
Le mura di questa cantina hanno il tuo profumo, mamma.
Muffa, umidità, intonaco crepato e insetti che scavano nelle fessure del mio universo. Un cosmo dalle quattro pareti.
Ma c’è un odore che sovrasta gli altri, quello del silenzio, delle non coccole, delle carezze scomparse sotto le coperte logore. L’aroma della decomposizione. Mamma, mi vuoi così bene che non mi lasci mai solo, vero? Invece di abbandonarmi al buio rimani qui, con gli occhi liquefatti, culle di lombrichi senza nome.
Da quando non ti muovi c’è così poco da mangiare. Catturo dei topi e li porto alla bocca mentre ancora scalciano tra i miei denti. Perché si lamentano, mamma? Non lo sanno che devo fare la pappa? Quando ho sete mi sposto verso il muro della gioia. Appoggio le labbra sui buchi che hai fatto e succhio con tutta la forza. Come mi hai insegnato tu, mamma. Bevo gocce preziose che sanno di calcestruzzo e calce bianca, buonissime. Appena colano nel pancino mi sento vibrare tutto. Lacrime calde rigano il volto mio. Prendo una goccia, te la dono, te la spingo in quella serratura bocca che tante volte ha urlato “Non te ne vai, vero?”
Mamma ma certo che non me ne vado, rimango qui con te e risucchi tutto il mio interno. Una lacrima dopo l’altra, buone? Sì. Sì.
Mi hai insegnato tante parole, ma non conosco la sensazione del tuo non esserci. Perché non ti muovi anche se sei grigia come questo pavimento che calpestiamo da tutta la vita? Forse quando andavi via eri più felice? Fuori da quella porta-cattiva, la porta che mi ha tolto la mamma per così tante volte. La porta-bua, la risucchia felicità, la togli-mamma, la non-gioia. Non andrò mai verso quella luce. Rimango qui, promesso, a prendermi cura delle tue dita che diventano nere come i nostri occhi.
“Se arriva qualcuno, tu nasconditi negli angoli. I ragni ti vestiranno con una ragnatela e sarai invisibile.” Io ridevo a quelle parole, chi mai sarebbe dovuto venire? Il mio mondo-cantina è fatto per due, io più te. Mi hai insegnato le addizioni. Il risultato non cambia, dicevi. La nostra matematica era soltanto un noi. Te più me. I ragni non ci sono più. Li ho mangiati tutti da quando non ti muovi.
Una parola mi hai ripetuto tante volte, almeno quanto i buchi del soffitto. “Amore”. Il nostro-nostro-amore, mille volte nostro. Abbiamo scritto i nostri nomi nella polvere dei ricordi. Io non so leggere il mio, ma tu eri, sei e sarai mamma. Le mura della cantina hanno il tuo profumo mamma. Sanno di oscurità dolce-dolce e pazienza. Io ti guardo mentre ti sgretoli come cemento secco. Sei bella come le nostre ragnatele.
La porta trema. Sento un forte boom. Un boom grande come il nostro amore, mamma.
“Ma che…” la cosa che non sei tu emerge da luce senza tenebre.
Mi nascondo nell’angolo. Ragni, aiutatemi vi prego. Nessun-nessuno vacilla sopra di me in piccole acrobazie nel vuoto. La mia casa di fili sottili non corre mica da me. La cosa che non sei tu sfiora il corpo bello che riposa sul pavimento. Salto dal mio rifugio e indico i nomi nella polvere. Sento che ha senso. Un senso per noi.
“Ofelia più Amore”, quella cosa che non sei tu ha appena letto i nostri nomi. Io sono Amore, mamma. La mamma è Ofelia. Abbiamo scritto i nostri nomi nella polvere dei ricordi. E da quando sei ferma-ferma io ho sistemato i segni col mio dito. Tutto il tempo. Un poco sanguino. Dita ammaccate come i muri.
Mi abbraccia e mi trascina via con tutta la sua forza infinita e mi porta nella luce. Fa male, piango come non ho mai pianto. Mi mette nella scatola rumorosa e mi porta in una casa bianca come calce pura.
“Tu, tu sei scomparso da vent’anni. Goffredo.”
“Io, Amore.”
Le cose che non sono te urlano, mi guardano come io guardavo i topini. Mi mettono le mani sul corpicino stanco. Accendono la luce e mi fanno male con la non-oscurità.
Ricordo quando mi dissi che eravamo un per sempre. Io ci credo ancora, Mamma.
“Ti ha nascosto dal mondo per tantissimo tempo, te ne rendi conto?”
“Il mondo-cantina?”
“No, il mondo-mondo. Quello fuori dalla porta.”
“Ridatemi la polvere, i nomi, le promesse…”
“Dopo avrai tutta la polvere che ti serve, ma devi sapere che tuo padre ti ha cercato per tutta la vita. Visto che tua madre è morta ha accumulato così tanti pagamenti arretrati che le forze dell’ordine hanno dovuto fare irruzione nella casa che aveva acquisito sotto falso nome. Ora sei libero, puoi iniziare a vivere.”
“Ma io vivo-vivo già.”
Mi lasciano solo, chiudono la porta, spengono la luce e mi consegnano finalmente al vero-buio. Ma noi eravamo un per sempre. Mamma.
Urlo con la voce di Amore e non di Goffredo. Urlo una frase che mai avrei pensato di dire. Ma per te, questo e altro. Ho imparato tutto quello che mi hai insegnato. La polvere è nel mio cuore. I nostri ricordi sono per sempre.
“Lasciate la porta aperta. Magari torna-torna.”
(Copertina creata con CHATGPT)