
Tessa incrocia le braccia.
Il muro di Villa Russel è alto almeno il doppio di lei, ma il vecchio castagno che cresce nel suo giardino è ancora più alto e i suoi rami si estendono ben oltre la parete di mattoni neri.
«È facilissimo: appoggio lo scaletto di papà accanto a quei bidoni della spazzatura, mi aggrappo al ramo più basso e scavalco il muro usando l’albero.» Arriccia la treccia castana attorno all’indice. «Dieci minuti e sono dentro.»
Si volta verso i suoi compagni. Porta le mani ai fianchi.
«Chi viene con me?»
I ragazzi si guardano. Restano in silenzio. Lei aggrotta le sopracciglia.
«Allora? Dov’è il problema? Il muro del campo sportivo è più difficile da scavalcare.»
«È vero, però…» Poldo deglutisce. Il mento gli trema. La maglietta tirata sulla pancia è macchiata di sudore «insomma, non si deve entrare nella Villa: ci facevano le messe nere una volta!»
«Ho sentito dire che dei ragazzi dell’ultimo anno ci sono entrati per evocare Bloody Mary lo scorso Halloween» Connor si sistema gli occhiali sul naso. Nel parlare, il tono della sua voce si fa più flebile. «Hanno recitato il Padre Nostro al contrario sette volte a mezzanotte: appena hanno terminato, Bloody Mary è apparsa e li ha uccisi tutti!»
«Ma, se sono morti, come fai a sapere che è stata Bloody Mary?»
Connor alza le spalle. Le sue guance lentigginose diventano rosse.
Tessa sposta lo sguardo su Stanley. Lui incrocia le braccia.
«Mia madre mi ha detto che lì dentro abitava un terribile vecchio una volta» Sorride, ma a Tessa non sfugge il modo il suo volto perde colore mentre parla. «Tutti avevano paura di lui, perché era in grado di rubare l’anima alle persone e di chiuderla dentro una bottiglia.»
«Mia cugina mi ha raccontato la stessa storia, ma mi ha anche detto che il vecchio era ricchissimo e che il suo tesoro è ancora nascosto nella cantina della Villa» si volta verso il muro diroccato. «Ci pensate? Se questa storia fosse vera potremmo diventare ricchissimi!»
Stanley sposta lo sguardo dagli altri due amici a lei. Distende le braccia sui fianchi.
«Noi non veniamo, Tessa. I nostri genitori ce l’hanno proibito e non vogliamo metterci nei guai.»
Tessa scopre i denti.
«Siete solo un branco di cacasotto! Non ho bisogno di voi!» afferra lo scaletto e lo stringe a sé. «Terrò per me tutto il tesoro e se troverò Bloody Mary le tirerò un pugno sul naso!»
I tre ragazzi arretrano. Seguendone il movimento, Tessa nota che suo padre si è affacciato alla finestra del soggiorno. Ha il giornale in mano e la sta osservando. Lei prende un respiro e si volta verso la Villa.
«Fate quello che volete: ho deciso di andare e non rinuncerò.»
Tessa apre la porta. Attraversa il corridoio del vestibolo tenendosi alla parete. Ansima. Le mani le tremano. Intravede il divano del soggiorno: cerca di raggiungerlo, ma le vengono le vertigini appena lascia la parete.
«Cosa hai trovato nella Villa?»
Suo padre è in poltrona. Ha abbassato il giornale. Nei vetri dei suoi occhiali il riflesso di Tessa è pallido e tremante.
«Niente…»
Suo padre sospira. Si alza. La raggiunge. Le appoggia una mano una mano sulla testa e la accarezza. Tessa comincia a tremare.
«Niente…»
Il padre la abbraccia.
«Non c’era nessun fantasma… nessun tesoro… solo polvere e ragnatele…»
La stretta di suo padre si fa più forte. Tessa comincia a piangere.
«Ho cercato i simboli delle messe nere e le bottiglie del terribile vecchio…»
«Non li hai trovati, vero?»
Tessa scuote la testa. Si separa dall’abbraccio e guarda il volto di suo padre. Anche i suoi occhi sono lucidi di lacrime.
«Perché… perché non mi hai impedito di andare? Perché non me l’hai proibito come hanno fatto gli altri genitori?»
«Perché è così che si diventa grandi: scoprendo la verità» Il padre le asciuga le lacrime con il pollice. «E tu sei diventata abbastanza matura da sopportarla.»
Tessa si morde le labbra. Arriccia una treccia attorno all’indice. Le mani non tremano più.
«Fa male.»
«Farà sempre male.»