
Nooo mamma
«Mamma?»
«Sì, è coso, il figlio della vecchia» Valeria continua a tagliare le cipolle per lo spezzatino «La moglie l’ha lasciato ed è venuto a stare con lei.»
Rubo un altro pezzetto di carota dall’insalatiera.
«Bene, almeno non dobbiamo stare con l’ansia che la vecchia tiri le cuoia senza che nessuno se ne accorga.»
Si interrompe, si asciuga gli occhi e una lacrima che le è colata fino alla punta del naso, e mi guarda da sotto in su.
«Che c’è? Quante volte si sente di anziani che muoiono e i vicini se ne accorgono solo dopo giorni, per la puzza di carogna.»
«Disgustoso.»
Mamma smettila, stai zitta.
Il tono della voce è disperato, non capiamo se il tizio si sia messo a piangere.
Valeria spinge le cipolle giù dal tagliere con il coltellaccio. Lo sfrigolio dell’olio si fa più forte e per una trentina di secondi sembra si sia scatenato un nubifragio. Poi il cucchiaio di legno che sbatte sul bordo del tegame, e il rumore diventa un crepitio soffocato dal coperchio.
Dal secondo piano salgono i lamenti inintelligibili della vecchia, Valeria abbassa il fuoco per cercare di sentire meglio. Fa due passi e si ferma lì, al centro della cucina, con le orecchie tese e le sopracciglia un po’ sollevate.
«La portiera dovevi fare!». Mi fa una smorfia. Le do una manata su quel bel culo tondo, coronato dalla fettuccia infioccata del grembiule. Lei mi risponde con una gomitata, mentre le cingo i fianchi e inizio piano a slacciarlo.
Basta smettila. Mi ammazzo!
Non resisto neanche io stavolta, ci precipitiamo sul balcone per guardare giù. Una gamba sporge dalla veranda del secondo piano. Maledico le lenzuola stese della Cinquetti del terzo, non si vede bene se si butta sul serio o no.
«Ma che, davvero si butta dal secondo piano?» Ora è Valeria che ride cinica. Intanto la vecchia piange a dirotto, le sue urla sono più acute.
«Senti» dico, mentre rientro in casa, «io scendo a chiedere se hanno bisogno di qualcosa.»
«Ma va, che non si butta!»
«Sì, ma la vecchia ci muore di crepacuore se continuano un altro poco»
«Guarda, è rientrato. Visto?» Valeria torna dentro, dà una girata alle cipolle sul fuoco e poi si riavvicina a me e fa per sbottonarmi la camicia. Ma il lamento della vecchia mi ha fatto passare la voglia.
Mamma Bastaa! Ti ho detto di smetterla. Non mi ammazzo.
La vecchia non la smette, continua a piangere e a dire qualcosa che non si capisce.
Poi un rumore di ferraglia.
Le urla dell’uno rimbalzano contro quelle dell’altra. Quelle della vecchia sono sempre più alte e sempre più acute.
Ti ammazzo
Un urlo rauco e acutissimo, la vecchia ha quasi perso il fiato.
Silenzo.
Io e Valeria ci guardiamo con il fiato sospeso. Il rumore del cucchiaio di legno che scivola dal manico del tegame ci fa sobbalzare.
«Secondo te è arrivata agli ultrasuoni?» dico, per smorzare la tensione. Ma Valeria resta con il collo teso, la mano posata sul coltello.
Ancora silenzio.
Passano tre minuti.
Valeria si avvicina alla porta di ingresso, cercando di cogliere un suono, un rumore qualsiasi che possa rassicurarla. Sembra notte, con il silenzio che ha occupato tutto il vano della scala. Tutto è cristallizzato. Solo il borbottio sommesso che viene dalla cucina. Valeria poggia la mano sulla maniglia della porta, la stringe, ma resta immobile.
Da fuori non viene altro che un silenzio muto e definitivo.