Notte di tregua

L’uomo si avvicinava sempre di più alla grotta, arrancando sotto la pioggia battente.
Al sistemò il fucile e prese la mira. La luna era piena, ma con la tormenta non era ancora riuscito a vedere il colore dell’uniforme.
Attese qualche istante, il cuore che batteva. Impossibile sbagliare da lì.
Pantaloni grigi.
Un nemico.
 
*
 
Finalmente un riparo. Zod si infilò nella fenditura.
«Fermo.»
C’era un uomo di fronte a lui, in mano un fucile.
Giacca blu. Un nemico.
Valutò le sue possibilità. Impossibile estrarre la pistola. Ma quell’uomo avrebbe già potuto sparargli, e non lo aveva fatto.
«Mi ucciderai?»
«No, se non mi costringi.»
 
*
 
Al spezzò in due il tozzo di pane e ne passò un pezzo al nuovo arrivato. Era poco più giovane di lui.
«Somigli a mio fratello.»
L’uomo divorò il pane. Si pulì le briciole con la manica. «È da molto che non lo vedi?»
«Troppo.» Al sospirò. «Da quando è iniziata questa maledetta guerra.»
L’altro annuì. Non servivano parole.
 
*
 
Zod si affacciò dalla fenditura. La notte era passata, portandosi via il temporale. Era tempo di rimettersi in marcia.
Si voltò verso il nemico, steso in terra in una pozza di sangue. La gola tagliata da parte a parte. Ne aveva ricavato qualche provvista e una manciata di monete.
Avrebbe dovuto sparargli quando ne aveva avuto la possibilità.
Coglione.