I semi di Canrath

La punta della penna oscillò sopra il contratto. La mano si ritrasse.
La ragazza appoggiò la penna sulla scrivania. «Farà male?»
Isaac si aspettava quella domanda, gliela facevano sempre. Finì di copiare sul registro d’ingresso i dati riportati sul documento della ragazza e alzò la testa. «Non ho mai capito il senso di quella domanda. Poniamo il caso che risponda che no, non farà male. Mi crederesti? Avresti ragioni sufficienti per credermi? E se invece rispondessi che al termine dell’operazione la tua pelle si ricoprirà di pustole acide e che a ogni loro scoppio il dolore aumenterà a tal punto da farti perdere i sensi, come reagiresti? Ti alzeresti da quella sedia e usciresti dalla porta? E poi, una volta fuori, cosa farai? Tornerai da dove sei venuta?»
La ragazza abbassò lo sguardo e strinse le dita sul tessuto della gonna.
«Ecco, appunto. Quindi a che pro chiederlo?» La ragazza rimase in silenzio e Isaac poté tornare alle sue scartoffie. «Vedo che sei nata a Bergaas.»
«Sì, signore.»
«Allora questa non è la prima volta che ti trasferisci da una città-stato a un’altra.»
«No, signore.»
«E perché hai scelto proprio Canrath? Dibsea è più vicina.»
La ragazza affondò le dita ancora più in profondità. «Secondo mio padre nessuno oserà mai dichiarare guerra a Canrath.» Le labbra le si piegarono in un sorriso sarcastico. «Diceva che se le armi che Canrath vende a ogni città-stato sono così terribili, chissà allora di che devastazione sono capaci quelle che tiene per sé.»
«Sembra un uomo molto saggio.»
La ragazza piantò gli occhi su Isaac. «Lei ha mai visto in azione una qualunque delle armi prodotte a Canrath?»
Isaac rimase in silenzio.
«Il giorno in cui mio padre morì, dagli altoparlanti non partì nessun allarme. Noi vivevamo nella cittadella esterna, nei pressi degli allevamenti di granchi da corsa. Ricordo di aver alzato gli occhi al cielo e aver visto all’orizzonte le aerobalene di Ivortown. Erano a decine, silenziose. All’inizio pensavamo fossero dirette verso il porto. Poi abbiamo visto le branchie aprirsi e riversare sui pascoli il loro carico. Granate fungine le hanno chiamate i giornali il giorno dopo.» La ragazza si morse un labbro. «Lei ha mai visto cosa fa una granata fungina?»
Isaac incrociò le braccia sul petto. «No. E a dire il vero nemmeno m’interessa. E lo sai perché? Perché anche se lo sapessi, tempo una settimana e dai laboratori di Canrath uscirà qualche nuova arma che farà sembrare la tua granata fungina nulla più che un giocattolo.»
«Esatto. Per questo Canrath è il posto più sicuro al mondo.»
Isaac si passò una mano sulle guance ispide. «Sei consapevole che tutto ciò avrà un prezzo e che, anche una volta firmato quel contratto, non sarai davvero una cittadina di Canrath? A dirla tutta, non esistono cittadini a Canrath. Soltanto ospiti dei signori che la governano.»
La ragazza annuì. «Così mi è stato detto. Ma se questo mi garantirà di non dover più vedere gli effetti di una granata fungina o di un fluidificaocchi, allora sono disposta ad accettare ogni compromesso.»
Isaac prese la penna e l’appoggiò vicino al punto dove la ragazza avrebbe dovuto firmare. «Allora lo vedi che quella domanda era inutile?»
La mano della ragazza si allungò verso la penna. Le dita le tramavano mentre tracciava una X sul contratto.
Isaac prese i fogli e li convalidò apponendoci sopra il timbro ufficiale dell’Ufficio Immigrazione di Canrath. Alzatosi in piedi, si girò verso il mobile alle sue spalle e aprì un cassetto. Dall’interno prese un bisturi e una fiala con apposta sopra un’etichetta, contenente un seme grande poco più di un’unghia. Appoggiò entrambi sulla scrivania.
La ragazza si piegò sulla fiala. «Che cos’è?»
«Il tuo nuovo padrone. E ora allunga il braccio.»
La ragazza fece come le era stato ordinato.
Isaac afferrò il polso e lo girò verso l’alto, quindi prese il bisturi. «Non ti muovere.» Con un taglio deciso incise l’avanbraccio per un paio di centimetri.
La ragazza strizzò gli occhi per il dolore. «Quindi è vero che faceva male.»
Con l’ausilio di una pinzetta, Isaac afferrò il seme e lo appoggiò con delicatezza nel mezzo della ferita. La carne prese a richiudersi all’istante. Guardò la ragazza. «No, ora farà male.»
Dal centro della ferita spuntò un germoglio.