L’arena dell’Imperatore Nerone
- GiuliaSilvestri
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L’arena dell’Imperatore Nerone
L'arena dell'Imperatore Nerone
di Giulia Silvestri
Guardavo film e serie tv sugli zombie con la consapevolezza che io, Loris, un ragazzo qualunque, non sarei mai sopravvissuto. Poco atletico, poco sveglio; poco tutto. Perciò ringraziavo il cielo di essere al sicuro sul divano della mia “tana”: un appartamentino che aveva spazio giusto per me; essere studente fuori sede aveva anche i suoi pregi, giuro.
La verità è che il mondo reale fa schifo. E quegli zombie alla fine sono arrivati anche sulla Terra. Non so come abbiano fatto a trasformarsi da fantasie di scrittori e sceneggiatori a qualcosa di concreto, reale – se da un esperimento andato male o effetti collaterali di qualche guerra. So solo che l’appartamento in cui sono chiuso da mesi comincia a starmi stretto. Mi sento come un prigioniero che è stato dimenticato o di cui non si ha più la chiave della cella. Peccato che se volessi uscire potrei farlo, ma dove andrei?
A camminare per le strade di Roma tra il caldo afoso e la puzza asfissiante dei corpi in decomposizione? A rischiare di essere infettato? No, grazie.
Tuttavia la solitudine, a volte, prende il sopravvento e ho pensato spesso di farla finita. Che senso ha continuare a vivere in questo buco, con le scorte che cominciano a scarseggiare e nessuno con cui parlare? Il silenzio per le strade, rotto ogni tanto solo dai lamenti e lo strascicare dei morti, ti fa uscire di testa. Se andassi fuori di qui non durerei che due secondi. Ormai la mia vita è spacciata.
“L’eterna gloria non è mai stata così vicina! L’arena è qui per te: combatti, vinci e guadagnati un posto sullo Zombibus! O… muori.”
Ancora con questa palla. Non sopporto più quella voce sardonica.
“Affrettati, ci sono solo pochi posti disponibili!”
Mi alzo dal letto macchiato e guardo fuori dalla finestra. Il volto compiaciuto dell’Imperatore Nerone, con la corona d’alloro sul capo e il mantello rosso alle spalle, è in primo piano con fare fiero sullo schermo del palazzo di fronte al mio. Non so chi sia davvero; un malavitoso, un politico – nessuno lo sa. Ma ha preso il potere, standosene tranquillo nel Colosseo, con una scorta che basterebbe all’Italia intera, compreso di acqua ed elettricità, e proclamandosi come discendente diretto di Nerone. Mortacci tua.
Dei brividi sul braccio. Sposto l’attenzione sull’arto e mi accorgo, con orrore, di un ragno nero dal carapace distrutto che muove le zampine in modo scattoso. Trattengo un urlo e scuoto il braccio per buttarlo a terra, ricordandomi che come uno sciocco l’ho schiacciato qualche giorno fa senza curarmi del fatto che sarebbe tornato. Come tutto ciò che muore da cica un paio di anni a questa parte. Prendo una scarpa e comincio a pestarlo, finché non vedo che non muove più neanche un muscolo. Mi controllo il corpo e non vedo punture o cose strane tra la sporcizia della pelle; mi ci vorrebbe proprio un bel bagno. Per fortuna non mi ha morso.
Però, in tutto questo trambusto, c’è una parola che mi risuona nella testa: Zombibus. L’unico biglietto per andarsene e sperare in una vita più tranquilla. Il problema è che passa una volta ogni-non-so-quanto, e sembra che l’Imperatore sia l’unico a sapere quando e dove farà tappa. Non capisco perché, se davvero ne è al corrente, non prenda l’occasione al volo per allontanarsi da questa follia, ma evidentemente comandare è ciò che gli piace di più. Tutto sommato, al posto suo lo farei anche io. Dev’essere bello avere un potere del genere e non preoccuparsi di vivere o morire. Ma divertirsi e basta, finché si campa. Anche se per farlo ti svaghi sulla pelle dei disperati che accettano di partecipare ai tuoi giochi.
Io però non posso permettermelo. Le provviste scarseggiano e non so come farò ad andare avanti. Continuo a osservare quello schermo e il volto dell’Imperatore, e un’idea comincia a farsi largo in me. Non parteciperei mai a tale follia, no, eppure c’è un’altra cosa che potrei provare a fare. Chissà se ci riuscirei… potrebbe essere la mia ultima possibilità di vivere.
Il caldo esterno è peggio di quello che c’era nel mio appartamento. Non parliamo del tanfo che impregna ormai in modo perenne l’aria. Nel Mattatoio, quando era in funzione, scommetto che c’era un olezzo migliore.
Mi sventolo con una mano mentre cerco di tapparmi il naso con l’altra, stando bene attento a dove metto i piedi e, soprattutto, a non farmi individuare da nessuno. Sono sicuro che le mie qualità da sopravvissuto non mi aiuterebbero affatto. Oltretutto, mi sento una strana stanchezza addosso; non so se data dal caldo o dalla fame.
Mi inoltro nel Foro Romano, nella speranza di aver scelto una via più sicura, per raggiungere la meta: il Colosseo. Essere da solo, in queste vie una volta trafficate da centinaia di migliaia di visitatori l’anno, fa un certo effetto. Ti fa sentire solo. Debole.
Un ronzio appena percettibile. Un drone è in arrivo. Accelero il passo prima che possa localizzarmi e mi nascondo sotto l’arco di Settimio Severo. Il cuore mi batte a mille, ma il drone se ne va senza dirmi nulla. All’improvviso avverto un forte capogiro e mi prendo la testa tra le mani, cercando di farlo sparire. Ma in pochi attimi torna tutto come prima. Confuso, ma sollevato per non essere stato scoperto, riprendo il mio cammino tra i lastroni e le macerie dell’antica civiltà romana.
Dopo qualche passo, sussulto nel sentire un respiro pesante alle mie spalle, seguito da un odore nauseabondo. C’è un uomo in decomposizione, dietro un paio di colonne doriche, che sta venendo verso di me. Gli occhi sono acquosi, non può vedere con essi, ma so per certo che ha fiutato il mio odore. Devo allontanarmi il più fretta possibile, non posso farmi prendere proprio ora che sto mettendo alla prova il mio coraggio. Come se la natura avesse predetto la mia misera fine, gli squittii di un topo non troppo distante prendono la sua attenzione. Gli manca un occhio, e per metà si intravedono le parti interne, ma per mia fortuna – chiamasi botta di culo – non è così intelligente da individuarmi e se ne va con fare confuso, seguito a ruota dai passi lenti e trascinati del morto. C’è mancato poco, Loris.
Il fatto che devo stare attento non solo ai cadaveri delle persone, ma anche a quelle degli animali mi mette ancora più ansia. Procedo il cammino finché non sono a pochi metri dal Colosseo.
Schermi di pubblicità all’arena sono posizionati per la piazza e ripetono sempre quell’unico messaggio. Sì, lì dentro ti attende proprio l’eterna gloria. Osservo alcune persone in fila davanti all’entrata, fermati e controllati da guardie in armatura – manco fosse una fiera per cosplayer –, con fucili in mano e cuffiette alle orecchie, e mi sorprende l’idea che ci siano davvero delle persone interessate a parteciparvi. Ma, dopotutto, perché io sono qui? Forse sono anche più pazzo di loro, se devo dire la verità: non arriverò mai alle scorte dell’Imperatore, senza farmi scoprire. Ma tentar non nuoce, no?
