quando era morto, le cose erano peggiorate: lui era sempre stato il mio punto di riferimento e la sua assenza aveva nutrito quel nulla che già sentivo crescere dentro di me, prendendosi il gusto di ogni cosa.
Salii sullo sgabello e infilai la testa nel cappio. Non diedi il tempo a nessun pensiero di ostacolare il mio intento e, con un veloce movimento del piede, lo spostai lontano. Cadde.
Il vuoto si prese piano piano anche lo spazio dell’aria nella mia gola. Sbattevo le gambe convulsamente. Era orrendo, ma sarebbe finalmente finito tutto.
“Carlo!”. La voce di Pino mi arrivò ovattata. Era nel cortile davanti al garage. “Carlo, ma è possibile che bisogna venirti a prendere a casa? Come facciamo a suonare senza il bassista?”. Le sue parole mi raggiungevano lente, dilatate.
Poi una luce abbacinante mi arrivò come una sberla in faccia, seguita dal rumore della porta del garage che si apriva. “Carlo, ma che cazzo fai? Carlo!”. Pino urlava come non lo avevo mai sentito.
La mia testa era pesante come un sacco di cemento quando sentii il mio corpo alleggerirsi e i miei piedi poggiare sulle magre spalle di Pino. “Aiuto! Qualcuno mi aiuti!”. Pino gridava, piangeva e, tremando, mi teneva i piedi ben saldi sulle sue spalle. Mi sentivo mancare, quando un’immagine, come in un sogno, si fece largo nella mia mente, forse anche a causa del nome del mio amico (il cervello, talvolta, fa brutti scherzi!): un albero si innalzava nel mio garage. Io ero la chioma mollemente abbandonata su Pino, un tronco esile, malfermo, ma con i piedi infilati nelle sue Converse rosse sbrindellate, radici aggrappate al centro della Terra, contro il furore del mio vuoto.
“Aiutateci! Qualcuno ci aiuti!”. Continuava a urlare, interrotto dai singhiozzi. “Poi me la paghi, razza di idiota!”. Questo mi disse, stringendomi i piedi con entrambe le mani. “Non si lasciano così, gli amici!”. Fu questa l’ultima frase che gli sentii dire prima di perdere i sensi. Le lacrime mi scivolavano lente sulle guance.
Oggi non ricordo nemmeno come arrivai a decidermi per la corda.
L’ombra di quel vuoto non mi ha mai lasciato, ma ogni volta che si riaffaccia ripenso alle Converse rosse sbrindellate di Pino, il mio amico, che non valevano due lire, ma alle quali devo tutto.
Ciao Elisa!
Non devo classificarti, ma ho voluto leggerti di nuovo, dopo averti commentato alla scorsa edizione. Del precedente racconto avevo apprezzato l'idea sul ribaltamento del colloquio scolastico, ma lo avevo "penalizzato" a causa della gestione degli scambi e del dialogo. Qui, invece, viaggi altissima, dall'inizio alla fine.
Si tratta di uno dei migliori racconti che ho letto in questa tornata. Il testo scorre bene, il ritmo è serrato e il flusso funziona. La declinazione del tema, per me, è perfetta. Avrebbe funzionato anche senza inserire la "metafora" dell'albero, ma hai fatto bene a mettercela, per agguantare subito, alla prima lettura. Anche il gioco di parole Pino-pino l'ho trovato geniale: è un cioccolatino che dai al lettore in un momento di grande trasporto emotivo. Si stampa addosso come un sorriso in un momento che rimane impresso.
Ti rinnovo i complimenti, bravissima!
- Shanghai Kid
- Messaggi: 433
Re: IL VUOTO
Emiliano Maramonte ha scritto:Ciao Elisa, bentrovata anche in questa Edition!
Il tuo racconto mi è piaciuto. Il suicidio è uno di quei temi, diciamo così, universali che, anche se declinati in mille modi diversi, hanno sempre efficacia. L'unico inconveniente (che poi tecnicamente non è un inconveniente) è che se il personaggio narra in prima persona una vicenda, si presume che non sia morto nel tentativo di suicidarsi. Però, ripeto, va bene così.
Dicevo: la storia mi è piaciuta ed è abbastanza profonda da turbare abbastanza chi legge. Il salvataggio finale dell'amico ha una buona incidenza sul climax. A essere sincero, il tema lo avevo intuito, laddove avevi provato a costruire un parallelo amicizia/albero, con le radici associate ai piedi. Notevole la capacità di focalizzarti sui piccoli dettagli rivelatori. Per me il tema è preso.
Mi associo a chi ha trovato fastidiosa la ripetizione della parola "corda", ma a MC può succedere.
Buona gara!
Emiliano.
Grazie moltissime per le tue critiche molto costruttive e anche per gli apprezzamenti!
