Il suggeritore

«Cosa abbiamo qui, Joe?».
«Ida Smith, omicidio, Al. Ha ucciso sua figlia di cinque anni».
Joe biascica l’ultima frase da dietro i suoi baffoni scuri.
«Avete già l’assassino. Perché vi serve un profiler?».
Joe abbassa lo sguardo.
«Si tratta di suo marito, è scomparso. Siamo sicuri sia morto, ma non collabora. Anzi… abbiamo già mandato un paio prima di te e non è finita bene».
Acciglio lo sguardo e riduco la distanza tra noi a pochi centimetri.
«Cosa intendi con “non è finita bene”?».
«Crediamo sia un suggerimento».
«Suggeritore?».
«Quella roba lì. Io non voglio saperne di queste cose, mi fanno paura. Però la gente ci chiacchiera e lei li convince. Questa storia non mi piace. Ho letto di questi demoni che usano il loro corpo per sedurti e ucciderti. Era qualcosa con i succhi».
«Succubi?».
«Quello. Ascolta il vecchio Joe: entra lì, due parole per fare un rapporto e andiamo a mangiare al McDonald. Ci stai?» balbetta lui ormai tutto sudaticcio.
Sbuffo spazientito e gli faccio segno di seguirmi.
«Qualcosa di utile da sapere?».
«Schizofrenia paranoica e disturbo bipolare».
«La prossima volta ricorda che queste informazioni sono più utili della presunta natura demoniaca dell’omicida».
 
Seduta su una poltrona a righe verdi, Ida Smith ci scruta con un sorriso. Non mi sorprende che Joe parlasse di succubi: è bellissima. Penso subito a mia moglie, quasi mi senta colpevole di quel pensiero.
Accavalla le lunghe gambe e mi fa segno di sedermi sul divano alla sua destra. Una ciocca di capelli bruni le sfiora la camicetta azzurra all’altezza del seno. Devo aver guardato con insistenza, perché subito porta il libricino nero che stringe tra le mani al petto.
«Salve, Alex» inizia lei con voce pacata. «Si accomodi». Joe scuote la testa, i suoi occhi marroni sono così spalancati che sembrano sul punto di esplodere.
Do un’occhiata alla stanza alla ricerca di oggetti contundenti che possano mettermi in pericolo: oltre a un pesante posacenere sul tavolino alla sinistra del divano ci sono solo libri. Mi accomodo. Joe impreca e dopo aver camminato in tondo per un paio di volte si siede accanto a me.
«Ida Smith, so che…».
«Non sono Ida Smith» mi interrompe irrigidendosi. Sento Joe che mi strattona la giacca. So cosa vuole dirmi: non farti fregare. Abbasso lo sguardo sulla moquette rossa e mi schiarisco la voce.
«Sa perché non sono Ida Smith?» riprende con voce seducente. Sta provando a condurre la conversazione. Appunto nella mente il tentativo di imposizione del potere e inizio a tracciare il profilo.
«Che rapporto ha con suo marito?».
La donna pare disorientata per un istante, si guarda intorno persa. Aver imposto il ricordo del marito mentre aveva il controllo della conversazione deve aver confuso le due personalità.
«Gli voglio molto bene, Alex. Sono sicu-».
«E con sua figlia?» incalzo. Devo impedire al suo lato autoritario di avere il controllo e portare alla luce Ida; è su di lei che va tracciato il profilo. La donna impallidisce e si volta di nuovo alla ricerca di risposte nella stanza.
Joe si alza di scatto e inizia a camminare alle mie spalle.
«Al, questa situazione non mi piace» mi sussurra all’orecchio. Ida si schiarisce la voce.
«Ida Smith è sua moglie».
Joe contorce il faccione in un’espressione tra l’inebetito e il confuso.
«No, mia moglie è…».
Com’è mia moglie?
«Non ascoltarla… sta facendo quella cosa del suggerimento» mi supplica Joe. Mi volto verso di lui a scatti, quasi il mio collo fosse mosso da ingranaggi difettosi. Sento il rumore dei tacchi farsi più vicino.
«Abbiamo bisogno di lei per trovarla».
Mi volto verso lei; Joe alle mie spalle sbuffa, fa il giro del divano e si piazza davanti a me. Indica il fascicolo. Scuoto la testa.
«No, tu sei Ida Smith. Hai ucciso tua figlia e io sono il profiler».
La donna tira fuori dal libricino due foto. Nella prima c’è una bambina che mi sorride, nella seconda il suo corpo martoriato. Distolgo lo sguardo.
«Guardale» mi impone lei. Ora la sua voce è decisa.
«Non guardarle, Al. Ti sta fottendo il cervello» mi dice Joe, ma è troppo tardi.
La riconosco: è Alicia.
«Non sei un profiler, Alex. Eri un impiegato del McDonald, e ora sei un detenuto accusato di due omicidi».
«Erano possedute dalle succubi, Al!» spiega Joe, accovacciandosi per parlarmi più da vicino.
«Joe, ma-» inizio titubante.
«Non c’è nessun Joe. Abbiamo bisogno del tuo aiuto per trovare Ida».
«Ascoltami bello, ascoltami. Tu sai la verità» la interrompe Joe. Le loro due voci si confondono nella mia testa. «… quella puttana di tua moglie era un suggeritore, e le tue figlie erano possedute. Questa qui è stata mandata dalle succubi, vogliono vendicarsi».
La donna cammina verso la scrivania e incalza con la storia di Ida, guardo le sue labbra carnose muoversi. Certo che è bella, troppo bella per essere umana.
Joe ha ragione, è una succube.
Afferro il posacenere e mi avvicino a lei, la moquette attutisce i miei passi. Non fa in tempo a voltarsi che il posacenere si infrange sulla sua testa. Sento il rumore di passi oltre il muro.
«Ben fatto, Al. Panino al Mc?».