È questo che fanno le persone disperate: cercano in ogni modo possibile di continuare a vivere, anche se la vita è diventata una merda. L’oblio della morte mette più paura di uno zombi. Almeno quello puoi sperare di combatterlo e vincerlo.
Altre guardie pattugliano il perimetro della zona e non so come posso fare per raggirarle. Entrare come un possibile partecipante, o un semplice spettatore, non funzionerebbe: sarei controllato di continuo. L’unica mia possibilità è di entrare da una delle arcate secondarie, ci dev’essere pure un buco in cui infilarmi! Devo passare.
Mi gioco la carta coraggio finché posso attivarla: attendo che un paio di guardie superino il nascondiglio dove sono rintanato e che un drone continui il giro del Colosseo dall’altro lato, poi corro fino alle arcate in ombra, ringraziando la voce dell’Imperatore che ha coperto i miei passi dagli schermi.
Come sospettavo: nessuna apertura, le sbarre di ferro sono ben saldate al loro posto. Cerco di scuoterle e forzarle, ma nulla da fare; sono anche troppo ravvicinate e non mi permettono di provare ad arrampicarmi. Mi affaccio per vedere oltre, ma tutto ciò che posso guardare sono corridoi bui e un fascio di luce lontano da me, che dà direttamente sull’arena. Del vociare concitato fa capire che ci siano anche degli spettatori già, in attesa dello spettacolo. Forse è meglio filarsela prima che…
Dei ticchettii dietro di me, accompagnati da un ringhio, mi fanno accapponare la pelle. «Ehi tu! Che ci fai lì?»
Un cane è ai miei piedi, con la bava alla bocca e mi intima a non muovermi mentre le due guardie di prima si avvicinano con le armi puntate in avanti. Alzo le mani, non potendo fare molto altro e azzardo un sorrisetto.
«Volevi entrare senza essere registrato? Ah! Vediamo se vorrai fare ancora il furbo…»
Merda.
Non hanno voluto sentire ragioni, mi hanno condotto dove c’erano altri partecipanti e ci hanno spinti tutti verso un unico ingresso. Ci hanno lasciato qui, mentre l’Imperatore fa il suo discorso iniziale.
Ci sono uomini e donne intorno a me mia visti prima, saremo una decina più o meno – c’è addirittura un adolescente, mi chiedo come sia finito qui dentro. Sicuramente in modo meno patetico del mio; ma l’avevo detto che non avevo l’istinto di sopravvivenza.
All’improvviso mi prende un dolore alla pancia, una fitta che mi fa portare le mani all’altezza dello stomaco e mi lascio sfuggire un mugolio.
Qualcuno mi tocca una spalla. «Tutto bene?»
Prendo un bel respiro, avvertendo anche un forte dolore alla tempia, ma sorrido e ringrazio con un cenno la ragazza dai corti capelli viola davanti a me. Eppure non sembra credermi, mi sta studiando con una strana espressione in volto e non capisco perché. «La fame» cerco di dire, ma lei socchiude lo sguardo e si gira verso l’arena. Si schiocca le dita e muove la testa da un lato all’altro, scrollando le spalle. Mi ricorda una pugile prima di un incontro, e forse lo era, dato il suo corpo muscoloso. Non so bene come funzionino i giochi, ma lei invece sembra preparata e determinata a vincere.
Forse può essere una buona alleata.
Il discorso dell’Imperatore termina e gli applausi ci danno il benvenuto tra le rovine dell’arena. Il sole mi abbaglia così tanto che devo coprirmi con una mano, strizzando gli occhi, ma c’è qualcosa di strano; il mal di testa sembra non volersene andare e mi martella alle tempie. Il fiato si fa pesante, dato forse dall’ansia di quello che mi sta per aspettare. Per quello che ci sta aspettando. Quando riesco a sorreggere il cambiamento di luce osservo gli altri e mi accorgo che sono l’unico che sta per avere una crisi di panico. Sono tutti tranquilli, bene concentrati e studiano il volto dell’Imperatore, in lontananza al lato opposto, con fermezza. Indoviniamo chi morirà per primo…
All’altra estremità dell’arena, delle guardie munite di fucili e aste dalle estremità elettrificate, trasportano una gabbia coperte da un telo. Alla fine della passerella a T sotto i nostri piedi, invece, vi è un tavolo con varie armi. Mi accorgo della ragazza di prima che fa un passo in avanti, forse ha intuito già cosa sta per accadere e non vede l’ora di andare in azione. Gli altri tentennano, alcuni appaiono un attimo confusi. Io vorrei solo fuggire a gambe levate, ma dietro di noi si sono chiusi i cancelli e i muri sono troppo alti per sperare di potersi arrampicare; anche volendo, penso che le guardie siano addestrate a sparare a chiunque provi a fuggire da qui. Non c’è altro modo se non combattere e sperare, così, di vincere un posto sullo Zombibus – sempre che non sia uno specchietto per le allodole.
L’Imperatore se ne sta sulla passerella che una volta era destinata ai visitatori, con le braccia strette alla ringhiera ed espressione fiera, circondato dalle guardie. Dà un ordine e il telo viene tolto, rivelando un leone zombi. Gli occhi sono due buchi neri, le costole in bella vista e il pelo ingrigito dalla morte. Anche la criniera, una volta folta adesso è spelacchiata e irta come se avesse preso una scossa; la bava scende copiosa dai denti. Colpisce con le unghie della zampona la parte davanti della gabbia, come se non vedesse l’ora di uscire, e noi tutti trasaliamo.
La ragazza non aspetta nessun ordine e corre verso il tavolo, seguita in pochi secondi da tutti gli altri partecipanti, me compreso. La vedo sbattere un pugno sul tavolo. «Cazzo.»
«È uno scherzo?» Un uomo che ha in mano una pistola come quella impugnata dall’altra, si rivolge alle guardie che sono rimaste dietro i cancelli. «Dove sono i proiettili?»
Una di loro ride. «Beh, prova a vedere tra le rovine!»
Ah, magnifico.
La ragazza scuote la testa e sospira, poi si mette la pistola nella tasca dei jeans strappati. Mi passa un coltello, senza che le dica nulla. Me lo rigiro tra le mani senza sapere cosa dire e questo la fa sbuffare seccata. «Se vuoi sopravvivere, faresti meglio a svegliarti. Qui solo uno di noi vincerà.»
Quasi mi cade l’arma dalle mani. Uno solo? Questo vuol dire… Negli occhi della ragazza passa un lampo di dispiacere, poi la vedo arrampicarsi alle sbarre per scendere dalla passerella e così, come lei, anche altri. Dovrò uccidere per vincere. Non solo i mostri.
Mi riprendo dallo stordimento, capendo che non è una mossa saggia rimanere qui a vista, mentre la gabbia viene aperta. Un ruggito risuona tra le rovine e le guardie si allontanano, tenendo a debita distanza l’animale con i teaser, e poi richiudono il cancello. La folla di spettatori esulta. Che i giochi abbiano inizio, quindi.
Scendo anche io, tenendo il coltello nelle mani tremanti come fosse una spada pesante. Non so che fare, come muovermi o sperare di non morire. Mi rintano nell’ombra di un arco, mentre mi torna un nuovo capogiro. La vista di annebbia per un attimo e poi torna stranita, quasi ampliata, come se mi avessero messo un grandangolo davanti gli occhi. Scuoto la testa e tutto torna come prima.
