Il valore di Tanja

Faccio sedere i due italiani al tavolo. La ragazza non bada a noi e continua a far ballonzolare i seni a ritmo con la musica. Gli italiani non le tolgono gli occhi di dosso.
Juri mi mette una mano sulla spalla, annuisco e ci sediamo a nostra volta. Il sedile di pelle mi si appiccica ai pantaloni: qualche idiota deve aver versato il suo drink. Il cameriere arriva, ordiniamo quattro vodka. I fratelli Benetti parlottano nella loro lingua tutta suoni smielati. Il più giovane mi sorride di sottecchi, le sue pupille si muovono a ritmo a fissare me e la ragazza. Che faccia da culo.
Dieci zeri, l’affare vale dieci zeri.
«Allora?» Juri si appoggia allo schienale. «Non male questo nightclub, vero?»
Il primo Benetti, quello con la carnagione scura, da italiano, allarga gli angoli della bocca. «Non c’è male.» La sua pronuncia fa schifo. «Ci voleva proprio un po’ di relax dopo il viaggio.»
Juri sogghigna. «So che in Italia questi locali non sono permessi, ma qui avrete modo di divertirvi.»
È un grande leccaculo, lo è sempre stato. Il Benetti più giovane non toglie più gli occhi dalla ragazza. Si infila una mano in tasca, estrae mille rubli e allunga il braccio. La ballerina si abbassa, si fa infilare i soldi sotto l’elastico del tanga e lascia che le dita le pizzichino il culo.
La vodka arriva, la scolo al volo e ne ordino subito un’altra. Juri mi lancia un’occhiataccia.
Dieci zeri, se abboccano siamo ricchi.
Benetti Uno infila il bicchiere tra le labbra, le arriccia e fa schioccare la lingua. «Da noi, la vodka ha un sapore diverso: ci mettono la Red Bull o la frutta.»
Juri sorride. «Possiamo ordinarla come vuole.»
«No.» Rigira il bicchiere tra le dita. «Le usanze degli altri paesi m’interessano.»
Sospiro, che coglione. Juri fa scattare una mano sotto il tavolo e mi arpiona il ginocchio.
Lo so: un uno, seguito da dieci zeri.
La ragazza schiocca un bacio sul palmo della mano e lo soffia verso Benetti Due, poi si volta. Il suo culo ondeggia mentre si allontana. Al suo posto arriva una bassetta prosperosa con una lunga treccia. Il suo viso… Oddio!
Juri mi pizzica la gamba con le dita e si avvicina al mio orecchio: «Non fare cazzate, Leonid.»
La mia seconda vodka arriva. Butto giù tutto e ne ordino ancora. Benetti Due è ipnotizzato da Tanja. Mi dà una gomitata. «Ehi, voglio questa troietta qui!»
Dove cazzo è la vodka? Afferro il bicchiere dell’italiano e scolo tutto. Lui batte la mano sul tavolo: «Vuoi anche qualcosa da mangiare, stronzo?»
Tanja non mi toglie gli occhi di dosso, mi sorride continuando la sua danza oscena. Stringo i denti, Juri mi infila le unghie nella carne della coscia.
Sono abbastanza, dieci zeri?
Mi si bagnano gli occhi, allento la cravatta, la testa inizia a girarmi. L’italiano estrae una banconota dalla tasca, Tanja si abbassa. Tiro fuori dalla tasca due fogli da cinquemila rubli. Benetti Due sgancia un pugno sul tavolo quando Tanja si avvicina a me, piuttosto che a lui. Le infilo i soldi tra le dita, lei li prende e se li mette nelle mutande. Dio voglia che con questi non si compri la droga. Le sue labbrucce si aprono e si chiudono a mimare un bacio.
Li vali dieci miliardi, Tanjushka?
«Scusate.» Farfuglio. «Torno subito.»
L’italiano scoppia a ridere. «Guarda che questa puttanella te la frego!»
Prima o poi l’ammazzo. Entro in bagno e mi appoggio a un lavandino. Mi lavo la faccia, gli schizzi d’acqua rigano lo specchio.
La porta alle mie spalle si apre. Il riflesso di Tanja si avvicina, si copre il seno col braccio. «Papà.»
Brividi mi corrono lungo la schiena. Mi tolgo la giacca, mi giro e gliela avvolgo intorno al collo. «Perché sei scesa così in basso?»
I suoi occhi umidi mi annientano il cuore. «Quelli come me devono adattarsi.»
Scuoto la testa. «Adesso torni a casa, ti disintossichi e se poi scappi di nuovo io ti…» Mi mordo un labbro.
Tanja abbassa lo sguardo, si siede sul pavimento lurido e si nasconde sotto la giacca di Armani.
Mi inginocchio e la stringo a me più forte che posso. Ogni suo singhiozzo mi strappa via un pezzo d’anima. Voglio morire.
«Ti prego,» le mie lacrime scendono tra i suoi capelli, «andiamo a casa, subito. Si fottano quei mangiaspaghetti.»
Si appoggia a me, le carezzo la nuca. Il suo mento si trascina sulla mia spalla, mentre annuisce.
Perdonami, Tanjushka.