Il robot pittore

Mumbahia
 
Anup, mani sui fianchi, si soffermò a contemplare l’enorme container di lamiera sui cui si scorgeva a malapena l’insegna sbiadita della MezzoViaggio. Se l’era immaginato diverso il suo nuovo posto di lavoro.
La sua responsabile, un metro e mezzo di nervi e cattiveria, dovette accorgersi della sua perplessità, perché le due fessure che aveva al posto degli occhi si fecero ancora più strette. Afferrò la maniglia del portellone e lo fece scorrere sulle guide con un rombo sferragliante. «Benvenuto nel team.»
Anup ingoiò un mezzo litro di saliva e si affacciò nel capannone, l’afa soffocante e l’odore acre di sudore gli diedero il benvenuto. Lanciò lo sguardo in tutte le direzioni, e tutte le direzioni gli restituirono la stessa immagine: centinaia e centinaia di scrivanie grafiche occupate da persone curve a disegnare. Una sterminata fabbrica di disegni.
«Ci dev’essere un errore.» Si voltò verso la responsabile. «Io sono un designer specializzato.»
Lei ruttò una specie di risata. Brutto segno.
«Ehi, Fatima.» Schioccò le dita in direzione della scrivania più vicina. «Ricordami un attimo, qual è il tuo titolo di studio?»
La ragazza alzò la testa dal banco illuminato e sollevò gli occhiali. «Due lauree e un dottorato.»
«E tu, Jonah?»
«Laurea e master.»
Anup chinò il capo. «D’accordo, ho capito.»
La responsabile gli rivolse un ghigno soddisfatto. «Il lavoro è semplice, ti metti alla tua postazione e disegni. Più disegni fai, più ti pagano.»
«E alla MezzoViaggio servono tutti questi disegni?»
«Esatto.» La donna s’incamminò nel labirinto di scrivanie. «Con i nuovi protocolli, la MezzoViaggio non può più attingere alle immagini in rete e ha realizzando un’apposita banca dati per le sue intelligenze artificiali.»
Anup si strofinò le dita sulle tempie. «E cosa devo disegnare?»
La responsabile si voltò verso di lui. «Dipende. Se ci chiedono paesaggi, disegni paesaggi, se ci chiedono cagnolini, disegni cagnolini. A volte ci chiedono stili specifici, tipo cubismo, neorealismo, cose così.» Indicò una scrivania, la sua nuova postazione. «Ma oggi, ti è andata bene, giornata a tema libero. Puoi disegnare quello che ti pare.»
 
Nuova Parigi
 
La sala grande brulicava di persone, i biglietti, seppur cari, erano andati a ruba. Pubblico scelto, l’élite culturale della città. Il presentatore placò i brusii con un inchino e un cenno della mano e chiamò sul palco il protagonista della serata.
Con passo sicuro ed elegante, risplendendo nella sua nuovissima cromatura ramata, l’ultimo modello di MezzoViaggio si presentò agli occhi del suo pubblico. Un applauso lo accolse.
MezzoViaggio impugnò il pennello digitale e si avvicinò alla tela. «Cosa devo disegnare?»
Il presentatore lasciò al pubblico la scelta del soggetto.
«Un vaso di fiori su un tavolo d’ebano.» Propose una voce dalla platea. «Garofani, peonie e rose bianche.»
Il robot pittore elaborò, il pennello sfiorò la tela per una manciata di minuti e il risultato, strabiliante, si palesò agli occhi del pubblico.
«Un cavallo appaloosa al galoppo su una spiaggia al tramonto!»
La nuova richiesta fu accolta e risolta in un batter d’occhio.
Una ragazza si alzò in piedi, dalle file centrali, lo sguardo vivace di chi vuol lanciare una sfida. «Scegli tu», propose. «Disegna ciò che ti pare.»
MezzoViaggio elaborò di nuovo, qualche istante di troppo, come interdetto. Poi si mise all’opera.
Pochi tratti, essenziali.
Lo sgomento serpeggiò nella platea.
«Ma quello è…»
«Ha disegnato un…»
«È proprio un…»
Risolini si fusero a grida di sdegno, un uomo, teatrale, simulò uno svenimento, un marito coprì gli occhi alla moglie che li coprì alla figlia.
Il presentatore corse per spegnere la tela, interrompere il disastro, ma ormai l’oscenità era sotto gli occhi di tutti.
 
Mumbahia
 
Anup sbirciò alla scrivania all sua destra, a quella a sinistra. Non credeva ai suoi occhi.
«Scusa!» Allungò una mano per trattenere la responsabile.
Lei si voltò. «Che c’è ancora?»
Anup si morse il labbro. «Ma loro stanno disegnando dei…» Abbassò la voce. «Disegnano dei…»
«E allora? Ti ho detto che oggi è a tema libero.»
«Così tanto libero?»
La responsabile sospirò e gli posò una mano sulla spalla. «Mi sembri un bravo ragazzo, proverò a spiegarti come vanno le cose. Hai idea di quanti capannoni come questo ci sono, solo in questa regione?»
Anup scosse la testa.
«Più di quanti riesci a immaginarne. I controlli sono scarsi, e in ogni caso me li sbrigo io. Oggi è giornata a tema libero, per cui avete la possibilità di disegnare tanto e arrotondare un po’. Detto questo, se tu, novello Michelangelo, vuoi affrescare la Cappella Sistina, sei libero di farlo. Ma se i tuoi colleghi si dedicano a opere più stilizzate e minimali, non è un problema tuo. Il compenso resta di mezzo credito a disegno.»
Anup annuì e si mise a sedere alla sua postazione. Rimase qualche minuto a fissare la tavola retroilluminata.
Cinque anni di accademia.
Un master in design avanzato.
Mezzo credito a disegno.
Afferrò il pennino.
Ma sì, tutto sommato era giustissimo disegnare dei cazzi.