Qualcuno corre a qualche metro da me e mi sporgo per vedere cosa sta succedendo, con il cuore in gola: una donna è inseguita da un uomo e quest’ultimo gli pianta un coltello alla gola ancora prima che lei possa urlare. Sto per farlo io, alla vista del sangue che scola tra i due e lo sguardo della donna che diventa vitreo, ma una mano mi agguanta per la bocca e mi trascina di nuovo nel mio nascondiglio. È la ragazza dai capelli viola. Si porta un dito smaltato di nero alle labbra e io, con il fiato trattenuto, annuisco appena.
I passi pesanti dell’uomo si allontanano e la ragazza fa cenno di seguirla. «Il sangue attirerà il leone, faremmo meglio ad allontanarci.»
«Perché mi aiuti?»
Lei si gira con un sorrisetto. «Sarò onesta: ho un debole per i cuccioli smarriti e tu non sembri uno che sopravviverebbe per più di due minuti. Voglio essere gentile e darti almeno una possibilità in più.»
Non so se sentirmi offeso o riconoscente, nel dubbio la seguo senza aggiungere altro.
«Mira.»
Non pensavo che in questi cosi sapere i nostri nomi fosse così importante. «Loris.»
Mi volta le spalle e io riprendo a seguirla.
Le urla di chi è stato preso dal leone, o ucciso, e i righi dell’animale, mi fanno accapponare la pelle. Però capisco il piano della ragazza: stare nell’ombra, aspettare che uccidano la bestia o che rimangano in pochi, senza stancarsi o rischiare la vita. I crampi della fame si ripresentano e lei, nel rivedermi toccare la pancia, mi rilancia quello sguardo che non riesco a decifrare. Sembra quasi che abbia paura, ma non capisco per quale motivo. Ho solo fame. Ed è anche normale, dopo il misero pasto fatto ieri con le ultime scorte rimaste.
«Come mai sei qui? Non ti ho visto alle registrazioni.»
Mi gratto la testa, con fare impacciato. «Mi hanno sorpreso mentre cercavo di entrare di nascosto.» Lo sguardo di Mira mi sprona a continuare. «Volevo provare ad arrivare alle scorte dell’Imperatore.»
Quasi si strozza per trattenere la risata che le sta uscendo dalla gola. «Oltre che debole, sei anche più stupido di quanto credessi.»
Sto per ribattere, offeso, quando un uggiolio di dolore ci fa girare di scatto verso il centro dell’arena. Qualcuno deve aver colpito il leone. La ragazza fa strada finché non abbiamo la visuale libera dai muri e, nascosti dietro una parete mezza crollata, osserviamo il ragazzino con il machete che sta faccia a faccia con il leone. Gli è sopra, la bava che cola sul viso e le zampe che cercano di acciuffarlo, mentre il ragazzo cerca di allontanarlo da sé tramite l’arma con la paura impressa negli occhi. Sa che non ha molte chance di farcela, ma non si arrende. È molto più coraggioso di me, devo ammetterlo.
L’uomo che aveva chiesto dei proiettili alle guardie sembra averli trovati e avanza con la pistola puntata sul leone. Mina mi fa segno di rimanere dove sono, prende il coltello dalle mie mani senza tante cerimonie e sparisce dietro un muro. Mi chiedo cosa abbia in mente, ma la mia attenzione è tutta sull’uomo che spara due colpi verso l’animale. Il leone si allontana dal ragazzino e annusa l’aria, poi fa un ruggito e parte verso di lui.
Un terzo sparo, dritto alla fronte dello zombi. La carcassa cade a terra con un tonfo.
La folla si lascia sfuggire un coro di stupore, poi acclama l’uomo come se fosse già il vincitore.
Il ragazzino fa un sospiro di sollievo e si alza, anche se a fatica. «Ti ringrazio...» fa con il fiato corto, ma l’altro indurisce la mascella e gli spara in pieno petto.
Con quel quarto colpo anche il mio cuore si ferma. Non l’ha fatto davvero. Non l’ha ucciso…
E invece sì. La macchia rossa che si allarga sotto la sua schiena ne è il chiaro segno.
Mina esce alle spalle dell’uomo e lo prende al collo con un braccio, portandoselo dietro. La confusione dell’altro non lo fa reagire subito, ma un proiettile finisce per aria nel disperato tentativo di colpirla. Mina, con un colpo fatale, lo pugnala al petto e rimane con l’arma piantata nella carne finché non smette di dimenarsi, poi lo lascia andare. Raccoglie l’arma, la soppesa, poi la ricarica con un sorriso malizioso.
«Non posso crederci…» Sento la bocca impastata. Mi guarda, e il sorriso sparisce dalle sue labbra. Fa un sospiro.
Esco dal nascondiglio per raggiungerla, ma fin da subito lo trovo difficile: le mie gambe sembrano essere diventate pesanti, il cuore batte così forte che ho paura mi stia per scoppiare e la vista si annebbia. Scuoto la testa, cercando di scacciare tutto ciò, ma quello che ottengo sono di nuovo i crampi allo stomaco.
«L’aveva morso.» Mira si è avvicinata al ragazzino e una lacrima le scivola giù dalla guancia. «Aveva le ore contate.»
Riguardo il leone, poi il ragazzino e capisco che in qualunque caso la sua vita sarebbe finita. Anche se avesse vinto, l’avrebbero ucciso per il contagio. Non sarebbe mai partito.
«Mi dispiace, Loris.» Alza un braccio con l’arma puntata nei miei confronti. Sono confuso, non capisco cosa sta succedendo; ogni azione mi sembra al rallentatore. Anche la sua voce mi risulta distante. «Non l’avrei voluto fare, davvero. Potevi essermi simpatico. Ma il mondo è cambiato. Guardati…»
Feci come mi consigliava di fare e mi accorsi della pelle più pallida del solito, che tendeva verso un grigio anormale per una pelle umana, in contrasto con il verdognolo delle vene in bella vista.
«Io sono qui per vincere. Prenderò quel maledetto biglietto. E me ne andrò di qui» continuò. «Avevo già notato il cambiamento dai tuoi occhi. Ti ho dato la possibilità di vivere qualche istante di più. Adesso farò l’ultima azione buona che posso fare per te: evitarti questa maledizione.»
E spara. Un proiettile dritto al mio petto.
Fanculo, quel ragno di merda!
di Giulia Silvestri
Guardavo film e serie tv sugli zombie con la consapevolezza che io, Loris, un ragazzo qualunque, non sarei mai sopravvissuto. Poco atletico, poco sveglio; poco tutto. Perciò ringraziavo il cielo di essere al sicuro sul divano della mia “tana”: un appartamentino che aveva spazio giusto per me; essere studente fuori sede aveva anche i suoi pregi, giuro.
La verità è che il mondo reale fa schifo. E quegli zombie alla fine sono arrivati anche sulla Terra. Non so come abbiano fatto a trasformarsi da fantasie di scrittori e sceneggiatori a qualcosa di concreto, reale – se da un esperimento andato male o effetti collaterali di qualche guerra. So solo che l’appartamento in cui sono chiuso da mesi comincia a starmi stretto. Mi sento come un prigioniero che è stato dimenticato o di cui non si ha più la chiave della cella. Peccato che se volessi uscire potrei farlo, ma dove andrei?
A camminare per le strade di Roma tra il caldo afoso e la puzza asfissiante dei corpi in decomposizione? A rischiare di essere infettato? No, grazie.
