Che colpo!

«Amore, ma stai tremando!» È la prima volta che la vedo in questo stato.
«Non so che mi prende, scusa.»
«Non preoccuparti, faccio io.»
Al vecchio devono proprio piacere questi vecchi portoni, sono sicuro che dopo stasera si deciderà a farsi montare una blindatura a prova di cannone.
Infilo il tensore nella serratura, antiorario, perfetto. «Marica, il grimaldello.»
Ecco le molle, una… due…
«Armando sai pensavo…»
«Shhh! Non sento l’ultima molla.» Ci siamo quasi. «Eccola.»
Clack.
Una stretta al braccio. «Sei proprio sicuro di volerlo fare? Non siamo obbligati.» Ma che le prende? Proprio ora, siamo a un passo dal traguardo.
«Amore sono quasi due anni che sogniamo questo momento.» La nostra isola alle Seychelles. Un ultimo colpo e quel nostra diventerà legittimo. Mi tasto il taschino sulla coscia, la chiavetta USB è qui al sicuro.
«Ma… Un’isola tesoro… Abbiamo messo da parte tanti di quei soldi da poterci permettere qualsiasi villa in qualsiasi posto del mondo, c’è proprio bisogno?» Doveva proprio scegliere questa nottata per trasformarsi in una donna normale?
Una vibrazione sul polso, lo smartwatch si illumina. «È Lenny, dice che abbiamo ancora tre giorni.»
«Tre giorni per cosa?»
«Non prenderti male, ma gli ho già versato l’acconto.»
«Ma non avevamo detto di aspettare di avere l’intera somma?»
«Lo so, ma abbiamo anticipato il versamento per dare meno nell’occhio.»
«Sì ma Armando, proprio Lenny? Non si scherza con quelli come lui.»
«Appunto, vediamo fare un lavoro pulito e di gentaglia come Lenny non sentiremo più parlare. Mai più.»
Imposto il timer a 30 secondi. Tre… due… uno… via!
Spingo la porta e siamo dentro. Marica si fionda sulla scala e percorre due rampe e si infila nella porta all’ultimo piano.
C’è tutto il tempo. Il nipote del vecchio tiene imboscata una copia della chiave dell’allarme all’ingresso sotto il letto in mansarda sul quale è solito farsi cavalcare dalle sue amiche. Quella della scorsa notte era una rossa niente male.
Ancora dieci secondi, ma che stai facendo Marica.
Eccola che si affaccia al parapetto. «Al volo!»
Lancio perfetto, a quanto pare è tornata in sé, questa è la Marica che conosco.
Infilo la chiave nella fessura, luce verde. 27 secondi sul cronometro, se l’è presa comoda.
Salgo una rampa e raggiungo Marica all’ingresso della zona notte. Rimane l’ultimo ostacolo, i laser a pavimento.
«Amore, il fumogeno.»
Marica si slaccia la zip fruga all’interno della tuta. Prima un fianco, poi l’altro. «Giuro di averlo tirato su prima di uscire, devo averlo qui da qualche parte.» Niente.
E ora? Senza fumo non supereremo mai sto cazzo di corridoio, con tanti saluti a papaya e noci di cocco. Potrei dar fuoco a qualcosa, ma scatterebbe l’antincendio… «Trovato! Aspettami qui, mi è venuta un’idea.
Il vecchio bavoso è in ossigenoterapia da anni ormai, avrà una scorta da qualche parte. Torno al piano terra. Nel soggiorno nulla, nel bagno nemmeno. Scendo in taverna. Eccolo! Meno male che va in un locale areato… Prendo la bombola dell’ossigeno portatile, dal peso sembra carica.
Torno da Marica e sgancio la valvola. L’ossigeno compresso inonda il corridoio. Sembra di essere in una palude nebbiosa di qualche film horror, non il massimo, ma l’importante è che ora quelle linee rosse del cazzo siano ben visibili.
Continuo a sparare fumo davanti ai miei piedi e io e Marica avanziamo nel percorso a ostacoli stando attenti a non interrompere nessun fascio di luce.
Lo stroller inizia a borbottare. «Merda, è scarico!»
«Torniamo indietro Armando, se il fumo dietro di noi si dirada siamo nella merda.»
Così vicini al traguardo? Non esiste. «Marica, dimmi che indossi le autoreggenti.»
«Ti sembra questo il momento di fare il viscido?»
«Sono serio, dimmi che le hai addosso.»
«Sì, ma…»
«Passamene una, muoviti!»
Con doti da prima ballerina riesce a sfilarsi prima una gamba dalla tuta e poi l’autoreggente a rete. «Ora capisco… Geniale amore!»
Stiro le maglie della calza e la faccio penzolare fino al terreno. I fasci di luce rossa illuminano i fili neri della calza senza però interrompersi. Un passo dopo l’altro raggiungiamo la fine del corridoio. Era l’ultimo ostacolo.
Apro la porta della camera da letto, il portatile è sulla scrivania. Tiro fuori la chiavetta USB dalla tasca.
Un rumore di passi. Troppo pesanti, non può essere Marica.
Mi volto e nell’ombra scorgo due luccichii. Un distintivo e una Beretta 92 puntata verso di me.
«Si identifichi prego.»
«Agente sotto copertura Marica Bonetti a rapporto signore.»
Un brivido mi attraversa la schiena, la chiavetta mi cade dalla mano. «Marica, amore cosa…»
«Tesoro non ti arrabbiare, ma…»