
La nuova segretaria senza nome sculettò una volta in più, quel pomeriggio. Si chinò per raccogliere una cartaccia e Mike pensò che avrebbe dovuto gettarne fuori dal cestino altre dieci per dimenticare i problemi che gli stavano dando i Minas e le loro proteste. «Il caffè?» Diede un’occhiata al delegato della Miura Inc. e le fece un sorriso stiracchiato.
Lei arrossì e porto due dita alle labbra. «Accidenti che sbadata, arriva subito signore.» Prese fiato mettendo a dura prova il primo bottone della camicetta.
Mike non ricordava di averle fatto un colloquio e probabilmente era la segretaria più distratta che avesse mai avuto, ma il piacevole dolore che gli gonfiava i calzoni gli fece pensare che le avrebbe comunque trovato una mansione adatta.
Il delegato raccolse le proprie carte e le batté sul tavolo. «Se è per me, non importa. Stavo andando via.» Si alzò, mise una mano sulla giacca per tenerla chiusa e si sporse per stringergli la mano. Non avevano raggiunto alcun accordo, ma sembrava ben disposto a cedere i diritti di estrazione.
«Come preferisce. Possiamo contare sulla Miura?»
«Non posso assicurarle il pieno sfruttamento, ma posso garantire che la nostra azienda vuole trovare un accordo.» Che si traduceva in una assegno a sei zeri per lui e i suoi soci.
Nulla che Mike non avesse previsto.
Il culo più bello del palazzo dondolò su tacchi vertiginosi fino al tavolino e ci poggiò il vassoio sopra. «Non prende il caffè?» Mise le tazzine sul tavolo. Nessun tovagliolo, nemmeno una bustina di zucchero.
Mike sperò che avesse altre qualità. Le avrebbe cercate quella sera, non appena sistemata quella maledetta miniera. Sollevò un sopracciglio. «Io lo prendo con due zollette.» Non era vero, aveva sempre preso il caffè amaro ma l’idea di mettere in imbarazzo quella meraviglia asiatica gli drizzava il cazzo.
La ragazza portò entrambe le mani al viso in una buffa e sexy imitazione di Betty Boop con gli occhi a mandorla. «Oh Santo Cielo! Mi dispiace davvero, signor Norton. Non andate via, vado a prenderlo.»
Il delegato fece spallucce. «Beh, qualche minuto non ucciderà nessuno.» E dal modo in cui aveva incollato gli occhi ai suoi fianchi, ne avrebbe aspettati anche di più.
L’arrivo di una mail sibilò dal PC. «Mi scusi un momento.» Scrollò la schermata, la rivolta degli estrattori era ancora attiva e la produzione era diminuita del trenta per cento.
Strinse le nocche e diede un colpetto al tavolo, la miniera della Miura era diventata essenziale. Quei figli di puttana dai Minas stavano diventando un problema, e prima o poi avrebbero preteso anche misure di sicurezza e turni da bianchi.
La segretaria trotterellò da loro con due bustine di zucchero tra le dita, come se dovesse dare la merenda a un gruppo di scolaretti.
Mike sorrise pensando che anche il delegato era più attratto dalle sue forme che dalla sua totale mancanza di professionalità. Era tardi, non sarebbe comunque arrivato a casa per cena, e se avesse perso ancora qualche minuto anche l’ultimo stacanovista avrebbe lasciato il palazzo, e si sarebbe potuto dedicare a insegnare il mestiere alla bella svampita.
La ragazza lanciò in aria le bustine, Mike seguì il volo di una delle due, un sibilò. Un fiotto bollente sulla mano e un grido strozzato.
Il delegato crollò come un sacco vuoto. La ragazza aveva una lama in mano e il viso sporco di sangue. Roteò su sé stessa e gli fu addosso.
Mike avrebbe gridato, ma non riusciva nemmeno a parlare, si portò le mani davanti al viso, il dolore del primo colpo gli gelò il sangue, il secondo il respiro. Che cazzo stava succedendo?
Rovinò a terra, gli girava la testa e non riusciva a prendere fiato. Le cosce della ragazza a un palmo da lui e il baluginio della lama.
Lo afferrò per i capelli e lo costrinse a guardarla. «Libertà per i minas.»