Tuttavia la solitudine, a volte, prende il sopravvento e ho pensato spesso di farla finita. Che senso ha continuare a vivere in questo buco, con le scorte che cominciano a scarseggiare e nessuno con cui parlare? Il silenzio per le strade, rotto ogni tanto solo dai lamenti e lo strascicare dei morti, ti fa uscire di testa. Se andassi fuori di qui non durerei che due secondi. Ormai la mia vita è spacciata.
“L’eterna gloria non è mai stata così vicina! L’arena è qui per te: combatti, vinci e guadagnati un posto sullo Zombibus! O… muori.”
Ancora con questa palla. Non sopporto più quella voce sardonica.
“Affrettati, ci sono solo pochi posti disponibili!”
Mi alzo dal letto macchiato e guardo fuori dalla finestra. Il volto compiaciuto dell’Imperatore Nerone, con la corona d’alloro sul capo e il mantello rosso alle spalle, è in primo piano con fare fiero sullo schermo del palazzo di fronte al mio. Non so chi sia davvero; un malavitoso, un politico – nessuno lo sa. Ma ha preso il potere, standosene tranquillo nel Colosseo, con una scorta che basterebbe all’Italia intera, compreso di acqua ed elettricità, e proclamandosi come discendente diretto di Nerone. Mortacci tua.
Dei brividi sul braccio. Sposto l’attenzione sull’arto e mi accorgo, con orrore, di un ragno nero dal carapace distrutto che muove le zampine in modo scattoso. Trattengo un urlo e scuoto il braccio per buttarlo a terra, ricordandomi che come uno sciocco l’ho schiacciato qualche giorno fa senza curarmi del fatto che sarebbe tornato. Come tutto ciò che muore da cica un paio di anni a questa parte. Prendo una scarpa e comincio a pestarlo, finché non vedo che non muove più neanche un muscolo. Mi controllo il corpo e non vedo punture o cose strane tra la sporcizia della pelle; mi ci vorrebbe proprio un bel bagno. Per fortuna non mi ha morso.
Però, in tutto questo trambusto, c’è una parola che mi risuona nella testa: Zombibus. L’unico biglietto per andarsene e sperare in una vita più tranquilla. Il problema è che passa una volta ogni-non-so-quanto, e sembra che l’Imperatore sia l’unico a sapere quando e dove farà tappa. Non capisco perché, se davvero ne è al corrente, non prenda l’occasione al volo per allontanarsi da questa follia, ma evidentemente comandare è ciò che gli piace di più. Tutto sommato, al posto suo lo farei anche io. Dev’essere bello avere un potere del genere e non preoccuparsi di vivere o morire. Ma divertirsi e basta, finché si campa. Anche se per farlo ti svaghi sulla pelle dei disperati che accettano di partecipare ai tuoi giochi.
Io però non posso permettermelo. Le provviste scarseggiano e non so come farò ad andare avanti. Continuo a osservare quello schermo e il volto dell’Imperatore, e un’idea comincia a farsi largo in me. Non parteciperei mai a tale follia, no, eppure c’è un’altra cosa che potrei provare a fare. Chissà se ci riuscirei… potrebbe essere la mia ultima possibilità di vivere.
Il caldo esterno è peggio di quello che c’era nel mio appartamento. Non parliamo del tanfo che impregna ormai in modo perenne l’aria. Nel Mattatoio, quando era in funzione, scommetto che c’era un olezzo migliore.
Mi sventolo con una mano mentre cerco di tapparmi il naso con l’altra, stando bene attento a dove metto i piedi e, soprattutto, a non farmi individuare da nessuno. Sono sicuro che le mie qualità da sopravvissuto non mi aiuterebbero affatto. Oltretutto, mi sento una strana stanchezza addosso; non so se data dal caldo o dalla fame.
Mi inoltro nel Foro Romano, nella speranza di aver scelto una via più sicura, per raggiungere la meta: il Colosseo. Essere da solo, in queste vie una volta trafficate da centinaia di migliaia di visitatori l’anno, fa un certo effetto. Ti fa sentire solo. Debole.
Un ronzio appena percettibile. Un drone è in arrivo. Accelero il passo prima che possa localizzarmi e mi nascondo sotto l’arco di Settimio Severo. Il cuore mi batte a mille, ma il drone se ne va senza dirmi nulla. All’improvviso avverto un forte capogiro e mi prendo la testa tra le mani, cercando di farlo sparire. Ma in pochi attimi torna tutto come prima. Confuso, ma sollevato per non essere stato scoperto, riprendo il mio cammino tra i lastroni e le macerie dell’antica civiltà romana.
Dopo qualche passo, sussulto nel sentire un respiro pesante alle mie spalle, seguito da un odore nauseabondo. C’è un uomo in decomposizione, dietro un paio di colonne doriche, che sta venendo verso di me. Gli occhi sono acquosi, non può vedere con essi, ma so per certo che ha fiutato il mio odore. Devo allontanarmi il più fretta possibile, non posso farmi prendere proprio ora che sto mettendo alla prova il mio coraggio. Come se la natura avesse predetto la mia misera fine, gli squittii di un topo non troppo distante prendono la sua attenzione. Gli manca un occhio, e per metà si intravedono le parti interne, ma per mia fortuna – chiamasi botta di culo – non è così intelligente da individuarmi e se ne va con fare confuso, seguito a ruota dai passi lenti e trascinati del morto. C’è mancato poco, Loris.
Il fatto che devo stare attento non solo ai cadaveri delle persone, ma anche a quelle degli animali mi mette ancora più ansia. Procedo il cammino finché non sono a pochi metri dal Colosseo.
Schermi di pubblicità all’arena sono posizionati per la piazza e ripetono sempre quell’unico messaggio. Sì, lì dentro ti attende proprio l’eterna gloria. Osservo alcune persone in fila davanti all’entrata, fermati e controllati da guardie in armatura – manco fosse una fiera per cosplayer –, con fucili in mano e cuffiette alle orecchie, e mi sorprende l’idea che ci siano davvero delle persone interessate a parteciparvi. Ma, dopotutto, perché io sono qui? Forse sono anche più pazzo di loro, se devo dire la verità: non arriverò mai alle scorte dell’Imperatore, senza farmi scoprire. Ma tentar non nuoce, no?
È questo che fanno le persone disperate: cercano in ogni modo possibile di continuare a vivere, anche se la vita è diventata una merda. L’oblio della morte mette più paura di uno zombi. Almeno quello puoi sperare di combatterlo e vincerlo.
Altre guardie pattugliano il perimetro della zona e non so come posso fare per raggirarle. Entrare come un possibile partecipante, o un semplice spettatore, non funzionerebbe: sarei controllato di continuo. L’unica mia possibilità è di entrare da una delle arcate secondarie, ci dev’essere pure un buco in cui infilarmi! Devo passare.
Mi gioco la carta coraggio finché posso attivarla: attendo che un paio di guardie superino il nascondiglio dove sono rintanato e che un drone continui il giro del Colosseo dall’altro lato, poi corro fino alle arcate in ombra, ringraziando la voce dell’Imperatore che ha coperto i miei passi dagli schermi.
Come sospettavo: nessuna apertura, le sbarre di ferro sono ben saldate al loro posto. Cerco di scuoterle e forzarle, ma nulla da fare; sono anche troppo ravvicinate e non mi permettono di provare ad arrampicarmi. Mi affaccio per vedere oltre, ma tutto ciò che posso guardare sono corridoi bui e un fascio di luce lontano da me, che dà direttamente sull’arena. Del vociare concitato fa capire che ci siano anche degli spettatori già, in attesa dello spettacolo. Forse è meglio filarsela prima che…
Dei ticchettii dietro di me, accompagnati da un ringhio, mi fanno accapponare la pelle. «Ehi tu! Che ci fai lì?»