Come già detto, sono d'accordo con la riflessione sull'uso della parola "corda".
A rileggerci.
Buona gara,
Elisa
- Shanghai Kid
- Messaggi: 433
Re: IL VUOTO
MatteoMantoani ha scritto:Ciao Elisa,
nulla da dire. Non so come arrivare ai trecento caratteri richiesti per riempire questo commento.
Conflitto interiore ben reso, stile molto buono e con la tua classica firma che ormai riconosco, la metafora dell'albero che può sì essere considerata come un tema un po' preso di striscio (ma chissenefrega) e una bella riflessione sull'importanza dell'amicizia.
Maledizione, sono quei racconti che vorrei saper scrivere io.
Quanto mi fa piacere questo tuo commento, Matteo, tu non lo sai (o forse sì!).
Grazie, grazie, grazie!
Come ho già detto, la questione dell'albero e del nome dell'amico erano secondari, almeno nella mia testa, alla visione di amicizia e legami così profondi da poterci salvare. Mi spiace non sia pienamente passato il messaggio, ma ti ringrazio molto.
Buona gara.
A rileggerci,
Elisa
- Shanghai Kid
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Re: IL VUOTO
HandyManny_D ha scritto:Ciao Elisa,
Ammetto che il tuo racconto mi ha strappato l'anima. Bello, bello davvero! Anche il tema è, a mio avviso, completamente centrato; è semplice, ma non banale.
Questo Vuoto si sente tutto, è credibile, uno pensa di non avere più ancore, di non riuscire a sentire più niente. Non vale la pena di vivere, no? Poi arriva quell'amico che vede il dolore, assiste al gesto e contribuisce a trattenere il protagonista, a sostenerlo e ancorarlo di nuovo alla vita. I legami diventano radici che affondano nel terreno e ridonano le emozioni cancellate dalla depressione.
Ogni figura è messa nel punto giusto, al momento giusto. E a me non importa nemmeno della ripetizione della corda. Ho adorato tutto.
Buona Giorgia D'Aversa Edition!
Ci si legge in giro.
Cosa dirti se non "grazie"? Questo tuo commento mi ha proprio scaldato il cuore.
Grazie davvero.
Buona gara e a rileggerci,
Elisa
- Shanghai Kid
- Messaggi: 433
Re: IL VUOTO
matt_heels ha scritto:Shanghai Kid ha scritto:IL VUOTO
Quando mi decisi per la corda, non avevo altro pensiero.
Era un pomeriggio come tanti e i ragazzi mi aspettavano in saletta. Ci vedevamo lì, ogni giorno, dopo la scuola.
Non mi preoccupai di avvisare nessuno, non sarebbe cambiato niente. Non pensai nemmeno per un istante a Marco, Luca e Pino, che mi aspettavano per strimpellare il nostro solito repertorio punk. Avrebbero trovato un nuovo bassista. Nessuno è indispensabile, rimpiazzarmi sarebbe stato facile.
Pensai alla mamma, questo sì. E a Federico, che da poco aveva imparato ad andare in bicicletta. Presi carta e penna e lasciai loro due righe:
Non sentitevi in colpa, non avreste potuto fare niente.
Fede, la mia bici ora è tua: cresci bene e sii felice.
Vi amo ancora, ma non basta.
Carlo
Non lo rilessi. Pensavo solo alla corda. Tenevo stretto il mio proposito come la cosa più preziosa.
Scesi nel garage sotto casa, sapevo che il nonno aveva lasciato lì tutti i suoi arnesi. L’avevo vista poco tempo prima, la corda. Entrai e chiusi la porta.
Mentre facevo il nodo, sentivo quel vuoto che mi abitava da mesi attraversarmi tutto. Avrei voluto piangere, quello forse mi avrebbe distratto. Sarebbe stato il segno che c’era ancora qualcosa da salvare. Ma non piansi. C’era solo quel senso di vuoto che si espandeva dalla testa in ogni cellula del mio corpo e la corda era lì: la soluzione.
La legai ad una trave di poco distanziata dal soffitto. Mi ero documentato su come fare, quando mi ero deciso per la corda. Spostai nel punto giusto lo sgabello che il nonno usava quando si metteva al suo tavolo da lavoro. Da quando era morto, le cose erano peggiorate: lui era sempre stato il mio punto di riferimento e la sua assenza aveva nutrito quel nulla che già sentivo crescere dentro di me, prendendosi il gusto di ogni cosa.
Salii sullo sgabello e infilai la testa nel cappio. Non diedi il tempo a nessun pensiero di ostacolare il mio intento e, con un veloce movimento del piede, lo spostai lontano. Cadde.
Il vuoto si prese piano piano anche lo spazio dell’aria nella mia gola. Sbattevo le gambe convulsamente. Era orrendo, ma sarebbe finalmente finito tutto.
