
Sogni che si confondono con ossessioni fino a trasformare il mondo in un incubo pieno di mostri. Selezionato durante la Seconda Edizione della Quinta Era con Andrea Atzori nelle vesti di guest star, un racconto di Veronica Cani.
Il sapore ferrigno stava coprendo tutti gli altri sensi. Era più intenso dell’oscurità, più violento della paura, persino più forte del dolore. Gliene aveva assestato tre: una al ventre, una alla mano destra con cui aveva provato a proteggersi e una, fatale, alla gola.
Ma Cristina non riusciva a odiarlo per questo. Era sempre stato dolce e gentile nei suoi confronti, e lei gli si era aggrappata come si stringe un naufrago a un relitto che gli passa vicino. Per tre anni era stata la sua ombra. Lo voleva a tutti i costi e l’aveva seguito dappertutto, osservando le sue mosse, spiando le sue frequentazioni.
Lui aveva continuato per un po’ a essere dolce e gentile. «Voglio essere sincero con te» le aveva detto una volta. «Stai coltivando un sogno a occhi aperti. Ma quando si dissolverà, ti renderai conto che oltre il sogno non c’è nulla. Non chiuderti in quest’idea. Cerca di guardare altrove, di valutare altre possibilità.»
Cristina aveva annuito, ma il sogno non si era dissolto. L’aveva pedinato ancora. L’aveva visto con Greta. Appena aveva avuto modo di beccarla da sola, l’aveva minacciata. Greta si era spaventata a morte, e la dolcezza e la gentilezza di lui si erano dissipate in un momento.
Ora il sapore ferrigno le riempiva tutta la bocca. Cristina si fermò all’angolo di un vicolo e ne sputò una boccata. Aveva l’impressione di aver percorso chilometri, ma in realtà aveva fatto solo una decina di passi dal luogo in cui era stata accoltellata. La ferita al ventre pulsava, quella alla mano le bruciava, ma quella alla gola era la più profonda. La stava soffocando.
«Questa è l’ultima volta che ti permetto di entrare nella mia vita!» aveva urlato lui. «Ti avevo detto di stare lontana da me!» Cristina non l’aveva mai sentito gridare in quel modo ed era scoppiata a piangere. Lui non si era impietosito. La guardava con disprezzo e aveva un coltello in mano. Quando lei aveva provato a stringergli un braccio, ecco che finalmente il sogno si era dissolto.
Erano state tre, rapide e letali. Quella al ventre le aveva tolto il respiro, quella alla mano le aveva strappato un urlo e quella alla gola l’aveva annientata. Per la prima e unica volta non l’aveva seguito. Aveva percorso il viale lentamente, a tentoni, nella direzione opposta a quella di lui, che si era allontanato a rapide falcate.
Dopo una decina di passi anche la vista l’aveva abbandonata. E mentre le ultime forze si spegnevano e venivano inghiottite dalle tenebre, Cristina si chiese se al di là del dolore, una volta spente le luci, esistesse un luogo in cui continuare a sognare.