
Claire cammina curva, picchia il bastone sul sentiero che divide i filari delle viti.
– Emilio! – comanda al ragazzino accanto a lei. – Perché non sei a giocare con i tuoi cugini? – lui si gratta la cicatrice sul mento e scuote la testa. – Preferisco stare con te, nonna.
– La vedi questa valle? Quando sarai grande toccherà a voi gestire la Cantina Asprina. È bene che andiate d’accordo. Non come quelle due smidollate delle mie figlie che hanno deciso di fare altro.– Un luccichio accende gli occhi prima tristi del ragazzino.
– Io seguirò le orme di mio padre.
– Ma se non l’hai neanche conosciuto?
– Mamma ne parla bene, dice che ha salvato la tenuta dalla distruzione. – l’anziana donna alza gli occhi al cielo spazientita. – Sai perché sei qui con me?
Lui si piega alla ricerca di qualche sasso piatto da lanciare nel laghetto che divide la proprietà dal bosco.
– Tua madre è in manicomio!
– Io la sogno tutte le notti, mi parla di fate e gnomi, di posti incantati.
– Sta zitto! Vuoi fare la sua stessa fine?
– Dice che una volta all’anno, lo gnomo Ardiglione viene a prendere la nostra uva per fare una pozione magica.
– Smettila! E dimmi come hai fatto a riempire di lividi quelle tue gambe striminzite.
– Anche Jean e Tomàs non mi credono.
– Sei uno stupido a pensare che i sogni facciano parte del nostro mondo.
– E la mamma mi ha detto…
– Non dire cavolate…
– Mi ha detto che Ardiglione è uno sbadato, e ogni tanto dimentica qui qualche pozione che fa con la nostra uva, quella bianca. Quella vicino al lago, in fondo, dove finisce l’arcobaleno. E lui va nel mondo Flippo di sotto, dove è nato mio padre.
– E perché allora tuo padre non è venuto a prenderti?
– Non può, solo uno gnomo può saltellare da un mondo all’altro, oppure qualcuno che ha il sangue misto: metà umano e metà flippico.
– Non dire mai a nessuno queste cose, o finirai male.
– O qualcuno con una dispensa speciale del Re di sotto, come ad esempio, quando papà è venuto qui per salvare le viti infestate dalle cimici cinesi, altrimenti, niente pozione, nessun collegamento tra i due mondi.
– Dì un’altra parola farneticante e ti taglierò la lingua. Non voglio che mio nipote faccia la stessa fine di mia figlia! – dice l’anziana donna sbattendo con rabbia il bastone nel terreno provocando un rumore metallico. I due si bloccano, fissandosi negli occhi.
Emilio scava accanto al bastone e trionfante estrae una fiaschetta.
– Hai visto nonna? Mi credi adesso?
– È una comunissima fiaschetta di metallo.
– Guarda, c’è una effe incisa sopra.
– Tuo nonno si chiamava Filippo, chissà da quanti anni è sepolta qui.
– Non mi credi? – Il ragazzino alza il mento e con aria di sfida svita il tappo e tracanna il liquido giallo e trasparente, un sorriso gli compare sul viso che insieme al suo corpo pian piano svanisce:
– Hai visto, nonna? – fa in tempo a dire Emilio prima di sparire davanti alla donna stupefatta: – Ma, allora, mia figlia…