Come se fosse facile

Apro la portiera dell’auto e slaccio la cintura ad Alice, che scalpita nel suo giubbottino. I suoi compagni di classe sono già arrivati e hanno preso posto sull’autobus, giusto un paio sono davanti alla porta a chiacchierare. I genitori stanno chiacchierando sparsi tra le auto parcheggiate qui attorno.
«Dai papà, gli altri sono già sul bus! Lo sapevo che siamo in ritardo, Marta andava come una lumaca!»
Sua sorella si gira dal posto di guida e le lancia un’occhiataccia. «Se mi tolgono il foglio rosa perché devo correre ad accompagnarti dai tuoi amichetti ti faccio nera.»
Sorrido. «Buone, ragazze. E tu stai tranquilla Alice, non partono senza di te.»
Scende dall’auto trascinandosi dietro lo zaino. Afferro una spallina e la aiuto a caricarselo sulla schiena, certo che è pesante. Spero non le faccia male stare tutto il giorno con questo peso.
Mi chino sulle ginocchia. «Hai preso tutto? Quadernino per gli appunti, penna, macchina fotografica, borrac—»
«Sì, sì, sì.» Si divincola, ma la trattengo per un braccio. «Dai fammi andare papà! Mi aspettano!»
Gli insegnanti in realtà stanno ancora caricando gli zaini nel vano sotto il bus, non credo si siano neanche accorti che siamo arrivati.
«Promettimi che farai attenzione.» Fisso Alice negli occhi. «Segui i tuoi maestri, non attraversare la strada da sola e non accettare caramelle dagli sconosciuti.»
«Neanche se le prende prima Peter?» Sorride.
Il fatto che i bambini abbiano eletto un assaggiatore ufficiale dopo aver studiato l’impero romano è incredibilmente divertente e inquietante.
«Soprattutto se le prende prima Peter.»
La sua risata cristallina mi fa tornare bambino per un istante.
«Okay papà. Ora posso andare?»
Marta tira un colpo di clacson. Tempismo perfetto.
Sospiro. «Va bene, vai. Ci vediamo stasera.»
Lei sorride, si afferra le spalline dello zaino e inizia a correre verso l’autobus. Uno dei suoi maestri si gira e le fa cenno di darle lo zaino, lei se lo toglie e con un gesto unico glielo tira quasi addosso. Quanta energia, spero che faccia attenzione durante la gita.
Marta altri due di clason, un paio di genitori si girano, ma fa nulla. Marta può aspettare due minuti, non posso mica scappare via alla prima gita di Alice.
Lei mette un piede sullo scalino dell’autobus, ma si blocca. Si è scordata qualcosa?
Si gira verso di me e torna correndo. Mi chino di nuovo e lei salta addosso abbracciandomi forte il braccio.
«Quando torno sarai qui, vero?»
Le accarezzo la testolina e le do un bacio sulla fronte.
«Certo che sarò qui.»
Lei stacca un poco e mi fissa negli occhi. «Anche…» sussurra. «Anche Marta?»
«Anche Marta.» Le faccio l’occhiolino. «Se vuole continuare ad avere un foglio rosa.»
Ridacchiamo piano per non farci sentire da sua sorella, che nel frattempo sta probabilmente tirando giù tutti i santi che conosce.
«Alice?»
«Sì papà?»
«Ora dovresti lasciarmi però.»
Si stacca, come se si fosse ricordata improvvisamente che deve andare.
«A dopo papà!»
«Divertiti!»
Si gira e corre via, si fa in volata i gradini del bus e scompare tra i sedili. Okay, anche questa è fatta immagino.
Risalgo in macchina. Marta ha la fronte appoggiata al volante, si gira verso di me e lancia un gemito. «Dio mio, alla buon’ora. È solo una stupida gita.»
Mi allaccio la cintura. «È la sua prima gita, sii comprensiva. Sei la sorella maggiore.»
«Come vuoi. Ora però mi hai promesso che mi fai fare pratica finché non torna.»
Spero che Alice, quando verrà il momento, attraverserà il suo periodo ribelle con un po’ meno enfasi di sua sorella.
«Ogni promessa è debito. Forza, esci dal parcheggio e andiamo a fare un giro. Quando hai l’esame pratico?»
«Tra due settimane. Così finalmente potrai lasciarmi andare da sola.»
Lasciarla andare. Come se fosse facile per un genitore.
Be’, prima o poi dovrò farlo davvero, ma c’è ancora tempo.
Le pizzico una guancia e lei mi inveisce contro.