Il vecchio e le stelle

«Che posto schifoso… »
Piero si voltò verso suo nipote che incespicava fra i calcinacci, sorrise e tornò ad occuparsi del trabattello. «Te lo giuro nonno» continuò il ragazzo mentre i detriti sotto le sue scarpe lo destabilizzavano «Questa è l’ultima volta che mi metti in una merda del genere!»
Piero posizionò il trabattello sotto un soffitto a volte ingrigito.
«Quel soffitto deve essere bello,da come lo guardi sembra la figa più bella del mondo!»
Piero si voltò verso suo nipote che sembrava un alpinista sulla Marmolada, sorrise e gli disse:
«Quando ti va di scendere da quel monte di calcinacci tuo nonno ti dimostrerà che questo soffitto è la più bella fica del mondo»
«Nonno si dice “figa”»
«Lapo non parlare di cose che non conosci»
Entrambi risero, poi Lapo balzò giù dai calcinacci e raggiunse il nonno alla base del trabattello.
«Prendi le mestichine e sali su, poi aiutami a salire»
«Le mestichine? »
«Si, quelle che al tuo istituto chiamano rasiere.»
Lapo sorrise e si arrampicò sul trabattello con le rasiere fermate alla cintura.
«Quante volte ti avrò detto di non mettere le mestichine nelle fibbia della cintura? »
«Molte. » rispose Lapo mentre il trabattello dondolava.
«E te perché non mi ascolti ?» continuò Piero mentre seguiva dal basso ogni movimento del nipote «Testina di cazzo?»
Una volta arrivato a metà trabattello Lapo si tolse le mestichine dalla cintura, le appoggiò sull’asse che stava poco sopra la sua testa e aiutò il nonno a salire.
«Dura la salita, vero vecchiaccio? »
«Alla mia età scende tutto.»
Lapo sorrise e Piero si trovò sul trabattello ansimante, ma felice.
«Meno male lo avevi montato ieri.» disse Piero mentre cercava di dominare l’affanno.
«Non strapazzarti, vecchio.»
«E chi si strapazza?! »
Insieme salirono nel punto più alto, sei metri circa, dove il soffitto potevano toccarlo con mano.
«Dai Lapo, facciamo alla svelta. »
Questo rispose con uno sguardo stranito, ma quando vide il volto di suo serio annuì e iniziò a raschiare il soffitto.
« Senti nonno » disse Lapo mentre la polvere gli cadeva sul viso e sui capelli «perché abbiamo rifiutato dei lavori prestigiosi come la Rocchetta Mattei per venire a lavorare in questo tugurio? »
«Lapo, pensa a raschiare »
«E poi perché non abbiamo portato i ragazzi? »
«Lapo, raschia.»
Lapo non aggiunse altro, ma dopo qualche istante sul suo volto sporco di polvere si illuminò un sorriso.
«Ma nonno! »
«Lapo ti ho detto di raschiare! »
Il sorriso divenne una paresi sul volto di Lapo mentre gli occhi di Piero si fecero rossi e umidi.
«Ma sono stelle! »
«Si.»
Dallo sporco raschiato emerse un soffitto affrescato sui toni del blu puntinato di stelle esagonali grandi come una moneta. Le stelle erano dipinte con una vernice dorata che le rendeva simili a gioielli. Piero aveva uno sguardo che Lapo non aveva mai visto, non più sicuro e affettuosamente beffardo, ma dolce al punto di sembrargli vulnerabile.
«Questa è stata la mia prima commissione, avevo dodici anni. Queste stelle le ho dipinte insieme a mio padre, non ho mai più dipinto delle stelle in tutta la mia vita.»
Lapo avrebbe abbracciato suo nonno, ma non lo fece anche se il suo petto avvampava. Piero sorrise, si stropicciò gli occhi e disse:
«Polvere di merda.»