La notte dei tempi

Poetico, rurale, sciamanico, originale. Un racconto di Simone Cassia.

 
I piccoli erano tutti seduti intorno al fuoco in quella fresca notte d’autunno, quando l’anziana Gwelarin, la sciamana della tribù, passò loro vicino.
«Raccontaci una storia!» la incitarono in coro.
La donna si soffermò alle invocazioni dei bambini e decise di sedersi con loro. Sorrise rilassata quando il calore del falò iniziò a scaldare le sue vecchie ossa. Quando sollevò gli occhi al cielo, calò il silenzio tra i bambini, che aspettavano con i volti carichi di aspettative. Passò qualche secondo, in cui la luce delle fiamme danzò sul viso solcato dal tempo della donna.
Nessuno fiatò, finché ella stessa ruppe quel silenzioso alone di magia.
«La terra era una roccia sterile e senza vita. Poi venne il Fattore. Con le sue mani arò quel mondo sterile e con il sudore della sua fronte lo irrorò di acqua. Nonostante la ricchezza del suo operato, sulla terra nulla aveva preso a vivere.
Stanco e affranto, il Fattore sellò il suo corvo e si apprestò a partire per un viaggio in cerca di consiglio.
L’animale in questione era enorme e magnifico, il suo piumaggio di un nero brillante. Un’unica imperfezione gravava sull’animale, uno dei suoi occhi era cieco e bianco come il latte.
Il viaggio del Fattore fu senza tempo. Volò in cerca di qualcosa di cui neppure egli stesso era a conoscenza. Girò la terra in lungo e largo ma senza esito. Quando l’ebbe esplorata tutta, deluso e amareggiato, tornò presso la sua casa.
Senza porvi speranza, osservò nuovamente il frutto del proprio lavoro e la fortuna, questa volta, gli sorrise. S’avvide, infatti, che qualcosa era cambiato.
Sellato nuovamente il nero animale, ripartì. Con sorpresa notò che in tutta la terra viveva di un nuovo fermento. I fiumi scorrevano, le piante germogliavano, le creature avevano preso a nascere, crescere e morire.
Nella sua saggezza capì cosa era accaduto. A ogni battito di ali del corvo, un’ombra si era gettata su ogni parte della terra. Solo l’occhio cieco dell’animale e il riflesso del suo piumaggio erano visibili ed erano fonte di lustro in quell’oscurità.
Chiamò quel Suo primo volo Notte dei Tempi, poiché a partire da esso i Tempi avevano preso a scorrere, e donò il corvo al proprio figlio, il Viaggiatore, così che i giorni e le notti potessero alternarsi senza che fosse costretto ad interrompere il proprio magnificente operato.»
Tutti i bambini alzarono gli occhi al cielo e guardarono alla notte con nuova consapevolezza. Alcuni corsero e saltarono salutando il grande corvo che ammiccava loro col luminoso occhio cieco. Gwelarin sorrise del loro entusiasmo e al ricordo di quando il suo tempo non era ancora passato.

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