Luna

«Lisa! Ma guarda, pensavo a te proprio ieri! È una vita che non ci vediamo, come stai?»
«Irene! Accidenti, è incredibile, viviamo così vicine e non ci vediamo mai! Non dirmi che questo è tuo figlio… È cresciuto così tanto dall’ultima volta… Marco, vero?»
Mirko guardò con diffidenza la signora con la giacca bianca che aveva appena fermato la mamma all’uscita del supermercato e sbagliato il suo nome. Non ricordava di averla mai vista, ma la mamma sembrava entusiasta di vederla. Quando posò a terra i sacchetti della spesa, Mirko perse ogni speranza di tornare presto. Non vedeva l’ora di essere abbastanza grande per poter restare a casa da solo, così non avrebbe mai più dovuto accompagnare la mamma al supermercato. Per un po’ la ascoltò parlare con la signora con la giacca bianca, ma poi si stufò.
Guardò verso il supermercato. Subito oltre la porta automatica era comparsa una bambina all’incirca della sua età. Indossava un vestito azzurro e aveva i capelli rossi legati in una lunga treccia. Era vicinissima alla porta, ma questa non si apriva.
«Ciao» disse la bambina. «Io mi chiamo Luna. Tu chi sei?»
«Ciao» rispose lui. «Io sono Mirko.»
«Mirko, con chi stai parlando?» chiese la mamma.
«Con la bambina che c’è dentro» disse Mirko, indicandola. «Si chiama Luna.»
La mamma lanciò un’occhiata verso il supermercato, poi sorrise e tornò a chiacchierare. In quel momento, la porta si aprì per far entrare un signore di mezza età. Mirko trattenne un’esclamazione di stupore nel vedere Luna scomparire e riapparire non appena la porta si chiuse.
«Sai, non c’è bisogno che parli ad alta voce» disse Luna. «Basta che pensi le parole e io ti sento lo stesso.»
“Perché prima sei scomparsa?“
La porta si aprì per far uscire due ragazze. Luna sparì di nuovo, per poi ricomparire quando le porte si richiusero.
«Non sono scomparsa. Solo, non mi puoi vedere a meno che non ci sia in mezzo un vetro sia nel mio mondo che nel tuo. E la tua mamma e la sua amica non mi possono vedere per niente, perché io non voglio. Le regole sarebbero che non dobbiamo farci vedere da nessuno, ma i miei genitori dicono che dai bambini ogni tanto si può, e dato che mi stavo annoiando e ho visto che ti annoiavi anche tu ho pensato che potevamo chiacchierare un po’.»
“In che senso il tuo mondo?“ chiese Mirko, incredulo. “Vuoi dire che vivi in un mondo diverso?“
«Sì, proprio così. E noi che stiamo di qua possiamo anche fare delle cose che per voi sono impossibili, come mettere in contatto mondi diversi. Ma funziona tutto in modo complicato, ci sono tante regole, solo poche persone le sanno tutte. Nel tuo mondo qui c’è un supermercato, ma io sono a casa mia che sto guardando dalla portafinestra.»
“E perché non puoi farti vedere dai grandi?“
«Perché non devono sapere che esistiamo. Finché ci vedono i bambini non importa, perché se anche lo raccontano ai grandi loro non ci credono. Ma dei grandi non ci fidiamo, perché quando ancora quelli come noi passavano da un mondo all’altro, tanto tempo fa, se ci scoprivano ci bruciavano vivi. Così abbiamo deciso di vivere per sempre in un mondo tutto nostro. Mio papà dice che adesso non lo farebbero più, ma mia mamma non è così sicura che le cose siano davvero cambiate…»
Mirko rabbrividì.
“Ma perché lo facevano?“
Luna alzò le spalle.
«Non lo so. Mio papà dice che avevano paura di noi.»
«Beh, dai, allora ci sentiamo…»
Mirko si accorse che la mamma stava salutando la signora con la giacca bianca. Ma lui non voleva andare a casa, voleva restare lì a parlare con Luna…
“Mi sa che devo andare. Però se vuoi puoi venire a trovarmi a casa mia.“
«Non lo so, dipende da cosa c’è lì nel mio mondo. Bisogna che ci sia un vetro da tutte e due le parti.»
La porta si aprì, facendo sparire l’immagine di Luna.
«Dai, Mirko, andiamo a casa…»
La mamma lo tirò via. Mirko si voltò a guardare Luna che era riapparsa attraverso la porta.
«Però possiamo rivederci se vieni un’altra volta qui. Ciao!»
Mirko la salutò con la mano, sperando di rivederla presto.
«Cosa fai?» chiese la mamma.
«Saluto Luna.»
«Ah. La tua amica immaginaria?» chiese con un sorriso.
Mirko ci pensò un po’ prima di rispondere. Era la mamma, ma era pur sempre una grande.
«Sì. Non esiste davvero.»