
Appoggio il pezzo sullo specchietto rettangolare.
Guardo la tessera sanitaria e ridacchio. Sanitaria. La gente la usa per comprare le sigarette e tritare la bamba.
Appoggio il polso sul tavolo e lascio al tremolio nervoso il compito di prepararmi la riga. Trito la bamba con calma, è importante che sia bella fina.
Sbriciolo ogni sassetto come zucchero, poi come farina. La stendo in una riga di qualche centimetro.
Arrotolo i venti euro, me li infilo nel naso, mi chino e tiro.
La botta mi arriva al cervello. Attiva ogni sinapsi. Ogni neurone esulta e festeggia.
Il respiro si fa corto, il cuore spara sangue in ogni anfratto del corpo.
Butto giù qualche sorso di Pampero. Brucia in gola, ma me ne servirà almeno mezza bottiglia per sentire davvero qualcosa.
Allungo la mano verso il sacchetto, faccio scivolare fuori l’altro pezzo. Metto la tessera in posizione e inizio a tritare.
L’immagine nello specchio mi fissa e mi sorride, con quei denti marci. «Ciao, vecchio mio! Alla fine mi hai dato retta. Bravo.»
Gli punto il dito medio. «Vattene.»
«Non posso. Sono nella tua testa.»
Gli copro gli occhi con la riga. «Non hai battute più originali?»
«Forse le avrei, ma sono anni che ti spappoli il cervello con quella merda.»
«Basta, lasciami pippare in pace.» La mano mi trema parecchio, un sassolino schizza via. «Ecco, lo vedi? Mi fai sbagliare.»
L’uomo nello specchio ride. «Peccato perché è roba di qualità.»
La sua risata mi rimbomba nel petto.
Scrollo la testa. C’è silenzio.
Guardo lo specchio. Un fallito dal volto scavato e il naso gocciolante mi osserva, con un misto di compassione e disgusto.
Le pupille puntiformi guizzano un istante sul sacchetto vuoto. Poi torniamo a guardarci.
Mi sorride, col suo ghigno putrido. «Ascolta. Adesso tu chiami Enzo e vai da lui. E poi, ci facciamo una seratina delle nostre!»
Mi giro verso la finestra aperta.
Prendo lo specchio e lo lancio, l’infrangersi sull’asfalto arriva dopo un paio di secondi.
Vai a fanculo. Io domani ti porto in comunità.