Figli miei

Il vento che soffia da nord porta con sé odore di fumo e qualcosa che non riconosco. Un olezzo viscido e pungente si insinua tra di noi e si attacca ai nostri corpi.
Rumori metallici e urla di uomo riecheggiano nella foresta, gli uccelli si alzano in volo, sbattono veloci le ali e si allontanano. Alcuni roditori cercano rifugio tra le nostre radici, ben ancorate al suolo, e gli animali più grandi si inoltrano nel fitto degli alberi.
Il grido straziante di un faggio riempie l’aria di tristezza e la sua caduta finisce con un boato assordante. La terra trema e lo schianto fa cadere alcune delle mie foglie verdi al suolo. Il terrore si propaga come un incendio tra gli alberi e gli animali. Chi può corre impazzito in ogni direzione o cerca di volare oltre in fumo nero che si leva dai macchinari. Io e i miei compagni restiamo qui a coprire la fuga dei nostri amici.
La giovane coppia di picchi rossi che abita in una mia cavità è impaurita; li sento tremare nel loro piccolo e accogliente nido. I loro piccoli sono cresciuti e si sono allontanati, ma loro si sono attardati ancora un po’.
Altre grida di faggi, conifere e castagni riecheggiano nell’aria fresca dell’autunno e si alternano ai tonfi dei loro corpi sulla terra, al vociare insistente degli uomini e al rumore assordante delle macchine. Si stanno avvicinando e il mio tempo sta per finire.
Con uno sforzo immenso spingo ogni cellula del mio corpo a produrre etilene e a inviarlo ai miei piccoli frutti che ricoprono i rami più forti. Apro gli stomi di ogni foglia così che la linfa si muova veloce, dal basso verso l’alto, in una corsa contro il tempo.
Un colpo di metallo si abbatte sulla mia corteccia e urlo di dolore. Maledetti umani non capite quanto ci fate soffrire? La mia scorza è dura, ma non resisterò a lungo.
I due picchi escono dal loro nido, si voltano verso di me e mi salutano con un verso che ricorda il rumore del legno. Alcuni frutti cominciano a cadere al suolo, qualcuno si impiglia nel pelo di qualche animale che fugge terrorizzato.
Altri colpi d’ascia mi ledono il fianco, la linfa zampilla dalla ferita e le mie fibre cominciano a scricchiolare. Brividi continui scuotono le mie fronde e anche gli ultimi miei adorati figli si abbattono al suolo. Bene.
Qualcosa dentro di me si spezza con un tonfo sordo, per un breve istante non accade nulla, ma poi la lenta discesa al suolo comincia e mi schianto al suolo.
Eccoli i miei splendidi ricci puntellare la terra, ripieni di vita. Con l’ultimo alito di vita li benedico.
Possiate voi, figli miei, ripopolare questo mondo, mettere radici e donare nuova vita. Il mondo vi appartiene.