Un cane è ai miei piedi, con la bava alla bocca e mi intima a non muovermi mentre le due guardie di prima si avvicinano con le armi puntate in avanti. Alzo le mani, non potendo fare molto altro e azzardo un sorrisetto.
«Volevi entrare senza essere registrato? Ah! Vediamo se vorrai fare ancora il furbo…»
Merda.
Non hanno voluto sentire ragioni, mi hanno condotto dove c’erano altri partecipanti e ci hanno spinti tutti verso un unico ingresso. Ci hanno lasciato qui, mentre l’Imperatore fa il suo discorso iniziale.
Ci sono uomini e donne intorno a me mia visti prima, saremo una decina più o meno – c’è addirittura un adolescente, mi chiedo come sia finito qui dentro. Sicuramente in modo meno patetico del mio; ma l’avevo detto che non avevo l’istinto di sopravvivenza.
All’improvviso mi prende un dolore alla pancia, una fitta che mi fa portare le mani all’altezza dello stomaco e mi lascio sfuggire un mugolio.
Qualcuno mi tocca una spalla. «Tutto bene?»
Prendo un bel respiro, avvertendo anche un forte dolore alla tempia, ma sorrido e ringrazio con un cenno la ragazza dai corti capelli viola davanti a me. Eppure non sembra credermi, mi sta studiando con una strana espressione in volto e non capisco perché. «La fame» cerco di dire, ma lei socchiude lo sguardo e si gira verso l’arena. Si schiocca le dita e muove la testa da un lato all’altro, scrollando le spalle. Mi ricorda una pugile prima di un incontro, e forse lo era, dato il suo corpo muscoloso. Non so bene come funzionino i giochi, ma lei invece sembra preparata e determinata a vincere.
Forse può essere una buona alleata.
Il discorso dell’Imperatore termina e gli applausi ci danno il benvenuto tra le rovine dell’arena. Il sole mi abbaglia così tanto che devo coprirmi con una mano, strizzando gli occhi, ma c’è qualcosa di strano; il mal di testa sembra non volersene andare e mi martella alle tempie. Il fiato si fa pesante, dato forse dall’ansia di quello che mi sta per aspettare. Per quello che ci sta aspettando. Quando riesco a sorreggere il cambiamento di luce osservo gli altri e mi accorgo che sono l’unico che sta per avere una crisi di panico. Sono tutti tranquilli, bene concentrati e studiano il volto dell’Imperatore, in lontananza al lato opposto, con fermezza. Indoviniamo chi morirà per primo…
All’altra estremità dell’arena, delle guardie munite di fucili e aste dalle estremità elettrificate, trasportano una gabbia coperte da un telo. Alla fine della passerella a T sotto i nostri piedi, invece, vi è un tavolo con varie armi. Mi accorgo della ragazza di prima che fa un passo in avanti, forse ha intuito già cosa sta per accadere e non vede l’ora di andare in azione. Gli altri tentennano, alcuni appaiono un attimo confusi. Io vorrei solo fuggire a gambe levate, ma dietro di noi si sono chiusi i cancelli e i muri sono troppo alti per sperare di potersi arrampicare; anche volendo, penso che le guardie siano addestrate a sparare a chiunque provi a fuggire da qui. Non c’è altro modo se non combattere e sperare, così, di vincere un posto sullo Zombibus – sempre che non sia uno specchietto per le allodole.
L’Imperatore se ne sta sulla passerella che una volta era destinata ai visitatori, con le braccia strette alla ringhiera ed espressione fiera, circondato dalle guardie. Dà un ordine e il telo viene tolto, rivelando un leone zombi. Gli occhi sono due buchi neri, le costole in bella vista e il pelo ingrigito dalla morte. Anche la criniera, una volta folta adesso è spelacchiata e irta come se avesse preso una scossa; la bava scende copiosa dai denti. Colpisce con le unghie della zampona la parte davanti della gabbia, come se non vedesse l’ora di uscire, e noi tutti trasaliamo.
La ragazza non aspetta nessun ordine e corre verso il tavolo, seguita in pochi secondi da tutti gli altri partecipanti, me compreso. La vedo sbattere un pugno sul tavolo. «Cazzo.»
«È uno scherzo?» Un uomo che ha in mano una pistola come quella impugnata dall’altra, si rivolge alle guardie che sono rimaste dietro i cancelli. «Dove sono i proiettili?»
Una di loro ride. «Beh, prova a vedere tra le rovine!»
Ah, magnifico.
La ragazza scuote la testa e sospira, poi si mette la pistola nella tasca dei jeans strappati. Mi passa un coltello, senza che le dica nulla. Me lo rigiro tra le mani senza sapere cosa dire e questo la fa sbuffare seccata. «Se vuoi sopravvivere, faresti meglio a svegliarti. Qui solo uno di noi vincerà.»
Quasi mi cade l’arma dalle mani. Uno solo? Questo vuol dire… Negli occhi della ragazza passa un lampo di dispiacere, poi la vedo arrampicarsi alle sbarre per scendere dalla passerella e così, come lei, anche altri. Dovrò uccidere per vincere. Non solo i mostri.
Mi riprendo dallo stordimento, capendo che non è una mossa saggia rimanere qui a vista, mentre la gabbia viene aperta. Un ruggito risuona tra le rovine e le guardie si allontanano, tenendo a debita distanza l’animale con i teaser, e poi richiudono il cancello. La folla di spettatori esulta. Che i giochi abbiano inizio, quindi.
Scendo anche io, tenendo il coltello nelle mani tremanti come fosse una spada pesante. Non so che fare, come muovermi o sperare di non morire. Mi rintano nell’ombra di un arco, mentre mi torna un nuovo capogiro. La vista di annebbia per un attimo e poi torna stranita, quasi ampliata, come se mi avessero messo un grandangolo davanti gli occhi. Scuoto la testa e tutto torna come prima.
Qualcuno corre a qualche metro da me e mi sporgo per vedere cosa sta succedendo, con il cuore in gola: una donna è inseguita da un uomo e quest’ultimo gli pianta un coltello alla gola ancora prima che lei possa urlare. Sto per farlo io, alla vista del sangue che scola tra i due e lo sguardo della donna che diventa vitreo, ma una mano mi agguanta per la bocca e mi trascina di nuovo nel mio nascondiglio. È la ragazza dai capelli viola. Si porta un dito smaltato di nero alle labbra e io, con il fiato trattenuto, annuisco appena.
I passi pesanti dell’uomo si allontanano e la ragazza fa cenno di seguirla. «Il sangue attirerà il leone, faremmo meglio ad allontanarci.»
«Perché mi aiuti?»
Lei si gira con un sorrisetto. «Sarò onesta: ho un debole per i cuccioli smarriti e tu non sembri uno che sopravviverebbe per più di due minuti. Voglio essere gentile e darti almeno una possibilità in più.»
Non so se sentirmi offeso o riconoscente, nel dubbio la seguo senza aggiungere altro.
«Mira.»
Non pensavo che in questi cosi sapere i nostri nomi fosse così importante. «Loris.»
Mi volta le spalle e io riprendo a seguirla.
