Il freelance

«Sei arrivato a destinazione. Buona fortuna col tuo nuovo cliente, Michele!»
«Graz—». Mi interrompo, prima che mi inquadrino come un perfetto coglione che parla all’assistente vocale. Sempre che qualcuno si accorga del mio arrivo: accenno un saluto, ma sono tutti seduti attorno al tavolo ovale, con gli sguardi verso una lavagna. Un tipo con la metà dei miei anni commenta un grafico a torta. Noto la sedia ancora libera e appoggio la borsa sul piano di vetro nero. Apro la cerniera a velocità lumaca per non spostare neanche un grammo d’aria che possa sottolineare il mio arrivo. Inutilmente.
«Bene, anche il nostro nuovo GD Senior s’è degnato di scendere tra noi. Possiamo venire al dunque.» Colgo l’intero team orientarsi come una batteria di pannelli solari verso una signora bionda, seduta a metà tavolo. Che mi sta fissando.
«Il suo predecessore, almeno, arrivava puntuale», sentenzia.
Apro la bocca, mentre il resto della sala ridacchia. Almeno ho capito chi comanda e che non c’è rispetto per i cinquantenni. Ingoierò anche questa. «Chiedo scusa, abito dall’altra parte della colonia, dovevo accompagnare il bimbo a scuola e a quest’ora il traffico…»
«Ha visto le bozze?»
Prendo il portatile dalla borsa. Vorrei estrarre anche un dito medio, ma così non sarei mai il re della riunione. «Sì, certamente. Pianeta di classe T, popolazione scarsa ma concentrata nelle pianure, conoscenza rudimentale dell’agricoltura e abilità linguistiche buone, ma senza tecnologie di scrittura.»
«Non c’è bisogno che ripeta quel che so già. Voglio sentire se approva la mia bozza.»
Interrogo gli sguardi altrui per capire se questa arroganza sia normale. Ho solo conferme. Quando ho iniziato c’era più rispetto. «Pensavo foste in cerca di qualche opzione creativa.»
«Ascolti, lo so bene che a voi», piega la testa di lato e fa il gesto delle virgolette in aria, «god desainer piace fantasticare, ma dobbiamo lanciare il progetto a breve. Stiamo finendo il budget e il marketing è sotto staff per vagliare altre strade. Ha capito?»
Inutile discutere. Il lavoro è lavoro, ma lo dovevo capire già dall’annuncio. Non ho più l’età perché mi trattino così, però. «Chiarissimo. Cosa avete definito, finora?»
La mia nuova amica del cuore sospira, neanche fosse su un palco. «Protocollo standard. Fase uno: rafforzare l’idea che il creato sia maligno. Due: adorazione di fenomeni naturali. Poi tutta la trafila.»
«Mitologia, testi sacri e profeti sintetici?»
«Esatto.»
«Rivelazione divina e diritto al dominio sulla natura?»
«Da manuale. Cuociono per qualche centinaio di generazioni e poi, tac! Mandiamo le truppe a raccogliere manodopera qualificata. Le proiezioni di raccolto sono ottime.»
Un tempo, amavo questo lavoro. Mi vorrei ribellare. «Non pensate agli utenti finali? Non sono soltanto numeri.»
La bionda mi squadra. «Semmai cercassimo un salvatore di anime, le faremo sapere.»
La sala è tutto un gracchiare di risate. Non credo si accorgano di me, mentre vado verso la porta insieme a quel che resta del mio orgoglio.