Baffo

Vittime innocenti in questo racconto di Massimiliano Enrico, sesto classificato nella 124° Edizione del contest principale di Minuti Contati con Elisa Emiliani come guest star, scritto sul tema “Qualcosa di spaventoso succede nella tua città”.

 
«Ciao, io e ‘ho sonno’ usciamo» dico ridendo di Baffo che continua a stirarsi e sbadigliare.
«Stai attento» risponde Marta ridacchiando.
Una bella domenica, fredda e soleggiata.
Al parco, mi guardo intorno, nessuno sospetto, libero Baffo.
Baffo corre dagli altri cani per giocare. «Buongiorno, anche voi mattinieri» dico.
«Buongiorno» rispondono gli altri proprietari. Chiacchieriamo del più e del meno.
«Hai visto il tuo cane?»
Mi guardo intorno.
«Sembra che stia vomitando»
Lo vedo, movimenti strani e conati di vomito, gli altri cani sono vicini ma non troppo. Corro verso di lui, gli altri padroni mi seguono. Richiamano i loro cani.
«Baffo, tutto bene? Hai mangiato erba?» dico mentre mi rendo conto che il vomito è rossastro, troppo.
Un altro padrone si avvicina «polpette con i chiodi» dice indicando Baffo e guardando gli altri proprietari.
Qualcosa esplode nella mia testa. Sento gli occhi spalancarsi. E la bocca, secca.
La vista si annebbia. Il cuore pulsa nelle orecchie. Baffo si siede. Si accascia a terra. Emette un guaito. Quel suono resterà nei miei incubi per sempre.
Mi lancio verso di lui, lo prendo in braccio.
Ho la vista appannata, sto svenendo? No, lacrime. Meno male.
La mia mente registra che sto correndo, che sto ansimando, che Baffo guaisce e vomita, che ci sono persone che mi guardano mentre gli corro vicino. Corro verso casa.
Suono. Suono. «Rispondi» dico. «Rispondi» fremo. «Rispondi» ripeto mentre suono. «Quanto cazzo ci vuole a rispondere?» dico.
«Chi è?»
«Baffo» dico. «Chiodi» ansimo. «Scendi! Le chiavi della macchina. SUBITO!» urlo e piango. «Prendi le chiavi e scendi. Subito!» piango al citofono mentre sento il cuore di Baffo sulle braccia e il mio nelle orecchie.
«La macchina. Dov’è?» mi dico. Marta sta scendendo, penso, spero, imploro, prego.
La macchina. Adagio Baffo sul cofano, lentamente, come un cristallo fatto di carta velina. Ansima. Ansimiamo e cerco di pulirmi il naso che cola.
Sto tremando. Marta usce dalla porta di casa, si guarda intorno. Trafelata. Mi vede. Corre. Lacrime agli occhi.
Parto sgommando. Conosco una sola clinica, è vicina.
Imbocco via Gorizia suonando il clacson a più non posso.
«FRENA!» urla Marta mentre passo Corso Sebastopoli accelerando. Se mi hanno sentito rallentano altrimenti vadano alla malora, penso.
Sono troppo veloce per superare la rotonda di via Tolmino. Freno. Quasi inchiodo. La mia mente registra che Marta non ha la cintura allacciata, tiene stretto Baffo per impedirgli che l’anima fugga via. Respirano. Tutti e due. Manca poco. Accelero. Inchiodo. Accelero. Sterzo di colpo per fare la curva. Santo Grand Theft Auto, allora il trucco per le curve a 90° funziona davvero.
Inchiodo davanti alla clinica. Scendo e apro la portiera di Marta. La mia mente non sa dire se prima sono sceso o se prima ho aperto la portiera. Busso alla porta della clinica. Busso. Busso. Apre una figura in camice. Uomo? Donna? Chissene.
«Polpetta. Chiodi. Vomita sangue» balbetto e urlo e singhiozzo mentre Baffo ha un rigurgito. Rumore metallico dal pavimento.
La dottoressa, donna quindi, mi comunica il cervello, raccoglie l’oggetto. Il suo volto è più bianco di un lenzuolo. Non dice nulla. Apre la porta dello studio. Poso Baffo sul tavolo di metallo freddo. Lei mi guarda e io esco, non c’è bisogno di parole.
Marta mi guarda. Viene verso di me. Ho le braccia lorde di sangue, carne, feci, vomito. Lei mi abbraccia. Le sue lacrime attraversano la camicia.
Siamo ancora così quando la dottoressa esce, ha il camice sporco di sangue,feci e vomito.