Le urla di chi è stato preso dal leone, o ucciso, e i righi dell’animale, mi fanno accapponare la pelle. Però capisco il piano della ragazza: stare nell’ombra, aspettare che uccidano la bestia o che rimangano in pochi, senza stancarsi o rischiare la vita. I crampi della fame si ripresentano e lei, nel rivedermi toccare la pancia, mi rilancia quello sguardo che non riesco a decifrare. Sembra quasi che abbia paura, ma non capisco per quale motivo. Ho solo fame. Ed è anche normale, dopo il misero pasto fatto ieri con le ultime scorte rimaste.
«Come mai sei qui? Non ti ho visto alle registrazioni.»
Mi gratto la testa, con fare impacciato. «Mi hanno sorpreso mentre cercavo di entrare di nascosto.» Lo sguardo di Mira mi sprona a continuare. «Volevo provare ad arrivare alle scorte dell’Imperatore.»
Quasi si strozza per trattenere la risata che le sta uscendo dalla gola. «Oltre che debole, sei anche più stupido di quanto credessi.»
Sto per ribattere, offeso, quando un uggiolio di dolore ci fa girare di scatto verso il centro dell’arena. Qualcuno deve aver colpito il leone. La ragazza fa strada finché non abbiamo la visuale libera dai muri e, nascosti dietro una parete mezza crollata, osserviamo il ragazzino con il machete che sta faccia a faccia con il leone. Gli è sopra, la bava che cola sul viso e le zampe che cercano di acciuffarlo, mentre il ragazzo cerca di allontanarlo da sé tramite l’arma con la paura impressa negli occhi. Sa che non ha molte chance di farcela, ma non si arrende. È molto più coraggioso di me, devo ammetterlo.
L’uomo che aveva chiesto dei proiettili alle guardie sembra averli trovati e avanza con la pistola puntata sul leone. Mina mi fa segno di rimanere dove sono, prende il coltello dalle mie mani senza tante cerimonie e sparisce dietro un muro. Mi chiedo cosa abbia in mente, ma la mia attenzione è tutta sull’uomo che spara due colpi verso l’animale. Il leone si allontana dal ragazzino e annusa l’aria, poi fa un ruggito e parte verso di lui.
Un terzo sparo, dritto alla fronte dello zombi. La carcassa cade a terra con un tonfo.
La folla si lascia sfuggire un coro di stupore, poi acclama l’uomo come se fosse già il vincitore.
Il ragazzino fa un sospiro di sollievo e si alza, anche se a fatica. «Ti ringrazio...» fa con il fiato corto, ma l’altro indurisce la mascella e gli spara in pieno petto.
Con quel quarto colpo anche il mio cuore si ferma. Non l’ha fatto davvero. Non l’ha ucciso…
E invece sì. La macchia rossa che si allarga sotto la sua schiena ne è il chiaro segno.
Mina esce alle spalle dell’uomo e lo prende al collo con un braccio, portandoselo dietro. La confusione dell’altro non lo fa reagire subito, ma un proiettile finisce per aria nel disperato tentativo di colpirla. Mina, con un colpo fatale, lo pugnala al petto e rimane con l’arma piantata nella carne finché non smette di dimenarsi, poi lo lascia andare. Raccoglie l’arma, la soppesa, poi la ricarica con un sorriso malizioso.
«Non posso crederci…» Sento la bocca impastata. Mi guarda, e il sorriso sparisce dalle sue labbra. Fa un sospiro.
Esco dal nascondiglio per raggiungerla, ma fin da subito lo trovo difficile: le mie gambe sembrano essere diventate pesanti, il cuore batte così forte che ho paura mi stia per scoppiare e la vista si annebbia. Scuoto la testa, cercando di scacciare tutto ciò, ma quello che ottengo sono di nuovo i crampi allo stomaco.
«L’aveva morso.» Mira si è avvicinata al ragazzino e una lacrima le scivola giù dalla guancia. «Aveva le ore contate.»
Riguardo il leone, poi il ragazzino e capisco che in qualunque caso la sua vita sarebbe finita. Anche se avesse vinto, l’avrebbero ucciso per il contagio. Non sarebbe mai partito.
«Mi dispiace, Loris.» Alza un braccio con l’arma puntata nei miei confronti. Sono confuso, non capisco cosa sta succedendo; ogni azione mi sembra al rallentatore. Anche la sua voce mi risulta distante. «Non l’avrei voluto fare, davvero. Potevi essermi simpatico. Ma il mondo è cambiato. Guardati…»
Feci come mi consigliava di fare e mi accorsi della pelle più pallida del solito, che tendeva verso un grigio anormale per una pelle umana, in contrasto con il verdognolo delle vene in bella vista.
«Io sono qui per vincere. Prenderò quel maledetto biglietto. E me ne andrò di qui» continuò. «Avevo già notato il cambiamento dai tuoi occhi. Ti ho dato la possibilità di vivere qualche istante di più. Adesso farò l’ultima azione buona che posso fare per te: evitarti questa maledizione.»
E spara. Un proiettile dritto al mio petto.
Fanculo, quel ragno di merda!
Ultima modifica di GiuliaSilvestri il sabato 1 febbraio 2025, 16:17, modificato 1 volta in totale.
- GiuliaSilvestri
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Re: L’arena dell’Imperatore Nerone
Ciao! Dopo mesi che sentivo parlare di Minuti Contati, ho trovato l'occasione per partecipare! Sono nuova nel forum, quindi spero di capire e fare tutto bene :)
Non so se ho centrato il tema, però appena ho letto "Zombi-Italia-Personaggio Famoso" nella mia testa è nata questa idea, e quindi ci provo comunque. Spero sia una lettura gradita comunque, è la prima volta che scrivo in prima persona presente.
Per i bonus non penso di aver centrato il primo, perché ho letto che deve proprio comparire, però il secondo, quello degli animali, c'è sicuro.
Non so se ho centrato il tema, però appena ho letto "Zombi-Italia-Personaggio Famoso" nella mia testa è nata questa idea, e quindi ci provo comunque. Spero sia una lettura gradita comunque, è la prima volta che scrivo in prima persona presente.
Per i bonus non penso di aver centrato il primo, perché ho letto che deve proprio comparire, però il secondo, quello degli animali, c'è sicuro.
- MatteoMantoani
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Re: L’arena dell’Imperatore Nerone
Ciao Giulia, e benvenuta tra noi!
Un pezzo interessante che ho letto volentieri. La voce narrante è un misto tra prima persona immersiva e monologo teatrale, con tanto di rottura della quarta parete. Devo dire che avrei apprezzato una caratterizzazione leggermente diversa, magari un po' sopra alle righe o più distinta: il problema di un narratore fatto in questo modo, secondo me, dimmi se sei d'accordo, è proprio che per essere sempre scorrevole e divertente deve attrarre l'attenzione del lettore costantemente, appunto con qualcosa che lo renda veramente particolare.
La vicenda in sé è abbastanza semplice e lineare, con un finale un po' telefonato, avrei magari sacrificato un po' di spazio alla (lunga) scena della lotta per qualcosa che andasse a declinare un po' meglio il nostro personaggio principale, che mi pare ancora un pochino troppo anonimo per fare davvero il tifo per lui. Una riflessione a riguardo del protagonista: è stupidotto e sfigato, forse in racconti con un background di zombie o cose di questo tipo, da più presa un personaggio che ha qualche possibilità di emergere in qualche modo, per esempio Mira è molto più interessante. Anche qui, dimmi che ne pensi.
Tutto sommato una buona lettura.