“Carlo!”. La voce di Pino mi arrivò ovattata. Era nel cortile davanti al garage. “Carlo, ma è possibile che bisogna venirti a prendere a casa? Come facciamo a suonare senza il bassista?”. Le sue parole mi raggiungevano lente, dilatate.
Poi una luce abbacinante mi arrivò come una sberla in faccia, seguita dal rumore della porta del garage che si apriva. “Carlo, ma che cazzo fai? Carlo!”. Pino urlava come non lo avevo mai sentito.
La mia testa era pesante come un sacco di cemento quando sentii il mio corpo alleggerirsi e i miei piedi poggiare sulle magre spalle di Pino. “Aiuto! Qualcuno mi aiuti!”. Pino gridava, piangeva e, tremando, mi teneva i piedi ben saldi sulle sue spalle. Mi sentivo mancare, quando un’immagine, come in un sogno, si fece largo nella mia mente, forse anche a causa del nome del mio amico (il cervello, talvolta, fa brutti scherzi!): un albero si innalzava nel mio garage. Io ero la chioma mollemente abbandonata su Pino, un tronco esile, malfermo, ma con i piedi infilati nelle sue Converse rosse sbrindellate, radici aggrappate al centro della Terra, contro il furore del mio vuoto.
“Aiutateci! Qualcuno ci aiuti!”. Continuava a urlare, interrotto dai singhiozzi. “Poi me la paghi, razza di idiota!”. Questo mi disse, stringendomi i piedi con entrambe le mani. “Non si lasciano così, gli amici!”. Fu questa l’ultima frase che gli sentii dire prima di perdere i sensi. Le lacrime mi scivolavano lente sulle guance.
Oggi non ricordo nemmeno come arrivai a decidermi per la corda.
L’ombra di quel vuoto non mi ha mai lasciato, ma ogni volta che si riaffaccia ripenso alle Converse rosse sbrindellate di Pino, il mio amico, che non valevano due lire, ma alle quali devo tutto.
Ciao Elisa!
Non devo classificarti, ma ho voluto leggerti di nuovo, dopo averti commentato alla scorsa edizione. Del precedente racconto avevo apprezzato l'idea sul ribaltamento del colloquio scolastico, ma lo avevo "penalizzato" a causa della gestione degli scambi e del dialogo. Qui, invece, viaggi altissima, dall'inizio alla fine.
Si tratta di uno dei migliori racconti che ho letto in questa tornata. Il testo scorre bene, il ritmo è serrato e il flusso funziona. La declinazione del tema, per me, è perfetta. Avrebbe funzionato anche senza inserire la "metafora" dell'albero, ma hai fatto bene a mettercela, per agguantare subito, alla prima lettura. Anche il gioco di parole Pino-pino l'ho trovato geniale: è un cioccolatino che dai al lettore in un momento di grande trasporto emotivo. Si stampa addosso come un sorriso in un momento che rimane impresso.
Ti rinnovo i complimenti, bravissima!
Ehi, ma che bella sorpresa!
Non so proprio come ringraziarti per aver investito del tempo per rileggermi e scrivermi queste tue parole. Questo commento assume per me un valore ancora più importante perchè non è "dovuto".
Ti ringrazio di cuore.
Buona gara e a rileggerci!
Elisa
Re: IL VUOTO
Ciao Elisa!
Il tuo è uno di quei racconti che tiene incollati alla lettura fino alla fine, con una crescente frequenza del battito cardiaco; sarà per il tema del suicidio che è molto delicato (e a mio parere non facile da rendere credibile) ma che hai saputo rappresentare molto bene, anche grazie alle sapienti descrizioni e ai pochi ma emozionanti discorsi diretti.
Com’è già stato segnalato (e ho visto il tuo commento) la parola “corda” è troppo presente. Probabilmente la tua intenzione era quella di dare più peso possibile alla decisione drastica del protagonista, in modo da creare il misto perfetto tra soluzione e condanna, rappresentato appunto dalla corda (avvisami se sbaglio!).
È chiaro che Pino sia un amico (prima di essere un albero!), quindi penso che tu abbia rappresentato il tema molto bene. Per me il gioco pino/Pino è interessante e non guasta l’atmosfera; non tutti l’avrebbero pensato!
Il tuo è uno di quei racconti che tiene incollati alla lettura fino alla fine, con una crescente frequenza del battito cardiaco; sarà per il tema del suicidio che è molto delicato (e a mio parere non facile da rendere credibile) ma che hai saputo rappresentare molto bene, anche grazie alle sapienti descrizioni e ai pochi ma emozionanti discorsi diretti.
Com’è già stato segnalato (e ho visto il tuo commento) la parola “corda” è troppo presente. Probabilmente la tua intenzione era quella di dare più peso possibile alla decisione drastica del protagonista, in modo da creare il misto perfetto tra soluzione e condanna, rappresentato appunto dalla corda (avvisami se sbaglio!).
