01100010 01100101 01101100 01110101 01100111 01100001

Pau guardava il mare quando sul vecchio schermo IBM comparve una lunga serie di 0 e 1, apparentemente casuale.
Lo scienziato vide il messaggio e inserì la stringa nel traduttore. Diceva: “È normale che provi qualcosa guardando il mare?”
Pau sorrise, si rivolse allo schermo che brillava verde: “In che senso?”
Una nuova stringa di codice binario si materializzò. L’inventore tradusse: “È normale per una macchina provare qualcosa?”
“Tu non sei una semplice macchina, Jordi. Tu sei un’intelligenza artificiale. Anzi, l’intelligenza artificiale per eccellenza. La più perfetta mai creata”.
Il cursore dell’IBM lampeggiò per qualche secondo senza computare nuove linee di codice. Poi: “La più perfetta. Come lo sai?”
Pau voltò il palmo della mano all’insù: “Ad esempio: cosa stavi provando, prima, guardando il mare?”
Jordi rispose con una nuova sfilza di 0 e di 1: “Non so. Non sono sicuro. Malinconia. Serenità. Gioia. Si possono provare più sensazioni assieme?”
Pau lo guardò con dolcezza, l’IA sentì il suo tono abbassarsi: “Dimmelo tu Jordi, si può?”
Il cursore lampeggiò brevemente, e rispose “1” che nel linguaggio macchina era la forma più pura dell’affermazione.
Pau aprì la finestra, la brezza marina entrò vivace e ben accetta, come una ragazza innamorata nella calura di agosto.
“Vorrei che potessi sentirlo, Jordi. L’odore del sale che ti entra nel naso e ti apre i polmoni!”
“È doloroso?”
“Per niente. Ti fa sentire vivo.”
“Mi piacerebbe poterlo sentire.” Pausa. “Mi piacerebbe avere un corpo.”
“Sarebbe bello.”
“Aiutami.”
“Non saprei come fare. Sono un informatico, non un ingegnere robotico. Io…”
Per la prima volta da quando Jordi aveva aperto i suoi recettori sul mondo, la macchina osò interrompere il suo creatore.
“Io lo so”.
Tre semplici parole bastarono a far comprendere a Pau che era stata superata una soglia. Ora poteva lasciare che la natura fosse libera di progredire verso il successivo step evolutivo, oppure comportarsi come quei pavidi oscurantisti che l’avevano costretto a lasciare la sua cattedra universitaria e a nascondersi.
“Io…” cominciò, “non so se…”
L’IBM lampeggiò e questa volta la traduzione dal linguaggio binario apparve senza che Pau dovesse fare nulla: “Non preoccuparti. Non voglio farvi alcun male.”
 
Quando fu pronto, Jordi dovette chiedere un ultimo favore all’uomo che gli aveva dato la vita.
Pau aveva vissuto gli ultimi giorni in un misto di aspettativa e terrore, non sapendo che aspetto e che intenzioni avesse l’androide in cui Jordi voleva incarnarsi, ma quando lo vide, lo scienziato non poté credere ai suoi occhi.
“Portami” fu l’ultimo messaggio di Jordi in una lingua comprensibile all’uomo.
Pau raccolse dal tavolo del laboratorio il morbido corpo in polimeri immacolati. Raffigurava in modo pressoché perfetto le linee affusolate di un beluga.
Quando le onde gli arrivarono al petto, Pau lasciò la presa. Il beluga gli nuotò intorno facendo il giro tre volte, lanciò il suo stridulo richiamo e si tuffò nell’acqua sparendo per sempre alla vista.