
I vapori dei lacrimogeni inglobano la barricata, arrivandomi dritti in faccia. Scatarro a terra, ma l’acido mi ha prosciugato la gola e gli occhi lampeggiano come le gazzelle delle guardie. Maledetta condensazione di Knoevenagel!
Un gomito mi puntella il fianco. «Oh, Doc… prendi questa!» È quel gobbo di Igor, velato dalla foschia. In mano ha quel che sembra una Koktejl’ Molotova, meglio nota come bottiglia Molotov.
Stropiccio gli occhi. «Non credi sia meglio levarsi di torno?»
«Macché, vedrai che adesso inizia a piovere, e lava via tutto.»
«Sì, come quel ferragosto a Ostia Lido. Ci hai fatto rimanere a Roma e poi c’era un sole che spaccava le pie—
Uno scrocio rompe il cielo e goccioloni grossi come chicchi d’uva piombano sull’asfalto. Le nuvole dei lacrimogeni si dissolvono, bucherellate dall’acqua. Spalanco gli occhi al cielo, lasciando che l’acqua lavi via il bruciore. Il suono del diluvio stempera le sirene e le urla delle guardie.
«Igor!» Lo abbraccio, prendendolo per la gobba. «Con questo temporale vinceremo la lotta armata!»
«Che cosa intendi Doc?»
«Vai al camion, togli il telo al rimorchio e alza l’antenna. Questo giorno verrà riportato sui libri di scuola!»
«Ma Doc…» Igor strabuzza gli occhi storti. «Sei sicuro sia una buona idea?»
«Buona idea? Ci siamo fatti diecimila chilometri solo per arrivare in Bolivia e recuperare il cervello del Che!» Alzo il pugno sinistro. «Oggi rinascerà il guerrigliero Guevara!»
Igor si ingobbisce ancora di più. «Va bene, ma se qualcosa va storto…»
«Ma che storto e storto! Andrà tutto secondo i piani!»
Il gobbo annuisce, si allontana nella pioggia e sparisce dietro il rimorchio. Il telone viene via e l’asta d’acciaio si solleva.
Il cuore mi batte all’impazzata: il caos attorno a me è poco più che un brusio lontano.
L’antenna si erge poderosa tra le auto. Finalmente, il giorno che attendo da una vita, il giorno che—
Un fulmine squarcia il cielo. La deflagrazione mi sbalza in un cassonetto, tra il fetore della spazzatura.
Le sirene si sono spente, così come le voci delle guardie.
Mi sporgo oltre il bordo di plastica: la creatura è in piedi. Immensa, grandiosa, viva! I suoi occhi rossi brillano nel diluvio.
«Sì può fare!» grido al cielo blu elettrico.
Un gomito mi puntella il fianco. Ancora il gobbo. Ma come—? Ah, non importa.
«Ce l’abbiamo fatta Igor, ce l’abbiamo—
La creatura ci viene incontro e solleva il cassonetto con noi dentro.
Sollevo il pugno. «Grande Che, ci sta portando in trionfo!»
«Non ne sono sicuro,» mormora Igor.
La creatura ci scaraventa proprio davanti alle gazzelle delle guardie, che ci puntano addosso i mitra.
«No, no…» Scuoto la testa. «Ci dev’essere un errore!»
Igor si stringe le spalle. «Stavo cercando di dirtelo, Doc. Il cervello…»
«Quello del Che, sì!»
«Lo hanno perso a Fiumicino al ritiro bagagli, così, per non darti un dispiacere, ne ho cercato un altro.»
Mi si ferma il respiro. «E di chi era il cervello che mi hai portato?»
Igor deglutisce. «Di un certo Abn… Abn… Abenitomussolini.»
(Copertina creata con chatgpt)