È chiaro che Pino sia un amico (prima di essere un albero!), quindi penso che tu abbia rappresentato il tema molto bene. Per me il gioco pino/Pino è interessante e non guasta l’atmosfera; non tutti l’avrebbero pensato!
Francesco Michele Forciniti
- Mauro Bennici
- Messaggi: 175
Re: IL VUOTO
Ciao Elisa,
Toccante, nulla da dire. Spero che nel tuo caso non valga il detto "scrivi di quel che conosci".
Si poteva giocare sull'amico che lo salva anche senza il gioco di parole, come le radici che lo hanno tenuto ancora alla vita. Ma ci sta e non da problemi.
Ti segnalo due piccole cose:
- "Mentre facevo il nodo, sentivo quel vuoto che mi abitava da mesi attraversarmi tutto. Avrei voluto piangere", se senti il vuoto e sei arrivato alla fase finale delle discesa, non piangi.
- "Fu questa l’ultima frase che gli sentii dire prima di perdere i sensi. Le lacrime mi scivolavano lente sulle guance.", le avrei invertite. Se sono out, non percepisco più.
Dettagli, ben fatto.
Buona edition!
Toccante, nulla da dire. Spero che nel tuo caso non valga il detto "scrivi di quel che conosci".
Si poteva giocare sull'amico che lo salva anche senza il gioco di parole, come le radici che lo hanno tenuto ancora alla vita. Ma ci sta e non da problemi.
Ti segnalo due piccole cose:
- "Mentre facevo il nodo, sentivo quel vuoto che mi abitava da mesi attraversarmi tutto. Avrei voluto piangere", se senti il vuoto e sei arrivato alla fase finale delle discesa, non piangi.
- "Fu questa l’ultima frase che gli sentii dire prima di perdere i sensi. Le lacrime mi scivolavano lente sulle guance.", le avrei invertite. Se sono out, non percepisco più.
Dettagli, ben fatto.
Buona edition!
- MerioRounds
- Messaggi: 51
Re: IL VUOTO
Ciao Elisa!
Sarò breve, è un racconto che mi è piaciuto parecchio, compreso il finale e l’utilizzo del tema che, per quanto non centratissimo, è molto originale. Stilisticamente non ho notato alcuni errori importanti e, al netto di quanto sia stato detto in precedenza, neppure il rimarcare della corda mi ha dato fastidio. L’unica cosa che mi ha fatto un po’ piegare la testa con perplessità è la scelta del nome Pino, che capisco con la scelta del finale, ma personalmente non mi piace.
In bocca al lupo per questa edizione di MC! Spero di leggerti ancora in futuro.
Sarò breve, è un racconto che mi è piaciuto parecchio, compreso il finale e l’utilizzo del tema che, per quanto non centratissimo, è molto originale. Stilisticamente non ho notato alcuni errori importanti e, al netto di quanto sia stato detto in precedenza, neppure il rimarcare della corda mi ha dato fastidio. L’unica cosa che mi ha fatto un po’ piegare la testa con perplessità è la scelta del nome Pino, che capisco con la scelta del finale, ma personalmente non mi piace.
In bocca al lupo per questa edizione di MC! Spero di leggerti ancora in futuro.
- Taylor_Blackfyre
- Messaggi: 130
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Re: IL VUOTO
Ciao,
il racconto è decisamente buono, secondo me ottimo fino a quando entra Pino. Ho apprezzato un po' meno la parte finale, più che altro l'immagine dell'albero mi sembra un pochino forzata all'interno del racconto per rientrare nel tema del contest. La reazione di Pino, invece, è toccante e molto ben scritta. Comunque ottimo lavoro, complimenti e buona edition!
il racconto è decisamente buono, secondo me ottimo fino a quando entra Pino. Ho apprezzato un po' meno la parte finale, più che altro l'immagine dell'albero mi sembra un pochino forzata all'interno del racconto per rientrare nel tema del contest. La reazione di Pino, invece, è toccante e molto ben scritta. Comunque ottimo lavoro, complimenti e buona edition!
- IL GLADIATORE
- Messaggi: 147
Re: IL VUOTO
Ciao Elisa, ottimo racconto, questa volta torni sui tuoi livelli e lo fai con uno stile pulito, consapevole e decisamente maturo. "Avrei voluto piangere, quello forse mi avrebbe distratto...". Questo si chiama non solo saper scrivere ma anche saper gestire e maneggiare con estrema cura ed empatia le emozioni e metterle nero su bianco con crudezza e delicatezza insieme. Il racconto va decisamente spedito dove lo vuoi portare e rientra in quelli che mi hanno coinvolto ed emozionato di più. Nient'altro da dire se non che qua siamo su un pollice su con doppia lode.
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