Occhio a qualche refuso qua e là, la cosa che mi ha staccato di più è Mira che diventa Mina.
Un pezzo interessante che ho letto volentieri. La voce narrante è un misto tra prima persona immersiva e monologo teatrale, con tanto di rottura della quarta parete. Devo dire che avrei apprezzato una caratterizzazione leggermente diversa, magari un po' sopra alle righe o più distinta: il problema di un narratore fatto in questo modo, secondo me, dimmi se sei d'accordo, è proprio che per essere sempre scorrevole e divertente deve attrarre l'attenzione del lettore costantemente, appunto con qualcosa che lo renda veramente particolare.
La vicenda in sé è abbastanza semplice e lineare, con un finale un po' telefonato, avrei magari sacrificato un po' di spazio alla (lunga) scena della lotta per qualcosa che andasse a declinare un po' meglio il nostro personaggio principale, che mi pare ancora un pochino troppo anonimo per fare davvero il tifo per lui. Una riflessione a riguardo del protagonista: è stupidotto e sfigato, forse in racconti con un background di zombie o cose di questo tipo, da più presa un personaggio che ha qualche possibilità di emergere in qualche modo, per esempio Mira è molto più interessante. Anche qui, dimmi che ne pensi.
Tutto sommato una buona lettura.
Occhio a qualche refuso qua e là, la cosa che mi ha staccato di più è Mira che diventa Mina.
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Re: L’arena dell’Imperatore Nerone
Ciao!
Il racconto ha un'idea di fondo interessante: un'arena colma di sfidanti, pronti a vincere la sopravvivenza con il mitico zombibus, sempre se è una ricompensa reale a tutti gli effetti (come ipotizzato nel racconto). L'ambientazione apocalittica contornata dalla presenza di uno pseudo tiranno, seppur famoso solo nel nome, da al racconto un tocco più fantasioso al tema centrale. Il protagonista si presenta con tutte le sue carte da debole, e non predisposto alla sopravvivenza, attraverso gesti e pensieri abbastanza chiari. Anche Il personaggio di Mira si presenta con chiarezza, anche se in poche righe e battute. Da qui parto con la prima perplessità: ma la ragazza si chiama "Mira" o "Mina"? Mi sono trovato entrambi i nomi sotto gli occhi, dunque volevo sottolineare questa incongruenza. Oltre a questo, ho trovato la lettura scorrevole, anche se la narrazione è molto veloce in alcuni punti. A parte qualche svista ortografica (punteggiatura) e qualche lettera dispersa nella fase di stesura, il racconto si presenta piacevole. Concludo, notando la presenza degli animali: l'inserimento del ragno è stato interessante e decisivo (visto il finale), il topo è di contorno, mentre il leone fa la sua figura, anche se ho trovato leggermente forzato il fatto di avere una bestia del genere sotto il "controllo" dell'imperatore. Ma è solo un'opinione personale; d'altronde, cosa ne sappiamo di come questo Nerone ha ottenuto il potere e quante possibilità possa avere il suo dominio? Giudizio finale: direi abbastanza positivo!
Il racconto ha un'idea di fondo interessante: un'arena colma di sfidanti, pronti a vincere la sopravvivenza con il mitico zombibus, sempre se è una ricompensa reale a tutti gli effetti (come ipotizzato nel racconto). L'ambientazione apocalittica contornata dalla presenza di uno pseudo tiranno, seppur famoso solo nel nome, da al racconto un tocco più fantasioso al tema centrale. Il protagonista si presenta con tutte le sue carte da debole, e non predisposto alla sopravvivenza, attraverso gesti e pensieri abbastanza chiari. Anche Il personaggio di Mira si presenta con chiarezza, anche se in poche righe e battute. Da qui parto con la prima perplessità: ma la ragazza si chiama "Mira" o "Mina"? Mi sono trovato entrambi i nomi sotto gli occhi, dunque volevo sottolineare questa incongruenza. Oltre a questo, ho trovato la lettura scorrevole, anche se la narrazione è molto veloce in alcuni punti. A parte qualche svista ortografica (punteggiatura) e qualche lettera dispersa nella fase di stesura, il racconto si presenta piacevole. Concludo, notando la presenza degli animali: l'inserimento del ragno è stato interessante e decisivo (visto il finale), il topo è di contorno, mentre il leone fa la sua figura, anche se ho trovato leggermente forzato il fatto di avere una bestia del genere sotto il "controllo" dell'imperatore. Ma è solo un'opinione personale; d'altronde, cosa ne sappiamo di come questo Nerone ha ottenuto il potere e quante possibilità possa avere il suo dominio? Giudizio finale: direi abbastanza positivo!
- GiuliaSilvestri
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Re: L’arena dell’Imperatore Nerone
MatteoMantoani ha scritto:Ciao Giulia, e benvenuta tra noi!
Un pezzo interessante che ho letto volentieri. La voce narrante è un misto tra prima persona immersiva e monologo teatrale, con tanto di rottura della quarta parete. Devo dire che avrei apprezzato una caratterizzazione leggermente diversa, magari un po' sopra alle righe o più distinta: il problema di un narratore fatto in questo modo, secondo me, dimmi se sei d'accordo, è proprio che per essere sempre scorrevole e divertente deve attrarre l'attenzione del lettore costantemente, appunto con qualcosa che lo renda veramente particolare.
La vicenda in sé è abbastanza semplice e lineare, con un finale un po' telefonato, avrei magari sacrificato un po' di spazio alla (lunga) scena della lotta per qualcosa che andasse a declinare un po' meglio il nostro personaggio principale, che mi pare ancora un pochino troppo anonimo per fare davvero il tifo per lui. Una riflessione a riguardo del protagonista: è stupidotto e sfigato, forse in racconti con un background di zombie o cose di questo tipo, da più presa un personaggio che ha qualche possibilità di emergere in qualche modo, per esempio Mira è molto più interessante. Anche qui, dimmi che ne pensi.
Tutto sommato una buona lettura.
Occhio a qualche refuso qua e là, la cosa che mi ha staccato di più è Mira che diventa Mina.
Ciao! Grazie innanzitutto per i pareri! Come ho detto è la prima volta che uso la prima persona e soprattutto al presente, io di solito scrivo in terza al passato, quindi è stata una vera e propria sfida. Lo stile è venuto fuori da sé, immagino che possa piacere come no. La scelta del protagonista un po' inutile e spento è voluta per non inserire il solito forzuto che ce la fa, tanto che anche lui ribatte di non voler gareggiare perché non ce la farebbe, e solo per disperazione prende coraggio per fare quella follia, sapendo comunque che sarebbe finito in un modo o nell'altro. Ciò che mi interessava di più era il foreshadowing per la trasformazione, più che per il protagonista in sé, che comunque ritengo di aver detto tutto quello che dovevo dire su di lui in un racconto di questa durata.
Per i refusi, cavolo, non me ne sono proprio accorta di Mira che diventa Mina... (e ho fatto leggere il racconto anche a una mia amica scrittrice, manco lei se n'è accorta). Uno stupido errore di distrazione, il suo personaggio non era neanche presente nell'idea iniziale, è uscito fuori scrivendo e sì, anche io lo reputo più interessante del protagonista.
E, infine, so che il finale è un po' frettoloso, ma non volevo tagliare parti primarie che non avrebbero fatto capire la trasformazione e il background del protagonista... diciamo che il limite un po' l'ho sentito :/
Tutto sommato sono contenta che l'hai trovato una buona lettura, grazie!
