Il Giardino dei Risvegli

Celeste si fermò ai piedi di un faggio e abbassò lo sguardo sulla targa di marmo posta alla base del tronco. Lesse il nome, le date, la frase che le accompagnava, e dimenticò tutto l’istante successivo, come stava facendo da più di due ore. Da quando era entrata nel Giardino dei Risvegli.
Aveva perso tempo, prolungato la passeggiata il più a lungo possibile. Aveva percorso ogni sentiero di quel giardino alberato, tranne quello che conduceva da Zoe.
Ma ora si sentiva pronta.
 
***
 
«È una specie di suicidio.» Celeste incrocia le braccia sul petto. «Non capisco come possa essere legale.»
«Non dire scemenze.» Zoe si rannicchia sul divano, le braccia strette attorno alle ginocchia. «Cosa c’entra il suicidio? Un albero è una creatura vivente.»
«Un albero non parla. Non cammina. Non si esprime in nessun modo. Quella non è una vita degna di essere vissuta.»
«Un albero fiorisce.» Zoe distoglie lo sguardo. «Ospita animali, produce ossigeno. E non ho mai visto un albero devastare la terra in cui vive. Quello lo fanno gli uomini.»
Celeste scuote la testa. È assurdo anche solo doverne parlare, ma che le è preso a sua sorella? «Dimmi una ragione, una sola ragione per cui una persona sana di mente dovrebbe farsi trasformare in una pianta.»
Zoe si morde il labbro, le guance si gonfiano come due canotti. Prepara la solita scenata, è sul punto di esplodere. Ma si risolve tutto in un lungo sospiro, come un petardo che si spegne in una pozzanghera.
«Sei fortunata, sorellona». Zoe si alza e fa per andarsene. «Perfettamente in sintonia con il tuo corpo. Forse un giorno scoprirai che non per tutti è così.»
 
***
 
Zoe era un pesco.
Solido, rigoglioso, forse avrebbe dato dei frutti.
Immobile, silenzioso. Un maledetto, inutile albero.
«Cretina.» Celeste si inginocchiò, stringendo i pugni fino a sentire le unghie affondare nei palmi. Avrebbe voluto prenderlo a cazzotti quel tronco rugoso. «Dovevamo parlarne, ti avrei aiutato. Non doveva finire così.»
Si chinò sulla targa posta vicino alle radici.
Zoe Beghetti, nata umana nel 2033, rinata albero nel 2053. Per una vita degna di essere vissuta.
Celeste afferrò la targhetta. Voleva staccarla, romperla, voleva…
Una mano morbida le carezzò il viso. Zoe.
No, era solo uno stupido petalo. Un petalo rosa era svolazzato fino a sfiorare la sua guancia.
Celeste sollevò lo sguardo verso i rami di sua sorella. Davanti ai suoi occhi la chioma si trasformò, decine di fiori sbocciarono all’unisono colorando di rosa i rami.
Non aveva mai visto niente di più bello.
Si trascinò avanti e strinse le braccia attorno al tronco, gli occhi appannati dalle lacrime. Le lasciò libere di scorrere.
Per un lungo istante, le sembrò che sua sorella ricambiasse l’abbraccio.