Il destino dei Cash

«Ch’ a ‘t vègna ‘n canchêr! Che ti venisse un canchero!»
Le imprecazioni, quelle serie, meritano sempre la traduzione italiano-dialetto. Almeno è quello che pensa Gianni.
E mentre muove lo sterzo della Punto da una parte all’altra per provare a stare in carreggiata, maledice e invoca a turno Dio e tutti i santi in paradiso, sperando di non restarci secco prima di vedere il nuovo millennio.
Quella stradina di montagna è una biscia magra che scappa tra i tronchi delle querce e degli aceri che sembrano stringersi su di essa per assistere all’ennesimo incidente di un Cash.
È l’unico superstite della famiglia. Tutti i suoi parenti, tutti, sono rimasti coinvolti in disgrazie al limite dell’assurdo. Chi risucchiato da un tritacarne, chi colpito da un fulmine vagabondo in una spiaggia della Riviera Romagnola. Insomma, non voleva certo proseguire quell’infausta tradizione.
«Boia d’un leder!» urla, mentre il muso verde della Punto si infila nella foresta, come un segugio all’inseguimento di un fagiano, e lo spedisce in caduta libera verso un campo incolto, scivoloso di galaverna.
 
Quando Gianni si risveglia, è contento di essere ancora vivo. È sdraiato su una specie di divano di velluto foderato di plastica, nella penombra di un salottino riconvertito a sala da ballo. Le luci stroboscopiche si rincorrono lente, come narcotizzate, sul pavimento sepolto di tappeti e sulle pareti cariche di mobili decrepiti, ma lucidati a festa.
Una musica familiare proviene da un paio di enormi casse in radica ai lati del divano. Gianni riconosce il 45 giri che ha pubblicato con BMG Ricordi: “Mazurka esplosiva!”, che è anche l’unico che ha registrato. Uscito sfortunatamente il primo agosto del 1980, è stato ritirato dal commercio subito dopo il tragico evento di Bologna.
«Ragazze, venite. Si è svegliato!» la vocina eccitata proviene da una donnina minuta. I capelli grigio-topo sono legati in una crocchia talmente stretta da far intravedere il rosa dello scalpo perfino nella penombra. Il volto è stranamente liscio e gli occhietti sono neri e brillanti. Insomma, un’Olivia di Braccio di Ferro versione anziana, ma truccata di tutto punto. La bocca, cremisi di rossetto, incornicia una chiostra di denti perfetti, quasi innaturali. «Venga, si accomodi» dice, appoggiando un vassoio carico di tortelli dolci su un tavolino basso. «Ha fame? Questi li ha portati la Bruna.» La donna ne prende uno, le dita inanellate dalle unghie laccate di rosso schiacciano la pasta facendone uscire il contenuto scuro e aromatico.
Gianni sente l’acquolina invadergli la bocca, ma si trattiene. «Grazie, ma devo proprio andare. Questa sera ho uno spettacolo al Poggio.» Si blocca e si guarda attorno. «La mia macchina!» esclama e poi si precipita verso la porta aperta. L’occhio gli cade sull’orologio: sono le 22:30. Con un po’ di fortuna, può arrivare al locale prima della mezzanotte.
Un donnone con un Parka verde scuro gli blocca il passaggio. Nel suo fiato c’è ancora traccia del freddo della notte. Ha i capelli crespi legati dietro la nuca e anche i suoi occhi sono neri, piccoli e brillanti come giaietto. L’odore di olio motore e carburante le impregna il corpo. «Vè Nâni, la tua Punto è appena rotolata giù per il fosso, è già tanto che ti sei salvato te.»
«Ma non avete un telefono? Magari posso provare a chiamare un carro attrezzi. E voi? Non avete una macchina? Non posso perdere questo ingaggio, davvero. Mi aiuti, per favore.» Gianni inizia a saltellare come un ballerino di mazurka.
«Caschi male, Nâni. Qui non ce l’abbiamo una macchina e nemmeno un telefono. Mi sa che ti tocca star qua con noi finché non troviamo una soluzione.»
«Ma magari una delle altre “ragazze” … La donna di là ha chiamato delle altre. La Bruna? La Bruna non ha la patente? Vi prego, sono disposto a pagare qualsiasi cifra.»
L’energumena gli ride in faccia, un piccolo sputo spumoso le sfugge dalle labbra e arriva in faccia a Gianni. «Guarda, Nâni. Le altre sono tutte nella sua testa. Mia sorella Bruna è un po’” gli si avvicina abbassando la voce. “Tocca.”
«Hai trovato la sua fisarmonica, Marfy?» Bruna sbuca dal salottino, i suoi occhi sembrano i bottoni del vestito di un morto. Gianni indietreggia, vorrebbe trovarsi in un altro posto, lontano da quella casa. L’odore di buccia di mandarino bruciato sulla stufa non riesce a coprire una specie di lezzo, come di carne andata a male.
Vaffanculo! Gianni svicola verso la porta d’ingresso, la apre e qualcosa lo colpisce da dietro. Sente un bruciore tra le scapole e degli strattoni alla cassa toracica, come se lo avessero colpito con un arpione, tale e quale a un tonno. Gianni non vedrà mai l’alba del nuovo millennio. Dannata sfortuna dei Cash!
 
«Bruna, ma cosa ci mette dentro a questi tortelli dolci per farli diventare così buoni? Anche se sono al forno, restano proprio morbidi.» Il ripieno scivola dal lato della bocca del parroco in una colata color borgogna.
«Beh, Padre. Ci ho messo tutto il mio amore.» E con amore, intendeva il suo idolo di sempre: Gianni Cash.
 
(Copertina creata con CHATGPT)