
Chiudo gli occhi nell’istante che precede il boato per godermi un’ultima volta quella magia. Quell’atmosfera elettrica che mi fa rizzare i peli delle braccia, quell’odore di legno e vernice, quel silenzio artificiale al di là della tenda. Mi concedo un ultimo tremore. Resto in attesa.
«Signore e signori, mesdames et messieurs, avete l’onore di assistere all’ultimo, irripetibile spettacolo del più straordinario mago di sempre. L’artista delle evasioni impossibili, lo strabiliante prestigiatore, l’incauto sfidante della Nera Signora. Ecco a voi Lord Magnus!»
Lo scrosciare di applausi e le urla mi riportano al mondo. Il tremore diviene determinazione glaciale, schiudo gli occhi e faccio un cenno col capo. Enric sorride, dà uno strattone alla corda. Il sipario si apre. Si va in scena.
*
«Devi aspettare sempre l’ultimo istante.»
La monetina si muove tra le sue dita a una velocità sorprendente, quasi ipnotica. Non riesco a staccarle gli occhi di dosso.
«Max, mi stai ascoltando?» Osman schiocca la dita, la monetina scompare nel nulla.
«…all’ultimo istante.»
«Esattamente. A divincolarti dai lacci, a giocare di polso sulle manette, sei diventato bravissimo ormai. Tutto il campionario di trucchetti ti appartiene. Ma devi lavorare di più sul tuo personaggio, essere più teatrale. Il pubblico vuole soffrire, vuole credere che tu possa fallire. Vogliono pensare è proprio oggi che morirà, qui di fronte a me! E poi applaudirti, cancellare la vergogna per quei brutti desideri esultando per il tuo successo.»
«D’accordo, farò più attenzione alla scelta dei tempi.»
«E un’altra cosa.» Il vecchio Osman mi sorride, alza un sopracciglio. «Trova un altro nome, per dio. Lord Magnus è indecente.»
*
Il mondo è sottosopra, ma vedo comunque centinaia di volti che sbiancano, sento centinaia di cuori che perdono battiti. Il mio è perfettamente regolare.
L’ingranaggio stride mentre scendo. Mani dietro la schiena, gola stretta nel collare, caviglie immobilizzate dai ceppi. Il peso delle catene mi affonda quando impatto con l’acqua gelida. A testa in giù, sprofondo nella vasca. Il mondo diventa ovattato.
Chino il capo all’indietro, il naso raggiunge la tasca d’ossigeno, invisibile all’esterno. Serve a far durare di più lo spettacolo, prolungando la dolce agonia del pubblico. Attendo l’ultimo istante.
*
«Perché?» Enric stringe i pugni, non riesce a guardarmi negli occhi.
«L’ho deciso da tempo. Voglio andarmene con un ultimo, grande spettacolo. Non diventerò la patetica caricatura di me stesso.»
«Ma perché sciogliere la compagnia, Max? Tu hai ereditato lo spettacolo dal tuo maestro. Permettici di continuare.»
«Nessuno di voi è in grado. La decisione è presa.»
China il capo, trattiene le lacrime. Rimane, fra noi, il non detto del suo fallimento come apprendista. Del mio fallimento come maestro.
*
L’aria scarseggia. È il momento. Anche se il vecchio Osman mi direbbe di aspettare ancora un po’.
Il primo lucchetto è già saltato, il secondo è il più fastidioso. Devo curvare la spalla in una posizione scomodissima per avere gioco. Il terzo viene via praticamente da solo.
Il trucco per levare il collare è nella rotazione del collo, per farlo scattare basta tenderlo fino a—.
Non viene. Provo di nuovo. Il collare è bloccato. Provo ancora, invano. Impossibile, Enric collauda sempre ogni attrezzo…
Enric.
Manca l’aria.
L’ultimo sguardo, attraverso l’acqua e il vetro appannato, va al mio pubblico capovolto.
Trattengono il fiato e attendono che io evada, come sempre, all’ultimo istante.