Il cielo fuori dalla finestra

Matteo fissava il cielo fuori dall’ampia finestra della torre, dove le cime degli alberi venivano piegate, in modo quasi impercettibile, dal vento.
Dentro, dietro lo spesso vetro antiproiettile, regnava un silenzio quasi irreale.
È l’effetto campana, me ne avevano parlato, ma non credevo che attenuasse ogni suono fino a farlo scomparire, sembra di guardare dentro un acquario!
Tutte le profezie si erano avverate e lui, che aveva saputo leggerne i segni, aveva avuto in premio la salvezza.
Appena il primo angelo suonò la tromba, grandine e fuoco mescolati a sangue scrosciarono sulla terra!
Era l’infezione, il virus che veniva da oriente, la trebbiatrice per mietere vite, che aveva impastato di rosso persino le cime dei monti: I cinesi mangiavano cani, gatti e topi vivi. Era normale che i portatori di morte fossero loro. Apocalisse capitolo otto versetto sette era di una chiarezza disarmante.
Matteo aveva cercato di avvertire i suoi cari, aveva mostrato loro le prove: ma il peccato li aveva resi ciechi e non gli avevano creduto.
Il secondo angelo suonò la tromba e una gran montagna di fuoco fu scagliata nel mare.
E, infatti, dal mare venne la nuova onda di morte: navi straniere attraccarono alle rive, naufraghi sempre più affamati divorarono quel poco che era rimasto dopo la pestilenza.
Rapivano e violentavano le donne, uccidevano gli uomini, rendevano schiavi i bambini.
Matteo aveva cercato ancora conforto nel governo dei superstiti, ma il peccato aveva reso ciechi i loro occhi e non gli avevano creduto.
Il terzo angelo suonò la tromba e cadde dal cielo una grande stella.
Com’era possibile non credere alla profezia dopo la caduta del meteorite? Apocalisse capitolo otto versetto dieci non poteva riferirsi ad altro.
Matteo era corso per le strade ad avvertire i pochi rimasti: «Salvatevi, la fine del mondo è vicina!»
Ma il popolo ormai era cieco e nessuno gli aveva creduto.
Il quarto angelo suonò la tromba e un terzo del sole, un terzo della luna e un terzo degli astri fu colpito e si oscurò: il giorno perse un terzo della sua luce e la notte ugualmente.
E, nella notte, venne il Babau, con la sua bocca gonfia di denti aguzzi a divorare i pochi ancora in vita.
Matteo aveva visto lontano, interpretato le scritture e aveva investito tutto nella “Torre di guardia”.
Dalla sua cima ancora una volta aveva gridato a tutti: «Svegliatevi!»
Ma il peccato li aveva ormai resi sordi e non avevano potuto udire la sua voce.
Ora tutto era quiete e la luce di un nuovo inizio brillava sul manto verde dei prati.
 
«Dottor Spenalzo, mio marito è sempre fermo dinanzi alla finestra. Davvero non si può fare nient’altro per lui?»
«Signora, continui a dargli i farmaci e non perda la speranza. Il delirio di persecuzione è il più insidioso: non so se riusciremo a recuperarlo, ma così, almeno, non si mette in pericolo.»
«Non si preoccupi, Dottore, so benissimo come diventa quando non prende le medicine ed è l’ultima cosa che voglio! È che vederlo ridotto in questo modo mi fa davvero male: un uomo come lui, sempre in prima linea. Lo sa che per un periodo è stato anche Ministro dell’Interno?»