È proprio un nulla

Non è reale ciò che è reale, ma è reale ciò che è percepito come reale. Secondo classificato nella ALL STARS EDITION, un racconto di Andrea Partiti.

 
«Sai dove ti trovi?»
«La camicia di forza, l’attrezzatura medica, l’odore di disinfettante. Non ci vuole molto a riempire i buchi.»
«Sai anche perché ti trovi qui in ospedale?»
«Perché sono un Dio. Un Dio messo alle strette.»
«Posso allentarla, se ti fa sentire più a tuo agio.»
«Non parlavo della camicia. Parlavo dei caratteri, troppi pochi per questa storia.»
«Quale storia?»
«Potrà non crederci, ma lei, questa stanza, questi mobili, sono tutte immagini che sto creando nella mia mente. Nella mente di chi legge.»
«Questa stanza è reale.»
«Solo perché io la abbozzo e chi legge la completa. Sono un Dio.»
«E cosa potresti fare, quindi?»
«Osservi la parete dietro di me. Al centro c’è una porta e alla sua destra il poster di un convegno di psicologia clinica.»
«La porta è sempre stata lì, ci sei passato entrando, e il poster l’ha appeso il medico che lavorava qui prima di me.»
«No, non c’erano poco fa, li ho evocati. Quella foto sulla sua scrivania… la sua famiglia?»
«Sì.»
«Non serve ringraziarmi. Siete felici in quella foto, sorridete, vi abbracciate, non vi vorrei diversamente.»
«Perché, se il mondo cambia a tuo piacimento, sei immobilizzato in questo luogo spiacevole?»
«Non cambio il mondo, posso solo aggiungere alla scena. Nomino i suoi baffi e lei di colpo si trova con un paio di gonfi baffi ungheresi. Le domando perché passeggia nervosamente per la stanza, ed eccola lì, saltar giù dalla sedia.»
«Non stiamo facendo progressi, non va bene. È meglio interrompere questa seduta e parlarne in seguito.»
«Non mi crede, eppure vuole che crei ancora. Un corridoio, delle stanze, un edificio tutt’attorno. Magari un’infermiera prosperosa che arrivi a scortarmi altrove.»
«Non mi serve aiuto per chiamare qualcuno che la riaccompagni. Mi basta pigiare questo pulsante sull’interfono, ecco, così, e qualcuno arriverà entro un paio di minuti.»
«Preferirei restare ancora, se non la disturbo.»
«Come mai?»
«Ci sono cose orribili fuori da questa stanza. Mostri. Non credo che la sua infermiera sia ancora viva.»
«Se aprissi la porta ci troverei dei mostri?»
«Lei morirebbe e io rimarrei solo nella mia storia.»
«È solo una porta.»
«Non sottovaluti l’immaginazione collettiva. La perversione. L’orrore appena accennato. Non sanno cosa ci sia là dietro, quindi riempiranno quello spazio con ogni loro terrore privato e indicibile.»
«E pronto a ucciderci?»
«A uccidere lei. Io sono Dio.»
«Potrei aprire quella porta e farti vedere, ma dovrebbe essere il paziente a scegliere di confrontarsi con le sue manie…»
«Allora si fermi! Non si disfa ciò che è creato!»
«Stai giocando con me? Per interrompere la seduta come desidero dovrei aprire quella porta forzandoti a un confronto, se non la apro cedo al tuo tentativo di manipolarmi per restare.»
«Forse. O forse ho ragione io.»
«Solo uno spiraglio, non la apro abbastanza da vederci attraverso, appena una spanna in modo che l’infermiera sappia che può entrare. Osserva bene, non succede assolutamente nulla di…»
«Ti avevo avvertito. Eppure ti avevo avvertito…»

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