- GiuliaSilvestri
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Re: L’arena dell’Imperatore Nerone
Riccardo Cauduro ha scritto:Ciao!
Il racconto ha un'idea di fondo interessante: un'arena colma di sfidanti, pronti a vincere la sopravvivenza con il mitico zombibus, sempre se è una ricompensa reale a tutti gli effetti (come ipotizzato nel racconto). L'ambientazione apocalittica contornata dalla presenza di uno pseudo tiranno, seppur famoso solo nel nome, da al racconto un tocco più fantasioso al tema centrale. Il protagonista si presenta con tutte le sue carte da debole, e non predisposto alla sopravvivenza, attraverso gesti e pensieri abbastanza chiari. Anche Il personaggio di Mira si presenta con chiarezza, anche se in poche righe e battute. Da qui parto con la prima perplessità: ma la ragazza si chiama "Mira" o "Mina"? Mi sono trovato entrambi i nomi sotto gli occhi, dunque volevo sottolineare questa incongruenza. Oltre a questo, ho trovato la lettura scorrevole, anche se la narrazione è molto veloce in alcuni punti. A parte qualche svista ortografica (punteggiatura) e qualche lettera dispersa nella fase di stesura, il racconto si presenta piacevole. Concludo, notando la presenza degli animali: l'inserimento del ragno è stato interessante e decisivo (visto il finale), il topo è di contorno, mentre il leone fa la sua figura, anche se ho trovato leggermente forzato il fatto di avere una bestia del genere sotto il "controllo" dell'imperatore. Ma è solo un'opinione personale; d'altronde, cosa ne sappiamo di come questo Nerone ha ottenuto il potere e quante possibilità possa avere il suo dominio? Giudizio finale: direi abbastanza positivo!
Ciao! Sono contenta che il mio racconto ti sia piaciuto :)
Come detto sopra in un altro commento, è stata una vera sfida, sono abbastanza soddisfatta di ciò che ne è uscito fuori, anche se non perfetto (c'è sempre margine di miglioramento ;P). Come ho specificato sopra, è un errore di distrazione, il personaggio si chiamata Mira (compare una sola volta Mina, quindi era abbastanza scontato ahahah). Sinceramente non ricordo se l'avevo chiamata Mina, ma poi ho optato per Mira perchè mi sembra più "fantasioso" e perché esiste già una Mina italiana che ha a che fare con gli zombie, ho una memoria brutta... e infatti si vede ahahah
Comunque ti ringrazio!
- Mauro Bennici
- Messaggi: 173
Re: L’arena dell’Imperatore Nerone
Ciao Giulia,
Il racconto scorre bene dopo i primi paragrafi, un po' complicati per via dell'intro che avrei omesso o riscritto in modo diverso, facendo arrivare le informazioni non in modo così diretto.
Spiego, l'incipit sembra un racconto a posteriori di come il protagonista ha preso il bus verde, ma a fine racconto muore.
Non è molto chiaro perché Mina decisa di tenere in vita uno sconosciuto, per giunta contagiato, con il rischio di farsi mordere o sparare o scoprire.
Per il resto, mi sono divertito.
In bocca al lupo!
Il racconto scorre bene dopo i primi paragrafi, un po' complicati per via dell'intro che avrei omesso o riscritto in modo diverso, facendo arrivare le informazioni non in modo così diretto.
Spiego, l'incipit sembra un racconto a posteriori di come il protagonista ha preso il bus verde, ma a fine racconto muore.
Non è molto chiaro perché Mina decisa di tenere in vita uno sconosciuto, per giunta contagiato, con il rischio di farsi mordere o sparare o scoprire.
Per il resto, mi sono divertito.
In bocca al lupo!
- Taylor_Blackfyre
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Re: L’arena dell’Imperatore Nerone
Ciao e benvenuta!
Il racconto ha una bella idea di base, mi ha stupito che Nerone non sia il personaggio famoso, credevo lo avrebbe visto durante il discorso. Ho letto gli altri commenti e più o meno han detto tutto quel che avrei detto io, mi sono piaciuti gli animali zombie e un po' meno il protagonista, non tanto perché non è il classico eroe che sai che ce la farà quanto per il suo atteggiamento. Con un personaggio così, che è difficile immaginare come sia sopravvissuto, e, al contempo, un warlord che dispone di un piccolo esercito, forse potresti pensare di farlo vivere in una zona più o meno "sicura" della città, che gli sgherri di Nerone abbiano costruito delle barricate per tenere fuori gli zombie e tiranneggino all'interno.
Che sia contagiato si intuisce quanto inizia a stare male, ma anche se si capisce è interessante l'idea che sia stato il ragno a farlo. Sembra anche a me un po' forzato che Mira lo aiuti tanto e gli dia un'arma, penso sarebbe stato un bel colpo di scena se lui l'avesse uccisa a tradimento. Sarebbe andato contro la propria natura, ma essere l'ultimo sopravvissuto era l'unico modo per andarsene e sapeva che lei lo avrebbe ucciso. E poi le guardie lo avrebbero fatto fuori perché contagiato, rendendo inutile il suo gesto.
Non credo te lo abbiano detto, ma penso che alcune parole che usi non siano adeguatissime a un discorso interiore (non credo che nessuno pensi "olezzo").
Immagino che i droni siano di Nerone, ma perché li usa? Come mai Loris si deve nascondere? Non sembrano mancare i volontari per i giochi.
Comunque, al netto di alcune cose che potresti rivedere e di qualche refuso, è una buona prima prova.
Bonus animali: sì
Buon personaggio famoso: no, mi dispiace. Non è il vero Nerone, solo uno che usa il suo nome.
Il racconto ha una bella idea di base, mi ha stupito che Nerone non sia il personaggio famoso, credevo lo avrebbe visto durante il discorso. Ho letto gli altri commenti e più o meno han detto tutto quel che avrei detto io, mi sono piaciuti gli animali zombie e un po' meno il protagonista, non tanto perché non è il classico eroe che sai che ce la farà quanto per il suo atteggiamento. Con un personaggio così, che è difficile immaginare come sia sopravvissuto, e, al contempo, un warlord che dispone di un piccolo esercito, forse potresti pensare di farlo vivere in una zona più o meno "sicura" della città, che gli sgherri di Nerone abbiano costruito delle barricate per tenere fuori gli zombie e tiranneggino all'interno.
Che sia contagiato si intuisce quanto inizia a stare male, ma anche se si capisce è interessante l'idea che sia stato il ragno a farlo. Sembra anche a me un po' forzato che Mira lo aiuti tanto e gli dia un'arma, penso sarebbe stato un bel colpo di scena se lui l'avesse uccisa a tradimento. Sarebbe andato contro la propria natura, ma essere l'ultimo sopravvissuto era l'unico modo per andarsene e sapeva che lei lo avrebbe ucciso. E poi le guardie lo avrebbero fatto fuori perché contagiato, rendendo inutile il suo gesto.
Non credo te lo abbiano detto, ma penso che alcune parole che usi non siano adeguatissime a un discorso interiore (non credo che nessuno pensi "olezzo").
Immagino che i droni siano di Nerone, ma perché li usa? Come mai Loris si deve nascondere? Non sembrano mancare i volontari per i giochi.
Comunque, al netto di alcune cose che potresti rivedere e di qualche refuso, è una buona prima prova.
Bonus animali: sì
Buon personaggio famoso: no, mi dispiace. Non è il vero Nerone, solo uno che usa il suo nome.
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