
Patrick udì Jodie chiudere il portone al piano di sotto e andarsene.
Aprì gli occhi e scivolò fuori dal letto.
“Buongiorno, Patrick.” pigolò S.A.M.A.N.T.H.A
Pat alzò il dito medio verso l’altoparlante nell’angolo in alto.
La finestra filtrava la luce del sole nascente sull’Oceano Pacifico.
Il tosaerba automatico, sotto di lui, pettinava il giardino luccicante di rugiada.
Il cancello si stava dando l’olio da solo sui cardini.
Patrick aggiustò l’elastico delle braghe del pigiama. La sconfitta già gli mordeva lo stomaco eppure si mosse ugualmente.
Affondò le mani nelle lenzuola e le sfilò fin quasi a snudare il materasso.
Quasi, come tutte le cazzo di volte.
Il letto, con forza contraria e molto più energica, se le riprese aspirandole con un risucchio e le redistribuì sulla superficie quadrata senza una piega.
Patrick sbuffò.
Come diceva Albert Einstein? “Stupidità significa fare e rifare la stessa cosa aspettandosi risultati diversi”
Patrick scese le scale.
Il rullo piazzò sul tavolo della cucina il vassoio con la colazione.
Tè verde e fette biscottate integrali con già spalmate sopra tre tipi di marmellate diverse.
Un paradiso di profumi invitanti aleggiò beffardo.
«Buon appetito.» disse S.A.M.A.N.T.H.A
Pat raggiunse la credenza, afferrò uno dei manicotti e tirò.
Sigillato, ovvio.
Darei non so cosa per prepararmi un’omelette da solo. Scegliermi gli ingredienti, farla saltare…
Si morse il labbro.
I ricettori vocali captavano ogni parola e S.A.M.A.N.T.H.A gli avrebbe sbattuto sotto il grugno, in quattro minuti esatti, la miglior omelette da quando il padreterno aveva inventato le galline.
Piuttosto un dito in gola.
Lo schermo a parete si accese.
Jodie, in camice bianco, teneva l’ennesima conferenza attorno al suo staff.
«Ingegner Swift» una giornalista dalla platea alzò la mano «può confermare che la NASA installerà l’ultima versione di S.A.M.A.N.T.H.A nel razzo che porterà gli astronauti su Marte? Si prospetta un viaggio facile per loro, dunque?»
Lei sorrise.
«Più che facile, una vera pacchia. La nostra super-intelligenza domotica farà sì che la missione non sarà più scomoda di un weekend sulla spiaggia di un villaggio turistico!»
Risate e applausi.
«Spegni.» bofonchiò Patrick.
Lo schermo tornò nero.
Brava, tesoro. Ora persino sugli Shuttle la gente sarà obbligata a non fare più un cazzo.
Il fiato gli divenne corto.
Devo fare qualcosa oppure mi piglia un infarto. Ma cosa? COSA?
Negli ultimi quattro mesi dall’installazione della IA aveva macchiato, bagnato, svitato, strappato, scucito, divelto, scheggiato…e quella stronza domotica aveva risolto prima di dargli il tempo di alzare un dito.
Una scintilla scoccò in fondo al cervello.
L’idea lo eccitò e la testa ormai fiaccata dalle settimane di perfezione domestica si accese come un camino annaffiato di diavolina.
Gli sarebbe valso il divorzio ma era meglio della camicia di forza.
Afferrò sia la tazza con il tè verde che il piatto con l’omelette e volò sugli scalini del seminterrato.
Giunto davanti alla stanza di comando di S.A.M.A.N.T.H.A illuminata da centinaia di led, scagliò il piatto a terra.
Al rumore di vetri infranti e al profumino di uova cotte seguì l’apertura di una fenditura nel battiscopa.
Dal buco emerse il bocchettone aspiratutto che prese a pulire ogni frammento di cibo e porcellana.
Ora sei distratta!
Patrick aprì l’anta del pannello di controllo e ci versò dentro il te verde.
Sfrigolii di cortocircuito e bip di allarme.
Poco tempo e si autoriparerà, devo sbrigarmi!
Salì i gradini a coppie e tornò al corridoio.
Afferrò la cornice del Lo Stagno delle Ninfee di Monet e lo sfilò dalla parete.
Nessun braccio meccanico sbucò dalle appliques per riprendersi la tela.
Ce l’ho fatta!
La peluria dietro il collo e sotto i testicoli si drizzarono per l’entusiasmo.
Patrick sfilò e riappese il quadro a ripetizione.
Riagganciò la cornice per l’ennesima volta e udì lo stridore dei freni dell’auto di sua moglie.
S.A.M.A.N.T.H.A aveva fatto la spia.
Pat si lasciò cadere sulla moquette.
Cazzo, se ne era valsa la pena!